(Rough) Translator

14 luglio 2025

Move Over, Velociraptor: it's Shri rapax time!

La superba preservazione dell'olotipo di Shri rapax (ricostruzione basata sulla fotogrammetria 3D dello scheletro postcraniale ed il calco del cranio)

Nel 2016, ricevetti un'email da Pascal Godefroit, col quale stavo lavorando all'articolo su Halszkaraptor, nella quale mi informava che era giunto nel suo studio un nuovo esemplare con una storia simile a quella della "Piccola Halszka". Anche in questo caso, si trattava di un maniraptoro proveniente dal sud della Mongolia, esportato illegalmente fuori dal paese, e che era stato recuperato dal mercato internazionale dei fossili. L'esemplare era in ottimo stato di preservazione, e meritava uno studio analogo a quello svolto per Halszkaraptor, studio da includere alla documentazione del rimpatrio in Mongolia. A differenza di Halszkaraptor, l'attribuzione del nuovo fossile era abbastanza semplice, dato che esso mostrava chiaramente numerosi caratteri distintivi degli Eudromaeosauria, il gruppo di paraviani che comprende i celebri Deinonychus e Velociraptor. Nel frattempo, l'esemplare sarebbe stato preparato a Bruxelles, rimuovendo la matrice che ancora ricopriva parte delle ossa, e soggetto ad alcune scansioni e radiografie.

Dal 2016 ad oggi, l'esemplare ha avuto una vicenda un po' travagliata. Il cranio è andato perduto dopo il 2016, ed attualmente le uniche documentazioni della sua esistenza sono le foto precedenti il 2016 ed il calco realizzato a partire dalle scansioni preliminari realizzate sull'esemplare intero. Io ebbi modo di vedere il resto del fossile in varie occasioni, l'ultima delle quali nel Gennaio 2020, un mese prima della pandemia di covid-19. Come tutti ricordiamo, gli anni 2020-2021 sono stati abbastanza problematici per i viaggi e gli spostamenti, di conseguenza il progetto di descrizione e studio del fossile ha subito dei ritardi e rinvii. Nel frattempo, io avevo comunque inserito una codifica preliminare dell'esemplare nella mia matrice, in attesa di avere una descrizine completa basata su tutto il materiale preparato. La descrizione del materiale preparato è stata affidata a Léa Moutrille, laureanda dell'Università di Poitiers, con l'obiettivo di fare della sua tesi di laurea il nucleo per l'articolo vero e proprio sul nuovo dromaeosauride.

La preparazione finale del fossile al RBINS. Il riquadro in alto indica il braccio destro, emerso durante la preparazione nel lato opposto del blocco (solo la mano è esposta sul lato "principale" del reperto). Il riquadro nero mostra la foto del cranio, ora perduto, del quale rimane un calco realizzato a partire dalle scansioni preliminari realizzate prima del 2016.

La preparazione dell'esemplare al RBINS di Bruxelles ha rivelato numerosi dettagli dello scheletro, tra cui il braccio destro quasi completo, posizionato sotto il torace. Di quell'arto, prima del 2020, emergeva solo la mano, perfettamente articolata (ad eccezione del secondo ungueale, probabilmente andato perduto al momento dello scavo). Fin dalla mia prima osservazione dell'esemplare, quella mano mi parve subito molto inusuale per un Dromaeosauridae: difatti, essa porta un primo dito (pollice) veramente robusto rispetto al resto della mano, almeno per gli standard di un paraviano (animali dotati generalmente di dita relativamente affusolate), e dotato di un enorme ungueale falciforme. Mani con pollici così robusti di solito si trovano negli alvarezsauroidi e nei megaraptori, ma non in un paraviano (compresi gli eudromaeosauri), nei quali di solito il pollice non è eccessivamente robusto rispetto al secondo dito. In questo caso, invece, il pollice è almeno una volta e mezzo più robusto rispetto alle dimensioni tipiche per un dromaeosauride delle sue dimensioni.

Il fossile è molto ben articolato, ma incompleto. Prima della scomparsa della testa e delle prime quattro vertebre del collo, solo il braccio sinisto, e gran parte delle gambe erano mancanti. La colonna vertebrale è perfettamente conservata e articolata. La coda in particolare è superbamente preservata e ci mostra l'elegante geometria della guaina di tendini ossificati che formano la caudoteca tipica dei dromaeosauridi serraraptori. La gabbia toracica ed il bacino sono perfettamente preservati tridimensionalmente, al punto che è possibile stimare il volume della cavità toracica e pelvica. La regione pettorale e gastrale è dislocata me in ottimo stato di preservazione.

Confronto tra Shri e Velociraptor. Ricostruzione delle parti mancanti della gamba di Shri rapax basate su Shri devi.

