L’opera più famosa e importante
di C.R. Darwin (1859) si conclude con un poetico inno alla biodiversità, alle
“infinite forme bellissime e meravigliose” evolutesi da una o poche forme
iniziali. L’infinità delle forme viventi è volutamente iperbolica. Essa è
eccessiva, al pari dell’enfasi sulla “perfezione” del corpo umano, tanto cara
agli ingenui, ai creazionisti e a chi non abbia mai sofferto di ernie lombari,
dolori del parto o per un dente del giudizio. L’esuberanza morfologica delle
vita è un infinito di ordine piuttosto basso. La forma della Biosfera nel tempo
non è una sfera in espansione (come ci aspetteremmo da qualcosa che è
infinitamente variabile ed occupi la totalità del morfospazio), bensì un
contorto cespuglio fittamente ramificato, un frattale sbilanciato verso destra.
L’infinità delle forme è, pertanto, fortemente incanalata dalla storia e
vincolata dalle leggi di fisica e chimica. Nondimeno, nonostante questi
vincoli, la diversificazione delle forme è notevole. Le infinite forme
bellissime, sono, in definitiva, la manifestazione di una tendenza
inarrestabile confinata in uno spazio di forme finito.
Un aspetto interessante della
diversificazione è che essa non è necessariamente condizionata dall’intensità
dei vincoli. Prendiamo gli uccelli, il gruppo di vertebrati terrestri di
maggiore successo esistente oggi. Nel piano di organizzazione scheletrica
generale, gli uccelli sono vincolati molto più degli altri vertebrati terrestri
(ad esempio, i mammiferi): il corpo degli uccelli è infatti condizionato
dall’essere un bipede obbligato adatto al volo, e tale obbligo limita od
impedisce la possibilità di “esplorare” regioni del morfospazio accessibili ad
altri animali. Gli uccelli non possono evolvere specie quadrupedi, perché
l’arto anteriore è altamente specializzato, né forme basse e striscianti (un
eco-modello vincente sfruttato da moltissimi rettili, anfibi e mammiferi), data
la morfologia rigida e compatta del loro torace. L’ala è un organo molto
vincolante. Di fatto, la perdita della funzione alare negli uccelli ha
comportato quasi sempre l’atrofia del braccio, in quanto non cooptabile per
altre funzioni. Eppure, nonostante questi forti vincoli, il numero di specie di
uccelli attuali è più del doppio di quelle di mammiferi. Parrebbe
contro-intuitivo, ma è così. Nonostante le limitazioni scheletriche e
locomotorie, gli uccelli si sono diversificati in parti specifiche, ma
cruciali, del loro corpo, ad esempio, nella morfologia dell’apparato boccale,
nella forma del piede, oppure, nello sfruttamento di ambienti ed ecologie
inaccessibili ad altri vertebrati. Si potrebbe quasi pensare che l’esuberanza
in aree particolari del corpo sia stata incanalata (positivamente) proprio dai
vincoli generali.
In quanto dinosauri theropodi,
gli uccelli hanno ereditato quasi ogni dettaglio del loro bauplan dagli
antenati mesozoici. Anche i vincoli della loro forma sono retaggi mesozoici.
Tutti i theropodi sono
bipedi obbligati, per motivi legati alla
specializzazione predatoria del loro arto anteriore, e per il vantaggio
adattativo che il bipedismo conferiva a predatori scattisti con un
sistema di ventilazione polmonare intermedio tra quello dei coccodrilli e quello tipico degli uccelli attuali. La mobilità della mano, ridotta al minimo negli uccelli,
deriva dalla rigidità della mano dei theropodi, specializzata prettamente nella
funzione di organo d’offesa e prensione, privo di funzione locomotoria o di
sostegno.
Molto vincolati dal loro modello
anatomico, anche i theropodi mesozoici,
in maniera simile ai loro discendenti
di oggi, si sono diversificati
in aree del corpo particolari. Il cranio ha
assunto ornamentazioni, creste, ispessimenti, ha perso i denti (
in modi e secondo
traiettorie differenti da
gruppo a
gruppo) o ha elaborato la dentatura, ha
evoluto lunghi rostri affusolati o corti musi, ha ospitato complessi sistemi
pneumatici o profonde camere muscolari. Un altro ambito dell’anatomia dei
theropodi, che ho citato spesso nonostante sia da molti sottovalutato, è la
colonna vertebrale, che nei theropodi ha assunto forme e specializzazioni
disparate e bizzarre. Dalle elaborate vertebre degli abelisauroidi, fortemente
concamerate e laminate, passando per le forme inusuali dei therizinosauri, per
arrivare alle estreme di
Spinosaurus,
l’asse portante dello scheletro dei theropodi si è dimostrato tra i più
esuberanti di tutti i rettili,
in modi che, probabilmente, compensano la
necessaria limitatezza imposta dal loro bauplan di bipedi obbligati.
Potete leggere gli altri contributi al Carnevale della Biodiversità sul blog
L'Orologiaio Miope.
Bibliografia:
Darwin, Charles (1859), On the Origin of Species by Means of Natural Selection, or the Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life. London: John Murray.