Questo post segue il precedente, al quale rimando per una completa comprensione della discussione.
Prima di affrontare nel dettaglio il concetto di Storia Evolutiva, e della sua accezione paleontologica, ritorno al libro di Piattelli Palmarini e Fodor citato nel precedente post e da Leonardo Ambasciano.
Ritengo che questo libro sia un esempio molto istruttivo su aree poco note dell'eterogeneo schieramento antidarwiniano. L'antidarwinismo viene sovente ricondotto solamente al creazionismo ed al fanatismo religioso che cova dietro le istanze creazioniste. In realtà, l'antidarwinismo è un corpo "parafiletico" di posizioni non solo religiose, accomunate da una generale ignoranza naturalistica, che produce una sottovalutazione della complessità del pensiero di stampo darwiniano ed a una generale illusione di poter spiegare la complessità biologica meramente sulla base di argomenti logici, senza il controllo empirico. Il libro di Piattelli Palmarini e Fodor è infatti carente sul piano scientifico stretto, in quanto non propone alcuna nuova teoria scientifica, né nuove osservazioni, né nuovi esperimenti, né un metodo di indagine alternativo a ciò che l'attuale scienza evolutiva sta discutendo e analizzando (dall'evo-devo alla cladistica). Come altri studiosi hanno notato, i due autori commettono errori terminologici-concettuali gravi, ad esempio nel fraintendimento tra genoma e gene, errori che essi perpetuano persino nelle repliche alle critiche ricevute (confermando la carenza scientifica della loro argomentazione e la non piena comprensione delle basi scientifiche del darwinismo da loro criticato). Evidente, quindi, che sul piano scientifico l'opera sia insoddisfacente, e quindi sovrastimata rispetto alle sue pretese di criticare la teoria scientifica darwiniana. Si potrebbe obiettare che i due autori portino un contributo prettamente filosofico alle analisi del darwinismo, e che la critica scientifica fosse secondaria nella loro opera. Tuttavia, anche le fondamenta filosofiche dell'opera sono deboli, e falliscono nell'intento. Io stesso, che non sono filosofo, avevo notato in vari punti dell'opera una sorta di "sofismo", di contorto gioco di definizioni e significati più o meno ambigui, dietro i quali parrebbe celata l'incapacità di mostrare una reale critica scientifica al darwinismo. Ammetto che l'apparenza di "sofismo" poteva derivare solamente dalla mia ignoranza filosofica. Tuttavia, come è stato discusso dai filosofi Block e Kitcher, il "sofismo" da me intuito pare esistere effettivamente. Piattelli Palmarini e Fodor si soffermano a lungo sul concetto di "selezione", argomentando se tale concetto sia una proprietà intensiva o estensiva. Rimando al link per una discussione in merito: quello che mi preme notare qui è la conclusione di Block e Kitcher, la quale demolisce l'argomentazione di Piattelli Palmarini e Fodor, invalidandone le pretese di minare il selezionismo darwiniano.
Nel precedente post ho sottolineato che il darwinismo non è solamente "selezione naturale" e che quindi non si sostiene solamente sul processo di selezione. Ad ogni modo, anche focalizzandosi sulla selezione, l'obiezione di Piattelli Palmarini e Fodor alla selezione darwiniana non solo è risultata scientificamente carente, ma filosoficamente errata.
Temo che molto del clamore suscitato da questa opera (sopratutto tra appassionati di evoluzione non-biologi) sia da ricondurre al fatto che il darwinismo è un corpus scientifico intrinsecamente complesso e facilmente fraintendibile. Come tutte le grandi teorie scientifiche, il numero di chi la conosce è molto maggiore di quelli che la comprendono. Pertanto, è probabile che molti l'accettino o rifiutino non sulla base della comprensione, ma solo in base alla conoscenza di una sua versione più o meno divulgativa e semplificata.
Molti tra i non-biologi hanno una concezione grossolana e mitizzata (pro o contro) del complesso paradigma darwiniano. L'opera di Piattelli Palmarini e Fodor è probabilmente un prodotto della semplificazione mistificata del darwinismo, ridotto, a seconda dei casi, a mero "algoritmo selezionista" oppure, all'opposto, a mera narrazione del record fossile.
