Busto di Giovanni Arduino, ritratto di Achille deZigno, e due esempi dei vari documenti del XIX secolo che menzionano il "Coccodrillo di Treschè Conca" (sottolineato in rosso) |
Come vi ho annunciato in passato, il 2013 sarà un anno molto interessante ed entusiasmante, almeno per quel che riguarda le ricerche sui rettili mesozoici italiani. Dopo il plesiosauro del Kaberlaba (nota: Cristiano Dal Sasso mi informa che l'espressione corretta è "del Kaberlaba" e non "di Kaberlaba" come scritto precedentemente) ecco un nuovo studio, questa volta avente come oggetto la rivalutazione di un fossile italiano rimasto per troppo tempo nell'oblio.
Cosa può legare un naturalista ed uno dei padri della stratigrafia, entrambi del XVIII secolo, un paleontologo del XIX secolo, ed un paleontologo-blogger del XXI secolo? A parte il fatto che sono tutti italiani, e tutti appassionati di fossili, apparentemente nulla.
Cosa può legare un naturalista ed uno dei padri della stratigrafia, entrambi del XVIII secolo, un paleontologo del XIX secolo, ed un paleontologo-blogger del XXI secolo? A parte il fatto che sono tutti italiani, e tutti appassionati di fossili, apparentemente nulla.
La storia oggetto di questo post (e del successivo) ha inizio intorno al 1787. In una cava di Rossone (il termine allora usato per indicare il marmo rosso ammonitico) presso Treschè Conca, nell'attuale provincia di Vicenza, viene estratto un blocco di marmo fuori dal comune.
A segnalare per la prima di numerose volte questa insolita lastra furono Girolamo Barettoni, naturalista, e Giovanni Arduino, geologo (colui a cui dobbiamo i primi nomi delle ere geologiche: Primario, Secondario, Terziario e Quaternario). In una serie di lettere pubblicate sul Giornale d'Italia nel 1794, Barettoni comunicò ad Arduino la scoperta di questa lastra, contenente le ossa del cranio di un probabile coccodrillo. A quanto mi risulta, si tratta di una delle primissime (se non la prima in assoluto) segnalazione di rettili mesozoici in Italia.
Durante il XIX secolo, il coccodrillo di Treschè Conca è stato menzionato numerose volte, persino da Cuvier. Tuttavia, solo nel 1883, quasi un secolo dopo la sua scoperta, il fossile ricevette un nome scientifico, da parte del paleontologo Achille deZigno: Steneosaurus barettoni, in onore del suo scopritore.
DeZigno non descrisse Steneosaurus barettoni, ritenendo una descrizione superflua, essendo l'esemplare fin troppo noto in letteratura. Difatti, deZigno si limitò a dare il nome al fossile, senza corredare tale nome di una descrizione, di una diagnosi o di un'immagine dell'esemplare. Questo fatto avrà conseguenze significative sul destino di quella specie.
Una descrizione preliminare dell'esemplare fu fornita da Omboni, nel 1890. Nei 120 anni successivi, tuttavia, Steneosaurus barettoni riceverà pochissima attenzione (sono riuscito a trovare solo mezza dozzina di citazioni del fossile, tra il 1900 ed il 2010). Nel frattempo, l'esemplare trova dimora nel Museo Paleontologico dell'Università di Padova, dove è conservato tuttora con la sigla MPUP 6552.
Io venni a conoscenza di Steneosaurus barettoni ai tempi dello studio su Neptunidraco. In Bizzarini (1995), articolo che faceva il sunto dei coccodrilli rinvenuti nella Formazione del Rosso Ammonitico, si fa una breve menzione di questo taxon. Prima di discutere cosa sia Steneosaurus barettoni, è bene chiarire cosa sia Steneosaurus.
Aldilà della specie italiana, il genere Steneosaurus è molto ricco, comprendendo una decina di specie distribuite per buona parte del Giurassico. Attualmente, la monofilia di Steneosaurus è in discussione, e non tutti gli autori concordano sul numero e le relazioni delle specie valide. Il genere Steneosaurus, istituito nel 1825, è difatti risultato un classico esempio di "taxon-contenitore ottocentesco", ovvero un genere al quale erano attribuite specie secondo criteri eccessivamente labili per gli attuali concetti della tassonomia zoologica. Qualcosa di analogo, nei theropodi, è avvenuto per Megalosaurus, al quale fu riferito un ampio campionario di theropodi giurassici che oggi non sono considerati dei Megalosaurus. Oggi, Steneosaurus "sensu stricto" include una serie di specie di thalattosuchi teleosauroidi, parenti dei metriorhynchidi ma privi delle specializzazioni pelagiche (adattamenti alla vita esclusivamente marina) di questi ultimi. Nell'800, tuttavia, bastava essere un coccodrillo marino mesozoico per ambire al nome di "steneosauro". Di conseguenza, non tutti i fossili attribuiti a Steneosaurus nel XIX secolo sono oggi considerati dei veri Steneosaurus.
