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29 aprile 2025

ANDARE OLTRE L'ENIGMA DI STROMER

Sebbene tutti i theropodi mesozoici siano uguali ai miei occhi, alcuni temi relativi ai theropodi mesozoici sono più intriganti di altri. In particolare, le faune di theropodi giganti dalla metà del Cretacico (Aptiano-Cenomaniano: tra 120 e 90 milioni di anni fa) del Nord Africa sono una delle tematiche più affascinanti e controverse dell'intera scienza dinosaurologica. Il problema fondamentale di queste comunità fossili è noto come "Enigma di Stromer", ovvero la presenza nelle medesime unità stratigrafiche di almeno tre (a volte, più di tre) specie di dinosauro theropode gigante (con masse adulte sopra le 2 tonnellate). Il primo a realizzare la peculiarità di queste associazioni fu proprio Ernst Stromer, "padre" dei tre più famosi membri di queste associazioni: Spinosaurus, Carcharodontosaurus e Bahariasaurus. Da una prospettiva ecologica ispirata dalle associazioni faunistiche viventi, la compresenza di così tante specie di super-predatori giganti apparve subito un paradosso, dato che, nelle comunità attuali, le popolazioni di grandi predatori sono sempre una piccola minoranza della biomassa di un ecosistema. Al contrario, in queste associazioni nordafricane, i predatori giganti sono la principale componente della fauna dinosauriana osservata. Come potevano gli ecosistemi del Nord Africa medio-cretacico sostenere una così massiccia componente di predatori all'apice delle catene alimentari?

Le possibili soluzioni proposte sono di varia natura:


1- Negare il problema, riducendolo ad un errore di campionamento.

Secondo questa interpretazione, la compresenza di tutti questi mega-theropodi nel medesimo ecosistema è apparente, ma non reale, ed è dovuta ad una imperfetta zonazione (suddivisione) delle unità geologiche. In breve, le specie apparirebbero coesistere nelle successioni geologiche perché la stratigrafia del Nord Africa è grossolana, mal definita, e questo porterebbe le originarie associazioni faunistiche (tra loro distinte) ad apparire erroneamente sovrapposte e coincidenti.

Questa soluzione è in parte corretta, ma non è sufficiente. La stratigrafia nordafricana è spesso molto poco definita, per ragioni storiche e ambientali. Nei casi in cui è stato possibile fare indagini stratigrafiche rigorose, emergono delle differenziazioni nelle faune. Ad esempio, un'analisi dettagliata della stratigrafia dei denti di theropode raccolti nell'Aptiano-Albiano della Tunisia ha mostrato che i denti degli spinosauridi sono più abbondanti nei sedimenti lagunari, mentre carcharodontosauridi e abelisauridi sono più abbondanti nei sedimenti alluvionali. Quindi, sì, quando si analizza la stratigrafia in modo dettagliato, si può osservare una differenziazione faunistica, ma questa non è assoluta né universale. Nei livelli cenomaniani del Marocco (Kem Kem) e dell'Egitto (Bahariya) le indagini geologiche non hanno rivelato una così netta distinzione faunistica.


2- Stemperare il problema con la segregazione ecologica.

Questa interpretazione ammette che le specie siano vissute assieme, ma ipotizza che esse fossero segregate ecologicamente: ogni specie aveva la propria "nicchia ecologica", e nessuna era direttamente in competizione con le altre. Ad esempio, Spinosaurus aveva un'ecologia differente da Carcharodontosaurus, e questo è supportato dalle numerose differenze nella dentatura, nella morfologia del cranio, nella composizione isotopica dello smalto. Questo argomento funziona bene per separare ecologicamente gli Spinosauridae dagli altri grandi theropodi, ma non spiega la coesistenza di Carcharodontosauridae ed Abelisauridae, entrambi dotati di musi oreinorostrali e denti zifodonti (adattamenti per una dieta iper-carnivora), e per ora è sostanzialmente inapplicabile su Bahariasaurus, del quale non abbiamo a disposizione né cranio né denti.


3- Applicare l'over-lumping tassonomico.

