(Rough) Translator

27 dicembre 2022

Bilancio del 2022

Daurlong (c) I. Iofrida 2022


Il 2022 volge al termine, e come tradizione impone, è tempo di bilanci.

Considero questo anno come di transizione, dopo due anni che, sono sicuro sarà stato anche per voi, furono condizionati in vario modo dalla pandemia.

Ho concluso una serie di studi, e ne ho avviati altri di cui spero poter parlare già nel prossimo anno.

L'anno che si chiude è stato la conclusione della lunghissima e travagliata odissea della monografia su Eotyrannus che ho pubblicato assieme a Darren Naish (Naish e Cau 2022). 

Ho poi contribuito alla pubblicazione di un nuovo enantiornite, Musivavis, parte della serie di ricerche che ho realizzato (e sto realizzando) con Wang Xuri (Wang et al. 2022a).

Inoltre, questo anno ha visto l'avvio di una serie di collaborazioni assieme ad Alessandro Paterna, su materiale di theropodi dal Kem Kem. Un primo studio, dedicato a materiale carcharodontosauride ed alla discussione sullo status di Sauroniops, è già stato pubblicato. Altro materiale è attualmente in studio.

Inoltre, sempre all'interno delle ricerche in collaborazione con Xuri Wang, ho partecipato alla descrizione dell'eccezionale dromaeosauride Daurlong (Wang et al. 2022b).

Il 2022 è stato anche l'anno in cui ho inaugurato il podcast di Theropoda.

Il mio 2023 paleontologico non sarà da meno.

Posso già anticipare uno studio su materiale fossile italiano (articolo in stampa), e lo studio di ben sei nuovi theropodi (uno in revisione, cinque in preparazione). Spero che almeno parte di questi lavori possa vedere già nel prossimo anno la luce... 

Come sempre, restate sintonizzati!


Bibliografia:

Wang X., Cau A., Guo B., Ma F., Qing G., Liu Y. 2022b - Intestinal preservation in a birdlike dinosaur supports conservatism in digestive canal evolution among theropods. Scientific Reports 12-19965: 1-10. https://doi.org/10.1038/s41598-022-24602-x

Paterna A., Cau A. 2022 - New giant theropod material from the Kem Kem Compound Assemblage (Morocco) with implications on the diversity of the mid-Cretaceous carcharodontosaurids from North Africa. Historical Biology doi:10.1080/08912963.2022.2131406.

Wang X., Cau A., Luo X., Kundrat M., Wu W., Ju S., Guo Z., Liu Y, Ji Q. 2022a - A new bohaiornithid-like bird from the Lower Cretaceous of China fills a gap in enantiornithine disparity. Journal of Paleontology 96(4): 961-976. DOI: 10.1017/jpa.2022.12.

Naish D., Cau A. 2022 - The osteology and affinities of Eotyrannus lengi, a tyrannosauroid theropod from the Wealden Supergroup of southern England. PeerJ 10:e12727: 1-99. DOI:10.7717/peerj.12727.

25 dicembre 2022

Dromaeosauro Natale



Babbo Basale non vi ha portato il Lagerstatte mesozoico che avete chiesto? Forse siete stati così cattivi da ricevere solo tronchi carbonificati di Sigillaria?

Theropoda rimedia per voi: L'ultimo mese è stato particolarmente ricco di pubblicazioni relative ai dromaeosauridi. Ne ho parlato in quattro episodi del Podcast di Theropoda.

Una possibile nuova specie gigante.

Mammiferi nella dieta dei dromaeosauridi.

Nuove scoperte sulle parti molli.

Daurlong e tracce dell'intestino.

05 dicembre 2022

Ragionamenti Paleontologici dall'Università di Internet

Scipionyx samniticus nel calcare ittolitico di Pietraroia (c) G. Dell'Orto


Dati: Lo scheletro di Compsognathus proviene dai calcari litografici della Baviera. 

Interpretazione: Questi calcari si depositarono sul fondale di una laguna.  

Conclusione: Compsognathus viveva sul fondale di una laguna, quindi non poteva vivere sulla terraferma.


Dati: Lo scheletro di Scipionyx proviene dai calcari di Pietraroia.

Interpretazione: Questi calcari si depositarono sul fondale di una laguna.

Conclusione: Scipionyx viveva sul fondale di una laguna, quindi non poteva vivere sulla terraferma.


Dati: Lo scheletro di Sinosauropteryx proviene dai livelli ad alta preservazione del Biota Jehol.

Interpretazione: Questi livelli si depositarono sul fondo di specchi d'acqua dolce.

Conclusione: Sinosauropteryx viveva sul fondale di un lago, quindi non poteva vivere sulla terraferma.


Dati: Il cranio di Oculodentavis è incluso in una goccia di ambra.

Interpretazione: L'ambra deriva dalla fossilizzazione della resina.

Conclusione: Oculodentavis viveva dentro la resina, quindi non poteva vivere all'aria aperta. 


Mi auguro che le quattro argomentazioni elencate qui sopra vi abbiano fatto ridere per la loro ingenuità ed evidente insostenibilità. L'ultima è volutamente esagerata. Anche se non siete paleontologi, avrete intuito che quelli non sono i modi corretti di interpretare l'associazione tra un fossile in condizioni eccezionali di preservazione e le condizioni ambientali e sedimentologiche peculiari che hanno permesso tale preservazione. Difatti, spesso sono proprio condizioni eccezionali che permettono una fossilizzazione ideale: condizioni eccezionali che sovente non corrispondono affatto al contesto ambientale in cui l'animale usualmente viveva. Compsognathus, Scipionyx e Sinosauropteryx hanno caratteristiche scheletriche da animale terrestre, e nessuno quindi pensa che il loro ambiente di vita fosse il fondale anossico di uno specchio d'acqua. Badate bene, sovente, questi fossili sono associati a una ricca fauna acquatica, ma questo non significa che anche i tre dinosauri citati fossero - in vita - animali che vivevano nel medesimo contesto degli altri fossili associati. Ancora più estrema è la preservazione eccezionale di Oculodentavis, e mi auguro che nessuno pensi che la resina sia stato l'ambiente naturale di questo rettile.

Eppure, c'è chi, online, pensa di ignorare le caratteristiche anatomiche degli halszkaraptorini, che mostrano numerose analogie con specie semi-acquatiche, per concludere che, siccome questi fossili sono inclusi in sedimenti sabbiosi eolici, allora questi animali fossero abitanti unicamente delle dune e non fossero pertanto capaci di vivere in ambienti lacustrini. Spero che ora vi apparirà l'ingenuità di simili argomenti.