Pertanto, è possibile che Steneosaurus barettoni non sia un "vero" Stenesaurus? Il primo a sollevare dubbi sullo status tassonomico di Steneosaurus barettoni è proprio Bizzarini (1995), il quale nota come l'esemplare abbia proporzioni craniche e mandibolari differenti da quelle tipiche degli steneosauri. Tuttavia, nell'articolo egli non ridescrive l'esemplare né propone un'interpretazione alternativa delle sue affinità, ma auspica una sua ridescrizione, dopo un secolo di oblio.
Esemplare di Steneosaurus (fonte, Paleopedia). No, non è l'esemplare italiano... |
Aldilà della specie italiana, il genere Steneosaurus è molto ricco, comprendendo una decina di specie distribuite per buona parte del Giurassico. Attualmente, la monofilia di Steneosaurus è in discussione, e non tutti gli autori concordano sul numero e le relazioni delle specie valide. Il genere Steneosaurus, istituito nel 1825, è difatti risultato un classico esempio di "taxon-contenitore ottocentesco", ovvero un genere al quale erano attribuite specie secondo criteri eccessivamente labili per gli attuali concetti della tassonomia zoologica. Qualcosa di analogo, nei theropodi, è avvenuto per Megalosaurus, al quale fu riferito un ampio campionario di theropodi giurassici che oggi non sono considerati dei Megalosaurus. Oggi, Steneosaurus "sensu stricto" include una serie di specie di thalattosuchi teleosauroidi, parenti dei metriorhynchidi ma privi delle specializzazioni pelagiche (adattamenti alla vita esclusivamente marina) di questi ultimi. Nell'800, tuttavia, bastava essere un coccodrillo marino mesozoico per ambire al nome di "steneosauro". Di conseguenza, non tutti i fossili attribuiti a Steneosaurus nel XIX secolo sono oggi considerati dei veri Steneosaurus.
Pertanto, è possibile che Steneosaurus barettoni non sia un "vero" Stenesaurus? Il primo a sollevare dubbi sullo status tassonomico di Steneosaurus barettoni è proprio Bizzarini (1995), il quale nota come l'esemplare abbia proporzioni craniche e mandibolari differenti da quelle tipiche degli steneosauri. Tuttavia, nell'articolo egli non ridescrive l'esemplare né propone un'interpretazione alternativa delle sue affinità, ma auspica una sua ridescrizione, dopo un secolo di oblio.
Il dubbio di Bizzarini era fondato? Purtroppo, la foto dell'esemplare, presente in Bizzarini (1995) non permette di confermare o smentire i suoi dubbi.
Tuttavia, il dubbio era stato inculcato nel mio cervello, e doveva essere placato in qualche modo.
Tuttavia, il dubbio era stato inculcato nel mio cervello, e doveva essere placato in qualche modo.
Il desiderio di soddisfare almeno la curiosità mi portò a contattare, nel marzo 2010, la curatrice del museo padovano, Mariagabriella Fornasiero, per avere qualche informazione sull'esemplare. La dott.ssa Fornasiero mi inviò una fotografia del fossile, che per la prima volta mi permise di capire quanto fosse completo l'esemplare. Effettivamente, pensai, esso meritava una revisione, come auspicato quindici anni prima da Bizzarini. Tuttavia, i vari impegni di quel periodo mi fecero accantonare, provvisoriamente, il proposito di studiare quell'esemplare.
Solamente nel dicembre del 2012 tornai a pensare a Steneosaurus barettoni. Riscrissi alla dott.ssa Fornasiero e concordammo un incontro al museo di Padova per la fine di gennaio 2013. (L'occasione mi ha permesso anche di visitare la straordinaria collezione paleontologica del museo padovano, comprendente in particolare gli straordinari fossili eocenici di Bolca). In quella data, potei finalmente visionare l'esemplare direttamente, realizzare una serie di fotografie, e confermare il dubbio che avevo elaborato ulteriormente dopo aver visto la prima foto dell'esemplare due anni prima: Steneosaurus barettoni NON era uno Steneosaurus.
