Paradosso (per noi Classici): il Bello ed il Falso coesi |
Nella nota favola del corvo e dei cigni, un corvo muore nell'ostinazione di essere un cigno, di vivere come un cigno. La morale della favola è che non si può andare contro la propria natura: se sei corvo non puoi vivere da cigno. In Occidente probabilmente questa favola ha accenti più negativi (non puoi essere ciò che non sei), mentre in Oriente la stessa verità probabilmente avrebbe l'accento più Zen del "segui il corso del tuo fiume, senza opporvi resistenza". Ovvero, sii corvo e lasciati guidare da ciò.
Se siamo scimmie, non ha molto senso, quindi, opporsi al nostro fiume scimmiesco. Come scimmie, siamo pervicacemente attratti da tutto ciò che è formoso, colorato, appariscente, che attrae il nostro occhio, quindi la mano, che cercherà di afferrare la fonte della visione. E se a guidare la mano è il cervello, è pur sempre l'occhio ad indurre il cervello.
Prima ancora che "Uomo sapiente", ognuno di noi è un "Uomo vedente" (mi scuso se la frase può discriminare una donna affetta da cecità, non è quella la mia intenzione), una creatura che si rapporta con un universo percettivo innanzitutto tarato su immagini. Ciò è vero anche in paleontologia. Purtroppo, in paleontologia, scienza della ricostruzione del passato, la visione è necessariamente subordinata alla sapienza. Non esiste un'immagine paleontologica che preceda una concezione paleontologica. In questo, quindi, la paleontologia è paradossale, nel senso etimologico di para-doxa. La paleontologia quindi è una disciplina in cui i canoni "naturali" del rapporto tra uomo e fenomeno sono invertiti, quindi sono "contro-naturali". Se fossimo vulcaniani o meri elaboratori di bit, ciò non sarebbe un problema, dato che applicheremmo il programma logico paleontologico nel suo contesto e secondo le due precise (per quanto invertite) polarità. Ma non siamo vulcaniani né elaboratori elettronici, bensì esseri umani, ovvero, come rimarcato all'inizio, scimmie. Scimmie, quindi animali ottusamente vincolati (perlomeno a livello subconscio) all'universo visivo prima ancora che logico e razionale, alle categorie dell'occhio prima ancora che a quelle del cervello. E se, quindi, siamo pur sempre scimmie, è vano ostinarsi ad essere altro, ad essere "para-doxali", come invece imporrebbe la paleonto-logica.
Da questa irrisolvibile contraddizione tra paleonto-logica (che subordinerebbe il visivo al concettuale) e antropo(simio)-logica (che subordina il concettuale al visivo) deriva la feroce dittatura della paleoarte sulla paleontologia.
Un'immagine paleoartistica vale più di mille parole. Purtroppo, la paleontologia dovrebbe essere quelle mille parole, e non l'immagine. Da qui, e lo dico con rammarico, l'utopia di una paleontologia logicamente rigorosa, scientificamente razionale, svincolata dall'invasione massiccia dei Vandali e dei Visigoti provenienti dall'arte. Essi avrebbero tutto il diritto di vivere fuori dal Limes paleontoLogico, e sarebbero perfetti vicini con i quali intrattenere proficui scambi e interessanti baratti. Noi amiamo le loro donne dallo zigomo altero e l'occhio di ghiaccio. Peccato che essi siano sempre più massicciamente entrati nelle nostre provincie, dapprima con accampamenti appena trasbordati, ora con velleità di comando. Temo il giorno in cui uno di loro salirà al seggio imperiale e detterà legge. La legge dell'immaginifico dove prima si incideva, su bronzee lastre, la Ius Palaeontologica.
Chi ha occhi per intendere intenda.
Post molto riflessivo...
RispondiEliminala similitudine usata in fondo è bellissima.
Giulio.
Davvero bellissima l'illustrazione di Iguanodon, con la stessa postura degli scheletri montati da Dollo al Museo di Storia Naturale di Bruxelles.
RispondiEliminaCredo che quel dipinto sia lo specchio fedele delle conoscenze che si avevano esattamente un secolo fa, e da questo punto di vista risulta ineccepibile.
Il problema si pone nel momento in cui i paleoartisti iniziano a lavorare troppo di fantasia, o quando si pretende di ricostruire l'aspetto di un intero animale a partire da pochi ed enigmatici frammenti fossili.
Purtroppo anche in molti musei si vedono stupende ricostruzioni scheletriche dove magari i resti realmente rinvenuti corrispondono a molto meno del 10%. Si finisce così per realizzare delle vere e proprie chimere, come quel cranio di Carcharodontosaurus esposto in Giappone ed oggetto di un post di qualche giorno fa.
A proposito, Andrea, l'autore del dipinto di Iguanodon è proprio Zdenek Burian?
Ottimo post. E aggiungo che quello dell'immagine che per molti vale più di 1000 parole è uno dei motivi per cui, pur apprezzandola, non sono molto appassionato di paleoarte. Ovviamente gradisco le immagini supportate da una buona bibliografia (come il disegno del T. rex piumato di Aghataumas).
RispondiEliminaSimone