Prima che commentiate - erroneamente - dicendo che "ma questi erano deserti, non c'erano specchi d'acqua", vi consiglio di leggere con attenzione la letteratura sulla stratigrafia, sedimentologia e tafonomia dei Litobiotopi della Djadokhta e della Baruungoyot: in ambo le unità, sono presenti sia facies sedimentarie eoliche (alcune delle quali le più favorevoli alla preservazione dei fossili perché formate in modo improvviso e catastrofico in grado di produrre seppellimento rapidissimo) sia facies umido-lacustrine (a testimonianza di un ambiente in grado di sostenere animali semi-acquatici). La presenza di fossili di anfibi anuri ed ostracodi d'acqua dolce (invertebrati tipici di stagni e laghi) indica per questi paleo-ambienti la presenza anche di condizioni ambientali umide, probabilmente quelle più idonee alla vita di un piccolo predatore dall'anatomia semi-acquatica come Halszkaraptor o Natovenator. Il fatto che i fossili dei dinosauri si rinvengano nei contesti eolici, ma non in quelli lacustrini, è dovuto alla particolare modalità di formazione di alcuni dei sedimenti eolici di queste unità, risultato di eventi improvvisi e catastrofici che hanno ucciso e sepolto immediatamente i corpi. Solo in quei contesti sedimentari particolari (tempeste di sabbia e collassi improvvisi di dune) è possibile rinvenire scheletri articolati di animali così delicati come i piccoli teropodi, i quali invece risulterebbero rapidamente distrutti e decomposti dai saprofagi abitanti gli specchi d'acqua bassa qualora si depositino negli ambienti umidi. 

Negare la presenza di faune acquatiche e contesti umidi in queste unità, riducendo la loro complessità alla parodia del "deserto di dune", rientra nel tipico ragionamento insegnato al Corso di Laurea in Paleontologia per Bimbomin*ia della poco prestigiosa Università di Internet, la stessa in cui si confonde la facies che meglio favorisce la fossilizzazione con il contesto ambientale per il quale l'anatomia si è evoluta. 

Non fare il bimbomin*ia di internet, ragiona da paleontologo!



02 dicembre 2022

AQUATIC DINOSAURS VS SEMI-AQUATIC DINOSAURS (aka A tale about Spinosaurs and Goose-raptors)

 

Un modo molto elegante di essere un dinosauro semi-acquatico  (fonte)

Che tempi avvincenti per chi studi i dinosauri carnivori! Nel giro di 24 ore abbiamo avuto la pubblicazione di un nuovo studio relativo alla controversa paleo-ecologia di Spinosaurus (Sereno et al. 2022) e la pubblicazione del nuovo halszkaraptorino Natovenator (Lee et al. 2022). Come spesso accade in questi casi, la rete si è scatenata, a volte in modo critico, a volte in modo divertente, in reazione a questi studi.

Penso sia doveroso fare chiarezza, perché leggo online alcuni fraintendimenti anche da parte di paleontologi, sulla questione di cosa, come e quanto fosse acquatico questo o quel dinosauro.

Sereno et al. (2022) hanno portato un contributo molto importante alla discussione perché esplicitamente distinguono il significato della parola "acquatico" da quella di "semi-acquatico". I termini sono spesso usati come sinonimi, o comunque intercambiabilmente, generando confusione.

Seguendo la definizione in Sereno et al. (2022):

ACQUATICO:

Un animale ha uno stile di vita acquatico quando è adatto a rimanere permanentemente, o comunque per la grande maggioranza del tempo, immerso in acqua. Un animale acquatico è quindi poco (o per niente) adatto a vivere fuori dall'acqua. Seguendo questa definizione, sono acquatici i cetacei e le tartatughe marine, ed ovviamente tutti i pesci.

SEMI-ACQUATICO:

Un animale ha uno stile di vita semi-acquatico se è adatto a rimanere temporaneamente in acqua ma conserva comunque la capacità di uscire attivamente dall'acqua e di svolgere parte della propria vita sulla terraferma. Un animale semi-acquatico quindi non è vincolato all'ambiente acquatico ma è anche adatto a sfruttare l'ambiente terrestre. Seguendo questa definizione, sono animali semi-acquatici gli ippopotami, i coccodrilli, le tartarughe palustri, molti anatidi e la maggioranza degli uccelli detti "acquatici". 

I pinguini sono un caso particolare, a metà strada tra una condizione "veramente" acquatica ed una semi-acquatica. (Non dobbiamo stupirci, perché le nostre categorie sono sempre una semplificazione del mondo reale).

Seguendo questi criteri, Sereno et al. (2022) mostrano che Spinosaurus non sia un animale (pienamente) acquatico bensì semi-acquatico, una conclusione in linea con la maggioranza degli studi precedenti, ma che "ridimensiona" alcune ipotesi proposte negli ultimi anni dagli studiosi del celebre esemplare marocchino.

Personalmente, non vedo una grande rivoluzione: condivido la distinzione terminologica proposta da Sereno et al. (2022) e non avevo mai pensato che Spinosaurus fosse "pienamente/totalmente" acquatico, né penso che lo pensassero gli autori degli studi sul neotipo di S. aegyptiacus (in ogni caso, io non devo fare l'avvocato difensore di nessuno).

Seguendo le categorie di Sereno et al. (2022), anche gli halszkaraptorini sono semi-acquatici. Questo è perfettamente coerente con quanto abbiamo sempre sostenuto fin dal primo studio del 2017 su Halszkaraptor, dato che l'animale era stato interpretato come "anfibio" (termine che significa "che ha due vite", una acquatica ed una terrestre, quindi sinonimo del termine "semi-acquatico" usato da Sereno et al. 2022).

Approfitto del post per rimarcare alcuni concetti sugli halszkaraptorini che continuano ad essere fraintesi da alcuni online:

1- L'ambiente deposizionale degli Halszkaraptorinae (formazioni Djadokhta e Baruungoyt) comprende sia facies formate in ambiente arido che facies formate in ambiente umido. Quindi, non è vero - come continuano a ripetere certi commentatori online - che questi ambienti fossero unicamente aridi e desertici. La presenza di depositi umidi implica una variabilità degli ambienti e la presenza di acqua. Ad esempio, a Uhkaa Tolgod (la località tipo di Halszkaraptor), abbiamo facies composte da argille e siltiti che sono esplicitamente interpretati come depositi formati in bacini d'acqua dolce all'interno del sistema di dune sabbiose (Dingus et al. 2008), un tipo di ambiente che oggi troviamo, ad esempio, in alcuni deserti della Namibia. La presenza di varie specie di ostracodi (invertebrati d'acqua dolce) in questi depositi suggerisce la presenza di piccoli laghi e stagni, perfettamente adatti per le esigenze di piccoli animali simil ad anatidi come Halszkaraptor.