Sulla base delle mie osservazioni dell'esemplare, ho quindi scritto un articolo, che ho sottomesso alla rivista scientifica Historical Biology nei primi giorni di Febbraio 2013. Passata la revisione critica di due dei massimi esperti di thalattosuchi, un mese dopo l'articolo è stato accettato, ed ora che esso è ufficialmente pubblicato potrò parlarvi nel dettaglio del risultato della mia indagine. Finalmente, dopo 226 anni dalla scoperta, il coccodrillo di Treschè Conca ha una descrizione secondo i canoni contemporanei dell'anatomia comparata, una collocazione filogenetica molto interessante, ed anche un piacevole riconoscimento...
Di tutto questo, parlerò nel prossimo post di questa serie!
Prima di addentrarmi nei dettagli paleontologici, ringrazio Mariagabriella Fornasiero, per aver concesso il permesso di studiare l'esemplare, Filippo Bertozzo, che mi ha assistito durante lo studio dell'esemplare (e senza il quale avrei avuto problemi ad orientarmi per Padova), oltre che Mark Young (Università di Edinburgo) e Marco Brandalise de Andrade (Università di Rio Grande del Sud), revisori del mio studio, i cui commenti critici hanno contribuito al miglioramento della bozza iniziale dello studio.
Bibliografia:
Arduino G. 1794. Lettera al Sig. Girolamo Barettoni. Nuovo Giornale d'Italia. 6(14):105–108.
Barettoni G. 1794a. Lettera al Sig. Giovanni Arduino. Nuovo Giornale d'Italia. 6(14):103–104.
Barettoni G. 1794b. Lettera al Sig. Giovanni Arduino. Nuovo Giornale d'Italia. 6(14):108–109.
Bizzarrini F. 1995. Sui resti di coccodrillo del Rosso Ammonitico Veronese di Sasso di Asiago (Altopiano dei Sette Comuni, Prealpi Venete). Annali del Museo Civico di Rovereto. 11:339–348.
De Zigno AV. 1883. Sui Vertebrati fossili dei terreni mesozoici delle Alpi venete. Mem. R. Acc. Sc. Lett. Arti. 2–14.
Omboni G. 1890. Il coccodrillo fossile (Steneosaurus Barettoni [sic] Zigno) di Treschè, nei Sette Comuni. Atti Ist. Veneto Sc. Lett. Arti. VIII(1):987–1006.
Barettoni G. 1794a. Lettera al Sig. Giovanni Arduino. Nuovo Giornale d'Italia. 6(14):103–104.
Barettoni G. 1794b. Lettera al Sig. Giovanni Arduino. Nuovo Giornale d'Italia. 6(14):108–109.
Bizzarrini F. 1995. Sui resti di coccodrillo del Rosso Ammonitico Veronese di Sasso di Asiago (Altopiano dei Sette Comuni, Prealpi Venete). Annali del Museo Civico di Rovereto. 11:339–348.
De Zigno AV. 1883. Sui Vertebrati fossili dei terreni mesozoici delle Alpi venete. Mem. R. Acc. Sc. Lett. Arti. 2–14.
Omboni G. 1890. Il coccodrillo fossile (Steneosaurus Barettoni [sic] Zigno) di Treschè, nei Sette Comuni. Atti Ist. Veneto Sc. Lett. Arti. VIII(1):987–1006.
Proprio pochi giorni fa, complice un post di Paleoblog, riflettevo su Giovanni Arduino,tra l'altro possibile ottimo soggetto per un saggio di storia divulgativa della scienza, chissà se mai mi vorrò confrontare con quel genere...
RispondiEliminaC'è da dire che ha avuto la sfortuna di non essere nato in un paese anglofono (o anche in Francia e nell'Impero), visto che i loro scenziati, specie i contemporanei nomi tutelari sono generalmente onorati con monografie scientifiche di grande accuratezza e ottime opere divulgative.
Credo che esistano dieci titoli per Hutton e per William Smith rispetto a tutti e due i fratelli Arduino. E se dal quantitativo passiamo al qualitativo... ma mi sono basato sulla bibliografia del DBI che risale agli anni '60.
Gli sono state dedicate poche cose, un minerale che si è rivelato inesistente, una piccola catena montuosa (circa 100 km) sulla Luna, ecc.
Spero quasi che il nome del nuovo genere da te individuato onori questo scienziato.
E non per campanilismo o patriottismo.
Valerio