Scipionyx samniticus nel calcare ittolitico di Pietraroia (c) G. Dell'Orto |
Dati: Lo scheletro di Compsognathus proviene dai calcari litografici della Baviera.
Interpretazione: Questi calcari si depositarono sul fondale di una laguna.
Conclusione: Compsognathus viveva sul fondale di una laguna, quindi non poteva vivere sulla terraferma.
Dati: Lo scheletro di Scipionyx proviene dai calcari di Pietraroia.
Interpretazione: Questi calcari si depositarono sul fondale di una laguna.
Conclusione: Scipionyx viveva sul fondale di una laguna, quindi non poteva vivere sulla terraferma.
Dati: Lo scheletro di Sinosauropteryx proviene dai livelli ad alta preservazione del Biota Jehol.
Interpretazione: Questi livelli si depositarono sul fondo di specchi d'acqua dolce.
Conclusione: Sinosauropteryx viveva sul fondale di un lago, quindi non poteva vivere sulla terraferma.
Dati: Il cranio di Oculodentavis è incluso in una goccia di ambra.
Interpretazione: L'ambra deriva dalla fossilizzazione della resina.
Conclusione: Oculodentavis viveva dentro la resina, quindi non poteva vivere all'aria aperta.
Mi auguro che le quattro argomentazioni elencate qui sopra vi abbiano fatto ridere per la loro ingenuità ed evidente insostenibilità. L'ultima è volutamente esagerata. Anche se non siete paleontologi, avrete intuito che quelli non sono i modi corretti di interpretare l'associazione tra un fossile in condizioni eccezionali di preservazione e le condizioni ambientali e sedimentologiche peculiari che hanno permesso tale preservazione. Difatti, spesso sono proprio condizioni eccezionali che permettono una fossilizzazione ideale: condizioni eccezionali che sovente non corrispondono affatto al contesto ambientale in cui l'animale usualmente viveva. Compsognathus, Scipionyx e Sinosauropteryx hanno caratteristiche scheletriche da animale terrestre, e nessuno quindi pensa che il loro ambiente di vita fosse il fondale anossico di uno specchio d'acqua. Badate bene, sovente, questi fossili sono associati a una ricca fauna acquatica, ma questo non significa che anche i tre dinosauri citati fossero - in vita - animali che vivevano nel medesimo contesto degli altri fossili associati. Ancora più estrema è la preservazione eccezionale di Oculodentavis, e mi auguro che nessuno pensi che la resina sia stato l'ambiente naturale di questo rettile.
Eppure, c'è chi, online, pensa di ignorare le caratteristiche anatomiche degli halszkaraptorini, che mostrano numerose analogie con specie semi-acquatiche, per concludere che, siccome questi fossili sono inclusi in sedimenti sabbiosi eolici, allora questi animali fossero abitanti unicamente delle dune e non fossero pertanto capaci di vivere in ambienti lacustrini. Spero che ora vi apparirà l'ingenuità di simili argomenti.
Prima che commentiate - erroneamente - dicendo che "ma questi erano deserti, non c'erano specchi d'acqua", vi consiglio di leggere con attenzione la letteratura sulla stratigrafia, sedimentologia e tafonomia dei Litobiotopi della Djadokhta e della Baruungoyot: in ambo le unità, sono presenti sia facies sedimentarie eoliche (alcune delle quali le più favorevoli alla preservazione dei fossili perché formate in modo improvviso e catastrofico in grado di produrre seppellimento rapidissimo) sia facies umido-lacustrine (a testimonianza di un ambiente in grado di sostenere animali semi-acquatici). La presenza di fossili di anfibi anuri ed ostracodi d'acqua dolce (invertebrati tipici di stagni e laghi) indica per questi paleo-ambienti la presenza anche di condizioni ambientali umide, probabilmente quelle più idonee alla vita di un piccolo predatore dall'anatomia semi-acquatica come Halszkaraptor o Natovenator. Il fatto che i fossili dei dinosauri si rinvengano nei contesti eolici, ma non in quelli lacustrini, è dovuto alla particolare modalità di formazione di alcuni dei sedimenti eolici di queste unità, risultato di eventi improvvisi e catastrofici che hanno ucciso e sepolto immediatamente i corpi. Solo in quei contesti sedimentari particolari (tempeste di sabbia e collassi improvvisi di dune) è possibile rinvenire scheletri articolati di animali così delicati come i piccoli teropodi, i quali invece risulterebbero rapidamente distrutti e decomposti dai saprofagi abitanti gli specchi d'acqua bassa qualora si depositino negli ambienti umidi.
Negare la presenza di faune acquatiche e contesti umidi in queste unità, riducendo la loro complessità alla parodia del "deserto di dune", rientra nel tipico ragionamento insegnato al Corso di Laurea in Paleontologia per Bimbomin*ia della poco prestigiosa Università di Internet, la stessa in cui si confonde la facies che meglio favorisce la fossilizzazione con il contesto ambientale per il quale l'anatomia si è evoluta.
Non fare il bimbomin*ia di internet, ragiona da paleontologo!
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