La storia della paleontologia dei theropodi del Gondwana è una storia di progressiva emancipazione dall'ingombrante predominio concettuale della sua controparte laurasiatica. Per molto tempo, infatti, una serie di pregiudizi evoluzionistici, quasi una forma di "razzismo" settentrionale, ha distorto la nostra visione ed interpretazione delle faune gondwaniane. In particolare, i taxa meridionali del Cretacico sono stati spesso visti come "relitti" o "fossili viventi" arretrati rispetto alle contemporanee faune boreali, quasi vestigia giurassiche sopravissute nel sud del mondo per una strana sospensione dell'evoluzione (intesa erroneamente come marcia progressiva di miglioramento, in questo caso particolare, finalizzato alle faune del Maastrichtiano asiamericano), oppure come "copie", "convergenze" delle forme laurasiatiche. Questa concezione è chiaramente ricalcata su una serie di "pseudo-leggi evolutive" costruite principalmente sulla base della storia dei mammiferi cenozoici. Il fatto che lo sciovinismo zoologico euro-americano abbia battezzato i mammiferi sudamericani e australiani come "relitti", "fossili viventi" o "analoghi" rispetto ai noti mammiferi boreali ("lupo-marsupiale", "talpa-marsupiale", ecc...) non implica che ciò sia corretto, né, sopratutto, che ciò sia applicabile alla storia dei dinosauri mesozoici. Un theropode del Gondwana Cretacico non è un relitto, né una brutta copia delle forme Laurasiatiche. Eppure, questa interpretazione, più o meno conscia, è perdurata nelle interpretazioni, ed ancora persiste, seppure in parte. Ad esempio, gli unenlagiini tendono ad essere visti come vestigia dell'evoluzione iniziale dei dromaeosauridi, solamente perché sono basali rispetto ai "classici" eudromaeosauri. Nessuno fa notare che, alla scala dei deinonychosauri, se davvero vogliamo imporre gli eudromaeosauri come forme derivate, gli unenlagiini sono comunque più derivati dei "laurasiaticissimi" troodontidi (ricordo che i termini "basale" e "derivato" non hanno alcuna connotazione evolutiva di merito, ma indicano solo la posizione relativa sull'albero filogenetico citato in quel momento. Homo sapiens, se visto dal punto di vista di una filogenesi dei pesci osteitti teleostei, è un sarcopterigio, quindi un osteitto molto basale).
Tornando ai theropodi gondwaniani, un caso di "forzata laurasiatizzazione" è quello dei Noasauridae, taxon istituito circa 30 anni fa a partire da un theropode gracile della fine del Cretacico Argentino: Noasaurus leali. Tra i resti frammentari di questo theropode era presente un unguale falciforme, molto incurvato, dal margine ventrale affilato avente una fossa prossimale. La forma dell'unguale così incurvata, e le proporzioni generali dello scheletro, indussero ad interpretare Noasaurus come un primitivo coelurosauro avente un unguale del piede convergente con quello dei deinonychosauri. A quei tempi, il termine "coelurosauro" non aveva la rigorosa delimitazione filogenetica che usiamo oggi, e comprendeva qualsiasi theropode di piccola taglia e struttura gracile (ovvero, indicava più un grado morfologico che un clade vero e proprio).
Attualmente, Noasaurus è collocato all'interno di Abelisauroidea, ben lontano da Coelurosauria, sopratutto in base alla apomorfica morfologia di mascellare, vertebre e metatarso. Tuttavia, l'ipotesi che avesse un unguale del piede convergente con i deinonychosauri non pareva essere messa in discussione, sebbene tutti gli altri abelisauroidi, compresi i taxa gracili come Masiakasaurus e Velocisaurus, mostrino una morfologia del piede molto differente. A questo proposito, da notare che l'ipotesi secondo cui l'unguale di Noasaurus appartenga al secondo dito del piede stona vistosamente con la morfologia dello stesso secondo metatarsale, che, come nei due abelisauroidi citati sopra, è molto gracile e compresso, quindi poco adatto a sostenere un dito specializzato per una possibile funzione predatoria o prensoria.
L'enigma è stato discusso recentemente.
Agnolin & Chiarelli (2009) ridescrivono le falangi note di Noasaurus e Ligabueino (un altro abalisauroide patagonico), dimostrando che queste falangi non solo non mostrano i tratti tipici delle falangi del piede dei theropodi (ed in particolare, degli abelisauroidi), ma anche che esse sono chiaramente falangi delle mani. L'unguale di Noasaurus appartiene alla mano, dissolvendo definitivamente l'ipotesi che questo theropode sia una sorta di "deinonychosauro-mimo australe".
