Nelle precedenti due parti di questa serie, avevo discusso prettamente di un testo pubblicato recentemente, e che, a mio avviso, ha ricevuto un'enfasi eccessiva, sopratutto alla luce della sua carente taratura empirica. Non è mio interesse approfondire la questione in merito, dato che, fedele alla mia formazione, tendo a privilegiare opere scientifiche che siano il prodotto di una sintesi tra teoria e pratica prodotte entrambe direttamente dall'autore, e non solo elaborazioni retorico-concettuali fondate su una (seppur approfondita) ricerca in merito alla questione discussa. Ovvero, penso che in ambiti scientifici fortemente dipendenti dal dato empirico, solo chi si è applicato direttamente in quell'ambito può sperare di elaborare una sintesi coerente e meritevole dal punto di vista divulgativo. Così come io non potrei scrivere un volume interessante sulla cosmologia (ambito che mi affascina e leggo spesso, ma che nell'atto pratico mi è ostica, dato che non saprei usare in modo approfondito alcun strumento di misurazione astronomica) così non penso che un filosofo del linguaggio possa scrivere qualcosa di profondo sull'evoluzionismo biologico, dato che dubito che abbia mai compiuto ricerche in quel campo. Ripeto: la Scienza non è solo mera Filosofia Applicata ma metodo di indagine fortemente vincolato agli oggetti contingenti e che si costruisce nella propria mente prima di tutto praticandola sugli oggetti reali. Ad esempio, nel campo dell'analisi filogenetica, ho imparato molto più costruendo direttamente analisi (ovvero, raccogliendo i dati, interprertandoli alla luce dell'anatomia -che ho dovuto approfondire-, convertendoli in istruzioni alfanumeriche, modificandoli e comparando le diverse alternative, elaborando test e interpretando i risultati) piuttosto che leggendo i (comunque necessari) testi teorici sull'argomento. E ciò che ho appreso non si limita alla mera tecnica di analisi, ma, sopratutto, riguarda il modo di interpretare i dati, che, si presuppone, sia il vero obiettivo della ricerca scientifica. Ed è proprio sulla base delle mie modeste ricerche, e della copiosa letteratura dei grandi naturalisti, che ritengo che l'Evoluzionismo non possa essere qualificato come una disciplina storica in senso stretto, nonostante che i suoi oggetti siano il prodotto di un complesso processo causale dispiegatosi nel tempo. Per spiegare la mia posizione mi rifarò ad una metafora introdotta da S.J. Gould, paleontologo e naturalista, che assieme alla ricerca sul campo ha prodotto una lunga serie di pubblicazioni teoriche e divulgative.
Nella sua voluminosa opera di sintesi sulla struttura della teoria evolutiva, Gould introduce il "triangolo attativo", TA. La parola "attativo" intende estendere il termine "ad-attativo" usato usualmente, quest'ultimo inteso prettamente per i fenomeni funzionali, ovvero, plasmati dalla selezione naturale. Come vedremo sotto, non tutti gli oggetti biologici derivano solo da ad-attamento: da qui la necessità di estendere la parola all'insieme più ampio possibile di oggetti prodotti dall'evoluzione, chiamati appunto "attamenti".
Questo triangolo descrive gli approcci possibili per studiare ed interpretare gli oggetti evolutivi, gli esseri viventi, e le loro peculiarità.
Il TA ha, ovviamente, tre vertici, equidistanti uno dall'altro:
Il Vertice Storico, verso il quale convergono le impostazioni evoluzioniste che si focalizzano sulla successione storica degli eventi documentati nel record fossile. Questo vertice sfuma quindi nelle discipline di tipo storico.
Il Vertice Funzionale, verso quale convergono gli studi sull'adattamento in senso stretto, quindi, l'analisi della selezione naturale, a tutti i livelli, dal gene fino ai gruppi di specie. Questo vertice è quello che, tradizionalmente ed erroneamente, viene associato maggiormente al paradigma darwiniano.
Il Vertice Strutturale, che descrive i vincoli fisico-chimici che impongono, indirizzano o limitano lo sviluppo di determinate strutture. Questo vertice sfuma quindi nella fisica e nella chimica.
L'Evoluzionismo biologico, quindi, è il Triangolo intero, e non i suoi soli vertici. I tre vertici delimitano un'area dello "Spazio Conoscitivo", e tutto ciò che sta al suo interno è evoluzionismo.