Completo, l'animale è nel range dimensionale di Velociraptor (circa 2 metri di lunghezza), ed a prima vista una attribuzione superficiale potrebbe riferirlo a quel genere. Tuttavia, esso mostra numerose differenze nel cranio e nelle vertebre, che supportano l'attribuzione ad un altro genere, sempre dal Cretacico Superiore della Mongolia, Shri, istituito nel 2021. Al tempo stesso, il nuovo esemplare mostra numerose caratteristiche nelle vertebre e nel bacino che lo distinguono dalla specie-tipo di Shri, S. devi, e che supportano l'istituzione di una nuova specie, che abbiamo chiamato Shri rapax in riferimento alle dimensioni inusuali dell'artiglio del pollice.

La mano di Shri emerge dietro le spine neurali. Notare l'enorme ungueale del pollice.

Le due specie di Shri mostrano una combinazione di caratteristiche che suggerisce una differenziazione ecologica rispetto a Velociraptor. Il muso degli Shri è più corto e robusto, i denti si estendono posteriormente alla sutura jugale-mascellare, la quale è rinforzata da una giunzione a forma di "Z". Tutti questi elementi suggeriscono che Shri fosse in grado di sopportare la sollecitazione meccanica generata da un morso più forte di quello al quale è adatto Velociraptor. Il collo di Shri rapax ha una vertebra in più rispetto a quello di altri velociraptorini. Inoltre, le vertebre della regione dorsale sono molto più pneumatizzate. La coda di Shri rapax è in proporzione meno allungata di quelle di Deinonychus e Velociraptor. La mano di Shri rapax è molto più robusta di quella di Velociraptor. Infine, gli ungueali della mano (gli unici noti finora in Shri rapax) e quelli del piede (gli unici noti finora in Shri devi) sono in proporzione più grandi rispetto a quelli di Deinonychus Velociraptor

Confronto tra la mano di Shri e quella di altri eudromaeosauri. La freccia indica l'ungueale del primo dito (pollice). Figure scalate alla medesima lunghezza del secondo dito. Notare la maggiore robustezza della mano di S. rapax.

La combinazione di morso più robusto e artigli più grandi implica che Shri fosse un taxon adatto a cacciare prede più grandi e tenaci di quelle tipiche di Velociraptor, e che quindi i due velociraptorini non fossero direttamente in competizione per le risorse alimentari. Ritengo plausibile che ceratopsi come Protoceratops e giovani ankylosauridi del genere Pinacosaurus, molto frequenti nella formazione Djadokhta a cui riferiamo Shri rapax, fossero prede abituali di questo dromaeosauride.

La descrizione completa e l'interpretazione dell'anatomia di Shri rapax sono da oggi disponibili nel nuovo articolo che abbiamo pubblicato su Historical Biology (Moutrille et al. 2025).


Bibliografia:

Moutrille L., Cau A., Chinzorig T., Escuillié F., Tsogtbaatar K., Ganzorig B., Mallet C., Godefroit P. 2025 - A new bird-like dinosaur from the Upper Cretaceous of Mongolia with extremely robust hands supports niche partitioning among velociraptorines. Historical Biology https://doi.org/10.1080/08912963.2025.2530148.


30 giugno 2025

Cavernicoli nel Mesozoico

 

Un titolo alternativo per uno scenario evolutivo alternativo

Nei romanzi di fantascienza più o meno virati al fantastico, come nei film più o meno fondati scientificamente, ricorre il tema della preistoria generica nella quale i primi esseri umani (spesso vestiti con improbabili costumini di pelle) convivono con animali e piante di differenti ere geologiche. Lo scontro tra cavernicoli e dinosauri (non-aviani) è quindi uno dei classici della fantascienza. In generale, la preistoria fantastica non ha una datazione definita, dato che contiene specie vissute in realtà anche centinaia di milioni di anni una dall'altra. La "preistoria" di film e romanzi è quindi più simile ad un universo alternativo che ad un momento del passato, un universo nel quale la storia evolutiva terrestre ha preso una direzione analoga ma comunque differente da quella reale.

Come è mio solito, proviamo a sviluppare un ragionamento originale partendo da questa base, ma secondo logiche alternative. L'ispirazione del mio ragionamento è un articolo scientifico uscito in questi giorni, nel quale gli autori hanno analizzato quali siano stati gli elementi biologici che hanno reso certe specie del Quaternario superiore (Pleistocene finale e Olocene, ovvero gli ultimi 130 mila anni), in particolare mammiferi, più vulnerabili di fronte alla progressiva espansione geografica di Homo sapiens rispetto ad altre (Lemoine et al. 2025).

Gli autori identificano alcuni elementi chiave:

La distanza filogenetica da specie che da molto tempo hanno coesistito con Homo in Africa. 

