Ogni tanto, questo blog esce dal suo
particolare assetto theropodologico per esplorare contesti più ampi
della paleontologia.
In uno studio pubblicato ieri, Maclver
et al. (2017) propongono un interessante scenario sulla transizione
che, a cavallo tra il Devoniano ed il Carbonifero (400-350 milioni di
anni fa) ha portato all’origine dei tetrapodi, i vertebrati
terrestri.
Il record fossile dei pesci
sarcopterigi del Devoniano-Carbonifero è ormai sufficientemente
ricco perché si possa analizzare l'evoluzione dei vari elementi
anatomici (e dei corrispettivi ambiti eco-morfo-funzionali) lungo la
linea che porta ai tetrapodi “veri e propri” (ovvero, il nodo
“Amphibia + Amniota”) con metodi di indagine filogenetica che
siano robusti statisticamente. Mentre, fino a qualche decennio fa,
questa fase dell'evoluzione dei vertebrati era ridotta (spesso
semplificata in modo estremo nei testi divulgativi) ad una manciata
di “anelli di transizione” (tra i quali primeggiava la coppia
“Eusthenopteron-Ichthyostega”, quasi a
rappresentare le guardie doganali ai due lati della frontiera tra
“Pisces” e Tetrapoda), ora disponiamo di dozzine di taxa, che
illustrano con maggiore dettaglio le varie spinte adattative (spesso
divergenti) e la complessità di una radiazione filetica non più
riducibile ad una semplice linea di pesci che si trascinano fuori
dall'acqua, imparano a camminare, e poi piantano la bandiera sul
suolo asciutto.
“It's a small step for a
fish. A giant step for fishkind”
Nello studio pubblicato ieri, gli
autori analizzano alcune modifiche nel cranio di vari sarcopterigi
paleozoici, in particolare la variazione nella dimensione e posizione
dell'orbita e dello spiracolo (l'apertura del cranio che nei pesci fa
parte delle fessure branchiali, e che nei tetrapodi, noi compresi,
persiste come tubo di Eustachio, quel canale, apparentemente senza
senso per chi nega l'evoluzione, che collega l'orecchio interno al
faringe, e del quale ci ricordiamo l'esistenza quando, entrando in
una galleria, sentiamo il bisogno di deglutire per “stappare” i
timpani). [Edit: David Marjanović, che in materia di tetrapodi paleozoici è molto più competente di me, mi segnala che l'omologia tra parte del tubo di Eustachio e spiracolo, che si insegnava quando ero studente di anatomia comparata, non è più ritenuta valida]
L'analisi di questi caratteri del
cranio indica che in una linea di sarcopterigi, attorno al passaggio
Devoniano Medio-Superiore, le dimensioni dell'orbita sono aumentate
significativamente (con un aumento del volume dell'occhio stimato in
una volta e mezzo), così come la posizione sia dell'orbita che dello
spiracolo è andata a porsi dorsalmente sul cranio. I taxa nei quali
queste modifiche sono avvenute sono i cosidetti membri del “grado
epistostegide”, il più famoso dei quali è Tiktaalik.
Nessuno di questi sarcopterigi era in grado di spostarsi fuori
dall'acqua (o, perlomeno, non aveva alcun adattamento a livello delle
parti distali degli arti tali da consentire un efficiente movimento
fuori dall'acqua). Quindi, quale è la ragione adattativa di queste
modifiche in animali acquatici, e cosa ci possono dire delle fasi
successive della transizione alla vita subaerea?
L'aumento delle dimensioni degli occhi
in questi pesci è apparentemente paradossale. Sia le caratteristiche
morfologiche che sedimentarie di questi sarcopterigi suggeriscono che
erano abitanti di acque basse. Nei pesci, le dimensioni delle orbite
aumentano nelle forme adattate ad acque molto profonde. Cosa avrebbe
selezionato l'aumento delle dimensioni degli occhi in questi pesci,
che vivevano nei medesimi contesti di altri sarcopterigi che non
subirono analoghe trasformazioni?
Maclver et al. (2017) propongono uno
scenario macroevolutivo, attraverso 4 stadi rappresentati da
altrettanti gradi della linea che porta a Tetrapoda. Per
comprenderli, occorre spiegare due differenze fisiche tra ambiente
acquatico ed ambiente subaereo.
In acqua, la visibilità è più scarsa
che in ambiente subaereo. In particolare, nelle acque basse e
relativamente torbide, la visibilità non va oltre qualche metro.