L'algoritmo selezionista è il tentativo di rendere la complessa teoria darwiniana (che, nel precedente post, ho mostrato succintamente essere formata da 5 teorie connesse più numerose ramificazioni recenti) in una forma compressa analoga alle eleganti formule della fisica: un algoritmo, appunto. Tuttavia, come ho scritto nel primo post, la complessità degli oggetti biologici (enorme se comparata agli oggetti fisico-chimici) unita alla impossibilità di interpretarli come soggetti teleologici (come avviene nelle scienze storico-umanistiche) fà sì che per capire l'evoluzione biologica sia necessaria una teoria complessa ed articolata, che non può essere ridotta solamente a formule e algoritmi (come vorrebbero i fisicalisti) né tanto meno a interpretazioni unicamente storiche (come vorrebbero gli storicisti).
L'algoritmo selezionista è il tentativo di rendere la complessa teoria darwiniana (che, nel precedente post, ho mostrato succintamente essere formata da 5 teorie connesse più numerose ramificazioni recenti) in una forma compressa analoga alle eleganti formule della fisica: un algoritmo, appunto. Tuttavia, come ho scritto nel primo post, la complessità degli oggetti biologici (enorme se comparata agli oggetti fisico-chimici) unita alla impossibilità di interpretarli come soggetti teleologici (come avviene nelle scienze storico-umanistiche) fà sì che per capire l'evoluzione biologica sia necessaria una teoria complessa ed articolata, che non può essere ridotta solamente a formule e algoritmi (come vorrebbero i fisicalisti) né tanto meno a interpretazioni unicamente storiche (come vorrebbero gli storicisti).
Come ho detto precedentemente, molte delle obiezioni alle teorie naturalistiche come il darwinismo nascono appunto da ambiti extra-naturalistici, come la fisica (vedi i casi di Lord Kelvin o dei fautori delle "teorie del caos") o le scienze linguistiche (come Fodor). Come mostrerò nei prossimi post, l'evoluzione biologica presenta parte degli attributi delle scienze fisiche e parte delle scienze storiche, ma non può essere ridotta a nessuna dei due ambiti. In particolare, mostrerò come alla scala temporale della macroevoluzione non abbia senso costruire teorie narrative ed interpretative di stampo storico.
Fine seconda parte
Prima di attendere la conclusione della tua serie di post devo fare una precisazione. Il testo di MPP e JF è molto di più di quanto io non abbia scritto o citato; Edoardo Boncinelli, Richard Lewontin e Telmo Pievani hanno discusso amichevolmente con gli autori e apprezzato e letto il loro testo (magari dissentendo su qualche punto, come Boncinelli): tutti ciechi? Moltissimo spazio è dedicato alle posizioni di Gould e di Gould e Lewontin, molte delle loro tesi sono accolte. Eugene V. Koonin (Senior Investigator, Evolutionary Genomics Research Group, National Institutes of Health, Bethesda, Maryland) nel 2009 ha scritto"la nuova sintesi (n.-darw.) se n'è andata. Cosa arriverà adesso? [...] Uno stato post-moderno [caratterizzato] per il pluralismo dei processi e degli schemi dell'evoluzione i quali sfidano e battono le generalizzazioni dirette". E altrove: "la selezione naturale è solo una delle forze che plasmano l'evoluzione dei genomi e [...] essa non è quantitativamente dominante, mentre invece i processi non-adattivi sono assai più importanti di quanto non si fosse sospettato precedentemente". Leonid Kruglyak (ordinario di Biologia evoluzionistica a Princeton): “è possibile che ci sia qualcosa che non comprendiamo affatto, qualcosa di così diverso da quanto pensiamo oggi che ancora non ci riesce di pensarlo”. Jan Sapp (biologo alla York University di Toronto) ha detto: “Il processo dell’evoluzione semplicemente non è quello che la maggior parte dei biologi evoluzionisti pensa che sia”. Ancora, Carl Woese (che assieme a Nigel Goldenfeld ha scritto l’importante articolo nel quale veniva descritto il trasferimento orizzontale dei geni nei microrganismi): “La biologia ha messo in piedi una facciata posticcia di matematica eretta attorno alla giustapposizione della genetica mendeliana e del darwinismo. Il risultato è stato quello di trascurare il più importante problema nella scienza: la natura del processo dell’evoluzione”. Tutti rei dell’accusa di “improbabile sconfinamento di studiosi di discipline non-biologiche (in questo caso di stampo “teleologico-lamarkiano-umano”) in un ambito dove, onestamente, essi non portano alcun contributo significativo”?!? Forse è meglio comprendere che “le correnti di partito” esistenti nelle scienze “dure” naturali riflettono svariati punti di vista interni alla disciplina, come (ad es.) tra storicisti e fenomenologi nella storia delle religioni.