Se una specie non è imparentata con specie che hanno convissuto con Homo per i primi milioni di anni della sua storia africana, ha maggiore probabilità di soccombere quando entra in contatto con Homo sapiens. Il motivo è che, presumibilmente, se un gruppo zoologico ha resistito per milioni di anni alla predazione umana in Africa, allora anche i suoi parenti extra-africani possono avere qualche caratteristica che li rende più resistenti all'interazione umana.

Le grandi dimensioni.

Le specie giganti, specialmente di uccelli e mammiferi, sono più fragili rispetto alle specie di piccola taglia dato che Homo sapiens è un animale che ha bisogno di molte risorse ambientali per vivere, e questo comporta che la sua espansione riduce la disponibilità di risorse per le grandi specie. Inoltre, Homo sapiens è un efficiente predatore di grandi animali, e questo lo porta ad avere una particolare pressione predatoria sui grandi animali. Questo è particolarmente dannoso per specie come i mammiferi giganti, che hanno una bassa prolificità e non sono in grado di ripopolarsi con sufficiente velocità se esposte ad una pressione predatoria prolungata.

L'insularità o il ridotto areale.

Legato al punto precedente, le specie che hanno un areale ridotto hanno maggiore probabilità di soccombere se in competizione per le risorse con Homo sapiens.

L'arto plantigrado.

Homo sapiens è un bipede plantigrado, un camminatore tenace ma alquanto scarso nella corsa. Pertanto, esso è più efficace nella predazione di animali non particolarmente veloci, come le specie plantigrade, mentre è meno efficace nella caccia di animali veloci. Gli animali corridori, digitigradi ed unguligradi, hanno quindi maggiore probabilità di resistere all'invasione umana nel loro ambiente. (Ovviamente, questo discorso vale soprattutto per i lunghi millenni prima dell'invenzione di armi da lancio, e ancor meno con la recentissima - in termini geologici - invenzione delle armi da fuoco).


Ispirato da questo studio, mi sono domandato quale sarebbe stato l'impatto della specie umana (con tecnologia paleolitica, ovviamente) sulle faune a dinosauri non-aviani. Dato che immaginare i dinosauri mesozoici traslati nel Pleistocene comporta uno scenario troppo complesso (nel senso che non possiamo sapere se e come il diverso clima e geografia quaternaria e la presenza degli altri animali pleistocenici inciderebbero sullo scenario che voglio sviluppare), ho invertito l'ordine dei fattori e mi sono domandato quale possa essere l'impatto di Homo sapiens (sempre ad un livello culturale paleolitico) se fosse traslato nel Mesozoico, ad esempio alla fine del Cretacico. Tralasciamo per un attimo di valutare come il clima mesozoico possa incidere sul successo di una popolazione umana, e limitiamoci a considerare i fattori discussi nello studio di Lemoine et al. (2025). Quali dinosauri mesozoici risulterebbero più vulnerabili alla competizione umana?

Il primo elemento non è rilevante, dato che in questo caso non esistono specie di dinosauri mesozoici che sono parenti di dinosauri africani del Quaternario, quindi presumo che tutti i dinosauri del Cretacico siano ugualmente "vergini" di fronte all'arrivo di Homo sapiens, senza distinzioni.

Il secondo elemento, le grandi dimensioni, è interessante, ma difficile da considerare, perché nell'articolo originario è stato tarato sui mammiferi, i quali evolvono le grandi dimensioni secondo meccanismi diversi da quelli che plasmano i dinosauri. Il fatto che le dimensioni giganti siano state svantaggiose per i mammiferi nella competizione con l'uomo, è una prova automatica che lo stesso accadrebbe ai dinosauri? Non penso. Guardiamo il coccodrillo del Nilo, o quello d'acqua salata australiano: entrambi raggiugono grandi dimensioni, ma non per questo sono stati particolarmente danneggiati dall'interazione con Homo sapiens. Le popolazioni di grandi dinosauri avevano un tasso riproduttivo più alto delle popolazioni di grandi mammiferi. Se uccidi la matriarca di un branco di elefanti, di fatto metti in ginocchio l'intero gruppo. Se abbatti una madre di rinoceronte condanni a morte anche il suo cucciolo. Ma se uccidi un sauropode adulto, le sue uova appena deposte daranno comunque alla luce una trentina di piccoli autosufficienti, in grado di cavarsela da soli e di mandare avanti la popolazione. Quindi, è possibile che un qualche impatto umano sulle popolazioni di grandi dinosauri ci sia, ma che sia minore di quello risultato sui grandi mammiferi.

L'areale è un elemento interessante, ma a parte le specie di dinosauri vissute nell'arcipelago europeo del Cretacico Superiore, è probabile che le specie di grandi dinosauri della fine del Mesozoico avessero areali a scala continentale, quindi poco suscettibili di soccombere all'espansione umana, almeno fino a che questa non diventi veramente pressante e numerosa.