Ad accentuare il dibattito e la portata dell'Enigma di Stromer è la stima della diversità di specie di queste unità. Secondo alcuni autori, il numero di specie per unità è dato dal numero dei cladi campionati (ovvero, tutto il materiale raccolto e riferibile ad un certo clade indicherebbe una singola specie): ad esempio, seguendo questo approccio, tutto il materiale con caratteristiche di Spinosauridae rinvenuto nel Kem Kem marocchino apparterrebbe ad una singola specie, Spinosaurus aegyptiacus. Questo approccio è detto "lumping". Secondo altri autori, la diversità campionata nelle unità all'interno dei singoli cladi non è riconducibile ad una sola specie per gruppo, ma implica più specie strettamente imparentate ma comunque distinte: in questo caso, lo stesso materiale con caratteristiche di Spinosauridae rinvenuto nel Kem Kem appena citato apparterrebbe ad almeno due specie distinte, potenzialmente classificabili come due generi distinti nel caso queste due specie non siano strettamente imparentate, Spinosaurus e Sigilmassasaurus. Questo approccio è detto "splitting".


La distinzione tra "lumper" e "splitter" è stata affrontata soprattutto in termini di "tassonomia alfa", ovvero il numero delle specie che sono rappresentate dal campione fossilifero raccolto. I paleontologi lumper tendono a minimizzare il numero delle specie deducibili dal campione, mentre gli splitter tendono a non essere vincolati nella stima della diversità delle specie ricavate nel medesimo assemblaggio fossile.

Il problema principale nel dibattito tra autori lumper ed autori splitter è che non esiste un criterio universale per stabilire se e quando si possa applicare il lumping e quando invece sia da applicare lo splitting. L'impossibilità di stabilire un criterio universale è dovuto a innumerevoli fattori, alcuni biologici altri più squisitamente paleontologici:


- la variabilità all'interno di una specie non può essere stabilita a priori, ma solo dopo che abbiamo definito i confini genetici e geografici della specie (e, nel caso dei fossili, anche i suoi confini nel tempo geologico).

- non tutta la variabilità ha un valore tassonomico: la differenza tra i sessi e quelle tra gli stadi di crescita sono fonte di diversità morfologica ma non hanno reale importanza tassonomica. Nel caso dei fossili, non sempre è possibile stabilire il sesso dell'esemplare, e comunque è impossibile osservare lo sviluppo individuale completo di un individuo, dato che ogni esemplare mostra solo il suo particolare morfotipo esistito al momento della morte.

- non abbiamo popolazioni sufficientemente ricche per fare analisi statistiche della variabilità nel campione: ovvero, quanto era "tipico della specie" il tratto anatomico che osserviamo nei fossili a disposizione?

Dato che in molti casi una specie fossile di dinosauro è basata unicamente su un singolo esemplare, quasi sempre incompleto, il cui sesso è sconosciuto, la cui età individuale (e relativo stadio di crescita) è spesso di difficile definizione, ne discende che qualsiasi definizione di specie (e dei suoi limiti di applicazione, ovvero l'ampiezza della sua variabilità interna) è una proposta suscettibile di revisione.


Sauroniops e Spinosaurus (c) Emiliano Troco

Finora, gran parte del dibattito tra autori splitter e autori lumper è stato di natura prettamente tassonomica, ovvero, relativa al numero di specie che si presume siano rappresentate dal campione fossile. Tuttavia, esiste anche un altro modo di considerare la questione, ed è sul piano analitico, metodologico. Ovvero, quale è l'impatto dell'approccio splitter vs lumper nella risoluzione della filogenesi dei dinosauri predatori? Anche se spesso non viene preso in considerazione, l'approccio tassonomico seguito dagli autori rappresenta esso stesso un'ipotesi filogenetica imposta a priori all'analisi che vogliamo svolgere per determinare la diversità nel campione. Che impatto ha questa ipotesi sul risultato delle analisi?

Indipendentemente dal numero di specie presenti nel campione, noi possiamo svolgere analisi filogenetiche in cui non imponiamo a priori una particolare filosofia splitter o lumper, ovvero cercando di minimizzare il numero di ipotesi relative alla composizione delle specie presenti. Questo approccio possiamo chiamarlo "splitting/lumping metodologico", e non è necessariamente legato allo splitting/lumping tassonomico, ma ha come obiettivo quello di ridurre al minimo l'impatto delle nostre tassonomie sullo svolgimento di un'analisi filogenetica. In teoria, anche il lumper più estremo può svolgere un'analisi metodologicamente-splitter, e ricavare il grado di inclusività delle specie dal risultato di tale analisi.