2- Studi della sedimentologia e stratigrafia del Bacino del Nemegt indicano che le tre unità della Djadokhta, Baruungoyot e Nemegt non fossero tre momenti distinti del passato cretacico della Mongolia separati nel tempo, bensì tre differenti contesti ambientali e deposizionali esistiti contemporaneamente durante la lunga storia tardo-cretacico della regione del Gobi (Jerzykiewicz et al. 2021). Ovvero, le tre unità rappresentano tre diversi ambienti, collegati tra loro ed in continuità geografica, tre parti del medesimo sistema di oasi umide e sistemi di dune sabbiose. Lo studio in questione propone una interessante soluzione al "paradosso ecologico degli halszkaraptorini" dato che mostra come la presenza e abbondanza delle diverse specie di dinosauro nelle tre unità menzionate sopra non sia una prova di "adattamento locale" alle sole condizioni di una singola unità, ma sia un artefatto tafonomico. Ovvero, dobbiamo concludere che gli Halszkaraptorinae in vita fossero presenti in tutte le zone rappresentate da queste tre unità, sia nei contesti umidi (=Nemegt) che in quelli intermedi (=Baruungoyot), sia in quelli più asciutti (=Djadokhta), ma che a livello fossile solamente gli animali che si avventuravano nelle dune sabbiose djadokhtiane avessero qualche possibilità di preservarsi fino a noi, a causa del regime tafonomico sfavorevole per gli scheletri di piccole dimensioni che caratterizza i depositi nemegtiani rispetto a quelli baruungoytiani e diadokhtiani. Riassumendo, Halszkaraptor non era un abitante esclusivo delle dune sabbiose, ma piuttosto un opportunista esploratore dei contesti sia umidi che aridi, ma che solo in questi ultimi (in particolare, nelle dune sabbiose che collassavano) poteva eventualmente fossilizzare nelle condizioni idonee alla preservazione del suo piccolo e delicato scheletro. 

3- Nonostante ci siano rappresentazioni paleo-artistiche di Halszkaraptor (e ora, anche di Natovenator) che lo rappresentano intento ad inseguire il pesce nuotando in immersione, nel nostro studio del 2017 (Cau et al. 2017) non abbiamo mai proposto uno stile di nuoto così estremo. Nello studio del 2017, diciamo esplicitamente che Halszkaraptor probabilmente usava gli arti anteriori per manovrare in acqua, ma non sosteniamo che fosse un nuotatore efficiente come un pinguino o un cormorano, né che usasse le pinne come organo propulsivo. Per sostenere ciò occorrerebbe un'analisi biomeccanica rigorosa ed una completa conoscenza della regione pettorale, ovvero ci servirebbe uno scheletro meglio preservato di quello a disposizione. In ogni caso, non occorre un tale modello locomotorio per spiegare l'ecologia semi-acquatica di Halszkaraptor. La mia ipotesi preferita è che Halszkataptor fosse un nuotatore relativamente lento, e di superficie, che usava il lungo collo affusolato e molto mobile per foraggiare in acque basse, rovistando sul basso fondale alla ricerca di molluschi ed invertebrati d'acqua dolce. Un'animale che ricorda nello stile di vita un cigno come quello che apre il post, e non un pinguino. 

4- La compattezza delle ossa in Spinosaurus e Halszkaraptor. Le ossa lunghe di Spinosaurus sono molto più compatte di quelle degli altri theropodi, e ciò è stato considerato una prova di uno stile di vita più spiccatamente acquatico (Fabbri et al. 2022). Sereno et al. (2022) propongono una interpretazione alternativa di questo elemento, sostenendo che fosse legato alla peculiare dimensione ridotta degli arti, per conservare robustezza nel sostenere il peso corporeo, dato che le vertebre di Spinosaurus non mostrano una simile anatomia interna e sono cave internamente. Indipendentemente da come interpretare questo fenomeno, le ossa di Halszkaraptor sono cave internamente come nella maggioranza dei theropodi. Questo significa che quindi non fosse in qualche modo acquatico? Ovviamente, no: una simile cavitazione nelle ossa si osserva anche in molti uccelli acquatici, come anatidi e altre forme piscivore, i quali sono comunque perfettamente adatti a vivere in acqua e a nutrirsi immergendosi per brevi momenti. Dato che io sostengo che Halszkaraptor fosse un nuotatore di superficie, che galleggiava a pelo d'acqua e che immergesse soprattutto il collo e non avesse uno stile di nuoto da pinguino, non vedo problemi nel suo scheletro leggero e pneumatizzato. Anzi, lo scheletro cavo aiutava il galleggiamento e quindi era consono al suo stile di foraggiamento. La questione della cavitazione delle ossa è un problema per chi sostiene uno stile di vita (pienamente) acquatico in grado di immergersi a lungo, ma, ripeto, noi non abbiamo mai sostenuto ciò per Halszkaraptor: esso era semi-acquatico (non era "totalmente acquatico") e mostra uno scheletro da animale semi-acquatico, con ossa cave e non compatte.

Spero che questo post chiarisca i punti controversi e fraintesi su questi studi, e sugli halszkaraptorini in particolare.

Purtroppo, vedo ancora persone che attaccano le nostre analisi come se noi avessimo dichiarato che Halszkaraptor fosse un pinguino che viveva nel deserto sabbioso del Sahara... idea che è anni luce di distanza da quello che invece ritengo sia la corretta interpretazione di tutte le evidenze su Halszkaraptor, Natovenator e sugli ambienti deposizionali del Bacino del Nemegt.




01 dicembre 2022

Natovenator, un nuovo halszkaraptorino idrodinamico! [edit]



Cranio di Natovenator (da Lee et al. 2022)

Tra cinque giorni, sarà il quinto compleanno di Halszkaraptor.

Fin dalla sua pubblicazione, la "piccola Halszka" ha generato molta attenzione, curiosità, ma anche controversie. Le modalità della sua scoperta (essa non è il risultato di uno scavo scientifico ma il recupero dell'esemplare dal mercato internazionale dei fossili) e la bizzarra anatomia di questo fossile hanno, legittimamente, spinto alcuni ad essere cauti e critici verso la nostra interpretazione ecologico-funzionale. Sebbene avessimo dettagliatamente dimostrato tramite scansioni tomografiche che il fossile non era una chimera artificiale, l'idea che questo dinosauro fosse una specie semi-acquatica, forse persino adattata al nuoto, ha sollevato alcuni dibattiti, compreso un articolo nel 2019 di confutazione della nostra ipotesi, articolo nei confronti del quale io pubblicai nel 2020 un articolo di risposta.

Tuttavia, la scienza non è una semplice competizione retorica, una gara a chi sa convincere il maggior numero di ascoltatori grazie alla propria arte oratoria. La scienza è discussione di evidenze scientifiche. Se Halszkaraptor è un dinosauro genuino, devono esistere anche altri esemplari. Se Halszkaraptor è acquatico, devono esistere ulteriori prove a sostegno di tale scenario oltre a quelle visibili nel primo fossile. La loro scoperta, più di qualunque argomentazione (per quanto logicamente valida) è ciò che consolida e sancisce la robustezza delle nostre ipotesi, la loro validità scientifica. 