L'elemento legato alla locomozione è interessante, dato che alcuni dinosauri erano probabilmente più veloci di altri. Probabilmente, sauropodi, therizinosauridi e dinosauri corazzati erano meno veloci di altri, quindi è possibile che questi gruppi abbiano da temere maggiormente l'impatto antropico rispetto a specie come i coelurosauri e certi ornitopodi. Quindi, è possibile che certe specie di dinosauro siano potenzialmente più vulnerabili alla predazione umana di altre.

In conclusione, è possibile che in un mondo alternativo dove Homo sapiens vive nel Cretacico finale, esso abbia influito sulla sopravvivenza di certe specie in modo simile a quanto avvenuto nel nostro mondo reale, ma è anche plausibile che certi dinosauri fossero probabilmente una preda troppo difficile per le capacità tecnologiche (e le dinamiche di popolazione) dell'uomo paleolitico. Anche se è realistico immaginare una pressione predatoria umana sulle covate, sulle specie non particolarmente veloci o quelle con areali ridotti, è improbabile che animali con stadi di crescita relativamente agili, areali molto estesi, e tassi riproduttivi elevati abbiano rischiato l'estinzione con la stessa facilità con cui abbiamo soppresso megateri, gliptodonti e moa.

19 giugno 2025

Notte prima dell'Antropocene

Guzzanti interpreta una parodia di cantante per una parodia di unità geologica


Ieri, il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha incluso tra le tracce del tema dell'esame di Stato (esame di Maturità, come si diceva ai miei tempi) un brano tratto da un libro del filosofo della biologia Telmo Pievani, relativo all'Antropocene.

"Antropocene" è il nome di una presunta unità del tempo geologico, divenuto molto popolare nell'ultimo decennio come possibile nome dei tempi attuali, unità rigettata formalmente dalla Commissione Internazionale di Stratigrafia e dall'Unione Internazionale delle Scienze Geologiche nel 2024.

Il brano dal libro di Pievani è del 2022, quindi è comprensibile che in quel periodo egli usi il termine "Antropocene" come se fosse il nome di qualcosa di (almeno in teoria) scientificamente sensato. Nel 2022, il concetto di una unità del tempo geologica chiamata "Antropocene" era ancora dibattuto nella comunità scientifica. Chi segue questo blog da lungo tempo sa che io appartengo alla folta schiera di geologi, paleontologi e naturalisti che si è sempre opposta all'introduzione di una unità chiamata "Antropocene", opposizione fondata su numerose motivazioni geologiche, paleontologiche ed epistemologiche. Ho ripetuto spesso che l'Antropocene, se visto da una prospettiva politica, è più dannoso che utile alla causa ambientalista, per motivi che, purtroppo, molti non sembrano cogliere. Ho rimarcato più volte che l'Antropocene non è altro che l'Antropocentrismo che rientra dalla finestra dopo che lo avevamo fatto uscire dalla porta della Scienza.

L'Antropocene è stato molto di moda. Molti si sono innamorati del suo concetto. Alcuni si sono arricchiti col suo spauracchio. Fortunatamente, la Commissione Internazionale di Stratigrafia, il solo organo scientifico deputato a stabilire la validità delle unità geologiche, ha rigettato l'Antropocene.

Tuttavia, come molti feticci di moda, come molti idoli pseudoscientifici, l'Antropocene rimane nei cuori di molti, sia dentro che fuori la scienza. Apparentemente, il Ministero ha ritenuto l'Antropocene un concetto meritevole di essere incluso nelle tracce del tema di maturità. Questa scelta può essere di natura più politica ed ideologica che scientifica.

Badate bene, nulla impedisce di includere l'Antropocene nei temi della maturità. Il fatto che sia un concetto pseudoscientifico (e di moda) è di per sé un ottimo argomento per indurre nei ragazzi maturandi una riflessione ed un dibattito degno di un tema scritto. Il tema di Italiano non è un esame di Geologia, non è un esame di scienze, non è una tesi di paleontologia. Pertanto, parlare di Antropocene non implica necessariamente avallare la consistenza scientifica di quel concetto. Esattamente come proporre un tema sul Nazismo non implica avallare l'ideologia di Hitler nella mente degli studenti.

(Mi raccomando, ora partiamo con la stupida polemica: "ma l'Antropocene non è il Nazismo!")

Mi domando, tuttavia, se chi ha inserito l'Antropocene nelle tracce d'esame abbia avuto la consapevolezza della complessità del tema, specialmente oggi che il termine è stato formalmente rimosso dal linguaggio scientifico. Esiste un Antropocene extra-scientifico, esattamente come esistono i dinosauri extra-scientifici. Ed entrambi sono interessanti per un tema di Italiano tanto quanto i loro omologhi scientifici (anzi, forse di più). Il brano di Pievani avrebbe potuto essere accompagnato da commenti di geologi e paleontologi, commenti che lo contestualizzassero e inquadrassero nel dibattito odierno sul cambiamento climatico. L'ascesa e caduta del concetto di Antropocene avrebbe potuto ispirare una discussione storica e culturale molto ricca e variegata.