RispondiEliminaCONTINUA...
SEGUE...
RispondiEliminaDicevamo di Pievani; ecco dunque come ha commentato il testo di PPM & JF: “Non c’è quindi un’intera “nuova biologia” emergente, ma una evoluzione (sì profonda) del programma di ricerca neodarwiniano” (p. 233); punto di vista – IMHO –, è solo questione di p.d.v. ove porre il superamento di una tesi o l’estrema sua riconfigurazione. Difatti MPP scrive: “Se ogni spiegazione di un evento storico concreto poi richiede una massiccia e inevitabile aggiunta di dati contingenti e di processi idiosincratici, possiamo dire che quella teoria è [ancora. NdA] valida? Che è davvero una teoria?” (p. 235). Personalmente ritengo che essa resti valida nell’idea di base, ma se è necessario mutare “etichetta” e superare alcuni preconcetti insiti nella sua dogmatica accettazione ritengo giusto che ciò avvenga. Penso che purtroppo la mancata lettura del libro nuoccia ai tuoi commenti (che, per quanto sia onorato di confrontarmi con un pensiero così lucido e levigato, avrebbero potuto essere molto più incisivi se argomentati dalla lettura, invece di fare affidamento sulle interpretazioni per quanto articolate altrui); avrebbero potuto invece offrire una critica molto più oggettiva: ad es. l’accoppiata tra Dawkins e Gould che tu citi è scissa nel volume dai due autori (Dawkins criticato, le tesi di Gould sostanzialmente accolte). Il fatto che il testo provenga da “esterni” (per quanto possano essere considerati esterni due autori che hanno tratto di filosofia della scienza) inficia la lettura molto meno – ad esempio - che nei casi delle monografie presunte “hard-science” di G.S.Paul (sui cui meriti artistico-innovativi non discuto, ma sulla sua preparazione accademica e sui suoi escamotages per evitare il peer-review invece si può discutere, nel bene e nel male). Il libro di MPP & JF non rappresenta assolutamente il caso delle illazioni sociologico-religiose di G.S. Paul sotto copertura di una selezione di dati sociologici assolutamente privi di valore scientifico (e lo può confermare sia un sociologo ateo sia uno credente!!) ma atta ad influenzare pregiudizievolmente i risultati volontariamente; molti biologi hanno già preso posizione nel senso indicato di MPP & JF, per cui è evidente che non si tratta di una “novità assoluta”!
SEGUE...
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RispondiEliminaUltimo appunto prima di concludere: la sequenza filogenetica inferita dai dati fossili disponibili è una storia proprio perché ricostruita da una mente ordinatrice: non si tratta di falsificare l’evoluzione! Su questo punto la tua distinzione non è chiara – anche la vita sulla Terra è una storia esattamente come i fenomeni fisico-celesti a cui ti riferisci: le innovazioni hanno una storia perché prima – mirabile dictu! – non esistevano (esistevano invece i geni e le loro peculiarità inespresse, ma è un’altra storia che esula dalla paleontologia stricto sensu). Attendo i futuri posts, elaborazione di quanto già hai commentato a suo tempo su "Geomythologica", sapendo che come sempre offriranno il tuo p.d.v. in maniera essenziale, sintetica e corretta.