Questo significa che in pesci di acque basse, qualsiasi adattamento
visivo è piuttosto inutile: se il mezzo acquoso assorbe e disperde
la luce, non è vantaggioso perfezionare il sistema visivo, perché
comunque la quantità di luce (ed il dettaglio delle immagini)
resterà comunque bassa. Difatti, il principale organo sensoriale nei
pesci di acque basse è la linea laterale, un sistema che percepisce
le variazioni di pressione nell'acqua e che però ha pur sempre un
raggio di azione limitato. Nell'aria, invece, la visibilità si
misura nell'ordine dei chilometri (o oltre): è nell'ambiente
subaereo che l'aumento delle dimensioni dell'occhio è un fattore
adattativamente vantaggioso.
Il secondo fattore fisico da
considerare è la quantità di ossigeno che può essere prelevata dai
due mezzi. In acqua, la concentrazione dell'ossigeno è molto minore
che nell'aria. Questo è particolarmente rilevante quando l'acqua è
calda e stagnante, il cui tenore di ossigeno può persino annullarsi
(eutrofizzazione e poi anossia). In termini fisiologici, reperire
ossigeno dall'acqua è meno efficiente e vantaggioso che reperirlo
dall'aria.
I sarcopterigi devoniani vivevano
quindi in contesti ambientali caratterizzati da acque basse, torbide
e relativamente poco ossigenate. Come tutti gli altri sarcopterigi (e
anche altri gruppi di vertebrati acquatici paleozoici), questi pesci
erano in grado di prelevare l'ossigeno dall'acqua (usando le
branchie) e dall'aria (usando un diverticolo del sistema digerente:
il polmone). Siccome l'ossigeno atmosferico era (ed è) più
facilmente captabile e abbondante di quello in acqua, il polmone
rappresentava un organo fondamentale per la respirazione, e non
accessorio, importante esattamente come le branchie. L'idea classica
che i pesci siano fondamentalmente animali che respirano solo con le
branchie non si adatta a questi animali paleozoici. Quelli erano
animali con due sistemi di approvvigionamento del comburente: uno più
efficiente, tramite l'aria, ed uno più immediato, tramite l'acqua.
Per captare l'aria, questi pesci
dovevano pertanto raggiungere la superficie, aprire la bocca e
inghiottire aria, un comportamento che portava questi esseri
acquatici brevemente a contatto con il mondo subaereo devoniano.
Mondo che, sebbene il nostro punto di vista “vertebrato-centrico”
tenderebbe a sottovalutare e ad immaginare sterile e deserto, era
invece nel mezzo di una enorme rivoluzione biologica. Da almeno 100
milioni di anni, le piante stavano proliferando fuori dall'acqua. E
da oltre 50 milioni di anni, numerosi gruppi di “invertebrati”,
in particolare gli artropodi, si stavano diversificando sulle terre
emerse e sulle piante terrestri. A posteriori, era un mondo vergine e
dalle enormi potenzialità per i vertebrati. Ma l'evoluzione non è
predittiva né teleologica. Se qualcosa modificò questi sarcopterigi
acquatici, fu un fattore contingente, interno al loro stile di vita,
non certo qualcosa che potrebbe, in un futuro distante milioni di
anni, rilevarsi vantaggioso per i loro potenziali discendenti.
Nel Devoniano Medio, il nostro mondo di
vertebrati subaerei era ancora molto aldilà da venire. I
sarcopterigi come Tiktaalik erano animali esclusivamente
acquatici, ma che avevano evoluto adattamenti per sfruttare
agevolmente la luce che proveniva dalla superficie, portando le
orbite in posizione più dorsale, e sviluppando un sistema per
respirare più efficacemente l'aria. Tutto ciò non per “conquistare
le terre” ma per vivere meglio nel loro contesto acquatico. Per
farlo, questi sarcopterigi avevano evoluto una nuova posizione per lo
spiracolo, collocato più dorsalmente che negli altri pesci. Lo
spiracolo, collegando il tetto della testa con la regione del
faringe, metteva in comunicazione il polmone con l'atmosfera senza il
bisogno di aprire la bocca per inghiottire aria. Bastava far emergere
la sommità della testa per respirare aria. In questi animali, le
narici non erano organi respiratori, ma esclusivamente dediti
all'olfatto. L'aria arrivava ai polmoni dallo spiracolo: ovvero, da
quello che nei nostri corpi è il tubo di Eustachio che connette
orecchio e gola.
Non è curiosa l'evoluzione? Il nostro
orecchio medio è una camera con un tubo che nel Devoniano serviva a
respirare, dove alloggiano ossicini ridotti (incudine e martello) che
nel Devoniano (e almeno fino al Triassico) servivano per muovere le
mandibole, per masticare. Dentro il nostro organo auditivo abbiamo
vestigi di un sistema respiratorio e mandibolare paleozoici.