Finora, pochi studi hanno considerato l'effetto dello "splitting/lumping metodologico" nell'analisi filogenetica dei dinosauri predatori, in particolare quelli dal Cretacico del Nord Africa. Eppure, qualora fosse affrontato esplicitamente, questo approccio potrebbe aiutare a risolvere alcune delle questioni più controverse intorno ai dinosauri predatori del Cretacico nordafricano.


16 aprile 2025

Un enigmatico theropode scavatore con falangi fuse?

L'esemplare (da Averianov, 2025)


Averianov (2025) descrive due falangi distali fuse tra loro (lunghezza totale dei due elementi, circa 2 cm) dal Cretacico Superiore dell'Uzbekistan e le riferisce al piede di un enigmatico theropode scavatore.

Dopo aver letto la descrizione di questo materiale, sono scettico sull'attribuzione di queste falangi ad un theropode, e ritengo più probabile che appartengano ad una tartaruga.


I motivi per dubitare che questo fossile sia un Theropoda sono:


- assenza di un'ampia cavità midollare interna.

Le ossa dei theropodi sono generalmente cave internamente, e questa cavitazione si estende fino alle falangi distali (osservazione personale sulle tomografie di Halszkaraptor). Questo fossile invece mostra l'interno delle falangi riempito da un reticolo caotico di cavità, che suggeriscono una texture sostanzialmente spugnosa.


- assenza di fosse per il legamento collaterale.

Questa condizione è inusuale nei Theropoda ma visibile in molte falangi di tartaruga (osservazione personale).


- presenza di ampi forami sulle superfici laterale e ventrale delle due falangi.

Le falangi dei theropodi non hanno grandi forami che si aprono sulle superfici laterali e ventrali. Al contrario, questo carattere è presente in molte falangi di tartaruga (osservazione personale).


- superficie esterna dell'ungueale molto rugosa e bucherellata.

Questa condizione è presente in molte falangi ungueali di tartarughe, ma è anomala nei Theropoda, le cui superfici sono sostanzialmente lisce.


- solco collaterale ampio ma poco definito.

In Theropoda, il solco collaterale è generalmente ben definito e dei bordi netti. Negli altri rettili, incluse le tartarughe, il solco è spesso più basso e meno marcato rispetto al resto della superficie.


Inoltre, la fusione tra le due falangi, considerata dall'autore un carattere tassonomico genuino e non patologico, è poco compatibile con la marcata mobilità dell'articolazione distale delle dita del piede dei dinosauri, ma è più plausibile in animali come le tartarughe che generalmente non hanno una marcata mobilità (sia nella flessione che estensione) delle falangi del piede.

Concludendo, non vedo motivi solidi per riferire queste falangi ad un Theropoda. Penso sia più plausibile attribuirle ad una tartaruga, gruppo ugualmente rappresentato nell'unità di provenienza del fossile. 

09 aprile 2025

La non de-estinzione del non-metalupo



Generalmente, io non mi occupo di mammiferi cenozoici. Non sono il mio campo, io sono un esperto di rettili mesozoici, e come tutti i vecchi alla mia età sanno bene, non è saggio parlare di ambiti che non si conoscono con il sufficiente livello di competenza.

Tuttavia, il caso vuole che io sia un paleontologo dei vertebrati specializzato in sistematica e filogenetica, ovvero un esperto in come si identificano e definiscono le specie fossili di vertebrati. Pertanto, ho l'esperienza per esprimere un commento su una parte della notizia scientifica del mese, ovvero la così detta "de-estinzione" del "dire wolf" (specie Aenocyon dirus), di cui tutti stanno parlando in questi giorni. 

Screenshot dal sito della società biotecnologica Colossal in cui è esplicitamente menzionato Aenocyon dirus come specie "de-estinta" (fonte:https://colossal.com/direwolf/).

Non mi soffermo sulla questione genetica, che non è il mio campo, né su quella strettamente legata alle caratteristiche dei canidi (sia viventi che estinti), che non è il mio campo. Mi soffermo su un concetto più generale, ovvero, cosa sia una specie di vertebrato fossile, e quando, come e perché io possa chiamare un individuo "membro di quella specie".

