Buon Settimo Compleanno alla più utile azione futile della mia vita!
Con oltre 1500 post, con quasi un milione e mezzo di visualizzazioni da tutto il mondo, con quasi diecimila commenti pubblicati, con il posizionamento stabile tra i primi 100 blog in lingua italiana (fonte BlogItalia, dato del 25 Gennaio 2015), con un numero imprecisato di citazioni e riferimenti da parte di altri blog, siti e forum, con la creazione di una manciata di neologismi entrati nel gergo paleontologico della rete, con un centinaio di lettori fissi, e con qualche maldestro tentativo di imitazione (diffidate dalle imitazioni!), esso è, nel bene e nel male (anzi, aldilà del bene e del male) ormai una parte della mia vita.
Molto di quello che sono oggi, specialmente sul piano professionale, non sarebbe mai partito se non avessi avuto questo luogo virtuale nel quale manifestare il mio idiosincratico modo di pensare la paleontologia. Come ogni prodotto della rete, anche Theropoda (ed il suo blogger) sta antipatico a qualcuno. Ciò è inevitabile. Specialmente per chi, come me, va poco per il sottile quando si tratta di esprimere un'opinione netta e diretta.
Fortunatamente, da questo blog ho avuto molte più occasioni di incontro positivo che di scontro e divergenza. Con Theropoda ho intessuto amicizie, stabilito contatti con altri paleontologi, sono stato contattato per collaborazioni molto importanti che altrimenti mai avrei avviato, le quali, a loro volta, sono state fonte di importanti ricadute per la mia vita professionale e personale.
Mi piacerebbe sapere se, ovviamente in misura minore, questo blog è "servito" anche a qualcuno dei miei lettori, non solo come fonte di letture e curiosità.
(Rough) Translator
31 gennaio 2015
30 gennaio 2015
Billy World Bootstrapping: The phylogenetic affinities of Diabolus Rex [sic]
DISCLAIMER: Questo post
va preso sul serio nella misura in cui affronta argomenti seri.
Certe chicche sono troppo
sfiziose per non essere gustate. E condivise.
I miei informatori
dall'universo bimbominkia mi
segnalano che il fantomatico mostro di Billy World sarà un
“ibrido” ottenuto da frammenti di materiale genetico di
Carnotaurus, Giganotosaurus, Majungasaurus e
Rugops. Un cast di theropodi così simpatico (tre abelisauridi
ed un carcharodontosauride) tirato in ballo per un film troppo
pacchiano per essere rispettato... grida vendetta.
Cosa significa “ibrido”
da frammenti genetici di 4 taxa distinti? Ovviamente, nella
sospensione dell'incredulità di dimensioni anficeliche e consistenza
fragillima che occorre impostare nel proprio cervello quando si parla
di Billy World, tutto può essere lecito. Ma io vorrei proporre
un'ibridazione elegante, raffinata e, sopratutto, testabile, ovvero,
ripetibile. Nella fantascienza di serie B che è l'ambiente di Billy
World, per “ibrido genetico” si intende semplicemente un mostro
frankensteiniano assemblato senza alcun rispetto della anatomia,
della genetica e del buon gusto, mettendo insieme pezzi vari di
animali adulti come se questo complesso organismo pluricellulare
metazoo fosse formato da blocchetti LEGO(c) e non da un irreversibile
sequenza ontogenetica.
Ovviamente, l'ibrido dei
bimbominkia non soddisfa gli esteti della fantascienze colta come è
il vostro blogger e come spero siate voi. [Nota del Cautore: quanto
sono illuso...] L'ibrido che io e voi volete vedere è invece il
prodotto di un raffinato lavoro di ingegneria genetica ed
embriologica, ottenuto incanalando i processi naturali nel rispetto
delle loro complesse regole.