Infine, gli autori suggeriscono che negli abelisauridi il grado di riduzione dell'arto anteriore sia talmente spinto che solamente il secondo ed il terzo dito aveva delle falangi (mentre il primo ed il quarto era solamente formato dai metacarpi), e che nessun dito portava degli unguali. Tale ipotesi è sostenuta da fossili ben articolati delle mani di Carnotaurus, Aucasaurus e Majungasaurus, nei quali non è mai stato rinvenuto alcun unguale. L'atrofia generale della mano abelisauridae, nella quale le falangi tendono a fondersi coi metacarpi ed hanno perso delle nette superfici articolari, unita alla estrema riduzione dell'avambraccio ed alla quasi completa assenza di innervazione nell'omero, implica che probabilmente il braccio degli abelisauridi era un vestigio privo di alcuna funzionalità motoria.
Bibliografia:
Agnolin F.L., & Chiarelli P., 2009. The Position of the claws in Noasauridae (Theropoda. Abelisauroidea) and its implications for abelisauroid manus evolution. Paläontologische Zeitschrift doi10.1007/s12542-009-0044-2.
Tornando ai theropodi gondwaniani, un caso di "forzata laurasiatizzazione" è quello dei Noasauridae, taxon istituito circa 30 anni fa a partire da un theropode gracile della fine del Cretacico Argentino: Noasaurus leali. Tra i resti frammentari di questo theropode era presente un unguale falciforme, molto incurvato, dal margine ventrale affilato avente una fossa prossimale. La forma dell'unguale così incurvata, e le proporzioni generali dello scheletro, indussero ad interpretare Noasaurus come un primitivo coelurosauro avente un unguale del piede convergente con quello dei deinonychosauri. A quei tempi, il termine "coelurosauro" non aveva la rigorosa delimitazione filogenetica che usiamo oggi, e comprendeva qualsiasi theropode di piccola taglia e struttura gracile (ovvero, indicava più un grado morfologico che un clade vero e proprio).
Attualmente, Noasaurus è collocato all'interno di Abelisauroidea, ben lontano da Coelurosauria, sopratutto in base alla apomorfica morfologia di mascellare, vertebre e metatarso. Tuttavia, l'ipotesi che avesse un unguale del piede convergente con i deinonychosauri non pareva essere messa in discussione, sebbene tutti gli altri abelisauroidi, compresi i taxa gracili come Masiakasaurus e Velocisaurus, mostrino una morfologia del piede molto differente. A questo proposito, da notare che l'ipotesi secondo cui l'unguale di Noasaurus appartenga al secondo dito del piede stona vistosamente con la morfologia dello stesso secondo metatarsale, che, come nei due abelisauroidi citati sopra, è molto gracile e compresso, quindi poco adatto a sostenere un dito specializzato per una possibile funzione predatoria o prensoria.
L'enigma è stato discusso recentemente.
Agnolin & Chiarelli (2009) ridescrivono le falangi note di Noasaurus e Ligabueino (un altro abalisauroide patagonico), dimostrando che queste falangi non solo non mostrano i tratti tipici delle falangi del piede dei theropodi (ed in particolare, degli abelisauroidi), ma anche che esse sono chiaramente falangi delle mani. L'unguale di Noasaurus appartiene alla mano, dissolvendo definitivamente l'ipotesi che questo theropode sia una sorta di "deinonychosauro-mimo australe".
Infine, gli autori suggeriscono che negli abelisauridi il grado di riduzione dell'arto anteriore sia talmente spinto che solamente il secondo ed il terzo dito aveva delle falangi (mentre il primo ed il quarto era solamente formato dai metacarpi), e che nessun dito portava degli unguali. Tale ipotesi è sostenuta da fossili ben articolati delle mani di Carnotaurus, Aucasaurus e Majungasaurus, nei quali non è mai stato rinvenuto alcun unguale. L'atrofia generale della mano abelisauridae, nella quale le falangi tendono a fondersi coi metacarpi ed hanno perso delle nette superfici articolari, unita alla estrema riduzione dell'avambraccio ed alla quasi completa assenza di innervazione nell'omero, implica che probabilmente il braccio degli abelisauridi era un vestigio privo di alcuna funzionalità motoria.
Bibliografia:
Agnolin F.L., & Chiarelli P., 2009. The Position of the claws in Noasauridae (Theropoda. Abelisauroidea) and its implications for abelisauroid manus evolution. Paläontologische Zeitschrift doi10.1007/s12542-009-0044-2.
Codesto post è (nel titolo) una convergenza con questo "laurasiatico" post XD
RispondiEliminahttp://theropoda.blogspot.com/2009/04/tutto-quello-che-avreste-voluto-sapere.html