Un vertebrato fossile è, in pratica, un insieme di attributi morfologici che si possono osservare associati in un singolo esemplare fossile.

Ad esempio, se hai scoperto un fossile di vertebrato con undici denti premascellari, muso platirostrale con premascellari fusi, osso jugale con un vestigio di processo ascendente, vertebre cervicali anteriori con postzigapofisi fuse in un processo a forma di spatola, cervicali posteriori senza spina neurale, terzo dito della mano più lungo e più robusto del secondo, e secondo dito del piede con seconda falange senza distinzione tra diafisi e faccette articolari, allora hai scoperto un esemplare di Halszkaraptor escuilliei. Non c'è altro modo per identificare un Halszkaraptor escuilliei.

Se un genetista dichiarasse che ha preso un anatra, ne ha modificato il DNA per farle avere l'aspetto esteriore che siamo abituati ad attribuire ad Halszkaraptor escuilliei, per farla camminare e muovere come pensiamo forse avesse camminato Halszkaraptor escuilliei, quell'animale non sarebbe un Halszkaraptor ma solo un'anatra geneticamente-editata.

Se il medesimo genetista fosse in possesso di alcuni alleli di geni del genoma di Halszkaraptor che codificano per alcuni tratti della morfologia e del comportamento di Halszkataptor, e li inserisse con successo nel genoma di un'anatra mutante, in tal caso, avrebbe ottenuto un Halszkaraptor? No, avrebbe un'altra anatra ancora più geneticamente-editata della prima.

L'esempio qui sopra può sembrare forzatamente estremo, perché un canide di poche migliaia di anni fa differisce da un lupo grigio meno di quanto un dromaeosauride del Cretacico differisce da un anatra. C'è molta più affinità genetica tra un Canis familiaris ed un Aenocyon dirus che tra un Halszkaraptor escuilliei ed un Anas platyrhynchos. Ma il concetto è sostanzialmente il medesimo.

Un Canis familiaris (lupo grigio) al quale hanno editato alcuni alleli per dargli un aspetto che forse ricorda quello in vita di Aenocyon dirus NON è un Aenocyon dirus.

Per questo motivo, sono veramente sbalordito da questa dichiarazione di un rappresentante della società biotecnologica che ha "de-estinto" il dire wolf, lasciata sulla pagina Facebook del mio blog:


In pratica, essi ammettono di aver giocato con le parole. Essi chiamano "dire wolf" quello che è solamente un lupo editato-geneticamente. Il motivo di questo palese sofismo di nomenclatura è ovvio: il nome "dire wolf" è molto più suggestivo ed accattivante di "lupo grigio editato geneticamente". Ovvero, questa è solo una trovata pubblicitaria, un espediente per accattivare finanziatori e sostenitori. Ma sul piano paleontologico, qui non è stata "de-estinta" alcuna specie. Hanno giocato con il DNA di un lupo per fargli assumere alcuni attributi che, secondo loro, erano tipici e caratteristici di Aenocyon. Ma simulare alcuni elementi di un animale non significa averlo riportato in vita.

Faccio notare, banalmente, che parte della dichiarazione di Colossal è in ogni caso del tutto arbitaria: nessuno conosce l'aspetto in vita del dire wolf, nessuno conosce il comportamento in vita del dire wolf, nessuno ha modo di determinare se l'ecologia di un animale creato in laboratorio sia analoga a quella di una specie estinta. Sono tutte delle "supercazzole" pseudo-scientifiche per far stare in piedi la arbitraria decisione di dare a questo lupo editato-geneticamente un nome colloquiale usato per una distinta specie fossile.

Ora, aspettiamo che questi animali crescano e raggiungano l'età adulta, e confrontiamo il loro scheletro adulto con quello degli Aenocyon: se lo scheletro rimane quello di un lupo, la faccenda si chiude qui. Qualora lo scheletro mostri caratteri diagnostici di Aenocyon, allora avrà senso riparlarne.

 

02 aprile 2025

L'Exoparia e l'illusione della paleoarte anatomicamente accurata

Un ciuffo di penne modificate circondava l'orecchio dei dinosauri, fungendo da padiglione auricolare? Prima di commentare schiumando bile d'indignazione, leggi questo post...