In breve, se volessimo
formare un ibrido tra parti di genoma di Carnotaurus,
Giganotosaurus, Majungasaurus e Rugops lo
potremmo fare solo a patto di rispettare almeno il buon senso
dell'ibridazione tra specie differenti. Tale buon senso ci dice che
un ibrido funzionante deve essere assemblato nella misura in cui i
frammenti dai differenti taxa possano, una volta assemblati, dare
ancora una creatura funzionante. Pertanto, è presumibile che
assemblando i vari frammenti, quelli filogeneticamente più affini
abbiano maggiori probabilità di produrre “qualcosa” che sia
funzionante e vitale. Il rischio di “mescolare” a caso parti di
genoma non più “coerenti” è troppo alto perché il vostro
“Diabolus” nasca sano... anzi, vada oltre il mero zigote. Ma noi
vogliamo che questo stra-fottutissimo ibrido arrivi alla taglia
adulta, quindi dobbiamo fare in modo che l'ibridazione abbia
successo. Un modo per non correre rischi sarebbe quello di assemblare
i frammenti in modo che siano il più possibile coerenti con la “base
genetica comune” tra i quattro taxa ibridati. Dopo tutto, noi non
sappiamo quanto e come i differenti genomi siano differenziati uno
dall'altro, ma abbiamo la certezza che qualora assemblassimo i
frammenti seguendo la “ricetta” che avevano prima di
differenziarsi reciprocamente, essi dovrebbero avere maggiore
speranza di funzionare come un'unità integrata. Ad esempio, invece
di mescolare a caso i quattro genomi, potremmo creare prima un ibrido
tra i due del quartetto che mostrano le maggiori affinità, poi
ibridare tale “Ibrido 1” con il terzo del quartetto con maggiore
affinità con i primi due, ed infine questo “Ibrido 2” con il
quarto taxon rimasto. La filogenetica ci dice che, quindi, per
ibridare questi quattro taxa convenga ibridare prima Carnotaurus
con Majugasaurus, per
ottenere “Majungataurus”, poi “Majungataurus” con Rugops
per ottenere “Majungataurops”, ed infine “Majungataurops” con
Giganotosaurus per
ottenere “Giganotaurops”, il quale altro non è che “Diabolus”.
Dato
che noi non disponiamo dei genomi di questi taxa, non possiamo fare
la prova. Tuttavia, io dispongo di una sorta di “fenocopia
parziale” dei genomi di questi taxa, che è Megamatrice.
Megamatrice, difatti, come qualsiasi matrice filogenetica, è una
stringa di istruzioni fenotipiche, a loro volta epifenomeni del
(perduto) materiale genetico. Se “ibridassi” le quattro stringe
mega-matriciali di Carnotaurus,
Majungasaurus, Rugops
e Giganotosaurus,
seguendo la sequenza proposta sopra, potrei ottenere una “stringa”
di istruzioni del loro ibrido, ovvero, le ipotetiche codifiche in
Megamatrice di “Diabolus”.
Per
ottenere questa stringa, ho usato una matrice ridotta di Megamatrice
con solo i 4 taxa da ibridare, ed ho chiesto a PAUP di darmi l'intera
stringa di codifiche che colloca nel nodo ancestrale di questi 4
taxa. Tale stringa può poi essere importata a sua volta in
Megamatrice per vedere quale sarebbe la sua collocazione filogenetica
più probabile.
Immesso
in Megamatrice, “Diabolus” risulta un dinosauromorfo basale
esterno al nodo “Silesauridae + Dinosauria”. Cavolo... il nuovo
dinosauro non è nemmeno un dinosauro! Ammetto che questo risultato
mi ha stupito. Insomma... da un ibrido tra 4 averostri mi sarei
aspettato una collocazione in Averostra o al massimo in Neotheropoda,
non esterna a Theropoda, Saurischia e Dinosauria! Eppure, pare che
l'ibrido sia collocabile parsimoniosamente molto lontano dai suoi
“taxa fonte”, probabilmente perché la sua combinazione di
caratteri ibridi lo rende poco “coerente” rispetto alle
combinazioni di caratteri dei suoi “taxa fonte”. In tale
posizione molto basale, Diabolus risulta avere una corposa lista di
autapomorfie locali, che sono difatti condivise con gli averostri da
cui è stato ottenuto per ibridazione: Denti premascellari a sezione
asimmetrica, fossa antorbitale ridotta anteriormente, nasale rugoso,
prefrontale escluso dal margine dell'orbita, processo suborbitale
lacrimale, recesso lacrimale, fusione fronto-parietale, cresta
nucale, contatto postorbitale-lacrimale, postorbitale rugoso,
processo suborbitale del postorbitale, epipofisi cervicali, cinque
sacrali, avambraccio relativamente corto, fossa cuppedica, piede
pubico, ecc... Nessuno dei caratteri tuttavia, di per sé ci da
indicazioni sulle dimensioni di questo animale. Dato che i
dinosauromorfi basali sono tutti relativamente piccoli, è probabile
che anche il Diabolus sia un animale lungo meno di un metro e mezzo.
Ecco
cosa accade a voler giocare ad essere Dio.
Contenti
voi...
Café Scientifique
Non potevo non menzionare la mitica spedizione polacca nel Gobi del 1965! |
Ieri sera, ho parlato di dinosauri, di paleoarte e del nostro modo di concepire il "dinosauro", in una cornice simpatica ed informale, presso il caffé La Gazzetta, a Bologna.
