Non è facile liberarsi dai propri pregiudizi. L'antropocentrismo sarà sempre un'ombra calata inconsciamente sulla paleontologia. Persino in ambiti apparentemente lontani dall'essere umano come i dinosauri (come ho scritto più volte, l'alone mitologico che pervade la dinosaurologia sarà sempre una copertura fumosa in cui annidare noi stessi). Dato che l'uomo è e resta "la misura di tutte le cose" (nel senso che la misurazione è l'atto umano di valutare le cose), il corpo umano persiste come misura di tutti i corpi. Prendiamo ad esempio la coda. L'uomo, in quanto scimmia antropoide, ha una coda ridottissima e vestigiale. La nostra coda non è mobile, né funzionante (ma, anche se non viene mai detto, ha evoluto una funzione di supporto per la muscolatura posteriore della zona addominale). La nostra coda, di fatto, non serve a niente di attivo e palese. Nessuno di noi sente la mancanza della coda, e, pertanto, risulta spontaneo non dare importanza alla coda. Se noi possiamo vivere senza coda, e noi siamo la misura di tutte le cose, allora è chiaro che la coda è una parte secondaria e marginale del corpo. Inconsciamente, applichiamo questa analogia anche negli altri animali, e tendiamo a ritenere la coda una "appendice". Anche se ammettiamo che in alcuni animali la coda possa servire (ad esempio, nel nuoto), essa è, in generale, considerata come organo "accessorio", non necessario. Qualche animale bizzarro può anche averla trasformata in un'arma (vedi stegosauri e ankylosauridi), ma essi sono casi estremi, bizzarrie eterodosse della norma. In fondo, noi dimostriamo che si può vivere bene senza coda.
In realtà, siamo noi ad essere le creature bizzarre.
In realtà, siamo noi ad essere le creature bizzarre.
La maggioranza dei mammiferi ha una coda funzionante, sebbene spesso poco mobile se confrontata agli altri vertebrati. Tuttavia, siamo noi mammiferi ad essere anomali, dato che lo sviluppo di una coda muscolosa è uno dei caratteri chiave dell'origine dei vertebrati. Anche gli uccelli, come noi ominoidi, hanno ridotto estremamente la coda. Tuttavia, essa conserva una grande importanza come organo stabilizzatore durante il volo. Tornando ai dinosauri, la nostra partigiana sottovalutazione della coda si manifesta palesemente nella paleoarte: se notate, le code dei dinosauri sono sempre dettagli secondari delle rappresentazioni (a parte il solito stegosauro che colpisce un theropode), e, sopratutto, tendono ad essere rappresentate come semplici estensioni del corpo dell'animale: delle appendici in forma e sostanza. Eppure, questa visione è scorretta e fuorviante. In più occasioni ho fatto notare ai miei amici paleoartisti che la coda nei dinosauri deve sempre essere rappresentata come una struttura in stretta continuità muscolare con la zampa posteriore. A differenza dei mammiferi (pessimi analoghi per queste rappresentazioni), la muscolatura della coda è parte fondamentale di un unico sistema muscolare che collega il bacino e la parte prossimale della gamba (la coscia "vera"). Tale connessione stretta è dovuta prettamente (ma non solo) ai muscoli caudofemorali, che collegano femore, parte posteroventrale del bacino e la zona lateroventrale di buona parte della coda. I caudofemorali sono tra i muscoli più importanti del corpo dei rettili (a maggior ragione nei bipedi) perché essi sono i principali retrattori della gamba, ovvero, sono la fonte della spinta che genera il movimento. Eppure, proprio per via del pregiudizio antropomorfico-mammaliano, questa importantissima area della muscolatura dei dinosauri è spesso sottovalutata e mal rappresentata nella paleoarte. Se guardate una serie di ricostruzioni di dinosauri, noterete che spesso la coda è ritratta come una estensione amorfa del corpo, scarsamente muscolosa e poco dinamica. Eppure, è dalla coda che partono i fasci muscolari che muovono la gamba, e quindi l'intero animale.
