Sebbene tutti i theropodi mesozoici siano uguali ai miei occhi, alcuni temi relativi ai theropodi mesozoici sono più intriganti di altri. In particolare, le faune di theropodi giganti dalla metà del Cretacico (Aptiano-Cenomaniano: tra 120 e 90 milioni di anni fa) del Nord Africa sono una delle tematiche più affascinanti e controverse dell'intera scienza dinosaurologica. Il problema fondamentale di queste comunità fossili è noto come "Enigma di Stromer", ovvero la presenza nelle medesime unità stratigrafiche di almeno tre (a volte, più di tre) specie di dinosauro theropode gigante (con masse adulte sopra le 2 tonnellate). Il primo a realizzare la peculiarità di queste associazioni fu proprio Ernst Stromer, "padre" dei tre più famosi membri di queste associazioni: Spinosaurus, Carcharodontosaurus e Bahariasaurus. Da una prospettiva ecologica ispirata dalle associazioni faunistiche viventi, la compresenza di così tante specie di super-predatori giganti apparve subito un paradosso, dato che, nelle comunità attuali, le popolazioni di grandi predatori sono sempre una piccola minoranza della biomassa di un ecosistema. Al contrario, in queste associazioni nordafricane, i predatori giganti sono la principale componente della fauna dinosauriana osservata. Come potevano gli ecosistemi del Nord Africa medio-cretacico sostenere una così massiccia componente di predatori all'apice delle catene alimentari?
Le possibili soluzioni proposte sono di varia natura:
1- Negare il problema, riducendolo ad un errore di campionamento.
Secondo questa interpretazione, la compresenza di tutti questi mega-theropodi nel medesimo ecosistema è apparente, ma non reale, ed è dovuta ad una imperfetta zonazione (suddivisione) delle unità geologiche. In breve, le specie apparirebbero coesistere nelle successioni geologiche perché la stratigrafia del Nord Africa è grossolana, mal definita, e questo porterebbe le originarie associazioni faunistiche (tra loro distinte) ad apparire erroneamente sovrapposte e coincidenti.
Questa soluzione è in parte corretta, ma non è sufficiente. La stratigrafia nordafricana è spesso molto poco definita, per ragioni storiche e ambientali. Nei casi in cui è stato possibile fare indagini stratigrafiche rigorose, emergono delle differenziazioni nelle faune. Ad esempio, un'analisi dettagliata della stratigrafia dei denti di theropode raccolti nell'Aptiano-Albiano della Tunisia ha mostrato che i denti degli spinosauridi sono più abbondanti nei sedimenti lagunari, mentre carcharodontosauridi e abelisauridi sono più abbondanti nei sedimenti alluvionali. Quindi, sì, quando si analizza la stratigrafia in modo dettagliato, si può osservare una differenziazione faunistica, ma questa non è assoluta né universale. Nei livelli cenomaniani del Marocco (Kem Kem) e dell'Egitto (Bahariya) le indagini geologiche non hanno rivelato una così netta distinzione faunistica.
2- Stemperare il problema con la segregazione ecologica.
Questa interpretazione ammette che le specie siano vissute assieme, ma ipotizza che esse fossero segregate ecologicamente: ogni specie aveva la propria "nicchia ecologica", e nessuna era direttamente in competizione con le altre. Ad esempio, Spinosaurus aveva un'ecologia differente da Carcharodontosaurus, e questo è supportato dalle numerose differenze nella dentatura, nella morfologia del cranio, nella composizione isotopica dello smalto. Questo argomento funziona bene per separare ecologicamente gli Spinosauridae dagli altri grandi theropodi, ma non spiega la coesistenza di Carcharodontosauridae ed Abelisauridae, entrambi dotati di musi oreinorostrali e denti zifodonti (adattamenti per una dieta iper-carnivora), e per ora è sostanzialmente inapplicabile su Bahariasaurus, del quale non abbiamo a disposizione né cranio né denti.
3- Applicare l'over-lumping tassonomico.