Questa scoperta, tanto necessaria e utile al fine di risolvere il dibattito, è arrivata. Io ne ero a conoscenza da alcuni anni, dato che essa fu annunciata in forma preliminare ad un congresso internazionale alcuni anni fa, sotto forma di poster, poster che mi fu poi inviato dal primo autore di tale studio, il paleontologo sud-coreano Sungjin Lee. Ovviamente, non potevo parlarne prima della conclusione dello studio e della sua pubblicazione ufficiale. 

Oggi, lo studio completo di questo nuovo fossile è pubblicato ufficialmente (Lee et al. 2022). Gli autori descrivono un esemplare semi-articolato e parzialmente conservato di un nuovo halszkaraptorino scoperto nel 2008 durante una spedizione paleontologica nella Formazione Baruungoyot di Hermiin Tsav, nel sud della Mongolia, ed istituiscono Natovenator polydontus.

L'esemplare comprende il cranio quasi completo, buona parte del collo e del torace, parte degli arti anteriori, porzioni di bacino, gamba e coda. Molti elementi del fossile sono comparabili con Halszkaraptor, e confermano definitivamente che "la piccola Halszka" non è una chimera artificiale: le peculiari caratteristiche del cranio, del muso, della dentatura, del collo, dell'arto anteriore, della coda e del piede di Halszkaraptor sono presenti anche in Natovenator. Inoltre, la scoperta del fossile da parte di un team di paleontologi durante una spedizione in Mongolia conferma l'ipotesi che anche Halszkaraptor provenga dalla regione del Gobi. La differente preservazione di Natovenator (parzialmente articolato) rispetto ad Halszkaraptor (completo ed articolato) è in linea con le tipiche differenze di tafonomia dei theropodi di piccola dimensione rinvenuti nella formazione Baruungoyot rispetto a quelli dalla Djadochta, confermando l'ipotesi che Halszkaraptor provenga dalla seconda delle due unità geologiche.

Come in Halszkaraptor, anche Natovenator ha una peculiare conformazione del muso, platirostrale, dalla forma "a missile" in vista dorsale, con i premascellari appiattiti e fusi, un numero esageratamente alto di denti rostrali (persino più numerosi che nei già numerosi denti di Halszkaraptor: 13 per ciascun premascellare, più del triplo della norma theropodiana!), vertebre del collo allungate (ma in questo caso, il collo risulta un po' più corto di quello di Halszkaraptor), ed una riduzione dei forami pneumatici nelle vertebre (persino più ridotta che in Halszkaraptor). Natovenator condivide la particolare forma delle zigapofisi del collo tipica di Halszkaraptor, e mostra le medesime specializzazioni nella mano e nell'avambraccio viste nella "piccola Halszka". La coda presenta le medesime modifiche nelle vertebre anteriori viste in Halszkaraptor e Mahakala. Inoltre, Natovenator conferma la nostra ricostruzione della narice in Halszkaraptor come relativamente allungata posteriormente (un elemento che ci fu contestato nello studio del 2019 a cui ho accennato prima). La parte posteriore del cranio, nella zona occipitale, è simile a Mahakala (di questo ultimo non abbiamo il muso), mentre il piede è distinguibile sia da Halszkaraptor che da Hulsanpes.

Natovenator e comparazione tra la sua gabbia toracica e quella di altri theropodi (da Lee et al. 2022)

L'elemento più importante di Natovenator è la preservazione della gabbia toracica (che invece è quasi completamente mancante nello scheletro di Halszkaraptor), la quale mostra una bizzarra conformazione delle coste dorsali. Esse descrivono una curva larga e bassa quando sono viste di fronte, una conformazione che è tipica di animali semi-acquatici e che è stata individuata anche in alcuni spinosauridi. Inoltre, l'articolazione delle coste dorsali con le vertebre non è ventro-laterale, come normalmente si osserva nei theropodi, ma inclinata posteriormente: il risultato è una gabbia toracica bassa fusiforme, diversa da quella tipica degli animali di terraferma, ma caratteristica di specie semi-acquatiche nuotatrici, come molti uccelli piscivori e mammiferi come l'ornitorinco. Ovvero, la gabbia toracica di Natovenator è chiaramente un adattamento prodotto dalla selezione naturale per migliorare il suo assetto idrodinamico, è un adattamento per migliorare il movimento in acqua! 

Nel caso non sia chiara la portata evoluzionistica di questa scoperta: per avere una gabbia toracica con una tale modifica strutturale (ben più radicale di qualche modifica nei denti o nelle falangi, qui stiamo parlando della intera gabbia toracica che contiene gli organi vitali e che partecipa alla ventilazione polmonare), è necessario che questi animali siano stati selezionati attivamente dalla costante frequentazione dell'ambiente acquatico, e per lunghi tempi evoluzionistici. Ovvero, l'habitat acquatico deve essere stato abitato a lungo dalla linea halszkaraptorina, ben prima della comparsa delle quattro specie note finora dalla Mongolia. E non solo "abitato" in modo passivo, ma anche frequentato attivamente, al punto da plasmare il loro sistema scheletrico e locomotorio. 

In una frase:

Questi dinosauri nuotavano attivamente!

Confronto tra l'inclinazione delle coste toraciche in un uccello terricolo (Casuarius, A) ed uno nuotatore (Alca, B). Nel terricolo, le coste sono perpendicolari all'asse del torace; nel nuotatore, le coste sono inclinate posteriormente rispetto all'asse del torace (frecce rosse). In basso, due dromaeosauridi, Shri Tyrannosaurus (C) e Natovenator (D), entrambi in vista ventrale. Notare che Natovenator ha l'assetto costale da nuotatore. Immagini in A e B da Tickle et al. (2007).


Questo ultimo dettaglio morfofunzionale non era menzionato nel poster preliminare di Lee et al. del 2019, ed è stato per me una bellissima sorpresa, dato che va ben oltre le mie più ottimistiche speranze di avere ulteriori sostegni all'ipotesi che avevamo proposto cinque anni fa per spiegare l'anatomia in Halszkaraptor. Questa nuova scoperta di un così radicale adattamento scheletrico alla locomozione acquatica, scoperta inattesa, ma perfettamente coerente con l'interpretazione funzionale che avevamo dato nel 2017, sancisce in maniera definitiva l'ipotesi che Halszkaraptorinae è un clade di dromaeosauridi adattati ad uno stile di vita semi-acquatico, capaci sia di muoversi sulla terraferma che di nuotare in acqua per foraggiare sia al suolo che in contesti acquatici.

Natale è arrivato in anticipo di 3 settimane!

E non dimenticate di visitare il podcast per ascoltare l'episodio dedicato a Natovenator.

PS: riflettendo su questo nuovo studio, mi è tornata alla mente un'idea, molto speculativa quando la elaborai, ispirata dalla bizzarra morfologia della furcula di Halszkaraptor. In breve, l'articolazione tra furcula e sterno in Halszkaraptor mi ricordarono vagamente l'impianto pettorale di certi rettili acquatici, e questo mi fece immaginare, in forma del tutto ipotetica, se la gabbia toracica mancante di Halszkaraptor non fosse stata, chissà, forse in qualche modo appiattita come quella di una tartaruga marina. Siccome non avevo solidi argomenti per elaborare quell'idea, non la sviluppai né la menzionai nell'articolo del 2021, ma alla luce delle informazioni ricavate da Natovenator, forse c'era qualcosa di sensato in quella speculazione...