Ma, effettivamente, quanto era muscolosa la coda nei theropodi, e quanto incideva sulla capacità locomotoria? In un recente studio, Persons e Currie (2010) hanno analizzato le code di vari rettili attuali, dissezionando la muscolatura e valutando la sua distribuzione in rapporto alle vertebre caudali. Applicando i risultati agli scheletri di theropodi con code molto conservate, lo studio mostra chiaramente che la muscolatura caudofemorale è stata ampiamente sottostimata nelle ricostruzioni, sia biomeccaniche che paleoartistiche. Ciò ha grandi conseguenze, non solo dal punto di vista iconografico. Ad esempio, le precedenti stime sulle forza locomotorie (e quindi, sulle performance dinamiche) di Tyrannosaurus risultano sottostime dell'effettiva potenza muscolare di questi animali. Lo studio ha mostrato come la massa caudofemorale nei tyrannosauridi aumenti in proporzione alla dimensione dell'animale: ciò, ovviamente, per compensare il fatto che la forza muscolare (che aumenta col quadrato della dimensione) deve "stare al passo" con l'aumento del peso (che aumenta con il cubo della dimensione). Questo non implica automaticamente che Tyrannosaurus adulto fosse uno scattista, (sicuramente, esso era meno agile dei suoi parenti di taglia minore o delle sue fasi giovanili), ma nondimeno alza le capacità cursorie stimate per questo animale rispetto a simulazioni locomotorie eccessivamente statiche o graviportali (basate su stime della muscolatura caudale meno sviluppata).
Ma, effettivamente, quanto era muscolosa la coda nei theropodi, e quanto incideva sulla capacità locomotoria? In un recente studio, Persons e Currie (2010) hanno analizzato le code di vari rettili attuali, dissezionando la muscolatura e valutando la sua distribuzione in rapporto alle vertebre caudali. Applicando i risultati agli scheletri di theropodi con code molto conservate, lo studio mostra chiaramente che la muscolatura caudofemorale è stata ampiamente sottostimata nelle ricostruzioni, sia biomeccaniche che paleoartistiche. Ciò ha grandi conseguenze, non solo dal punto di vista iconografico. Ad esempio, le precedenti stime sulle forza locomotorie (e quindi, sulle performance dinamiche) di Tyrannosaurus risultano sottostime dell'effettiva potenza muscolare di questi animali. Lo studio ha mostrato come la massa caudofemorale nei tyrannosauridi aumenti in proporzione alla dimensione dell'animale: ciò, ovviamente, per compensare il fatto che la forza muscolare (che aumenta col quadrato della dimensione) deve "stare al passo" con l'aumento del peso (che aumenta con il cubo della dimensione). Questo non implica automaticamente che Tyrannosaurus adulto fosse uno scattista, (sicuramente, esso era meno agile dei suoi parenti di taglia minore o delle sue fasi giovanili), ma nondimeno alza le capacità cursorie stimate per questo animale rispetto a simulazioni locomotorie eccessivamente statiche o graviportali (basate su stime della muscolatura caudale meno sviluppata).
Pertanto, consiglio agli amici paleoartisti che stanno leggendo di rivalutare le loro ricostruzioni delle code dei dinosauri (esclusi i maniraptori prossimi agli uccelli, che tendono ad una riduzione della coda ed hanno evoluto una maggiore mobilità a livello del ginocchio), e sempre, ovviamente, di basarsi sulla consulenza di fonti scientifiche (o dei loro amici studiosi).
Ringrazio Scott Persons per avermi inviato una copia del suo studio.
Bibliografia:
Persons WS, Currie PJ. 2010. The Tail of Tyrannosaurus: Reassessing the Size and Locomotive Importance of the M. caudofemoralis in Non-Avian Theropods. The Anatomical Record: Advances in Integrative Anatomy and Evolutionary Biology, 294: 119-131; DOI: 10.1002/ar.21290.
Arrrggghhhh, il caudifemorale...! Che ossessione! Ricordo che fu la prima cosa che Simone Maganuco mi fece notare il giorno che ci conoscemmo mentre gli mostravo le mie tavole. Da allora mi ha sempre martellato finchè il chiodo non si è conficcato nella mia testa. Ed effettivamente, partendo da autodidatta, senza aver mai studiato prima l'anatomia dei dinosauri, nelle inquadrature posteriori degli animali, la zampa la rappresentavo come quelle dei modellini giocattolo, attaccata al fianco e non parte strettamente connessa alla base della coda.
