La famosissima scena
iniziale di “2001, Odissea nello spazio” di Kubrick ci racconta
le vicende quotidiane di un gruppo di ominidi vissuti all'alba della
storia. La loro squallida vita animale soggetta totalmente alla
spietata legge del più forte subisce un salto qualitativo
incommensurabile la mattina che gli scimmioni si imbattono in (o
meglio, viene loro recapitato davanti casa) un monolite nero dalla
forma e proporzioni platonicamente perfette, il cui solo contatto –
apparentemente – dona agli ominidi il quid, la scintilla di
ciò che, da quel momento in poi, sarà la quintessenza della natura
umana: l'intelligenza e il raziocinio (oltre che una perfezionata
furia omicida, sia verso i poveri tapiri sudamericani non-si-sa-come
finiti in Africa, sia, sopratutto, verso gli altri ominidi inferiori
privi di quid).
Per quanto
cinematograficamente superba, quella scena è, ai miei occhi di
paleontologo evoluzionista, terribile. Sì, lo so benissimo che un
film non è un trattato di paleontologia umana, e non è certo per
questo che io tanto a fatica digerisco quella scena. Il motivo è che
quella scena è una parabola creazionista camuffata da fantascienza.
Cosa altro è il perfetto
monolite geometrico piovuto dal cielo se non una rappresentazione del
dio standard del mondo occidentale? Un essere matematicamente
perfetto (i suoi tre lati sono proporzionali alle prime tre potenze
di 2, viene detto ad un certo punto nel film), di origine celeste, e
che dona l'anima al primo (proto)uomo... non provate a dirmi che non
è una riproposizione della creazione adamitica!
In effetti, il
creazionismo non è tanto l'idea che un qualche dio mediorientale
geloso e dal nome innominabile abbia costruito 13 miliardi di anni
luce di spaziotempo in una settimana o abbia soffiato sopra un
feticcio argilloso per animarlo, per poi collocarlo in un giardino a
mangiar quasi tutta la frutta lì presente, bensì l'idea che la
“condizione umana” sia il prodotto di una discontinuità
totalmente arbitraria, la cui causa è esterna al mondo e quindi non
è conoscibile tramite lo studio dei fenomeni naturali. Nessuna
osservazione del mondo naturale può prevedere un monolite alieno con
sottofondo di Strauss!
Non voglio certo sminuire
l'unicità della mente umana. Che l'essere umano sia speciale nelle
capacità della sua mente, nessuno lo nega. La nostra specie ha
caratteristiche uniche e apparentemente “innaturali”, nel senso
che non le ritroviamo nel resto del mondo naturale. Non solo non le
ritroviamo, ma non vediamo come queste siano riconducibili al resto
del mondo animale. Questo è sempre stato noto all'uomo stesso, e da
sempre ha turbato e sconvolto le menti più profonde, desiderose di
capire il senso di questa unicità.
Se combinate questo senso
di unicità alla proverbiale presunzione e megalomania umana, il
risultato è scontato: se non è nella Natura che si può ritrovare
l'essenza dell'uomo, allora essa deve essere fuori dalla Natura,
aldilà del mondo e quindi di origine sovrannaturale e divina.
Si vede quello che si
vuole vedere, e si ignora quello che non soddisfa le nostre
aspettative. Difatti, fin da quando Darwin in un paio di suoi libri
elencò le innumerevoli gradazioni delle capacità mentali degli
animali (per mostrare come, in realtà, il divario tra uomo e altri
animali fosse molto meno abissale di quanto siamo soliti sostenere),
i sostenitori del creazionismo hanno rimarcato il fatto che –
comunque – quel divario esiste, e nessuna specie animale la può
colmare. E se non può colmarla la Natura, è l'inevitabile
conclusione, la sua causa deve essere soprannaturale.
Eppure, nel mondo naturale
di qua (non in quello soprannaturale), esiste un esempio rimarchevole
che tale divario è fittizio e illusorio. Per osservarlo, non occorre
andare in remote lande esotiche, né scavare alla ricerca di qualche
ancestrale scimmia pensante. Ognuno di noi può osservarlo, in
innumerevoli copie. Ed è curioso che questo che è l'unico esempio
esistente di quale potrebbe essere il modo naturale con cui l'uomo è
diventato tale sia raramente preso in considerazione come alternativa
naturalistica alla spiegazione creazionistica. Mi riferisco all'uomo
stesso, non inteso come categoria astratta o specie, ma come storia
di ogni singolo individuo.
Ricordate il giorno in cui
siete diventati autocoscienti? Quella giornata gloriosa in cui avete
alzato lo sguardo al cielo e gridato la prima persona singolare
dell'indicativo presente del verbo essere (con sottofondo di
Strauss)? Sicuramente, no, ed il motivo è semplice: un giorno del
genere non si è mai verificato. Nessuno diventa autocosciente in un
giorno particolare, per cui alla mattina è poco più di una scimmia
e alla sera scrive trattati sulla omoplasia dei theropodi mesozoici
(la forma più elevata di attività del pensiero esistente
nell'universo). Eppure, nessuno nasce dotato di autocoscienza né di
raziocinio né di linguaggio. Alla nascita, tutti siamo delle inette
scimmiette capaci solo di poppare, piangere e defecare. Nei fatti,
nasciamo più stupidi di qualsiasi cane o scimmia adulta. Se state
leggendo questo post, significa che avete superato quello stadio di
bassissima complessità mentale, e siete arrivati ad una capacità
mentale irraggiungibile per qualsiasi altra specie animale. Prima
eravate meno di scimmie, ora siete più brillanti dell'ominide di
Kubrick. Nel mezzo, non c'è stato nessun monolite. Il passaggio è
avvenuto, ma non è stato un evento miracoloso, e non è avvenuta di
colpo, in una mattina, appoggiando la mano su un parallelepipedo
nero. La natura umana che pulsa ed agisce in ognuno di noi si forma
gradualmente nel giro di anni e decenni, per tentativi ed errori, in
modo così impercettibile che raramente si notano differenze tra un
giorno ed il successivo. Eppure, chiunque abbia seguito la crescita
di un bambino, constaterà che il processo avviene spontaneamente e
naturalmente, graduale per quanto discontinuo, a volte con
accelerazioni e improvvise rivoluzioni, ma pur sempre dentro l'alveo
del mondo naturale. Non occorre inventare una spiegazione miracolosa,
per comprendere che un animale più stupido di un cane possa
diventare un essere autocosciente e razionale. Se ognuno di noi ci
riesce in un paio di decenni, perché non dovrebbe avvenire in un
paio di milioni di anni? Un lattante che diventa un bambino, e poi un
ragazzo ed infine un uomo, non è forse il miglior esempio naturale
di come probabilmente, alla scala dei millenni e dei milioni di anni,
popolazioni di animali hanno lentamente raffinato la loro capacità
di comprendere il mondo e sé stessi? E difatti, la modalità
generale con cui si forma la mente di ogni essere umano durante la
propria vita è probabilmente una ricapitolazione semplificata delle
fasi di sviluppo della mente mammaliana fino alla condizione della
nostra specie durante la nostra filogenesi.