Nel mio libro "Ricostruire i Dinosauri" dedico un capitolo ai limiti della ricostruzione paleontologica. Alcuni di questi limiti sono contingenti, dovuti all'attuale stato della conoscenza, quindi potenzialmente superabili in futuro grazie a nuove scoperte o all'introduzione di nuovi metodi di indagine, ma altri sono intrinseci e fondamentali, risiedono nella natura stessa della paleontologia e non potranno mai essere superati, se non nella improbabile eventualità di avere di fronte l'organismo estinto ancora in vita (una contraddizione logica che, di fatto, comporta la traslazione dell'organismo dalla paleontologia alla biologia, quindi rendendo inutile una "ricostruzione" di qualcosa che a quel punto diventa palese davanti a noi).

Il limite fondamentale della ricostruzione paleontologica è che essa si fonda sulla analogia con il vivente, ed è quindi vincolata al campione di opzioni dato dal vivente. A meno di non essere degli irriducibili attualisti e credere che tutte le opzioni biologiche possibili siano espresse dalle forme di vita attuali, dobbiamo necessariamente ammettere che nel passato siano esistite condizioni biologiche non più osservabili in natura, e quindi automaticamente escluse dal campione di opzioni viventi dalle quali attinge la procedura analogica della ricostruzione paleontologica.

Corollario: esisterà sempre qualcosa nella paleontologia che non è possibile ricostruire. Cosa? Non possiamo saperlo, dato che non è possibile conoscere ciò che non è ancora noto.

Come ho scritto prima, una parte di questi limiti è destinata ad essere superata, grazie a nuove scoperte. La storia della paleontologia dei dinosauri è costellata di esempi di strutture molli, tegumenti e parti non-ossee che, una volta scoperte, sono risultate essere del tutto impossibili da determinare partendo dalla analogia con le sole specie viventi, perché non erano condivise in nessun animale di oggi. Al tempo stesso, il numero progressivamente crescente di questi tessuti, organi e condizioni biologiche scoperti e del tutto inattesi prima della scoperta dimostra che, potenzialmente, la quantità di elementi anatomici a noi ancora del tutto sconosciuti è molto più grande di quello che possiamo immaginare.

Ecco alcuni esempi che illustrano quanto ho appena scritto:


Sebbene alcuni paleontologi avessero ipotizzato che alcuni dinosauri fossero piumati anche prima della scoperta di questo tegumento nei dinosauri (scoperta avvenuta in modo definitivo nella seconda metà degli anni '90 del XX Secolo), nessun paleoartista aveva mai azzardato l'ipotesi che i dinosauri avessero tipologie di piumaggio del tutto nuove ed assenti negli uccelli moderni.

Ad esempio, nessun uccello moderno ha la complessa tipologia di penne remiganti metatarsali sulle gambe come osserviamo nei Microraptorinae.

La lista di tipi di piumaggio non-aviano assenti negli uccelli moderni è lunga:

Le "penne allungate nastriformi" presenti in alcuni scansoriopterygidi e pigostiliani basali sono strutturalmente prive di equivalenti moderni.

Beipiaosaurus mostra un tipo di grandi "penne" simili a foglie nastriformi prive di corrispondenti moderni.

Sinornithosaurus mostra lunghi ciuffi di filamenti semplici collegati solo alla base e filamenti moderatamente ramificati. Nessun uccello moderno mostra questa tipologia di piumaggio.

Anchiornis presenta livelli successivi di sottili penne sulle ali, secondo un pattern diverso da quello che forma la superficie alare degli uccelli moderni.

Psittacosaurus presenta un corpo squamato ed (almeno sulla coda) una fitta schiera di setole non ramificate. Nessun rettile moderno mostra questa combinazione di tegumento.

Kulindadromeus mostra una complessa combinazione di "proto-piume" e squame in diverse parti del corpo. Nessun rettile né uccello moderno è lontanamente analogo a questa condizione.

Il piccolo theropode Juravenator presenta filamenti semplici associati a pelle squamata, un altro mix di elementi del tutto privo di analoghi viventi.

La lista di tegumenti dinosauriani privi di analoghi moderni non si limita alle piume. Anche le squame dei dinosauri sono in molti casi del tutto originali e prive di analoghi viventi, al punto che è stato necessario introdurre nuove terminologie per descriverle.