Ripeto: non era nei miei interessi attuali fare un résumé di “What Darwin Got Wrong” (il cui post difatti non era intitolato "Book Review"!), ma solo di richiamare un paio di passaggi nella speranza che altri avessero letto e compreso con maggior discernimento (rispetto alla mia lettura) il volume di MPP & JF. Così, mi accorgo, non è. Molti hanno levato gli scudi in difesa del neo-darwinismo senza aver letto il libro; una critica ben fondata è sempre bella e soprattutto molto interessante; una critica a priori, basata sul "sentito dire" è un trito peana in onore della propria cieca specializzazione. Peccato. Da un giro nel Net mi sono accorto che la mancata copertura del loro volume da parte dei paleontologi rivela una presa di posizione che a sua volta indica una mancanza di apertura mentale – forse sarebbe meglio dirsi qualcosa come: “lasciate stare gli errori di fondo, concentratevi sull’ordito!”. Prego di smentirmi, ma ad es. sul blog “Pharyngula” le considerazioni sul testo di MPP & JF iniziano così (!): “I haven't read their book, What Darwin Got Wrong, and I don't plan to” http://scienceblogs.com/pharyngula/2010/02/fodor_and_piattelli-palmarini.php . è evidente come il mondo dei blog e la loro immediatezza nuoccia gravemente alla relazione scientifica: dire per dire, p.d.v. e suvbito senza argomentazioni dirette nate dalla riflessione del testo. Che un testo abbia errori è naturale e non preclude che il tema di base possa essere corretto. INOLTRE (scusa il maiuscolo!) AVEVO TIRATO in ballo MPP & JF ESCLUSIVAMENTE per sostenere il mio p.d.v. sulla paleobiologia come storia! Gli errori di MPP & Fodor mi erano noti dalla frequentazione dei quotidiani (e tanto per rimanere all’esempio di sopra, quanti errori interpretativi o lettura pregiudizievole dei dati altrui ha fatto Paul nei suoi volumi?) [ma resta il fatto che i particolari non inficiano il quadro della presentazione generale di MPP & JF che, per l’appunto, si basa su quanto altri hanno già scritto ed esposto altrove].
L. A.
MPP & JF portano un contributo se uno pensa che le loro posizioni siano inedite. Così non è, e dato che essi non portano nessuna nuova fonte empirica e metodologica (necessarie per innovare la scienza), il loro lavoro è chiaramente sopravvalutato.
RispondiEliminaInfatti, citandoti:
@Leo:
"Moltissimo spazio è dedicato alle posizioni di Gould e di Gould e Lewontin, molte delle loro tesi sono accolte"
Questo conferma ciò che ho scritto nella prima parte:
"Sarebbe sufficiente leggere le numerose e fertili discussioni tra le varie correnti evoluzioniste degli ultimi 30 anni (da quelle più note tra Gould e Dawkins, alle meno note questioni sulla struttura della teoria, sul ruolo dei fattori "economico"/ecologico rispetto a quelli genetici, alla questione sui livelli gerarchici di agente evolutivo, a quelle sul ruolo e importanza del neutralismo genomico, a quelle sul Tempo Profondo e sulla irriducibilità della megaevoluzione a mera estrapolazione della microevoluzione, alla rivalutazione della selezione sessuale, ecc...) per vedere che niente di quello proposto da Piattelli Palmarini e Fodor è inedito. Per chi è a conoscenza delle moderne ricerche nell’evoluzionismo, il clamore di questo libro appare una dimostrazione della grande ignoranza di questi temi esistente fuori dall’ambito delle scienze naturali."
E' evidente che persiste uno stereotipo del darwinismo come dogmatismo selezionista, e ciò rende originale questo libro, mentre in realtà esso non fa che riproporre senza innovare un filone interno al darwinismo (filone che io considero molto importante) quello appunto del "pluralismo" (chiamato con saggezza da Eldregde il "naturalismo").
Dato che scientificamente l'opera non aggiunge nulla di già detto dal ramo "naturalistico-gouldiano" e dato che filosoficamente è stata smentita da epistemologi, mi chiedo dove, aldilà dell'appeal degli autori, sia l'importanza di questo libro.
@Leo:"Penso che purtroppo la mancata lettura del libro nuoccia ai tuoi commenti".
Me ne rendo conto, ma, ripeto, tutte le fonti a cui ho attinto confermano la mia interpretazione generale, compresa la tua.
-continua-
Inoltre,
RispondiElimina@Leo:"Il fatto che il testo provenga da “esterni” (per quanto possano essere considerati esterni due autori che hanno tratto di filosofia della scienza) inficia la lettura molto meno – ad esempio - che nei casi delle monografie presunte “hard-science” di G.S.Paul (sui cui meriti artistico-innovativi non discuto, ma sulla sua preparazione accademica e sui suoi escamotages per evitare il peer-review invece si può discutere, nel bene e nel male)."
