In questi giorni, la paleo-rete è nel
pieno di una vera e propria battaglia, combattuta tra vari fronti.
C'è la piccola fronda rivoluzionaria (quella, appunto, della
Spinosaurus Revolution) e la più ampia ed eterogenea
contro-rivoluzione, che, in vari modi, si oppone a parte della
rivoluzionaria – se non eretica – interpretazione di Spinosaurus.
Io però eviterò di schierarmi. Dopo
aver riflettuto sui pro ed i contro di ambo gli schieramenti, non mi
interessa molto questionare sul come e quanto la ricostruzione
scheletrica proposta da Ibrahim et al. (2014) sia corretta,
ripetibile e testabile: non tanto perché la questione sia o meno
importante (ritengo che sia importante), ma per la semplice ragione
che già molti ne stanno parlando, ed il mio contributo a quel fronte
della discussione sarebbe poco interessante. E chi legge questo blog
lo fa, spesso, perché sa (e spera) di trovare un punto di vista
originale, che possa arricchire.
Sono stato a Milano, alla presentazione
della ricerca. Ho avuto l'opportunità di parlare direttamente con i
protagonisti dello studio. Ho posto a Simone Maganuco e Cristiano Dal
Sasso le domande che più mi premeva sentire rispondere: in
particolare, sull'associazione dei resti, il grado di preservazione
del fossile, la presenza o meno di elementi ossei chiave per
interpretare alcuni aspetti enigmatici di Spinosaurus.
Sappiate che un'ampia monografia sull'esemplare ed i vari resti di
Spinosaurus è in preparazione. Ciò non esonera gli autori
della pubblicazione su Science dal fornire risposte su aspetti
problematici del loro studio. Al tempo stesso, ritengo che sia
prematuro affrontare alcuni problemi emersi, basandosi esclusivamente
su quanto è stato pubblicato. Inoltre, non penso di avere il diritto
di criticare dei colleghi sul modo con cui hanno pubblicato una loro
ricerca, né di biasimare chi vorrebbe risposte agli enigmi
sollevati, alle posizioni più radicali.
Come mio solito, userò ciò che ho,
piuttosto che lamentarmi di ciò che non ho.
In questo post, voglio esporre la mia
interpretazione della faccenda, alla luce di quanto è stato
pubblicato. In particolare, mostrerò come sia possibile ricostruire
una postura di Spinosaurus che non richieda un'andatura
quadrupede (al netto di una simulazione informatica per testare tale
ipotesi) e che tale postura non solo è perfettamente coerente con
quanto conosciamo di Spinosaurus, ma che, interpretata in
un'ottica evoluzionistica, produce necessariamente alcune
delle bizzarre caratteristiche di questo dinosauro. Paradossalmente,
questo tentativo di “far funzionare il tutto” potrebbe di fatto
“spiegare il tutto”.
Partirò constatando una anomalia
iconografica nelle ricostruzioni di Spinosaurus passate e
presenti (inclusa quella proposta da Ibrahim et al. 2014): quasi
sempre, Spinosaurus viene ricostruito con una postura della
testa “da theropode classico” come se fosse privo di spine
neurali allungare. Tutti (o quasi) mostrano Spinosaurus con un
collo suborizzontale, da cui parte una testa proiettata in avanti.
Ciò è a mio avviso paradossale, se
osserviamo gli animali terrestri attuali. In generale, animali con
teste allungate (e che non strisciano) tendono ad avere una postura
della testa inclinata anteroventralmente, non orizzontale. Gli
uccelli con becchi allungati tendono ad assumere una postura
inclinata, così come i mammiferi con teste voluminose tendono a
tenere i crani inclinati, non orizzontali. In particolare, i
mammiferi con teste voluminose presentano spine neurali del torace
allungate, su cui è ancorato un legamento nucale che permette di
mantenere la testa sospesa passivamente, ovvero senza sforzo
muscolare. Spinosaurus aveva una postura del cranio inclinata?
Come ho mostrato in alcuni post del passato, le caratteristiche del
cranio degli spinosauridi (in particolare, l'angolo acuto del
lacrimale, l'espansione ventrale del basisfenoide) suggeriscono un
cranio inclinato anteroventralmente. Ma quale era la postura del
collo sul quale era attaccata questa testa “inclinata”? Forse, la
risposta la abbiamo rileggendo Russell (1996), lo studio che istituì
Sigilmassasaurus a partire da alcune cervicodorsali isolate di
Spinosaurus.