Invece, l'Antropocene è stato presentato come un nome scientifico consolidato e "mainstream". Evidenziare la natura contingente e arbitraria del concetto di Antropocene avrebbe potuto ispirare negli studenti una riflessione più profonda rispetto alle (ormai abusatissime) digressioni pseudo-apocalittiche e catastrofistiche che formano la parte consistente del discorso popolare sul tema del cambiamento climatico, questo sì un concetto fondamentale dei nostri tempi, ben più rilevante del dibattito sul nome geologico da dare all'ultimo mezzo secolo. Ma così non è stato.

L'Antropocene continua a fare danni anche da morto.

28 maggio 2025

C'è un futuro per i documentari sui dinosauri?

 

(c) Steve Williams

Alcuni mesi fa, ho discusso del più abusato argomento fallace con cui i fanboy di certi film reagiscono quando si fa loro notare che i dinosauri dei film sono (tornati ad essere) rappresentati come mostri: l'argomentum ad documentarium. Quante volte in questa pagina (o sulla sua omologa su Facebook) ho dovuto sorbirmi la formuletta "se vuoi vederti un dinosauro scientificamente accurato, ti guardi un documentario", come a dire che "nei film i dinosauri non devono essere dinosauri, ma mostri di fantasia, perché non sono documentari".

C'è un paradosso in questo (legittimo, sebbene del tutto pretestuoso) tipo di risposte, ed è che, in realtà, i dinosauri dei documentari sono a loro volta dei mostri di fiction, ed hanno poco di "documentaristico".

Un documentario ci deve mostrare dei documenti, dei fatti oggettivi. Ma cosa vediamo nei documentari sui dinosauri che sono prodotti in questi anni? Vediamo un filmato di 50 minuti focalizzato su fossili, stratificazioni e collezioni museali? No! Troppo noioso! Noi vediamo una versione "accademica" di Jurassic Park. Noi vediamo delle parodie di film.

Da quasi trenta anni, il mondo dei documentari sui dinosauri si è "jurassic-parkizzato". Le animazioni in CGI sono divenute sempre più predominanti in questi prodotti, al punto che, spesso, esse sono il programma stesso, l'unica parte del prodotto, il nucleo e fulcro dell'intero "documentario". Da Walking with Dinosaurs in poi, i dinosauri in digitale sono divenuti sempre più fine e non solamente mezzo del programma documentaristico. Ciò ha inesorabilmente trasformato i documentari paleontologi in fiction paleontologiche. Un dinosauro in digitale deve essere pianificato in ogni singolo dettaglio, sia graficamente che nel comportamento. Esso è una creazione soggettiva, non è un fatto oggettivo. Il fossile è un oggetto, il dinosauro in CGI è un personaggio di finzione. Forma, colore, movimento, personalità, tutto viene discusso e deciso dalla produzione. Niente è un fatto naturale. 

Qualcuno commenterà che dietro queste ricostruzioni c'è comunque una consulenza paleontologica. E allora? Questo le rende oggettive? No. Anche la consulenza paleontologica è un fatto soggettivo, personale, nasce nella testa di un essere umano, non è mai un dato oggettivo.

Io posso immaginare Tyrannosaurus verde, muscoloso, dinamico e dal comportamento leonino. Un mio collega può immaginare Tyrannosaurus giallo, dal corpo più asciutto, i movimenti solenni e dal comportamento di un coccodrillo. Chi ha ragione? Nessuno può dirlo, perché colore, effettiva massa muscolare, livello di dinamica e comportamento generale sono del tutto impossibili da determinare in un fossile di Tyrannosaurus, pertanto nessuno di questi elementi è un fatto scientifico. Sono due versioni soggettive. Il documentario quindi non ci mostra dei fatti, ma solo delle personali e soggettive interpretazioni di ipotesi.

Illudersi che l'autorità del paleontologo certifichi qualunque dettaglio del documentario è una colossale mistificazione di cosa sia il lavoro del paleontologo. Ma oggi va di moda etichettare qualunque programma di finzione come "documentario" solo perché in una frazione degli elementi inclusi nella animazione gli autori del programma hanno voluto chiedere alcune opinioni ad un paio di scienziati.

C'è mille volte più oggettività nei video dei gabbiani sui comignoli vaticani fatti dai turisti che in qualunque "documentario" con dinosauri.

In realtà, questi programmi non sono documentari. E far credere al pubblico che lo siano è una classica mistificazione mediatica tipica dei nostri tempi di AI e CGI.