Ad esempio, la maggioranza dei grandi dinosauri ricoperti di squame è dotata di una fittissima squamatura di piccole "squame basement" associata ad una meno densa serie di più ampie "squame feature". Un simile pattern non si osserva nei rettili di oggi, e sarebbe impossibile da determinare partendo solo dalle specie viventi come modello di riferimento.

In alcuni grandi dinosauri sono presenti dei "cluster" di squame raggruppati per forma e dimensioni in certe parti del corpo, una condizione assente nei rettili moderni ma che potrebbe essere stata dotata in vita di differenti colorazioni.

Recentemente, in alcuni Hadrosauridae è stato osservato un nuovo tipo di squame dalla forma irregolare, "a gancio", del tutto assente nei rettili odierni.

Le texture delle superfici subcutanee delle ossa facciali di molti dinosauri non sono riconducibili fedelmente né alla tipologia dei coccodrilli né a quella di altri rettili, e ciò implica un tipo di tegumento facciale in questi dinosauri che non è del tutto equivalente ad alcun modello vivente (è questo il motivo principale per cui si discute tanto, e spesso in modo contraddittorio, intorno alla ricostruzione facciale di alcuni dinosauri come i Tyrannosauridae). La densità di forami neurovascolari ed il grado di rugosità sulle ossa facciali di molti dinosauri sono minori di quelle dei coccodrilli ma maggiori di quella delle lucertole: che tegumento dobbiamo ricostruire?

Anche se tradizionalmente si ricostruiscono i piedi dei dinosauri prendendo le scutellature degli uccelli come modello, oggi sappiamo su basi embriologiche che le scutellature aviane sono piume modificate, e potrebbero non essere omologhe alle squamature delle zampe dei dinosauri.

La lista delle condizioni anatomiche dinosauriane assenti nelle specie viventi si estende anche alla muscolatura.

La recente scoperta dell'exoparia (muscolo o legamento facciale che collega la regione zigomatica alla superficie laterale del surangolare mandibolare) dimostra che non tutti i muscoli/legamenti dei dinosauri non-aviani hanno degli analoghi viventi ricavabili in modo semplice e lineare.

Pur derivando dall'impianto generale rettiliano, il sistema muscolare masticatorio di molti ornitischi non ha alcun equivalente moderno. In questi animali, un'inusuale meccanica delle ossa mandibolari implica un modello masticatorio che non si osserva in alcun animale di oggi.

L'impianto dei muscoli della gamba nei dinosauri non-aviani non è una copia fedele né del modello rettiliano (coccodrilliano) né di quello aviano. A differenza dei coccodrilli, i dinosauri tendono ad avere una inserzione più prossimale di parte della muscolatura del piede, ma a differenza degli uccelli conservano il distretto degli estensori del bacino come principale sistema di trazione dell'arto. La caviglia dei dinosauri è un unicum non riconducibile agli uccelli o ai coccodrilli, perché presenta un'articolazione mesotarsale semplice privata di un momento estensorio della caviglia. Pertanto, sia nella muscolatura che nella dinamica di camminata, i dinosauri non-aviani non possono essere ricostruiti prendendo come modello base qualche animale odierno (a differenza delle ricostruzioni ormai mainstream di Paul e Bakker).

Il sistema di ventilazione dei dinosauri non è riconducibile fedelmente né ai modelli rettiliani né a quello aviano. In alcuni casi, come gli ornitischi e nei dromaeosauridi, il meccanismo di ventilazione ha comportato una originale riorganizzazione della muscolatura pelvica. Pensare che questi animali ventilassero come coccodrilli o come uccelli è quindi improbabile.

Molti ornitischi hanno tendini ossificati sul dorso e sulla coda. Alcuni theropodi hanno accenni di ossificazioni nei tendini di dorso e coda. I Dromaeosauridae hanno spesse guainee di ossificazioni nella coda. Non esistono analoghi viventi per queste combinazioni di elementi strutturali: che effetto avevano questi elementi sulla muscolatura, la ventilazione e sulla locomozione negli animali in vita?