Ad accentuare il dibattito e la portata dell'Enigma di Stromer è la stima della diversità di specie di queste unità. Secondo alcuni autori, il numero di specie per unità è dato dal numero dei cladi campionati (ovvero, tutto il materiale raccolto e riferibile ad un certo clade indicherebbe una singola specie): ad esempio, seguendo questo approccio, tutto il materiale con caratteristiche di Spinosauridae rinvenuto nel Kem Kem marocchino apparterrebbe ad una singola specie, Spinosaurus aegyptiacus. Questo approccio è detto "lumping". Secondo altri autori, la diversità campionata nelle unità all'interno dei singoli cladi non è riconducibile ad una sola specie per gruppo, ma implica più specie strettamente imparentate ma comunque distinte: in questo caso, lo stesso materiale con caratteristiche di Spinosauridae rinvenuto nel Kem Kem appena citato apparterrebbe ad almeno due specie distinte, potenzialmente classificabili come due generi distinti nel caso queste due specie non siano strettamente imparentate, Spinosaurus e Sigilmassasaurus. Questo approccio è detto "splitting".
La distinzione tra "lumper" e "splitter" è stata affrontata soprattutto in termini di "tassonomia alfa", ovvero il numero delle specie che sono rappresentate dal campione fossilifero raccolto. I paleontologi lumper tendono a minimizzare il numero delle specie deducibili dal campione, mentre gli splitter tendono a non essere vincolati nella stima della diversità delle specie ricavate nel medesimo assemblaggio fossile.
Il problema principale nel dibattito tra autori lumper ed autori splitter è che non esiste un criterio universale per stabilire se e quando si possa applicare il lumping e quando invece sia da applicare lo splitting. L'impossibilità di stabilire un criterio universale è dovuto a innumerevoli fattori, alcuni biologici altri più squisitamente paleontologici:
- la variabilità all'interno di una specie non può essere stabilita a priori, ma solo dopo che abbiamo definito i confini genetici e geografici della specie (e, nel caso dei fossili, anche i suoi confini nel tempo geologico).
- non tutta la variabilità ha un valore tassonomico: la differenza tra i sessi e quelle tra gli stadi di crescita sono fonte di diversità morfologica ma non hanno reale importanza tassonomica. Nel caso dei fossili, non sempre è possibile stabilire il sesso dell'esemplare, e comunque è impossibile osservare lo sviluppo individuale completo di un individuo, dato che ogni esemplare mostra solo il suo particolare morfotipo esistito al momento della morte.
- non abbiamo popolazioni sufficientemente ricche per fare analisi statistiche della variabilità nel campione: ovvero, quanto era "tipico della specie" il tratto anatomico che osserviamo nei fossili a disposizione?
Dato che in molti casi una specie fossile di dinosauro è basata unicamente su un singolo esemplare, quasi sempre incompleto, il cui sesso è sconosciuto, la cui età individuale (e relativo stadio di crescita) è spesso di difficile definizione, ne discende che qualsiasi definizione di specie (e dei suoi limiti di applicazione, ovvero l'ampiezza della sua variabilità interna) è una proposta suscettibile di revisione.
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Sauroniops e Spinosaurus (c) Emiliano Troco |
Finora, gran parte del dibattito tra autori splitter e autori lumper è stato di natura prettamente tassonomica, ovvero, relativa al numero di specie che si presume siano rappresentate dal campione fossile. Tuttavia, esiste anche un altro modo di considerare la questione, ed è sul piano analitico, metodologico. Ovvero, quale è l'impatto dell'approccio splitter vs lumper nella risoluzione della filogenesi dei dinosauri predatori? Anche se spesso non viene preso in considerazione, l'approccio tassonomico seguito dagli autori rappresenta esso stesso un'ipotesi filogenetica imposta a priori all'analisi che vogliamo svolgere per determinare la diversità nel campione. Che impatto ha questa ipotesi sul risultato delle analisi?
Indipendentemente dal numero di specie presenti nel campione, noi possiamo svolgere analisi filogenetiche in cui non imponiamo a priori una particolare filosofia splitter o lumper, ovvero cercando di minimizzare il numero di ipotesi relative alla composizione delle specie presenti. Questo approccio possiamo chiamarlo "splitting/lumping metodologico", e non è necessariamente legato allo splitting/lumping tassonomico, ma ha come obiettivo quello di ridurre al minimo l'impatto delle nostre tassonomie sullo svolgimento di un'analisi filogenetica. In teoria, anche il lumper più estremo può svolgere un'analisi metodologicamente-splitter, e ricavare il grado di inclusività delle specie dal risultato di tale analisi.
Finora, pochi studi hanno considerato l'effetto dello "splitting/lumping metodologico" nell'analisi filogenetica dei dinosauri predatori, in particolare quelli dal Cretacico del Nord Africa. Eppure, qualora fosse affrontato esplicitamente, questo approccio potrebbe aiutare a risolvere alcune delle questioni più controverse intorno ai dinosauri predatori del Cretacico nordafricano.