RispondiEliminaDavide Bonadonna
Ciao Andrea, come stai?
RispondiEliminaHo letto il tuo articolo relativo alla coda di Tyrannosaurus che ho trovato molto interessante, anche perché riguarda le ricostruzioni di questi splendidi animali.
In pratica, il movimento della coda segue sempre il movimento delle zampe posteriori e già era stata preziosa la tua lezione sul muscolo che “collega la zampa posteriore alla coda” e che non viene quasi mai rappresentato dai paleoartisti.
Mi piacerebbe poterti fare alcune domande al riguardo, per potere acquisire una maggiore consapevolezza e sicurezza nella ricostruzione della coda nelle mie prossime tavole.
Noto che la coda ricostruita da Hartman nell’ illustrazione all’ articolo, è tenuta molto alta, ma il Tyrannosaurus è rappresentato in corsa o comunque in movimento. Si tratta di una postura assunta solo durante la corsa e la camminata o anche a riposo? La situazione degli Ornithopodi bipedi potrebbe essere simile o avendo le ossa del bacino conformate in modo differente , mantengono anche in corsa la classica coda orizzontale?
Poi, una consulenza che riguarda la mia ricostruzione dei Deinonychus ( per una maggiore sicurezza): le loro code le devo modificare alla luce di questo nuovo studio perchè hanno code lunghe e non ridotte , o essendo già prossimi agli uccelli vanno già bene come le avevo fatte?
Ciao,
Loana.
Davide, ti sei associato a gente pericolosa ;-)
RispondiEliminaCiao Loana, sarebbe più giusto dire (e immaginare) che è la coscia a seguire la coda: ricorda, i muscoli attaccati ai lati della coda "tirano" indietro la coscia.
La tavola di Hartman è in posa molto dinamica, ed è usata apposta per illustrare nell'articolo lo spessore della coda. Penso che quella sia la massima inclinazione verso l'alto possibile per la coda, e penso che anche da fermo potesse essere sollevata così (ovviamente, con le dovute posture del resto del corpo, per mantenere l'equilibrio da fermo).
La coda degli ornithopodi è irrigidita lateralmente da tendini ossificati, inoltre può avere spine neurali alte: penso che tenda a restare più orizzontale.
Deinonychus puoi mantenerlo come mi hai mostrato: la zona muscolosa della coda è solo il primo 30% della lunghezza. Inoltre, in vita aveva il piumaggio, quindi non penso si vedesse molto la forma della muscolatura.
Grazie Andrea!
RispondiEliminaCiao,
Loana.
A proposito di paleoarte, complimenti per la nuova immagine che campeggia sopra il sito, una delle migliori di sempre....
RispondiEliminaErodoto
Quoto Erodoto, fantastica la nuova immagine.
RispondiEliminamolto interessante l'articolo! oggi ero in giro per librerie e ho notato che gli scaffali per bambini sono pieni di libri che danno in regalo modellini anatomici di tirannosauri completi di ossa, muscoli e organi interni, in uno c'erano pure le arterie! lì ti ho pensato :-D
RispondiEliminama il nuovo disegno che sta in testata che dinosauro sarebbe? non ha le zampe anteriori...
Si tratta di un Albertosaurus.
RispondiEliminaLe braccia ci sono: hai presente l'emù e il casuario? Essi hanno arti anteriori, ma sono ridotti, tenuti aderenti al corpo e coperti dal lungo piumaggio: quindi apparentemente sembrano assenti. Idem l'animale illustrato.
Quale logica usano i ricercatori per stabilire quale tipo di animale usare per ricostruire i muscoli dei dinosauri?
RispondiEliminaMi piace questa domanda! Le dedicherò un intero post prossimamente.
RispondiEliminaPer ora, accenno che il metodo di ricostruzione scientifica della muscolatura esiste, e si basa sull'unione delle due mie materie preferite: l'analisi filogenetica e l'anatomia comparata.
:-)