La scoperta di dentature fossili di sauropode letteralmente "ancorate al nulla" ha dimostrato che in questi animali un tessuto non-osseo, probabilmente la gengiva ispessita, fungeva da ancoraggio per i denti: si tratta di una modalità di impianto boccale che non ha equivalenti moderni. Dato che la texture dello smalto di questi sauropodi mostra bizzarre analogie con quella di molti denti di theropodi, è possibile che una peculiare organizzazione orale fosse diffusa in molti altri dinosauri, non solo nei sauropodi.

Molti dinosauri mostrano contemporaneamente una parte del muso su sui ancorava un becco corneo ed un'altra parte della bocca che porta i denti: questo modello di organizzazione boccale non ha equivalenti moderni tra i rettili o gli uccelli, e non è quindi riconducibile né al solo becco aviano né alla classica bocca rettiliana.

Siamo veramente sicuri di aver capito come fosse organizzata la parte molle di queste bocche in vita?

Questa è solo una breve lista di ciò che abbiamo scoperto finora essere stato presente nei dinosauri ma essere assente nelle specie viventi oggi. Quanto ancora non abbiamo scoperto? Il mio sospetto è che questa sia solo la punta dell'iceberg. Purtroppo, non possiamo sapere quello che non conosciamo.

Al tempo stesso, ciò è enormemente eccitante e stimolante per noi paleontologi, perché sappiamo che c'è ancora un intero universo di scoperte che attendono di essere riportate alla luce.

Cosa ci aspetta il futuro? Non possiamo saperlo. Ma se il trend di scoperte che ho elencato sopra è indicativo di una regola generale, allora è ragionevole concludere che conosciamo ancora molto poco del reale aspetto e della effettiva biologia dei dinosauri.

L'immagine dei dinosauri a cui siamo più affezionati, pertanto, è molto probabilmente solo un'illusione temporanea.


28 marzo 2025

Duonychus: un nuovo Erlikosaurus, un giovane Segnosaurus... o entrambi?

Duonychus (Kobayashi et al. 2025)

 

La recente descrizione del nuovo therizinosauride Duonychus (Kobayashi et al. 2025), caratterizzato dall'avere il terzo dito della mano vestigiale (primo caso di mano didattila in Therizinosauria), mi ha portato a rivedere lo status di alcuni therizinosauridi.

Il mio cruccio parte dalla unità geologica di Duonychus: la Formazione Bayanshiree, nella parte bassa del Cretacico Superiore della Mongolia. Dalla medesima unità provengono già tre icone therizinosauriane: Segnosaurus, Erlikosaurus ed Enigmosaurus. L'aggiunta di Duonychus alla lista fa nascere un dubbio più che legittimo: stiamo forse gonfiando la reale diversità dei therizinosauri da quell'unità?


Vediamo come stanno le cose.


Segnosaurus è il taxon più abbondante, noto da due località e da più di un esemplare. Si tratta anche del taxon più grande tra i therizinosauri di questa unità.


Enigmosaurus è basato su un bacino in parte patologico e probabilmente maturo, ed è chiaramente distinguibile da Segnosaurus per le minori dimensioni e proporzioni.


Erlikosaurus è della stessa taglia di Duonychus, è basato su un cranio completo, un piede, più altri elementi postcraniali mai illustrati nel dettaglio né accessibili o visionati nelle recenti revisioni del taxon (Zanno, 2010). Il cranio è di dimensioni minori di Segnosaurus, e mostra alcuni elementi immaturi, come la presenza di fosse premascellari e la incompleta fusione degli elementi del neurocranio (Lautenschlager et al. 2014). L'unico elemento postcraniale considerato differente da Segnosaurus, la compressione degli ungueali del piede, non è possibile verificarlo (Zanno, 2010).

In conclusione, non abbiamo una vera diagnosi differenziale che separi Erlikosaurus da Segnosaurus.

Potrebbe Erlikosaurus essere un giovane Segnosaurus? L'unica differenza significativa tra Erlikosaurus e Segnosaurus è nel numero dei denti del dentale (31 nel primo, 24-25 nel secondo), tuttavia, è noto che il numero dei denti varia ontogeneticamente nei dinosauri, quindi potrebbe non essere un elemento sufficiente per differenziarli.