Bibliografia:

Lee S. et al. 2022. A non-avian dinosaur with a streamlined body exhibits potential adaptations for swimming. Communications Biology https://doi.org/10.1038/s42003-022-04119-9.


20 novembre 2022

Daurlong Strangecrest or: How I Learned to Stop Overreading and Love Taphonomy

 

In alto, cranio dell'olotipo di Daurlong. In basso, foto (A) e disegno schematico (B) del cranio di Zhenyuanlong. In B, in rosso è indicato il nasale e parte di un lacrimale, le cui dislocazioni rispecchiano la "cresta" di Daurlong.

L'eccezionale preservazione dell'olotipo di Daurlong lascia tutti, giustamente, estasiati. Ma questo non deve farci dimenticare che un fossile è pur sempre un prodotto di processi geologici combinati a elementi biologici, e non è mai una "radiografia" genuina di un animale fresco. Ciò vale anche nei casi, come Daurlong, in cui l'animale sembra veramente "fresco di funerale" (perdonate il cinismo).

Un elemento del fossile che sicuramente ha attirato l'attenzione e suscitato legittima curiosità online fin dalla immediata pubblicazione è la "cresta" che appare sul muso dell'animale. Ad una visione immediata, "letterale", Daurlong sembra possedere una cresta nasale triangolare che corre lungo la superficie dorsale del muso.

Tuttavia, l'analisi dettagliata del fossile e la comparazione con altri esemplari, smentiscono questa interpretazione. Tutto ci porta a considerare la "cresta" come un artefatto della fossilizzazione, a negarle una origine biologica.

Durante lo studio del fossile, anche noi autori abbiamo attentamente valutato l'ipotesi che l'animale avesse una cresta nasale, ma alla luce di vari elementi, sia geologici che biologici, abbiamo scartato tale interpretazione.

1. La parte dorsale del cranio di Daurlong ha subìto una erosione della superficie esterna: questo è evidente dall'analisi coi raggi UV, che mostra una bassa fluorescenza della parte dorsale del cranio rispetto a quella ventrale. Il grado di fluorescenza delle ossa è legato alla preservazione della superficie esterna originaria (più fluorescenza = migliore preservazione). La cresta è priva di fluorescenza, e risulta quindi osso deteriorato ed eroso in superficie. Ciò è confermato anche dai campionamenti di materiale osseo e dall'analisi al microscropio elettronico.

2. La parte anteriore della regione nasale, a livello dell'articolazione con il premascellare, è danneggiata e mancante. Dalle foto non si deduce, ma c'è uno "scalino" osseo tra la "cresta" e la punta del muso, ovvero, manca un pezzo della parte laterale del premascellare, quella che articola col nasale. Ciò indica che non è presente l'originaria articolazione tra le due ossa.

3. Un altro dromaeosauride dal Biota Jehol, Zhenyuanlong, mostra una marcata dislocazione dei nasali e dei lacrimali rispetto al resto del cranio: tale dislocazione, evidente per il modo con cui l'esemplare è fossilizzato, produce una versione "estrema" della cresta di Daurlong. Ovvero, il nasale dell'esemplare di Daurlong è chiaramente ad uno stadio iniziale nel processo di dislocazione che è invece più avanzato nell'esemplare di Zhenyuanlong.

La spiegazione più parsimoniosa che ricaviamo da questi elementi è che la "cresta" di Daurlong sia solamente il tetto del nasale (e parte del lacrimale destro) che si sono in parte dislocati dorsalmente durante la decomposizione della carcassa. In origine, il tetto del nasale era piatto, senza creste.

NOTA DEL 28 NOVEMBRE 2022:

Se pensate che Daurlong abbia delle creste lacrimali o nasali, siete liberi di crederlo, ma in tal caso siete invitati a pubblicare le vostre ipotesi su articoli scientifici su riviste paleontologiche internazionali soggette a peer-review. A giocare con Photoshop siamo bravi tutti, ma pubblicare uno studio scientifico è una cosa ben più seria.

19 novembre 2022

Daurlong wangi, un dromaeosauride con la traccia dell'intestino!


L'eccezionale preservazione di Daurlong e, a sinistra, la regione intestinale.


Da più di 25 anni, l'Eldorado mondiale dei dinosauri ha un nome: Biota Jehol. Questo termine indica una serie di località fossilifere, risalenti al Cretacico Inferiore (in particolare, l'intervallo Barremiano-Aptiano, ovvero circa 125-115 milioni di anni fa), localizzate nel nord-est della Cina, in particolare nella provincia del Liaoning. Il Biota Jehol è l'insieme delle specie fossili, sia animali che vegetali, rinvenute in queste località. Grazie a speciali condizioni ambientali e geologiche, molto rare, le specie dal Biota Jehol sono preservate con un dettaglio eccezionale: scheletri completi, articolati, e in molti casi associati a tracce delle parti molli, in particolare la pelle (compreso il piumaggio). Dinosauri ormai divenuti iconici, come Caudipteryx, Microraptor, Sinosauropteryx e Yutyrannus, provengono da questo biota. Sebbene i dinosauri siano senza dubbio i più famosi rappresentanti del Biota Jehol, la ricchezza delle faune rinvenute in queste località va ben oltre Dinosauria: insetti, pesci, mammiferi, pterosauri, anfibi, tutti in eccellente stato di conservazione, in grado di darci un quadro molto dettagliato della biodiversità dell'Asia orientale intorno a 120 milioni di anni fa.

Una località del Biota Jehol, scoperta alcuni anni fa, è particolare: il suo nome, traducibile dal cinese all'inglese come “Pigeon Hill” (la “collina del piccione”), non si trova nel Liaoning, ma più a nord, nella provincia cinese della Mongolia Interna. Oltre ad essere attualmente il sito più a nord del Biota Jehol, Pigeon Hill è anche particolare per l'eccezionale abbondanza di fossili di anfibi: si stima che dal sito siano stati estratti almeno 10 mila esemplari di rane, tritoni e salamandre fossili, di varie specie, spesso completi e perfettamente articolati.

Il primo dinosauro battezzato a Pigeon Hill è un uccello, un ornithuromorfo, alla cui descrizione e studio ho partecipato anche io: Khinganornis, pubblicato nel 2020. Lo studio su Khinganornis è uno di una serie di ricerche che da alcuni anni sto svolgendo in collaborazione con Wang Xuri, paleontologo di Pechino specializzato principalmente in uccelli mesozoici. Un nuovo studio frutto della mia collaborazione con Wang, esce oggi su Scientific Reports (Wang et al. 2022), e questa volta non descrive un uccello, bensì il primo dinosauro non-aviano da Pigeon Hill. Il post di oggi è dedicato alla storia di questo esemplare eccezionale.