A seconda della posizione che un ricercatore assume all'interno del triangolo si definisce il suo "indirizzo metodologico" il quale però non altera la sostanza del triangolo, la sua natura trinitaria indissolubile.
Come ho scritto prima, la maggioranza dei critici del darwinismo assume (in modo spesso acritico e stereotipato) che il Triangolo Darwiniano si focalizzi solo sul Vertice Funzionale (adattativo in senso stretto). Come ogni naturalista sa, questa visione è più uno stereotipo visto dall'esterno che un quadro reale del nostro paradigma concettuale.
Ad ogni modo, il tema di questo post è un altro, sebbene analogo, ovvero, la critica dell'altrettanto abusato concetto che l'Evoluzione sia "Storia".
Affermare che l'Evoluzione è Storia significa dimenticare (o sottovalutare) gli altri due vertici del triangolo e annidarsi (più o meno ottusamente) verso uno spigolo che, da solo, non può esprimere l'Evoluzionismo Biologico. Anche se è verissimo che gli oggetti biologici sono il prodotto di una storia, essi NON sono solamente "il prodotto della storia". Le contingenze sono fondamentali, ma non esaustive, dato che non spiegano la presenza di regolarità, "leggi" e "categorie" più consone alle discipline scientifiche ("dure" come la chimica) piuttosto che alla storia. La Storia da sola non può spiegare il perché delle convergenze, dei parallelismi, del successo differenziale di determinati cladi, morfotipi o strutture rispetto ad altre. Questi fenomeni esistono, e le loro regolarità ci segnalano fattori "a-storici" operanti sull'evoluzione, che devono essere studiati con un approccio "scientifico-sperimentale" e non "storico". Ridursi a constatare le regolarità, o a descriverne la causazione particolare nel continuo temporale, implicherebbe la morte della Scienza Naturale in nome di uno "Storicismo Naturale".
Assumere una posizione esclusivamente storica nell'evoluzione sarebbe limitativo e fuorviante esattamente come assumere una posizione prettamente funzionalista (ovvero, proiettata verso il Vertice Funzionale) come tendono a fare i sostenitori della pervasività della selezione naturale o gli adattazionisti più estremi. Il naturalista, il biologo ed il paleontologo "maturo" ha il dovere di assumere una posizione il più equilibrata possibile, cercando di posizionarsi il più possibile al centro del triangolo, sopratutto se, come metodo di indagine, egli comunque deve prediligere una particolare area (spigolo) del triangolo.
Faccio un esempio citando me stesso. Io mi occupo prettamente di analisi filogenetica, e quindi mi colloco lungo il lato del triangolo che collega i vertici strutturale e storico. Ovvero, l'analisi filogenetica ESCLUDE per principio le spiegazioni funzionali e quindi, trascura la selezione naturale come metodo di indagine. Ovviamente, sarebbe ingenuo e sbagliato, quindi, costruire una teoria evolutiva basandosi solo sui cladogrammi, perché si mutilerebbe irrimediabilmente il triangolo. Al tempo stesso, proprio perché le analisi filogenetiche non fanno ricorso alle spiegazioni adattative-funzionali (alla selezione naturale) per interpretare i loro dati, esse diventano il metodo principale per scoprire se e quando la selezione naturale ha agito nel passato! Infatti, se un cladogramma determina che due cladi molto distanti tra loro, non imparentati, hanno evoluto la stessa anatomia indipendentemente l'uno dall'altro, allora possiamo favorevolmente dedurre che queste somiglianze furono prodotte dalla selezione naturale agente su due forme originariamente differenti. Paradossalmente, lo studio selezionista (focalizzato sul vertice funzionale) non potrebbe rilevare questi fenomeni.
Un'ultima nota, che ritengo importante. La teoria delle analisi filogenetiche, nonostante ricostruisca la sequenza delle trasformazioni evolutive, agisce in un contesto (il cladogramma) che è a-storico: infatti, un cladogramma NON ha un asse verticale del tempo (come i classici alberi evolutivi), perché esso NON studia la distribuzione cronologica dei taxa, ma la loro distribuzione relativa delle forme nel morfospazio delle apomorfie. Per dirla in parole semplici: un cladogramma, da solo, NON è una storia evolutiva, ma solo un grafico di somiglianze costuito secondo una serie di regole formalizzate. La successione delle apomorfie in un cladogramma diventa una storia solo SE il paleontologo decide di sovrapporre il cladogramma ad un diagramma delle successioni note di quei fossili nel tempo geologico. Ma per fare ciò, egli abbandona l'interno del triangolo e si colloca , con cognizione di causa, nello spigolo storico.