C'è una aggravante in questo fenomeno: il grado di "finzione cinematografica" di questi prodotti è andato crescendo con il raffinarsi delle tecniche digitali. Per vincere la competizione con altre serie, per rendere originale e innovativo il proprio prodotto, occorre realizzare qualcosa di sempre nuovo. Il problema con un "documentario" sui dinosauri è che lo spettro comportamentale e la gamma di situazioni che possiamo immaginare per questi animali non è infinito. Un dinosauro, per quanto di finzione, deve comunque rimanere dentro l'alveo del naturalistico. Non posso far parlare i dinosauri, non posso farli comportare in modo troppo libero, non posso esagerare con le personalizzazioni e con le vicende. Di conseguenza, una volta esaurita quella ridotta gamma di situazioni, e vincolato al principio della finzione naturalistica, i nostri dinosauri hanno solo due possibilità: estinguersi oppure specializzarsi. Dato che le serie con dinosauri in CGI continuano ad essere sfornate, stiamo osservando una progressiva specializzazione della finzione.

Nel primo Walking with Dinosaurus, i dinosauri erano ancora liberi di comportarsi in modo sobrio e naturalistico, aderente ad un canovaccio ispirato dai più comuni fenomeni naturali. Erano i primi dinosauri in CGI in un documentario, quindi non avevano competitori. Oggi, a oltre venticinque anni di distanza, non possiamo più mostrare i dinosauri che si comportanto come quelli del primo episodio. Dobbiamo inventarci qualcosa di mai visto prima, qualcosa di originale, accattivante, suggestico, emozionante, che intrattiene e non annoia. E dobbiamo farlo per evitare di non annoiare, di non apparire già visti. Come se la Natura fosse costretta ogni volta ad essere "intrattenimento".

Risultato? Battaglie tra dinosauri sempre più grottesche, vicende "famigliari" sempre più sentimentali e melodrammatiche, comportamenti riproduttivi sempre più esuberanti e pacchiani. 

I documentari in CGI sono quindi condannati alla stessa evoluzione che ha caratterizzato i loro precursori cinematografici: nascere come "naturalistici" e morire come "super-eroistici".

Che futuro hanno i documentari con dinosauri? La formula infantile e giocattolosa delle serie in CGI avrà sempre un pubblico di appassionati, quindi è probabile che continuerà questa tendenza, ovvero continuerà la produzione di dinosauri in CGI sempre più fantasiosi, spettacolarizzati, antropomorfici nelle vicende, ipocritamente iper-realistici.

Dal punto di vista del paleontologo, questa è una sconfitta. Sì, ci sono due, tre paleontologi al mondo che lavorano in questi documentari e ricevono una qualche compensazione economica. Ma la grandissima maggioranza degli studiosi non riceve alcun guadagno da questi prodotti. L'unica cosa che il paleontologo medio riceve da queste serie è una popolazione sempre più lobotomizzata da produzioni sempre più fantasiose e grottesche, sempre più allineata alle visione "giurassic-parkiana" dei dinosauri ormai elevata a pensiero unico, sempre meno capace di separare le parti scientifiche, oggettive, paleontologiche, da quelle di finzione, speculative, spettacolari e fantastiche.

L'idea che si possa fare un documentario che mostra unicamente dei fossili, dei siti di scavo e delle collezioni museali è considerata ridicola, patetica, fallimentare. 

Ma come? Non metti qualche animazione? Ma nessuno se la guarda una roba del genere! 

Eppure, quella sarebbe la sola vera forma di documentario. Un documentario deve documentare i fatti, non deve sbancare il botteghino, non deve vedere pop corn, non deve essere un giocattolo. 

Ce ne siamo dimenticati? Non resistiamo dal desiderio dell'ennesimo T.rex digitale? Ovvio, 30 anni di lavaggio del cervello hanno fatto il loro lavoro ed hanno vinto.

Il futuro dei documentari con dinosauri è di trasformarsi completamente in film con dinosauri. A quel punto, l'argomento ad documentarium diventerà un paradosso, perché non ci sarà modo per giustificare i dinosauri-mostrificati del cinema contrapponendoli ai dinosauri-cinematografici dei "documentari". 


25 maggio 2025

Frog DNA

Fotogramma da Jurassic Park (1993)


La rete abbonda di commenti e reazioni al prossimo film del Franchise Giurassico. Come ho spiegato nel precedente post, la direzione presa da questo Franchise non mi appassiona più, e pertanto non parlerò di queste nuove produzioni. Mi spiace per quelli che si aspettavano dei post ironici sull'ennesimo film, ma io non sono appassionato di film di mutanti.

Voglio invece commentare un tema relativo al film e romanzo originali, tema che è abusatissimo online, e sul quale molti fan dei nuovi film hanno costruito un'intera teoria volta a giustificare le scelte che hanno modificato il Franchise facendolo diventare qualcosa di differente dai primi film.