Nel settembre del 2020, Wang mi inviò una serie di fotografie di un dinosauro rinvenuto a Pigeon Hill e che era in fase di preparazione (ovvero, di “liberazione” dalla matrice rocciosa che lo conserva). L'esemplare risultò essere un dromaeosauride completo, in ottimo stato di conservazione, articolato e con tracce evidenti di parti molli, in particolare, il piumaggio visibile lungo la parte dorsale del cranio e della intera colonna vertebrale.

Inoltre, erano visibili delle zone di colore bluastro-rugginoso, a livello del cranio, della zona addominale e delle estremità di pube e ischio. Abbiamo analizzato l'esemplare con i raggi UV, che hanno mostrato che le differenti colorazioni nel cranio e sugli arti sono legate al grado di preservazione della superficie ossa originaria (le parti color bruno sono quelle più erose), mentre restavano più misteriose le macchie nella zona addominale e pelvica. Abbiamo quindi prelevato dei campioni di queste incrostazioni addominali e le abbiamo analizzate al microscopio elettronico, dove sono risultate essere formate da una matrice di microcristalli dal diametro di 1-3 micron. Nonostante non siano risultate tracce di melanosomi, la texture dei microcristalli mi ha immediatamente ricordato quella dei campioni di tessuto prelevati da Scipionyx. Inoltre, l'estensione della macchia bluastra addominale ricalca fedelmente l'estensione dell'intestino fossilizzato in Scipionyx: essa parte a livello della nona dorsale, si estende ventralmente raggiungendo i gastrali tra la decima e la dodicesima dorsale, e resta separata dal pube da una zona “sgombra” di residui bluastri. La corrispondenza sia a livello microscopico che macroscopico tra la ragione bluastra nel dromaeosauride di Pigeon Hill e l'intestino in Scipionyx supporta l'interpretazione della incrostazione addominale nel nuovo fossile come la traccia del suo intestino. Si tratta di uno dei pochissimi casi di preservazione intestinale in un dinosauro, ed il primo caso in un theropode molto prossimo agli uccelli.

Corrispondenza topografica tra la regione intestinale di Scipionyx (in alto) e la zona bluastra in Daurlong (in basso). L'asterisco indica la "zona vuota" tra intestino e pube. Immagine di Scipionyx per gentile concessione di Simone Maganuco, tratta dalla Monografia del 2011 (Dal Sasso e Maganuco, figura 145, ribaltata per confronto).


A questo nuovo dromaeosauride abbiamo dato il nome di Daurlong wangi (il Drago di Daur di Wang: il genere fa riferimento alla popolazione della regione da cui proviene il fossile, la specie è un omaggio al direttore del museo in cui è conservato il fossile).

Le nostre analisi filogenetiche collocano Daurlong come strettamente imparentato con Tianyuraptor e Zhenyuanlong in un clade più affine ad Eudromaeosauria che a Microraptoria, sebbene la robustezza di tale collocazione sia relativamente bassa, dato che questi tre dromaeosauridi mostrano un curioso mix di caratteri presenti anche in altri paraviani.

Ricostruzione in vivo di Daurlong (c) Ivan Iofrida (2022)


Ringrazio Wang per avermi coinvolto nello studio, Marco Auditore per la ricostruzione scheletrica, e Valentina Rossi per alcuni suggerimenti per le analisi. Ivan Iofrida e Francesco Delrio hanno realizzato le illustrazioni ufficiali di Daurlong.

Un Daurlong banchetta con una rana di Pigeon Hill. (c) Francesco Delrio (2022)


Qui il podcast dedicato a questo nuovo dromaeosauride.

Bibliografia:

Wang, X., Cau, A., Guo, B. et al. Intestinal preservation in a birdlike dinosaur supports conservatism in digestive canal evolution among theropods. Sci Rep 12, 19965 (2022). https://doi.org/10.1038/s41598-022-24602-x

15 novembre 2022

Generatore automatico di frasi da Pterosaur Heresies

Questo è un generatore automatico di frasi dal più dannoso sito di disinformazione paleontologica esistente in rete, il famigerato contenitore di pseudoscienza "Pterosaur Heresies". Le frasi prodotte dal generatore sono ovviamente delle parodie umoristiche, mentre l'originale non fa ridere per niente.

Per ottenere nuove frasi, vi basta ricaricare la pagina.



11 ottobre 2022

Carcharodontosaurus vs Sauroniops

Tabella schematica dello studio di Paterna e Cau (2022)


Ho dedicato molti post al dibattito su quante specie di grandi theropodi siano presenti nei letti del Kem Kem, nonché parte di uno studio tecnico (Chiarenza e Cau 2016). Secondo alcuni autori, nel Kem Kem abbiamo solo tre grandi taxa con nome più un abelisauro senza nome: Carcharodontosaurus, Deltadromeus e Spinosaurus. Io non condivido questa interpretazione eccessivamente riduzionistica e concordo con altri autori nel considerare validi anche altri taxa istituiti da materiale rinvenuto in questi livelli.

In particolare, in un post di alcuni anni fa, ho spiegato perché Sauroniops non può essere riferito a Carcharodontosaurus.

Recentemente, ho collaborato con Alessandro Paterna (Museo OPHIS di Teramo) nella descrizione e interpretazione di alcuni resti di dinosauro dal Kem Kem conservati nel loro museo. In particolare, due frammenti cranici, un mascellare (osso del muso) ed uno jugale (osso della zona zigomatica) mostrano caratteristiche allosauroidi e sono riferibili a grandi carcharodontosauridi. Il mascellare è molto interessante perché presenta una morfologia ed un tipo di ornamentazione della superficie esterna che è differente da quella di Carcharodontosaurus saharicus, e quindi dimostra che nel Kem Kem abbiamo almeno due carcharodontosauridi distinti.

In particolare: 

1) questo esemplare ha la superficie laterale immediatamente sopra gli alveoli ornamentata da rugosità, mentre in C. saharicus la medesima area è liscia (le rugosità si estendono più dorsalmente ma non a ridosso degli alveoli).

2) questo esemplare ha una serie di fosse ovali che ricoprono la superficie laterale, mentre in C. saharicus abbiamo solo solchi orientati verticalmente.

3) questo esemplare ha il margine ventrale solo lievemente ondulato, mentre in C. saharicus il margine ventrale è sinusoidale a livello di ogni alveolo.

4) questo esemplare ha la superficie laterale uniformemente piatta, mentre in C. saharicus la superficie laterale è rigonfia in corrispondenza di ciascuna camera alveolare.

Questi elementi implicano che l'esemplare da noi descritto non appartiene a Carcharodontosaurus saharicus, invalidando l'ipotesi di Ibrahim et al. (2020) che tutto il materiale carcharodontosauride dal Kem Kem sia attribuibile a C. saharicus.

