I theropodi giganti sono
oggetto di svariate discussioni, sopratutto online e, purtroppo,
molto spesso in contesti poco scientifici; con la conseguenza che una
domanda legittima come “quale è il più grande esemplare di
Theropoda conosciuto?” risulta automaticamente bollata come una paranoia da esagitati fallomarmocchi di qualche forum di invasati
paleopornomaniaci (sì, ho molto affetto per certi forum dove combattono e si fa combattere...).
In questo post, voglio
riscattare questa legittima curiosità e rispondere a questa domanda, in modo lucido e razionale.
Il problema principale
che si affronta con questa domanda è che nessun theropode mesozoico
può essere effettivamente comparato agli altri in modo oggettivo:
per farlo, dovremmo pesare gli esemplari, così da confrontare le
loro masse, ma siccome non disponiamo di alcun esemplare vivente,
questo è impossibile. Pertanto, quello che possiamo fare è di
approssimare una comparazione diretta usando un criterio oggettivo e
ripetibile che sia testabile sui nostri fossili. Questo significa
che, a differenza di quanto facciano i più o meno invasati
online, non possiamo usare le ricostruzioni scheletriche per
confrontare i vari esemplari. Ogni ricostruzione scheletrica è, per
definizione, una ri-costruzione, ovvero una costruzione a posteriori
basata su una serie molto vaga e molto soggettiva di criteri per
completare le parti mancanti, e per dedurre la massa in vivo da
queste ricostruzioni. Siccome ogni ricostruzione è quindi fortemente
vincolata alle scelte soggettive del suo autore, è impossibile fare
una comparazione oggettiva di qualsivoglia ricostruzione scheletrica, nemmeno in quei casi in cui la ricostruzione è stata fatta sforzandosi di essere il più rigorosi possibili: è l'atto stesso di ri-costruire che invalida la possibilità di usare tale ri-costruzione come un datum comparativo (si chiama "epistemologia", cari amici delle silhouette scheletriche).
Dobbiamo quindi seguire
un approccio che non sia soggetto a interpretazioni non testabili o a soggettività troppo nebulose per poter essere falsificate.
Questo criterio è la comparazione di elementi scheletrici omologhi
disponibili dagli esemplari noti. I taxa fossili sono ossa, e quelle dobbiamo usare. Siccome stiamo cercando di
determinare l'esemplare di theropode più grande (più massivo),
dovremo scegliere un elemento osseo la cui dimensione corporea sia
regolata biomeccanicamente dalle dimensioni corporee, ovvero, un elemento dello
scheletro che svolge una funzione diretta di sostegno del peso
corporeo. Questo criterio quindi esclude di usare il cranio (la cui
forma e dimensione varia anche in funzione di fattori
non-dimensionali, come la dieta o la selezione sessuale) né l'arto
anteriore (che nei theropodi, tutti bipedi, non funge da elemento si
sostegno del peso).
Ad esempio, come ho
ampiamente dimostrato in passato, usare alcune ossa del cranio (come
il mascellare o il rostro in toto) per stimare le dimensioni di un
theropode è estremamente fuorviante, sia perché il cranio, come ho
appena scritto, varia in modo molto complesso tra i vari taxa per
ragioni non legate alla dimensione corporea, ma sopratutto perché si
osserva una ampia variabilità di dimensione per i medesimi elementi
del cranio in animali della stessa specie e di dimensioni
comparabili!
Ricapitolando, quindi,
gli elementi preferibili per confronti dimensionali tra i theropodi
sono quelli dello scheletro assiale della regione sacrale oppure quelli dell'arto
posteriore. Siccome cerchiamo un singolo elemento osseo, il candidato
migliore appartenente a quelle due regioni scheletriche è
sicuramente il femore. Tra tutte le parti dello scheletro, il femore
è infatti quello che più direttamente varia in funzione della massa
dell'animale, dato che esso è il principale osso della gamba e
quello che collega arto posteriore e bacino. Altre ossa della gamba (ad esempio, la tibia o il piede), pur avendo meriti per questo quesito che altre parti dello scheletro non hanno, sono invece più maggiormente variabili del femore per fattori non dimensionali, come l'adattamento locomotorio (dalla corsa al nuoto, dall'arrampicata allo scavo) o persino alla predazione.
Bene, una volta concluso
che il femore è l'elemento osseo che meglio descrive la dimensione
corporea di un theropode e che meglio può essere confrontato tra
esemplari e specie differenti, andiamo a cercare il più grande
esemplare di femore in Theropoda conosciuto.
L'esemplare con il più
grande femore conosciuto in Theropoda è il paratipo di Tyrannotitan
chubutensis: il femore è lungo 1410 mm (ad oggi, l'unico
theropode noto con un femore più lungo di 140 cm), e con la diafisi
che a metà lunghezza è ampia 160 mm (in direzione anteroposteriore)
e 295 mm (in direzione trasversale) (fonte: Canale et al. 2015).
Se confrontiamo il femore
di questo esemplare con quelli di altri theropodi, appare evidente
che esso sia il più grande e robusto, e quindi quello adatto a
sostenere il maggior peso corporeo.
Anche confrontando le proporzioni delle sezione trasversale della diafisi, osserviamo un progressivo aumento relativo del diametro mediolaterale all'aumentare delle dimensioni assolute. Questo trend allometrico, massimo in Tyrannotitan, è analogo a quanto osserviamo nei sauropodi all'aumentare delle dimensioni corporee.
Curiosamente, quando
online si leggono le discussioni sulle dimensioni massime nei
theropodi, la scena è dominata da Tyrannosaurus e
Spinosaurus, con qualche sporadica menzione dei due
carcharodontosauridi Carcharodontosaurus e Giganotosaurus,
mentre l'altro grande carcharodontosauride, Tyrannotitan, è
quasi mai citato. Ho mostrato in numerosi post come
Spinosaurus sia stato ampiamente sovrastimato in termini di massa
(sebbene possa ragionevolmente risultare il più lungo tra i
theropodi), e che quindi la discussione “mega-dimensionale” si
riduca a questi contendenti: Tyrannosaurus ed alcuni
Carcharodontosauridae.
Concludendo, quando si fa
un confronto oggettivo e rigoroso, come quello mostrato qui, e si
lascia da parte la tifoseria adolescenziale, non ci sono dubbi su
quale sia, ad oggi, il più grande di tutti i theropodi: il paratipo
di Tyrannotitan chubutensis.
Interessante, a sostegno
di questa conclusione, notare che l'ampiezza (diametro trasversale)
della diafisi del femore di questo esemplare sia in assoluto la
massima conosciuta tra tutti i theropodi misurati (130% di quella del
Tyrannosaurus “Sue”), e che lo stesso incremento relativo
sia presente nell'altro esemplare di Tyrannotitan
(confermando
che non è una deformazione post-mortem dell'osso, ma un carattere
genuino della specie): in analogia con il trend
osservato nei sauropodi, l'incremento relativo dell'ampiezza
trasversale del femore è difatti un esplicito adattamento
graviportale, tipico di animali super-massivi.
Biliografia:
Canale, J.I, Novas, F.E,
Pol, D. (2015) Osteology and phylogenetic relationships of
Tyrannotitan chubutensis Novas, de Valais, Vickers-Rich and
Rich, 2005 (Theropoda: Carcharodontosauridae) from the Lower
Cretaceous of Patagonia, Argentina. Historical Biology 27:1-32.