Tuttavia, avendo sviluppato orbite
dorsali per meglio captare la luce che proveniva dalla superficie,
questi pesci di acque basse, muniti di spiracolo dorsale, si
trovarono un ottimo mix di caratteri per sviluppare un nuovo stile
predatorio: l'agguato degli invertebrati che transitavano sul margine
degli specchi d'acqua. Non sorprende quindi la forma vagamente
coccodrilloide del cranio di alcuni di questi pesci. Con un cranio
piatto, orbite poste dorsalmente e spiracoli che permettevano di
respirare restando immobili sul pelo dell'acqua, questi animali
potevano restare immobili a bordo piscina, in attesa del malcapitato
millepiedi, aracnide o proto-insetto. Ma per localizzare una preda,
spesso di dimensioni ridotte, che cammina a margine dell'acqua,
occorre raffinare la vista, che deve essere più acuta e dettagliata
rispetto alla torbida opacità del mondo subacqueo. Maclver et al.
(2017) ritengono che la rapida espansione delle orbite proprio nei
sarcopterigi di “grado epistostegide” segni la transizione da
pesci predatori esclusivamente di prede acquatiche ad animali che
iniziarono a sfruttare anche prede subaeree a ridosso degli specchi
d'acqua. Dapprima con agguati a bordo piscina, poi perfezionando
sempre più la mobilità fuori dall'acqua, fino all'evoluzione di
arti veri e propri. L'intera serie di stadi evolutivi potrebbe
essersi svolta in una trentina di milioni di anni. Questo modello
quindi predice che l'evoluzione di un sistema visivo adatto
all'ambiente subaereo precedette gli effettivi adattamenti locomotori
per una vita subaerea.
Lo scenario di Maclver et al. (2017) fa
una interessante considerazione finale. Nei pesci, il sistema
comportamentale è vincolato alla relativa limitatezza del campo
visivo subacqueo: se il tuo mondo sensoriale non va oltre pochi
centimetri dal tuo corpo, per sopravvivere sei condannato a reagire
in modo molto rapido ed immediato. L'intervallo di tempo tra
l'avvistamento di una preda o di un predatore e il suo impatto con il
tuo corpo può durare pochissimi secondi. Pertanto, il sistema
nervoso è progettato per generare risposte immediate, generali e
semplici: scappa, scatta, azzanna. Non c'è tempo per elaborare una
interpretazione comportamentale raffinata, adattata alle diverse
situazioni. Fuori dall'acqua, il contesto cambia. Con un campo visivo
potenzialmente infinito (tranne nei giorni di nebbia), reso possibile
da occhi ormai perfettamente adatti a discriminare immagini distinte
di oggetti distanti, il cervello ha abbastanza tempo per permettersi
il lusso di elaborare reazioni specializzate a seconda del contesto.
Questo nuovo mondo subaereo, pertanto, fornisce le basi per
un'evoluzione cerebrale e comportamentale più plastica ed elaborata
rispetto all'ancestrale mondo fatto di acque basse e torbide. Sebbene
non si debba assolutamente leggere questo scenario come una sequenza
lineare e finalistica, né concludere che l'espansione delle orbite
nei sarcopterigi sia il fattore chiave per l'evoluzione dei
tetrapodi, questo studio arricchisce la ricostruzione della
transizione ai tetrapodi, quasi sempre ridotta ad una storia di pesci
che evolvono gambe, di una prospettiva neurologica e sensoriale.
Bibliografia:
Malcolm A. MacIver, Lars Schmitz,
Ugurcan Mugan, Todd D. Murphey, and Curtis D. Mobley. 2017. Massive
increase in visual range preceded the origin of terrestrial
vertebrates. PNAS www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1615563114: 1-10.
più che interessante...
RispondiEliminaEmiliano
Questo è la spiegazione per cui ogni persona con un minimo di razionalità resta meravigliata dalla bellezza e varietà dell'evoluzione. Magnifico.
RispondiEliminaDomanda che non c'entra molto col post, ma alla fine ci sono novità sulla presenza di labbra nei teropodi? Perché da come avevi scritto pareva che il dibattito fosse tutto meno che chiuso. Massimo
RispondiEliminaSeveral important issues are not addressed in the paper. Part 1:
RispondiEliminaIn particular, it gives us animals that can see in air but cannot walk on land or eat on land (because they're ultimately suction-feeders). At the SVP presentation of this I talked to the presenter, who said everything would work if the early tetrapods ate arthropods crawling around on logs that had fallen over the water... that strikes me as a quite narrow ecological niche.