Confronto tra la superficie subcutanea del mascellare in Carcharodontosaurus iguidensis (fonte) (A) dal Cenomaniano del Niger, il frammento di mascellare dal Kem Kem descritto da Paterna e Cau (2022) (B) e il mascellare nel neotipo di Carcharodontosaurus saharicus anche esso dal Kem Kem (C, foto di C. Hendrickx, che ringrazio per l'utilizzo, immagine speculare per uniformare il confronto). Tutti mostrati alla stessa scala. Notare che i tre esemplari differiscono nel tipo di ornamentazione, nell'estensione dei forami neurovascolari e nella forma del margine ventrale. L'esemplare (B) dimostra la presenza di un secondo carcharodontosauride nei letti del Kem Kem, distinto da C. saharicus.


L'articolo è stato anche l'occasione per dimostrare in modo rigoroso perché il frontale che costituisce l'olotipo di Sauroniops sia distinto dai frontali di Carcharodontosaurus, abbia dimensioni comparabili (persino maggiori!) di quelle di Carcharodontosaurus saharicus, e non sia un esemplare immaturo di C. saharicus. Ibrahim et al. (2020) hanno sostenuto che il frontale di Sauroniops sia un esemplare immaturo di Carcharodontosaurus, lungo circa il 60% di quello del neotipo di C. saharicus. Nel nostro studio (Paterna e Cau 2022) dimostriamo che il metodo usato da Ibrahim et al. (2020) per stimare le dimensioni di Sauroniops non è accurato: applicando quello stesso metodo, abbiamo calcolato a posteriori il cranio di Meraxes (che è lungo circa 127 cm) ottenendo un valore che sottostima significativamente le sue dimensioni reali. Inoltre, se si confrontano tutte le misure omologhe tra i frontali carcharodontosauridi, il frontale di Sauroniops rientra nel range di dimensioni di quello neotipico di C. saharicus e di quello olotipico di Giganotosaurus carolinii. Inoltre, Sauroniops ha caratteristiche che non ricadono dentro la variabilità dei frontali riferiti a Carcharodontosaurus, né che sono riconducibili a diversi stadi di crescita del medesimo taxon. 

Pertanto, non ci sono motivi validi per considerare il frontale di Sauroniops un esemplare immaturo di C. saharicus. Il cranio del neotipo di C. saharicus è stato stimato lungo tra 140 e 160 cm, mentre quello dell'olotipo di Giganotosaurus carolinii è risultato intorno a 159-169 cm (entrambe le stime basate sul metodo seguito da Canale et al. 2022). Pertanto, è plausibile stimare la lunghezza del cranio di Sauroniops in quel medesimo range. Misure più accurate sono, ovviamente, del tutto speculative dato il materiale a disposizione.  

Per la gioia di grandi e piccini, le immancabili silhouette scalate sulla base di confronti tra un singolo osso! (Silhouette basate su disegno di M. Auditore).


Purtroppo, in base ai dati attuali, non è possibile stabilire se il mascellare che abbiamo descritto nel nuovo studio appartenga a Sauroniops. Nondimeno, sia il frontale di Sauroniops che il nuovo frammento mascellare dimostrano che sia a livello di ossa mascellari che di ossa frontali, nel Kem Kem abbiamo due distinti morfotipi di carcharodontosauride, avvalorando l'ipotesi che in queste associazioni siano presenti più taxa distinti. Questa diversità di specie è analoga a quanto osservato nelle contemporanee associazioni che si susseguono nel Cenomaniano della Patagonia, dove sono presenti almeno due taxa differenziabili per caratteristiche simili a quelle che distinguono i vari taxa nordafricani (ad esempio, Mapusaurus e Meraxes dalla Formazione Huincul).

Un nuovo episodio del podcast è dedicato alla storia dei resti di Carcharodontosaurus ed a questa nuova pubblicazione.

Ringrazio Alessandro Paterna per avermi invitato a studiare questo materiale. Ringrazio S. Brusatte, J. Canale e C. Hendrickx per averci inviato fotografie di alcuni esemplari citati nello studio.


Bibliografia: 

Canale JI, Apesteguía S, Gallina PA, Mitchell J, Smith ND, Cullen TM, Shinya A, Haluza A, Gianechini FA, Macovicky PJ. 2022. New giant carnivorous dinosaur reveals convergent evolutionary trends in theropod arm reduction. Current Biology 32(14): 3195-3202.

Ibrahim N, Sereno C, Varricchio DJ, Martill DM, Dutheil DB, Unwin DM, Baidder L, Larsson HCE, Zouhri S, Kaoukaya A. 2020. Geology and paleontology of the Upper Cretaceous Kem Kem Group of eastern Morocco. ZooKeys. 928:1-216.

Paterna A. & Cau A. 2022. New giant theropod material from the Kem Kem Compound Assemblage (Morocco) with implications on the diversity of the mid-Cretaceous carcharodontosaurids from North Africa. Historical Biology DOI: 10.1080/08912963.2022.2131406.

04 ottobre 2022

30 settembre 2022

Il mistero delle paleontologhe perdute

 



Dopo tanti anni, abbiamo finalmente una risposta alla domanda su chi siano le due donne in questa celebre e mitica foto scattata mezzo secolo fa. Tutti i dettagli nel nuovo episodio del podcast di Theropoda.

Ringrazio Daniel Madzia per aver dato il contributo chiave a questa piccola indagine.

08 settembre 2022

05 settembre 2022

Elemgasem nubilus (Baiano et al. 2022) - Parte 1

In un post recente, ho elencato le 19 specie di dinosauri mesozoici battezzate da autori italiani (non soltanto le specie italiane, ma anche quelle scoperte altrove purché comunque aventi tra gli autori dei paleontologi italiani). Nel post, alludevo ad una ventesima specie che a breve si sarebbe aggiunta alla lista, dato che ero a conoscenza di un nuovo taxon, in fase di pubblicazione. A quella nuova specie, che esce ufficialmente oggi, è dedicato questo post e un podcast futuro.

La documentazione fossile di Abelisauridae è particolarmente ricca in America Meridionale, con la maggioranza dei resti provenienti da livelli del Cretacico Superiore in Brasile, ma, soprattutto, Argentina. Tuttavia, pur nella sua ricchezza relativa, anche la documentazione tardo-cretacica sudamericana è disomogenea. Abbiamo una discreta conoscenza della primissima età del Cretacico Superiore (Cenomaniano) ed una buona documentazione per la seconda metà dell'epoca (Santoniano-Maastrichtiano), mentre la parte intermedia (Turoniano-Coniaciano) è priva di resti noti. Questa lacuna è colmata ora da un nuovo abelisauride, dalla Formazione Portezuelo, descritto da Baiano et al. (2022) e battezzato Elemgasem nubilus. Lo studio ha come autori, oltre a Mattia Baiano, anche Flavio Bellardini, e vari colleghi argentini, e quindi si aggiunge alla ormai dignitosa lista dei dinosauri aventi autori italiani come istitutori del taxon.

