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Andrew H. Amyx nei panni di Bozo. A parte il nome, non abbiamo nulla in comune. |
Non è mia abitudine usare questo blog per raccontare episodi della mia vita privata, se non nei casi in cui siano episodi paleontologicamente rilevanti per il lettore, come una nuova ricerca appena pubblicata o un qualche evento pubblico di natura paleontologica come mostre o meeting. Oggi faccio un'eccezione per raccontare un episodio a mio avviso paradigmatico per comprendere il ruolo sociale del paleontologo nella nostra epoca.
Ero a cena in un ristorante con due amiche. Dopo una mezz'oretta, notiamo che nella stessa sala entra una coppia di amici comuni, assieme ad un'altra coppia che non conosciamo, ognuna con il rispettivo figlio di circa 4-6 anni. Ci alziamo per andare a salutare la prima coppia, la quale subito dopo i soliti baci-e-abbracci (covid-permettendo) ci presenta l'altra coppia.
Mi presento a mia volta, e come sempre accade, nel momento in cui mi dicono il loro nome io lo dimentico istantaneamente (giuro, non lo faccio apposta! Presumo succeda anche a loro, e che abbiano immediatamente dimenticato il mio nome). Faccio per retrocedere un attimo, per lasciare che le amiche si presentino, quando l'amica accanto a me sottolinea alla coppia che non ci conosce che io "sono un paleontologo, un esperto di dinosauri". Ed è a quel punto che l'espressione fino a quel momento blandamente educata ma sostanzialmente formale della nuova coppia cambia di botto, diventa improvvisamente vivace, quasi preda di un'isteria. I due genitori cercano rapidamente con lo sguardo il loro figlio: "Luigino, luigino! Vieni! Il signore qui è un esperto di dinosauri!".
Dentro la mia testa parte una serie infinita di imprecazioni.
E così, ci troviamo io e Luigino, uno di fronte all'altro, entrambi visibilmente a disagio, nessuno dei due realmente interessato a conoscere l'altro, Luigino più innocentemente palese di ciò rispetto a me.
Ed è a quel punto che la mia amica (forse subconsciamente sadica) sfodera l'asso nella manica:
"Non solo è un paleontologo, ma è anche bravissssimo [con tre esse] a disegnare dinosauri!"
Cerco di staccare un braccio alla mia amica, anche per raffreddare l'entusiasmo dei due genitori, ma è troppo tardi... devo disegnare un dinosauro al bambino. Perché, forse non lo sapete, ma nei ristoranti, come per magia, saltano fuori matite, pennarelli e fogli di carta. Anzi, devo disegnare due dinosauri, perché c'è anche l'altro bimbo, il figlio della coppia di amici.
Ormai in trappola, con lo stesso tono di voce di John Wayne Gacy nei panni di Pogo il Clown un attimo prima di tornare a casa a seppellire il cadavere della sua vittima, chiedo al primo bambino quale sia il suo dinosauro preferito.
Nella mia testa spero che non dica "Il T-rex!"
"Il Tyrrex!" dice il bambino.
Disegno i due Tyrannosaurus. Li faccio fumettosi, ma comunque anatomicamente corretti: coda sollevata, polsi non pronati, insomma, tutto quello che un paleontologo deve sapere sul Tyrrex. Il resto degli adulti continua a fare conversazioni da adulti, più o meno banali, più o meno a proposito del covid-19, mentre io disegno i due dinosauri ai bambini.
Alla fine, si rompe il ghiaccio tra me ed i due pargoli, e spiego ai bambini come meglio disegnare un T-rex. Loro sono felici come una Pasqua, io ho fatto la mia buona azione, e la mia amica la pagherà cara.
Fine
Ora, la questione non è perché i bambini vadano tanto matti per i dinosauri, quello io lo capisco benissimo dato che ho quella stessa malattia da ormai 40 anni; quello che non mi spiego è perché alla parola "paleontologo" una coppia di adulti, che nemmeno mi conosce e che fino a mezzo secondo prima mi trattavano con la cordiale freddezza che si riserva alle persone adulte che hai appena conosciuto, di colpo mi vedano come un Baby Sitter gratis o come il Clown che si ingaggia per il compleanno di Luigino. Io non ho nulla di particolare contro questi episodi, anche perché superato il primo minuto di disagio a parlare con due marmocchi, a me estranei dentro un ristorante dove stavo cenando, poi eravamo già diventati amici (coi bambini è tutto più facile), ma resto basito dalla dinamica interna al cervello di due genitori quarantenni dell'inizio del XXI Secolo con un figlio di quattro anni.
Piccoli problemi da paleontologo.