Il caso di Paul dimostra che è bene non "sconfinare impunemente" in ambiti che non sono propri. Non per settarismo, ma proprio perché l'interdisciplinarità richiede una grande saggezza, che molti (inclusi MPP & JF) molti pretendono di avere senza merito. Non basta interessarsi di evoluzione per parlare di evoluzione. La scienza naturale ha una forte connotazione pratica: per comprendere una disciplina non basta studiarla, occorre anche applicarla, averla praticata, aver fatto ricerca al suo interno.
@Leo:
"Ultimo appunto prima di concludere: la sequenza filogenetica inferita dai dati fossili disponibili è una storia proprio perché ricostruita da una mente ordinatrice: non si tratta di falsificare l’evoluzione! Su questo punto la tua distinzione non è chiara – anche la vita sulla Terra è una storia esattamente come i fenomeni fisico-celesti a cui ti riferisci: le innovazioni hanno una storia perché prima – mirabile dictu! – non esistevano (esistevano invece i geni e le loro peculiarità inespresse, ma è un’altra storia che esula dalla paleontologia stricto sensu). "
Questo è esattamente il tema centrale dei miei post. Come ho scritto, è complesso e articolato, per questo ho prima scritto queste introduzioni. Dammi tempo ;-)
Infine:
@Leo:Molti hanno levato gli scudi in difesa del neo-darwinismo senza aver letto il libro; una critica ben fondata è sempre bella e soprattutto molto interessante; una critica a priori, basata sul "sentito dire" è un trito peana in onore della propria cieca specializzazione.
MPP & FJ però non hanno lesinato attachi retorici al neodarwinismo, come mostra questo brano:"
Più di uno dei nostri colleghi ci ha detto che, anche se Darwin aveva sostanzialmente torto a sostenere che la selezione naturale è il meccanismo dell'evoluzione, comunque non dovremmo dirlo. Non, comunque, in pubblico. Per quanto involontariamente, comportarsi in questo modo significherebbe schierarsi con le Forze dell'Oscurità, il cui obiettivo è portare discredito alla Scienza. Beh, non siamo d'accordo. Pensiamo che il modo per mettere in difficoltà le Forze dell'Oscurità sia seguire le argomentazioni dovunque possono condurre, e cos' facendo diffondere il massimo possibile di luce. Quel che rende oscure le Forze dell'Oscurità è che non sono disposte a fare una cosa del genere. Quel che rende scientifica la Scienza è, invece, che è dispostissima"
Una tale arroganza retorica nell'inizio stesso di un'opera, che cita quasi una lotta manicheistica tra bene e male, e allude a una sorta di evoluzionismo "di facciata" che non vuole palesare una sua (presunta) falsità non può che mettere in pessima luce i suoi autori.
La scienza naturale evoluzionista è fallace e spesso vincolata alla cultura del tempo, questo è ovvio, tuttavia è snervante vedere come in 150 anni essa sia costantemente attaccata con queste forme retoriche, ma che poi al piano empirico (l'unico valido per la scienza naturale) si rivelano solo parole vaghe e fumose. Non stupisce che opere come quella di MPP & JF subiscano ostracismo: essa stessa se le va a cercare, anche forse per avere volutamente pubblicità, dato che in sé non porta nessun arricchimento alla disciplina.