Russell (1996) ipotizzò che
Sigilmassasaurus fosse un bizzarro dinosauro con un collo “ad
U”, ovvero, con una marcata flessione alla base del collo, che
risultava quindi proiettato in modo sub-perpendicolare all'asse della
colonna dorsale. L'ipotesi si basava sulla forma molto peculiare
delle vertebre cervicodorsali: corte, con ampia faccetta articolare,
convessa anteriormente ed espansa trasversalmente, che suggerisce una
marcata mobilità, associata ad una spina neurale molto ridotta, ed
una carena ventrale molto sviluppata, inserzione di potenti muscoli
flessori.
Ora sappiamo che quelle vertebre appartengono a
Spinosaurus, ma cosa dire dell'interpretazione di Russell
(1996)? Può essere valida? Se applicata a Spinosaurus,
produce un collo che, rispetto alla colonna dorsale, è subverticale.
Tale subverticalità è inoltre accentuata dal fatto che le vertebre
del collo negli spinosauridi producono una ridotta sigmoidalità.
Notare che le ridotte spine neurali nelle vertebre cervicodorsali
“permettono” di estendere il collo senza che ci sia contatto tra
le spine cervicali e cervicodorsali, né tra queste ultime e le alte
spine delle vertebre successive.
Notare che tale postura è praticamente
assente dall'iconografia di Spinosaurus. Ma se fosse corretta
(o, perlomeno, possibile), cosa comporterebbe? Inoltre, come si
combina questa postura della base del collo con la forma peculiare
del basicranio degli spinosauridi?
In breve, combinando l'ipotesi del
collo di Sigilmassasaurus a Spinosaurus, ed inserendo
alla base di questo collo la testa “inclinata” deducibile dalle
caratteristiche del cranio, risulta una postura “da pellicano”
per questo theropode.
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La ricostruzione di Spinosaurus da Ibrahim et al. (2014: rosso) modificata per assumere la postura cervicodorsale di Russell (1996: giallo). |
Quale può essere il significato di una
simile postura? Un effetto di questa postura è che, rispetto a
quella “suborizzontale” (seguita da molte ricostruzioni), il
baricentro di Spinosaurus risulterebbe ben più spostato
posteriormente. Questo risultato è molto interessante, perché
potrebbe implicare che, nonostante le dorsali allungate e le gambe
ridotte, il baricentro di Spinosaurus non fosse molto
“anomalo”. Ciò è fondamentale nel risolvere l'accesa
discussione che verte attorno al nuovo studio, dato che Ibrahim et
al. (2014) propongono invece che, in base al loro modello, il
baricentro di Spinosaurus fosse così anteriore da imporre una
postura quadrupede. [Dato che non ho i mezzi informatici per testare
la posizione del baricentro in una ricostruzione (inclusa quella che
propongo qui), la questione del baricentro resta in sospeso.
Nondimeno, indipendentemente dalla bipedia o quadrupedia, è molto
probabile che una postura “da pellicano” possa compensare (anche
solo in parte) un potenziale sbilanciamento anteriore del centro di
massa, e quindi dovrebbe essere presa in considerazione da chiunque
voglia quantificare il baricentro di Spinosaurus].
Tornando alla postura “da pellicano”,
affinché essa sia efficace in un animale come Spinosaurus,
molto più grande di qualsiasi pellicano, con un cranio lungo un
metro e mezzo e relativamente compatto nella parte anteriore, occorre
che la testa sia tenuta in sospensione passiva tramite un qualche
sistema di legamenti nucali ben sviluppati. Tale legamento,
inevitabilmente, deve ancorarsi alle spine neurali dorsali, in
analogia con quello che osserviamo oggi con i grandi mammiferi dotati
di crani voluminosi.
Un sistema di legamenti passivi è
tanto più utile tanto meno lavoro muscolare richiede. Ad esempio, un
legamento elastico che controbilanci la forza di gravità genera
automaticamente un sistema stabile che non richiede sforzo muscolare.