Elemgasem prende il nome dalla mitologia della zona di ritrovamento del fossile. L'esemplare fu scoperto nel 2002 e custodito nella collezione del Museo di Plaza Huincul, dove di recente Mattia ha svolto parte della sua tesi di dottorato incentrata sugli abelisauroidi. L'esemplare comprende resti associati disarticolari e in parte completi di un theropode di medie dimensioni, la cui età individuale è stimata istologicamente essere prossima alla maturità. I resti comprendono principalmente resti delle vertebre caudali e degli arti posteriori. Pur frammentario, Elemgasem nubilus mostra numerose sinapomorfie degli abelisauroidi e degli abelisauridi, nonché una peculiare combinazione di caratteri che ne sancisce la validità.

Confronto tra un ceratosauro basale basso-giurassico ed uno derivato alto-cretacico. Mappa degli elementi preservati in rosso - (c) M. Auditore e Abel German Montes [l'immagine a destra è chiaramente un omaggio alla analoga ricostruzione di Saltriovenator realizzata da Auditore]


Nel podcast dedicato, avremo modo di parlare di dettagli più "personali" e diretti dello studio di questo fossile.

Bibliografia:

Baiano, MA, Pol D, Bellardini F, Windholz GJ, Cerda IA, Garrido AC, Coria RA. 2022. Elemgasem nubilus: a new brachyrostran abelisaurid (Theropoda, Ceratosauria) from the Portezuelo Formation (Upper Cretaceous) of Patagonia, Argentina. Papers in Palaeontology e1462.


28 agosto 2022

Cliché e stereotipi nei dinosauri in video

 

Fotogramma da "The Valley of Gwangi" (1969)

Nuovo episodio del podcast dedicato a come i dinosauri sono rappresentati nei video.

09 agosto 2022

Labbra sì, labbra no, labbra bum nei theropodi


(c)Wikipedia

Pillola di paleontologia che discute di se e come dedurre le parti non fossilizzate della regione boccale nei dinosauri predatori.

Podcast.

Su YouTube.

RIFONDAZIONE MESOZOICA: Theropoda Blog scende in campo!



RIFONDAZIONE MESOZOICA

Per un Nuovo Miracolo Triassico


Manifesto


Appare evidente che il Modello Mammaliano fondato sul Dente da Latte, fanaticamente ispirato da neocortecce consumistiche e succube di strategie riproduttive individualistiche e smidollate è stato un fallimento. Appare evidente che la frammentazione geografica, l'esaltazione dell'orogenesi e il feticcio delle calotte polari è stato un fallimento. Appare evidente che i mammiferi non sanno gestire le grandi dimensioni corporee, e che questo produce inquinamento, distruzione degli ecosistemi e crisi biotiche.

Quando i Dinosauri (che Dio li abbia in gloria!) dominavano la Terra, tutto andava bene!

Il Modello Dinosauriano è stato la più perfetta forma di Governo dell'Intero Fanerozoico. Esso ha portato a 160 milioni di anni ininterrotti di benessere, prosperità e felicità. Negare questa evidenza è stato il primo obiettivo dello sciovinismo mammaliano per tutto il Grande Errore chiamato “post-Mesozoico”.

Il Programma di Rifondazione Mesozoica è di Abbattere il Regime Mammaliano, per Tornare al Mesozoico, tramite la Vera Lotta di Classe, che riporti alla Dittatura Illuminata della Classe Reptilia sopra le classi inferiori.


Il Nostro Programma


1- Richiudere l'Oceano Atlantico.

L'Apertura dell'Atlantico fu un errore che portò alla Crisi di fine Triassico. La frammentazione geografica produce finti particolarismi, crea la contrapposizione tra Est ed Ovest, alimenta le degenerazioni laramidiane (anche dette, “americanate”), instilla l'assurdo razzismo del nord, laurasiatico, che si crede migliore del suo fratello gondwaniano. Tornare alla Unità di Tutta la Terra, tornare a Pangea, questo è il nostro primo obiettivo. Perché nel Mesozoico tutti eravamo figli della Terra e nessuno si sentiva straniero in patria, né migliore del proprio fratello.


2- Portare la concentrazione atmosferica della CO2 ai massimi fanerozoici e quella dell'O2 ai minimi.

Troppo ossigeno rende i mammiferi spavaldi e arroganti, li illude di saper respirare, e quindi di saper usare il cervello. Abbattere la quota di ossigeno nell'aria è quindi una soluzione salutare che non compromette, bensì favorisce, il dominio dei Dinosauri (che Dio li abbia in gloria!).

L'idea che l'aumento della CO2 atmosferica sia un problema è una menzogna creata della propaganda mammaliana. Noi di Rifondazione Mesozoica invece riteniamo che la miserrima risalita della CO2 antropogenica sia un primo passo verso l'attivazione di Grandi Provincie Magmatiche, per ripristinare la temperatura ideale avuta nel Cenomaniano.


3- Abolire qualsiasi mammifero con massa adulta maggiore di 20 kg.

Aver illuso i mammiferi di poter prendere il posto dei Grandi Dinosauri. Ecco, il peccato originale del post-Mesozoico. I mammiferi sono bravi alle loro dimensioni modali, quelle del topo. Ma quando crescono sono effimeri geologicamente e disastrosi ecologicamente. Lasciate il gigantismo e la gloria a chi la merita. Graviportali eleganti ed al tempo stesso eco-sostenibili, i Dinosauri (che Dio li abbia in gloria!) sono gli unici attori credibili nel Palcoscenico della Grande Storia.


4- Rendere la paleontologia religione di stato.

La Paleontologia insegna la pace perché riporta il presente, il contingente, la miserabile scadenza elettorale, la effimera legislatura, alla sua scala effettiva di non-valore. La Paleontologia insegna l'umiltà del singolo rispetto al Tempo Profondo. La Paleontologia insegna a rispettare gli antenati. La Paleontologia non alimenta i fanatismi, ma sprona tutti a passare più tempo all'aria aperta, o a sviluppare cladogrammi.


5- Potenziare il programma di difesa spaziale.

Eliminare il rischio di impatti con asteroidi, questa è la nostra priorità nell'esplorazione spaziale. Marte è uno stupido feticcio inutile dei mammiferi. Polverizzare gli asteroidi, ecco il vero obiettivo dell'andare nello spazio. Noi pensiamo al futuro dei vostri figli.


6. Tassazione equa fondata sul piano riproduttivo.

Se produci un solo figlio che poi sfami per 20 anni, allora devi pagare più tasse, perché sei una zavorra per gli altri. Se invece produci 20 figli all'anno che immetti direttamente nel mercato del lavoro, per portare nuova carne da cannone, allora ricevi agevolazioni fiscali. La strategia K è il primo passo verso il collasso della biosfera. Sii eco-sostenibile, produci prole precoce. Sii r-orientato.


Abbiamo già un nostro inno ufficiale.