Concludendo,
è indubbio che l'Evoluzionismo biologico, studiando oggetti complessi distribuiti nel tempo, abbia una componente storica. Tuttavia, sarebbe ingenuo e erroneo affermare che l'Evoluzionismo sia Storia, perché la componente storica da sola NON permette una spiagazione di quei fattori "a-storici" (funzione e struttura) significativi al pari dei marchi della contingenza storica. Anche se è vero che l'evoluzione dei viventi è massicciamente costellata da contingenze ed eventi unici ed irripetibili, essa non è spiegabile e comprensibile unicamente in base al metodo storico. Fattori funzionali e strutturali, di per sé slegati dalla contingenza, sono ugualmente fondamentali per comprendere perché e come gli organismi sono (e sono stati). Così come è auspicabile di evitare il riduzionismo funzionalista (che vede solo ed esclusivamente l'azione della selezione naturale), così come sarebbe miope focalizzarsi solamente sul vertice strutturale (come sostengolo alcuni neofiti dello sviluppo embriogenetico e dei vincoli interni agli organismi) così è auspicabile che non si riduca la Storia Evolutiva a mera "Storia della Vita", ad una sterile (e fallimentare, data l'irriducibile rarefazione del record fossile nel Tempo Profondo) rilettura "alla lettera" della documentazione fossile. Come ho scritto altrove, la Scienza Naturale non si riduce a Storia Naturale: la seconda è uno dei piani di lettura (fondamentale ma non unico) di un oggetto multidimensionale che trascende i limiti arbitrari imposti dalle discipline fisiche e storiche.
Continua...
Nella sua voluminosa opera di sintesi sulla struttura della teoria evolutiva, Gould introduce il "triangolo attativo", TA. La parola "attativo" intende estendere il termine "ad-attativo" usato usualmente, quest'ultimo inteso prettamente per i fenomeni funzionali, ovvero, plasmati dalla selezione naturale. Come vedremo sotto, non tutti gli oggetti biologici derivano solo da ad-attamento: da qui la necessità di estendere la parola all'insieme più ampio possibile di oggetti prodotti dall'evoluzione, chiamati appunto "attamenti".
Questo triangolo descrive gli approcci possibili per studiare ed interpretare gli oggetti evolutivi, gli esseri viventi, e le loro peculiarità.
Il TA ha, ovviamente, tre vertici, equidistanti uno dall'altro:
Il Vertice Storico, verso il quale convergono le impostazioni evoluzioniste che si focalizzano sulla successione storica degli eventi documentati nel record fossile. Questo vertice sfuma quindi nelle discipline di tipo storico.
Il Vertice Funzionale, verso quale convergono gli studi sull'adattamento in senso stretto, quindi, l'analisi della selezione naturale, a tutti i livelli, dal gene fino ai gruppi di specie. Questo vertice è quello che, tradizionalmente ed erroneamente, viene associato maggiormente al paradigma darwiniano.
Il Vertice Strutturale, che descrive i vincoli fisico-chimici che impongono, indirizzano o limitano lo sviluppo di determinate strutture. Questo vertice sfuma quindi nella fisica e nella chimica.
L'Evoluzionismo biologico, quindi, è il Triangolo intero, e non i suoi soli vertici. I tre vertici delimitano un'area dello "Spazio Conoscitivo", e tutto ciò che sta al suo interno è evoluzionismo.
A seconda della posizione che un ricercatore assume all'interno del triangolo si definisce il suo "indirizzo metodologico" il quale però non altera la sostanza del triangolo, la sua natura trinitaria indissolubile.
Come ho scritto prima, la maggioranza dei critici del darwinismo assume (in modo spesso acritico e stereotipato) che il Triangolo Darwiniano si focalizzi solo sul Vertice Funzionale (adattativo in senso stretto). Come ogni naturalista sa, questa visione è più uno stereotipo visto dall'esterno che un quadro reale del nostro paradigma concettuale.
Ad ogni modo, il tema di questo post è un altro, sebbene analogo, ovvero, la critica dell'altrettanto abusato concetto che l'Evoluzione sia "Storia".