Duonychus mostra caratteri immaturi, come la incompleta fusione delle suture neurocentrali, l'assenza di processi muscolari sull'omero. Kobayashi et al. (2025) notano che l'unico osso noto sia in Duonychus e Erlikosaurus è l'omero, ed elencano alcune differenze tra i due. Tuttavia, l'omero di Erlikosaurus non è mai stato descritto nel dettaglio, e la sola immagine disponibile è un disegno alquanto schematico. Pertanto, la differenza con Duonychus è piuttosto blanda.

Il pube di Duonychus è simile a quello di Segnosaurus, e si differenzia per alcune proporzioni che potrebbero essere influenzate dallo stadio di crescita. I due taxa sono distinti per la curvatura dell'omero, che è dritto in Segnosaurus e leggermente incurvato in Duonychus: tuttavia, l'omero di questo secondo taxon è chiaramente fratturato in più punti, e ciò potrebbe aver accentuato leggermente la curvatura originaria dell'osso, creando l'illusione di una leggera curvatura. In breve, le differenze tra i due taxa potrebbero essere artefatti della preservazione e/o elementi controllati ontogeneticamente.


In conclusione, sospetto che qualcuno dei sopra citati therizinosauridi sia un sinonimo di altri.

Per priorità, Segnosaurus vince in qualunque coppia di sinonimie, seguito da Erlikosaurus ed Enigmosaurus. Pertanto, sospetto che Duonychus sia molto probabilmente sinonimo di qualche altro già battezzato.


Ammettiamo come ipotesi che la diversità dei therizinosauride della Formazione Bayanshiree sia stata sovrastimata, il mio sospetto è che Duonychus sia un sinonimo di Erlikosaurus, e che entrambi siano basati su giovani individui di Segnosaurus.

Se ciò fosse confermato, avrebbe importanti implicazioni per la filogenesi di Therizinosauride, dato che Erlikosaurus è universalmente considerato il riferimento per le caratteristiche del cranio adulto di questo clade (ma potrebbe invece mostrare una condizione in parte immatura). Come ho mostrato nel caso dei "compsognatidi", l'erroneo uso delle morfologie immature come "taxa adulti" ha avuto un impatto non indifferente nella ricostruzione della filogenesi dei theropodi.

Tuttavia, in questo caso è bene sottolineare che il cranio di Erlikosaurus mostra comunque alcuni tratti maturi, come una parziale fusione delle ossa del tetto cranico e la non dissociazione delle ossa del neurocranio: è probabilmente un cranio "tardo-giovanile".

Come gestire questi esemplari ad un livello intermedio di crescita è uno dei grossi problemi nella integrazione di ontogenesi e filogenesi nelle analisi.

Se includo Duonychus nella mia analisi codificandolo come morfotipo adulto, esso risulta molto basale in Therizinosauria, risultato che stona con la sua età stratigrafica. Questo mi fa sospettare che l'esemplare sia una forma giovanile di qualche taxon simpatrico. La somiglianza generale con il bacino di Segnosaurus e la taglia molto inferiore mi fa sospettare che sia un giovane di questo ultimo taxon. Pertanto, nella mia matrice Duonychus è considerato una partizione immatura di Segnosaurus.

Se le differenze negli unguali tra Erlikosaurus e Segnosaurus saranno confermate, i due taxa potrebbero essere mantenuti distinti: almeno provvisoriamente, considero Erlikosaurus valido, come possibile morfotipo subadulto.


Bibliografia:


Barsbold, R., and A. Perle. 1980. Segnosauria, a new infraorder of carnivorous dinosaurs. Acta Palaeontologica Polonica 25:185–195.

Kobayashi et al. 2025. Didactyl therizinosaur with a preserved keratinous claw from the Late Cretaceous of Mongolia, iScience https://doi.org/10.1016/j.isci.2025.112141

Lautenschlager S., Lawrence M. Witmer, Perle Altangerel, Lindsay E. Zanno & Emily J. Rayfield 2014. Cranial anatomy of Erlikosaurus andrewsi (Dinosauria, Therizinosauria): new insights based on digital reconstruction. Journal of Vertebrate Paleontology, 34:6, 1263-1291.

Zanno, L. E. 2010. A taxonomic and phylogenetic re-evaluation of Therizinosauria (Dinosauria: Maniraptora). Journal of Systematic Palaeontology 8: 503–543.