Discuterò ampiamente anche del così detto "dogmatismo" darwiniano. Non pensare che sorvoli questi aspetti. :-)
Accolgo parte delle tue osservazioni, attendo i commenti sul "dogmatismo darwiniano" e archivio (per ora e fino ad una più diffusa lettura integrale del testo) "What Darwin Got Wrong". L'onere di far dialogare le scienze è gravoso, ma qualcuno lo deve pur fare; gli errori sono inevitabili, ma sono superabili con il tempo e la buona volontà da ambo le parti. Credo che l'opera di MPP & JF possa essere considerata la prima recente impresa breakthrough di aggiornamento comprensibile anche dalle scienze umanistiche come rinnovamento e demolizione (nelle scienze umanistiche) di applicazioni dogmatiche di "darwinismo" (e di "selezione naturale") all'interno di determinati campi (come la psicologia). Da questo p.d.v. l'opera è benvenuta! Non è però un'opera di demolizione dell'evoluzione! (lo abbiamo detto, ma lo ripeto). Restano molto interessanti (con le quali fare i conti) le innovazioni dell'evo-devo, le quali stanno forgiando un nuovo paradigma (come nelle cit. che ho trascritto nel primo commento - qui la pubblicità di MPP & JF non potrà che fare bene per lo sviluppo dei ricercatori e delle ricerche, sia pro sia contra). Attendo ancora però una tua lettura del testo! Sono convinto che se io e te lavorassimo in uno stesso ateneo o Dipartimento o isitituzione o almeno medesima località la discussione sarebbe durata una mezz'ora di fronte ad un caffé (o un bicchiere di vino o birra...) e magari ne sarebbero uscite due pagine di recensione a quattro mani da proporre ad una rivista e una migliore qualità ella vita (grazie al convivio!). Qui l'interdisciplinarietà sarebbe stata ai massimi livelli...sigh! (un triste pensiero ai bei tempi pre-Net!)...
RispondiEliminaSono d'accordo che "La scienza naturale [abbia]una forte connotazione pratica: per comprendere una disciplina non basta studiarla, occorre anche applicarla, averla praticata, aver fatto ricerca al suo interno". Esiste però il campo dell'epistemologia, senza la quale non si può osservare proprio nulla e che rappresenta il primo stadio e le basi della ricerca. Spiegami (magari nel prossimo post) però come conciliare l'esigenza di praticare l'osservazione non dal vivo ma su resti fossili - che sono isole perdute nell'oceano dell'ignoto tempo profondo, come i documenti della Romània orientale - con le (talvolta eccessive) estrapolazioni comportamentistiche (la cui critica è sempre stata uno dei tuoi punti forti!) o con le inferenze filogenetiche desunte da "punti di un continuum" che esula dalla concezione umana "normale/quotidiana" (la cui correlazione -dei "punti"- [IMHO!] resta una Storia basata su documenti!)...
Leo
Hai scritto nel post precedente: "Essere in una zona ibrida tra scienze “dure-einsteniane” (che studiano oggetti più semplici) e scienza “umane-lamarkiane” (che studiano oggetti interpretabili come soggetti dotati di intenzioni teleologiche) ha fatto sì che molti esponenti delle due aree estreme delle scienze dure e delle scienze umane si sentissero quasi autorizzati a proporre loro spiegazioni della complessità evolutiva biologica, quasi a correre in soccorso delle scienze intermedie, come la biologia, poste a ponte tra oggetti einsteniani e oggetti lamarkiani". Ricordo che a)Darwin formulò una teoria che (soprattutto inizialmente) era anche una filosofia epistemologica; b) quindi la necessità di correlare i documenti (di "narrarne la storia") nasce nello stesso momento in cui vengono descritti i documenti (come nella Storia).
RispondiEliminaAd ogni modo rileggendo mi ha colpito molto la tua frase, che probabilmente a tua insaputa, riprende tal quale un'affermazione del grande storico delle religioni Raffaele Pettazzoni alla fine degli anni '30: «empiricamente le scienze dell’uomo [enl suo caso, etnologia e paletnologia] stanno nel mezzo fra le scienze naturali [paleontologia umana – cioè, paleoantropologia – e antropologia] e le scienze storiche, nel punto di transizione dalle une alle altre». Ciò nondimeno la correlazione esplicativa tra le discipline va fatta.
Leo
La somiglianza delle parole è semplicemente dovuta al fatto che esiste una sola Conoscenza umana, la quale però è di necessità settorializzata. Dato che questi settori sono gerarchizzati in base alla complessità dei fenomeni che studiano, si può costruire una serie ordinata di discipline, OGNUNA VALIDA SOLAMENTE ALL'INTERNO DEL SUO CAMPO DI APPLICAZIONE:
RispondiEliminalogica-matematica-fisica-chimica-biologia-antropologia-sociologia. Ogni disciplina è in parte simile ed in parte in opposizione alle due che le stanno adiacenti, da ciò deriva la mia affermazione (ed anche quella di Pettazzoni).