Affermare che l'Evoluzione è Storia significa dimenticare (o sottovalutare) gli altri due vertici del triangolo e annidarsi (più o meno ottusamente) verso uno spigolo che, da solo, non può esprimere l'Evoluzionismo Biologico. Anche se è verissimo che gli oggetti biologici sono il prodotto di una storia, essi NON sono solamente "il prodotto della storia". Le contingenze sono fondamentali, ma non esaustive, dato che non spiegano la presenza di regolarità, "leggi" e "categorie" più consone alle discipline scientifiche ("dure" come la chimica) piuttosto che alla storia. La Storia da sola non può spiegare il perché delle convergenze, dei parallelismi, del successo differenziale di determinati cladi, morfotipi o strutture rispetto ad altre. Questi fenomeni esistono, e le loro regolarità ci segnalano fattori "a-storici" operanti sull'evoluzione, che devono essere studiati con un approccio "scientifico-sperimentale" e non "storico". Ridursi a constatare le regolarità, o a descriverne la causazione particolare nel continuo temporale, implicherebbe la morte della Scienza Naturale in nome di uno "Storicismo Naturale".
Assumere una posizione esclusivamente storica nell'evoluzione sarebbe limitativo e fuorviante esattamente come assumere una posizione prettamente funzionalista (ovvero, proiettata verso il Vertice Funzionale) come tendono a fare i sostenitori della pervasività della selezione naturale o gli adattazionisti più estremi. Il naturalista, il biologo ed il paleontologo "maturo" ha il dovere di assumere una posizione il più equilibrata possibile, cercando di posizionarsi il più possibile al centro del triangolo, sopratutto se, come metodo di indagine, egli comunque deve prediligere una particolare area (spigolo) del triangolo.
Faccio un esempio citando me stesso. Io mi occupo prettamente di analisi filogenetica, e quindi mi colloco lungo il lato del triangolo che collega i vertici strutturale e storico. Ovvero, l'analisi filogenetica ESCLUDE per principio le spiegazioni funzionali e quindi, trascura la selezione naturale come metodo di indagine. Ovviamente, sarebbe ingenuo e sbagliato, quindi, costruire una teoria evolutiva basandosi solo sui cladogrammi, perché si mutilerebbe irrimediabilmente il triangolo. Al tempo stesso, proprio perché le analisi filogenetiche non fanno ricorso alle spiegazioni adattative-funzionali (alla selezione naturale) per interpretare i loro dati, esse diventano il metodo principale per scoprire se e quando la selezione naturale ha agito nel passato! Infatti, se un cladogramma determina che due cladi molto distanti tra loro, non imparentati, hanno evoluto la stessa anatomia indipendentemente l'uno dall'altro, allora possiamo favorevolmente dedurre che queste somiglianze furono prodotte dalla selezione naturale agente su due forme originariamente differenti. Paradossalmente, lo studio selezionista (focalizzato sul vertice funzionale) non potrebbe rilevare questi fenomeni.
Un'ultima nota, che ritengo importante. La teoria delle analisi filogenetiche, nonostante ricostruisca la sequenza delle trasformazioni evolutive, agisce in un contesto (il cladogramma) che è a-storico: infatti, un cladogramma NON ha un asse verticale del tempo (come i classici alberi evolutivi), perché esso NON studia la distribuzione cronologica dei taxa, ma la loro distribuzione relativa delle forme nel morfospazio delle apomorfie. Per dirla in parole semplici: un cladogramma, da solo, NON è una storia evolutiva, ma solo un grafico di somiglianze costuito secondo una serie di regole formalizzate. La successione delle apomorfie in un cladogramma diventa una storia solo SE il paleontologo decide di sovrapporre il cladogramma ad un diagramma delle successioni note di quei fossili nel tempo geologico. Ma per fare ciò, egli abbandona l'interno del triangolo e si colloca , con cognizione di causa, nello spigolo storico.