Mi riferisco all'idea che fin dal primo romanzo fosse implicito che i dinosauri di Jurassic Park fossero animali geneticamente modificati, che non fossero più "veri dinosauri" ma qualcosa che anticipa e precede i successivi ibridi e mutanti incontrati nei nuovi episodi.

Dato che fin troppi "secondo me" sono stati spesi su questo tema, qui voglio fare qualcosa di più solido e sofisticato, ovvero vado direttamente alla fonte originale, il romanzo di Crichton in lingua inglese, e vi riporto tutte le parti del romanzo che fanno riferimento a "veri dinosauri", "ibridi", "mutanti", "DNA anfibio", "DNA di rospo", così da mostrare cosa Michael Crichton intendesse quando ha creato il suo romanzo con dinosauri vivi nel XX Secolo.

 Disponendo di una copia pdf del romanzo, posso facilmente fare questo tipo di indagine.

Il termine "real dinosaur" (incluso il plurale "real dinosaurs") compare nel romanzo 5 volte:

La prima volta è quando gli scienziati invitati nel parco si domandano come sia stato possibile riportare in vita i dinosauri:

Ellie said, “You can’t reproduce a real dinosaur, because you can’t get real dinosaur DNA.”

La terza volta in cui il termine compare è un elemento chiave per chiarire molti malintesi successivi dei fan, perché dimostra che per Crichton i dinosauri che incontriamo nel parco giurassico sono "veri dinosauri", e non sono animali ibridi, artefatti geneticamente modificati:

 

 “You want to replace all the current stock of animals?” Hammond said.

“Yes, I do.”

“Why? What’s wrong with them?”

“Nothing,” Wu said, “except that they’re real dinosaurs.”

“That’s what I asked for, Henry,” Hammond said, smiling. “And that’s what you gave me.”

Il prossimo brano è un ulteriore elemento chiave, perché conferma che i dinosauri del romanzo sono "veri dinosauri". Notare che questo brano è servito da ispirazione per un dialogo in Jurassic World:


The dinosaurs we have now are real,” Wu said, pointing to the screens around the room, “but in certain ways they are unsatisfactory. Unconvincing. I could make them better.”

“Better in what way?”

“For one thing, they move too fast,” Henry Wu said. “People aren’t accustomed to seeing large animals that are so quick. I’m afraid visitors will think the dinosaurs look speeded up, like film running too fast.”

“But, Henry, these are real dinosaurs. You said so yourself.”

“I know,” Wu said. “But we could easily breed slower, more domesticated dinosaurs.”


Il dialogo tra Hammond e Wu prosegue ed introduce un'ambiguità su quanto siano reali i dinosauri del parco:

“Excuse me, Henry,” Hammond said, with an edge of impatience in his voice. “I do realize. And I must tell you frankly, Henry. I see no reason to improve upon reality. Every change we’ve made in the genome has been forced on us by law or necessity. We may make other changes in the future, to resist disease, or for other reasons. But I don’t think we should improve upon reality just because we think it’s better that way. We have real dinosaurs out there now. That’s what people want to see. And that’s what they should see. That’s our obligation, Henry. That’s honest, Henry.”

Questa ambiguità è però immediatamente risolta da Crichton per bocca di Wu: 

The DNA of the dinosaurs was like old photographs that had been retouched, basically the same as the original but in some places repaired and clarified. [corsivo mio]

Per Crichton, quindi, i dinosauri del Jurassic Park sono come vecchie fotografie restaurate, riparate, ma sostanzialmente genuine, non sono quindi qualcosa di differente dall'originale. Questi brani dimostrano che nell'intenzione dell'autore, i dinosauri di Jurassic Park non sono ibridi, non sono mutanti, non sono mostri, né creature artificiali. Sono dinosauri reali, copie restaurate di quelli originali.


Ed il fantomatico DNA di anfibio? 

"Frog DNA" è menzionato 16 volte. Le più importanti sono queste:


“When you made your dinosaur DNA,” Grant said, “you were working with fragmentary pieces, is that right?”

“Yes,” Wu said.

“In order to make a complete strand, were you ever required to include DNA fragments from other species?”

“Occasionally, yes,” Wu said. “It’s the only way to accomplish the job. Sometimes we included avian DNA, from a variety of birds, and sometimes reptilian DNA.”

“Any amphibian DNA? Specifically, frog DNA?”

“Possibly. Pd have to check.”

“Check,” Grant said. “I think you’ll find that holds the answer.”

Malcolm said, “Frog DNA? Why frog DNA?”