Chemical defenses in early diplopods mean little, because the chilopods are just as old. Specifically, Arthropleura was a predator – much of its head was found and published a few years ago in a tiny journal that's next to impossible to get if you don't know the authors. Maybe ask Jörg Schneider for the pdf. Also, there were eurypterids walking around at least on the beaches.
So I wonder if the enlarged and raised eyes were simply adaptations to living on the bottom of bodies of water that got enough light. Maybe the spiracle even retained its older function for inhaling water and not just air.
l'apertura del cranio che nei pesci fa parte delle fessure branchiali, e che nei tetrapodi, noi compresi, persiste come tubo di Eustachio
No.
In mammalian ontogeny, the branchial pouches (the first one, the one for the spiracle, included) form, then disappear, then the middle-ear cavity forms by schizocoely (the cells just move apart), and then an outgrowth from the throat cavity appears and connects to the middle-ear cavity; that's the Eustachian tube.
In frog ontogeny, all gill slits disappear during metamorphosis. Then the stapes forms in the fenestra ovalis, then it sends an outgrowth toward the skin, then an outgrowth from the throat cavity meets the stapes, surrounds it, and meets the skin which becomes the tympanum in that place; this outgrowth from the throat cavity ends up as the Eustachian tube and the middle-ear cavity.
The first tetrapods, the first crown-group tetrapods and the first amniotes all lacked a middle ear. They were unable to hear airborne sound above ~ 1 kHz. Middle ears have evolved several times independently; they are almost universal today, but this is not due to common ancestry. This case is similar to the loss of gastralia in all extant amniotes except the crocodiles and tuatara.
Even the middle ears of lepido- and archosaurs don't seem to be homologous! If turtles, especially, are crown-group diapsids, then it becomes relevant that the stapes is an immobile brace between the otic capsule and the quadrate in Proganochelys and Australochelys, and becomes mobile in Kayentachelys at the earliest.
So, the comparative anatomy lesson (and textbooks) on the middle ear embriology of my old times were wrong.
EliminaYes.
EliminaThe frog ontogeny paper I have in mind was published in 1987 in a widely read journal. I don't know why the textbooks – and the paleontologists – haven't caught up.
The mammal ontogeny paper came out just 2 years ago or so, but it's really not surprising that the mammalian middle-ear apparatus isn't homologous to that of any other tetrapods, seeing as it lies on the other side of the lower jaw...
"Not really suprising" is a posteriori comment of a mammal. ;-)
EliminaWe are animals that chew using a squamosal-dentary joint (a squamosal-dentary joint! it's even more stupid than some cranial articulations in plesiosaurs!) and incorporates the quadrate-articular joint inside skull bullae...
;-)
I mean, once these facts have been established, everything is obvious.
For a century, nobody apparently raised the obvious hypothesis that a bird is just a miniaturised short-tailed theropod mostly because it was assumed (erroneously) that theropods lacked furculae, and so the large set of similarities in the skeleton had to be considered as due to convergence...
Part 2:
RispondiEliminaI sarcopterigi devoniani vivevano quindi in contesti ambientali caratterizzati da acque basse, torbide e relativamente poco ossigenate.
Some did. Others lived in a wide variety of other environments; Gogonasus and Tulerpeton for instance were marine and can't have had much trouble extracting enough oxygen from the water.
Very generally, I have to say the paper presents a deeply impressive amount of work. Unfortunately, it was done by people who don't understand these animals well. There are taxonomic mishaps, and if you take a look at the supplementary information you'll find the skull of Deltaherpeton misinterpreted as having regained the opercular series!
(Best taxonomic mishap: Baphetes orientalis, Baphetes lintonensis and Baphetes bohemicus. The paper that erects the name Baphetes orientalis Milner et al., 2009, which MacIver et al. used as their source for that animal, states very clearly that it's revising "B. bohemicus", whose type specimen is an undiagnostic dentary; it refers the other material to the new species B. orientalis, and that is one baby skull – which MacIver et al. measured – and one adult skull, for which Milner et al. reproduced the drawing that Beaumont (1977) had presented as "B. bohemicus" and which MacIver et al. measured as "B. bohemicus". In the same paper, Milner et al. took "B. lintonensis" out of B. and called it Loxomma lintonense; MacIver et al. ignored that and went with Beaumont (1977) again.)
Tralasciando il titolo dell'articolo, un tantino sensazionalistico, e il fatto che sia anche fuori argomento con questo post, sai qualcosa in più rispetto a questa faccenda e, magari, hai intenzione di parlarne prima o poi?
RispondiEliminahttp://www.ilmessaggero.it/abruzzo/scoperte_orme_dinosauro_l_aquila-2314967.html
Che viaggio nel tempo questo post...
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