Tale strategia sarebbe molto vantaggiosa per un animale come
Spinosaurus, date le dimensioni del suo cranio. Come combinare
questa interpretazione con la postura del collo ipotizzata da
Russell? Un legamento passivo per mantenere eretto il collo (quindi,
vincere la forza di gravità) probabilmente richiede un ancoraggio
posteriore relativamente elevato sulla regione dorsale, per poter
sfruttare in qualche modo la risultante legata alla forza di gravità.
Osserviamo questo adattamento nei mammiferi brucatori, nei quali la
testa tende ad essere collocata ventralmente al torace, e questo
ultimo porta delle spine neurali relativamente allungate. Tornando al
nostro theropode, come possiamo ancorare un legamento elastico ad una
testa che a sua volta è sospesa su un collo verticale? Potremmo
farlo sollevando l'ancoraggio dei legamenti fino al livello della
testa. Ovvero, potremmo sviluppare delle spine neurali molto alte,
alte almeno quanto la posizione della testa.
Ed è proprio ciò che osserviamo in
Spinosaurus quando
articoliamo il collo con la postura di Russell!
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La sommatoria delle forze elastiche del legamento nucale ancorato a spine molto alte mantiene il collo eretto. |
Pertanto, le spine neurali ipertrofiche
di Spinosaurus potrebbero essere un sistema per ancorare in
alto un legamento nucale passivo che permetta di mantenere il collo
verticale senza bisogno di sforzo muscolare. A sua volta, questa
postura del collo (e della testa) arretra il baricentro, così da
compensare l'allungamento delle vertebre dorsali, e potrebbe quindi
risolvere (o perlomeno alleviare) il paradosso dato dallo
sbilanciamento anteriore del centro di massa.
Il sistema qui illustrato funziona, ma
ad una condizione: quando l'animale vuole abbassare la testa (per
nutrirsi) occorre che un sistema muscolare attivo contrasti l'azione
del legamento passivo. E questo sistema muscolare è dato dai muscoli
ipoassiali del collo, che dal basicranio arrivano alla regione
pettorale, muscoli che, proprio negli spinosauridi, sappiamo
erano molto sviluppati, come dimostra l'espansione ventrale del
basisfenoide (visibili in Baryonyx e Irritator) e le
carene ventrali ipertrofiche che osserviamo nelle vertebre del tipo
“Sigilmassasaurus”.
Pertanto, questa ipotesi posturale
spiega le bizzarre caratteristiche del muso e del basicranio degli spinosauridi
(collegate ad una postura “da pellicano”), spiega l'evoluzione
delle spine neurali ipetrofiche di Spinosaurus (collegate
allo sviluppo di un legamento passivo che sospenda la testa su un
collo eretto), spiega la forma e funzione delle bizzarre
cervicali di “Sigilmassasaurus” (permettono la postura “ad
U” del collo), spiega perché le cervicodorsali spinosauridi
abbiano carene ipertrofiche (inseriscono potenti muscoli flessori del
collo che agiscono agonisticamente al legamento nucale in un animale
specializzato a pescare). Non vi basta? Inoltre, questa postura,
arretrando il baricentro, permetterebbe una andatura bipede anche in
un animale con dorsali allungate e arti accorciati (quindi sarebbe
l'ideale in un animale con lo scheletro di “Spinosaurus C”).
In breve, questa singola ipotesi spiega
molto bene l'intera anatomia aberrante di Spinosaurus, in
particolare, fornisce un motivo evoluzionistico (adattativo e
funzionale) per l'evoluzione delle spine neurali ipertrofiche proprio
in questo theropode: il progressivo allungamento del muso e del
torace rispetto alle zampe posteriori (adattamenti ad una vita
semi-acquatica e piscivora) avrebbe favorito una postura sempre più
“da pellicano”, la quale avrebbe favorito (in termini di
selezione naturale) l'allungamento delle spine neurali come sede del
legamento nucale.
Voilà, tutti gli enigmi di Spinosaurus
risolti con un solo meccanismo!
E poi non dite che non vi voglio bene.
Le idee qui proposte sono solamente
un'ipotesi, basata su ciò che attualmente è pubblicato e
disponibile dalla letteratura: eventuali correzioni e stroncature
sono benvenute. Ringrazio Simone Maganuco, Marco Auditore e Cristiano
Dal Sasso, con i quali ho parlato di alcuni aspetti di Spinosaurus
che hanno fornito alcuni spunti utili per questa riflessione.