Notare che, a differenza del film, nel quale si afferma che il DNA inserito è solamente quello anfibio, nel romanzo la sequenze genetiche sono tratte anche da uccelli e rettili. Inoltre, durante lo svolgimento della trama si scoprirà che solo le cinque specie nelle quali era stato inserito DNA anfibio sono in grado di cambiare sesso e riprodursi. Dal testo, il DNA anfibio non pare aver modificato i dinosauri in altre caratteristiche, sia fisiche che comportamentali, ma solamente nella capacità di cambiare sesso. Dato che né noi né i personaggi del romanzo possono sapere se i dinosauri originali, nel Mesozoico, fossero in grado di cambiare sesso (alcuni rettili moderni ne sono capaci), a rigore questa "alterazione" indotta dal DNA anfibio non è necessariamente uno stravolgimento delle caratteristiche originarie dei dinosauri note alla scienza (sia reale che del romanzo). La possiamo considerare una licenza artistica di Crichton, per fini narrativi, né più né meno della capacità di sputare veleno attribuita nel romanzo al Dilophosaurus.

A questo proposito, è bene chiarire cosa si intenda nel romanzo per "inserimento di frammenti genetici", dato che nei film del filone "Jurassic World" questo concetto è portante per innumerevoli novità della trama, assenti nei primi film di Jurassic Park. 

Si tratta per Crichton di un modo per creare ibridi e nuovi animali? No, come riportato prima, nel romanzo i dinosauri sono "real dinosaurs". Questo elemento chiave del romanzo è spiegato in un altro brano:

He still wasn’t clear about why Grant thought frog DNA was important. Wu himself didn’t often distinguish one kind of DNA from another. After all, most DNA in living creatures was exactly the same. DNA was an incredibly ancient substance. Human beings, walking around in the streets of the modern world, bouncing their pink new babies, hardly stopped to think that the substance at the center of it all—the substance that began the dance of life—was a chemical almost as old as the earth itself. The DNA molecule was so old that its evolution had essentially finished more than two billion years ago. There had been little new since that time. Just a few recent combinations of the old genes—and not much of that. When you compared the DNA of man and the DNA of a lowly bacterium, you found that only about 10 percent of the strands were different. This innate conservatism of DNA emboldened Wu to use whatever DNA he wished.

Per Crichton, l'utilizzo di DNA di specie viventi per completare le sequenze è quindi considerato un espediente realistico poiché, data la conservatività del DNA, tale operazione non intaccherebbe in modo sostanziale la struttura originaria del genoma dinosauriano.

Notate bene, non sto dicendo che questo sia un concetto corretto sul piano scientifico reale, rimarco che esso è un elemento portante la costruzione narrativa interna del romanzo di Crichton. Nella finzione di Jurassic Park, l'inserimento di sequenze genetiche di specie diverse non altera lo status di "real dinosaurs" degli animali clonati. Ovvero, l'ingegneria genetica di Wu non produce chimere, ibridi o mostri, ma si limita a "restaurare" un DNA in parte danneggiato.

Notare che questo concetto è invece del tutto abbandonato nei film di Jurassic World, nei quali la manipolazione genetica diventa analoga ad una vera e propria fabbrica di nuovi esseri viventi artificiali (ibridi e mutanti).


Infine, quante volte compare la parola "hybrid" nel romanzo? ZERO.

Quante volte compare la parola "mutant" nel romanzo? ZERO.


In conclusione: non è vero che i concetti di "ibrido" e "mutante", che caratterizzano il filone di Jurassic World, siano già presenti in Jurassic Park. L'analisi diretta del testo di Crichton smentisce definitivamente questa leggenda metropolitana tanto cara ai fanboy degli ultimi episodi. In Jurassic Park, i dinosauri sono "real dinosaurs", nel senso che sono copie dei dinosauri mesozoici ottenute dal restauro di sequenze di DNA fossile.

Pertanto, ibridi e mutanti NON sono canonici in Jurassic Park.

Nota a margine. L'ingegneria genetica immaginata da Crichton è comunque poco realistica, per molti motivi, anche contestualizzandola alla fine degli anni '80. Il realismo del romanzo ha illuso molti sulla possibilità di realizzare un Jurassic Park nel mondo reale, ed ha spalancato le porte ad un universo narrativo di ibridi e mutanti realizzabili con la spessa facilità con cui si assemblano le costruzioni del LEGO. Questo brano del romanzo è molto indicativo della distanza tra la genetica di Crichton e quella reale:

“I don’t think that’s impossible,” Wu said. “Reptiles are easier than mammals. Cloning’s probably only ten, fifteen years off. Assuming some fundamental advances.” 

In realtà, la clonazione dei mammiferi è molto più semplice di quella dei rettili. Ironicamente, Wu azzecca la data della clonazione di Dolly, avvenuta meno di un decennio dopo Jurassic Park, ma ignora che Dolly sia un mammifero, e non un rettile. La clonazione di rettili ed uccelli è ancora oggi, anno 2025, una tecnologia molto più difficile e controversa della clonazione dei mammiferi.