Concludendo,
è indubbio che l'Evoluzionismo biologico, studiando oggetti complessi distribuiti nel tempo, abbia una componente storica. Tuttavia, sarebbe ingenuo e erroneo affermare che l'Evoluzionismo sia Storia, perché la componente storica da sola NON permette una spiagazione di quei fattori "a-storici" (funzione e struttura) significativi al pari dei marchi della contingenza storica. Anche se è vero che l'evoluzione dei viventi è massicciamente costellata da contingenze ed eventi unici ed irripetibili, essa non è spiegabile e comprensibile unicamente in base al metodo storico. Fattori funzionali e strutturali, di per sé slegati dalla contingenza, sono ugualmente fondamentali per comprendere perché e come gli organismi sono (e sono stati). Così come è auspicabile di evitare il riduzionismo funzionalista (che vede solo ed esclusivamente l'azione della selezione naturale), così come sarebbe miope focalizzarsi solamente sul vertice strutturale (come sostengolo alcuni neofiti dello sviluppo embriogenetico e dei vincoli interni agli organismi) così è auspicabile che non si riduca la Storia Evolutiva a mera "Storia della Vita", ad una sterile (e fallimentare, data l'irriducibile rarefazione del record fossile nel Tempo Profondo) rilettura "alla lettera" della documentazione fossile. Come ho scritto altrove, la Scienza Naturale non si riduce a Storia Naturale: la seconda è uno dei piani di lettura (fondamentale ma non unico) di un oggetto multidimensionale che trascende i limiti arbitrari imposti dalle discipline fisiche e storiche.
Continua...
Ok,
RispondiEliminaCondivido il ragionamento di questi post, però attenzione, la "Storia" come disciplina è un po' più complessa di come la vedi tu.
Non è solo l'analisi di una serie di fatti scaglionati nel corso del tempo, potrebbe essere rappresentata (se fossi un positivista) come un triangolo con posizioni anloghe a struttura e funzione (in cui però non potrei utilizzare questi termini, che hanno un ben altro significato in antropologia).
Discorso troppo complesso per un commento ad un post, diciamo soltanto che anche io noto alcune somiglianze tra le discipline storiche e quelle paleontologiche, ma noto, a differenza di Leo, profondissime differenze.
Oltre tutto la paleontologia è una scienza, in cui una teoria può risultare esatta ed un'altra sbagliata, mentre in storiografia quando si abbandona un paradigma interpretativo per un altro si verifica una scelta ideologica
opinabile, che è legittimamente riconosciuta come opinabile.
Ovvero posso legittimamente dire che i BAD hanno ragione e i BAND no, mentre non posso fare ragionamenti analoghi sulla microstoria e , mettiamo, i venturiani.
Inoltre la storia lavora su casi particolari (il "Bongo bonghismo" antropologico) rifiutando orami (correttemente) le generalizzazioni teoriche, che invece sono il fulcro delle teorie scientifiche.
Per esempio solo un estremista positivista potrebbe pensare di trovare qualcosa di omologo alla sintesi moderna per spiegare le vicende umane, non lo fa più nessuno, e meno male.
Ciononstante non pensare che la storia sia "narrazione" del passato. Non è nemmeno l'interpretazione del passato. E non deve mai essere teleologica, parola che hai attribuito molte volte all'uomo, ma che rifiuto completamente nell'impostazione della storia che io mi do come storico.
Ad essere sincero dopo 5 anni di università e 2 di dottorato non ho ancora capito cosa sia davvero la storia, ed anche questa è una bella differenza rispetto a, credo, la tua esperienza, poichè la scienza si definisce (e definisce i suoi limiti) immediatamente, mentre la storia no.
Ma sto divagando, ne riparleremo.
Erodoto.
Non ho mai detto che la "Storia" sia solo narrazione degli eventi. Ho detto che non ha senso vedere la Storia Naturale come analoga alla "Storia come disciplina" solo perché entrambe sono chiamate con la parola "storia".
RispondiEliminaQualunque cosa sia "la Storia come disciplina" (cosa che non mi compete, essendo io naturalista) so per certo, per studio e esperienza, che la Storia Naturale non è solo "storia", né che ha molto senso approcciarsi a questa disciplina come se fosse in continuità di oggetti e metodi con "la Storia" trattata dagli storici.
Tornerò su questo tema nella prossima parte.
Tutto il resto è discussione di altre discipline, fuori tema e non significativo (per quanto molto interessante) per i temi di questo blog.
Tra l'altro ero stato fin troppo post-moderno nella mia esposizione.
RispondiEliminaQuello che mi premeva aggiungere però è che anche la Storia ha un grado di complessità interna come disciplina che rivaleggia con la "storia naturale".
Quindi una sorta, lo ammetto, di difesa di casta della mia disciplina rispetto alle vostre.
Aggiungo inoltre che mi ero espresso veramente male, accusandoti di ritenere la Storia come narrazione.
Quello che volevo indicare è che anche la Storia non si accupa solo di "storia", proprio come la storia naturale non si occupa solo della storia intesa come "successione storica degli eventi documentati dal record fossile".
Erodoto