Stendo un bilancio molto sommario della mia esperienza nel sud della Tunisia, come membro della spedizione organizzata dall'Università di Bologna in collaborazione con Office National des Mines di Tunisi, e finanziata dalla National Geographic Society. Come accennai in precedenti post, sono vincolato alla riservatezza per le scoperte scientifiche della nostra spedizione (tutto sarà rivelato al momento opportuno e nella adeguata sede), ed in questo post parlerò sopratutto della mia esperienza “personale”.
Era la prima volta che visitavo l'Africa, e non nascondo che il Mal d'Africa mi abbia colpito, in qualche misura. L'Africa nella sua accezione magrebina, più che l'Africa “nera”, l'Africa che fu anche di Stromer, se voglio imporre un irrispettoso legame tra me ed il grande paleontologo tedesco che visitò il Nord Africa esattamente un secolo fa. L'Africa del XXI secolo è sicuramente differente da quella del periodo coloniale, e guardarla come se fosse tratta dalle cronache ottocentesche sarebbe quanto di più sbagliato e fuorviante. Nondimeno, le valli spazzate dall'arido vento che abrade la pelle, le antiche città scavate nella roccia, le costruzioni isolate dei pastori che sorgono nel mezzo del nulla, il caos multietnico del bazar di Tataouine, il mio incontro solitario con una vipera cornuta durante l'esplorazione di una valle, tutti questi eventi hanno un qualche legame con il concetto di “avventura”. Uso il termine nel senso di “andare per la ventura”, che ben descrive l'attraversare i grandi spazi desertici, le lande disabitate antitetiche alla mia imborgesita e costipata vita europea. In quella dozzina di giorni dedicati all'esplorazione sono stati molti i luoghi nei quali ci siamo avventurati. L'uso del termine “avventurare” probabilmente apparirà esagerato ed enfatico a chi, come Federico Fanti, era ormai alla sua ennesima spedizione tunisina. Ma per me, tutto è stato nuovo ed esotico, quindi intriso di avventura. Chi mi conosce bene sa quanto io sia poco incline all'avventura. Non sono un fanatico dei viaggi, e odio con tutto me stesso alcune innaturali modalità di trasporto tipiche dell'età contemporanea. Lo ammetto, ho sempre preferito il viaggio mentale nel Tempo Profondo al viaggio fisico nello spazio: non sono portato immediatamente per l'azione; inevitabilmente devo fermarmi e riflettere sul senso delle mie azioni, vincolato ad una sorta di massa inerziale riflessiva che inibisce l'energia cinetica, la spinta dinamica, il moto attivo. Andare contro la mia naturale inerzia è stato una sfida con me stesso prima ancora che un'esperienza esotica.
Il Tempo Profondo si manifesta innanzitutto nei luoghi come il sud della Tunisia. Nel territorio di Tataouine, campo delle nostre esplorazioni, sono esposte con continuità successioni sedimentarie di età Giurassica e Cretacica. Nomi esotici di località come Chenini, Guermessa, Oued el Khil, Kambout ed El Mra, in cui sono rinvenibili resti fossili di quella età, sono per me ormai familiari. Di ciò che abbiamo trovato in questi luoghi parlerò in futuro.
Nei dieci giorni dedicati effettivamente alle esplorazioni dei vari siti tunisini, abbiamo pernottato a Tataouine, nella caotica commistione di arabi, berberi e subsahariani. A differenza delle verdi città più settentrionali della Tunisia, poste sulla costa (che ho intravisto nel viaggio di ritorno), che sono simili alle equivalenti europee dell'altro versante del Mediterraneo, Tataouine è immersa nelle tinte di ocra e rosso dell'entroterra roccioso antistante il grande Erg, la porta del Sahara. Ricordo che la prima mattina, svegliato dal canto del muetzin, uscii dall'albergo per godermi l'alba, e che alla vista dei bagliori rossastri sulle brulle colline circostanti mi parve di essere su Marte, più che sulla Terra. Non è un caso che Tataouine è stato la location di uno dei più noti film di fantascienza (ovviamente, non potevamo evitare di visitare una di queste location).
Ogni mattina, attorno alle 7, partivamo con quattro mezzi (un auto, un fuoristrada e due pick-up) in direzione di alcune località che avevamo precedentemente identificato come promettenti e concordato con i nostri colleghi tunisini. Ogni viaggio durava mediamente un'ora, durante la quale potevamo imbatterci in posti di blocco della gendarmeria o dell'esercito, o, in alternativa, nei contrabbandieri di benzina libica e di valuta straniera (specialmente lungo la strada che da Tataouine va verso sud-est e porta al travagliato confine libico, distante meno di una cinquantina di km dai luoghi delle nostre esplorazioni). In genere, solo la prima parte del viaggio di andata (e la seconda del ritorno) era svolta su strade regolari ed asfaltate: la parte restante era svolta lungo piste sterrate, quando non direttamente sul brullo terreno roccioso, lungo uno wadi asciutto, fino alla base di un qualche jebel promettente.
In tutto, il corpo di spedizione constava di 8 italiani ed altrettanti tunisini. Il team bolognese comprendeva Federico Fanti, in qualità di capo spedizione; Luigi “Jerri” Cantelli, come esperto di geomatica, fotogrammetria e telerilevamento; il sottoscritto, presente come paleozoologo ed anatomista dei vertebrati; ed una variegata banda di quattro studenti di Federico e Jerri: Germano l'outsider, e tre pischelli ventenni: Luana, Jacopo e Sara. Ottavo italiano, la nostra guida locale, Aldo Bacchetta, che da oltre un decennio trascorre sei mesi l'anno a Tataouine ed è conoscitore di tutte le piste per i siti geologici, nonché lo scopritore dello scheletro di
Tataouinea hannibalis. E dietro ogni grande guida e navigatore tra le dune c'è sempre una grande donna, quindi non potevo omettere di salutare e ringraziare Graziella!
Se quelle due settimane sono entrate nella mia memoria e resteranno un bellissimo ricordo di esperienze e suggestioni, oltre che di paleontologia ed esplorazione, il merito va anche ai miei compagni di ventura, con i quali si è sviluppata una ottima sinergia. A Federico, in primis, va il merito di avermi staccato dallo scoglio bolognese sul quale avrei volentieri continuato ad aderire. Ma anche tutti gli altri hanno, ognuno a modo proprio, contribuito a rendere questa esperienza unica e ricca di significato. Spero che anche la loro esperienza tunisina sia stata arricchita in qualche modo dalla mia presenza.