Non sono io che posso giudicare l'esito della serata o il valore della mia performance, ma spero che il pubblico abbia apprezzato e si sia divertito, abbia sopportato le mie pessime battute e, sopratutto, non si sia annoiato.
Ringrazio gli organizzatori del Café Scientifique, Stefano Dalla Casa, Andrea Velli, Edoardo Velli, Ilaria Rizzo e Marco Galaverni.
23 gennaio 2015
Un pensiero su Stephen Czerkas
Leggo oggi che Stephen Czerkas è morto a causa di un tumore al fegato. Figura controversa nel mondo della "dinosaurologia"; è un grande dispiacere che sia scomparso così prematuramente.
Artista specializzato nella paleoarte, scultore di ottimo livello (il suo Deinonychus di fine anni '80, qui a destra, con polsi in postura corretta e l'occhio da aviano, fa impallidire il "raptor" di Spielberg in quanto ad accuratezza), è noto per le varie ricostruzioni di cui era autore, per essere stato coinvolto nella controversa faccenda del "Archaeoraptor" e per aver recentemente proposto alcune interpretazioni di tipo BAND molto discutibili e poco sostenibili in base alle attuali conoscenze.
Lo ricordo con questo episodio, molto particolare per me.
Nel Febbraio del 1994, ero studente al liceo. Nessuno dei miei amici aveva la benché minima passione naturalistica, né paleontologica. I dinosauri erano la mia passione, ma che non potevo (ancora) condividere con nessuno. In tempi antecedenti l'avvento di Internet, avere una passione bizzarra e "secchiona" significava coltivarla in solitudine. Tutti i cari Paleo-Amici che ho oggi erano ancora un'utopia.
Come ogni anno, la classe organizzava la noiosissima giornata bianca, a sciare in Appennino (quando, a quei tempi, esisteva ancora l'inverno e la neve). Io odiavo, come oggi, la neve, e ancor meno gli sci. Invece di buttare dei soldi in una giornata inutile sulla neve, preferii usarli per qualcosa di molto più meritevole: in una libreria della mia città era da poco esposto un libro assolutamente fichissimo con illustrazioni di dinosauri assolutamente figherrime.
Dovevo avere quel libro!
E così fu. Con l'approvazione della mia ormai rassegnata madre (ancora oggi spera che mi passi questa mania dei dinosauri), saltai la giornata bianca, presi quei soldi, e corsi in libreria per avere quel libro.
Il libro era l'edizione italiana di "Dinosaurs - A Global View" di Sylvia e Stephen Czerkas, corredato da una serie notevole di opere di paleoarte di John Sibbick, Douglas Henderson e Mark Hallett. Abituato ai libri di serie B disponibili in Italia, e con ormai le mie copie dei vari libri tratti da Augusta e Burian che stavano esse stesse entrando in fase di fossilizzazione, quel nuovo libro ha rappresentato per me il primo passo verso la "modernità paleontologica". In quel libro, per la prima volta, potevo vedere l'iconografia della "Rivoluzione Dinosauriana" in tutta la sua potenza. Sebbene molte delle ipotesi e interpretazioni (spacialmente quelle filogenetiche) proposte in quel libro non siano più ritenute valide, esso rimane un momento importante della mia formazione paleontologica. Ho passato moltissime ore a leggere quel testo, a contemplare le immagini e a cercare di migliorare la mia tecnica di disegno per avvicinarmi all'arte mostrata in quel libro.
Per questo motivo, ringrazio Stephen Czerkas. Riposi in pace.
17 gennaio 2015
Spinosaurus: un torace molto lungo oppure un'ipotesi molto corta?
Il “paradosso” di Spinosaurus
sensu Ibrahim et al. (2014) deriva fondamentalmente da un singolo
fatto: il rapporto tra la lunghezza delle vertebre dorsali e la
lunghezza degli elementi del cinto pelvico e dell'arto posteriore.
Per chiarire questa frase, ho plottato le misure pubblicate da
Ibrahim et al. (2014, informazioni supplementari) relative all'ileo,
femore, tibia rispetto ai medesimi valori in altri theropodi
mesozoici (dati da Dececchi
e Larsson 2013). Un quarto valore per Spinosaurus è
impossibile da stabilire con i dati attuali, ed è stato stimato: la
lunghezza del tronco. Dececchi e Larrson (2013) definiscono il tronco
come le vertebre dorsali + le vertebre sacrali. Ibrahim et al. (2014)
pubblicano le misure di 3 dorsali (che riferiscono alla sesta,
settima e ottava dorsale: somma delle lunghezze = 52 cm) e 3 sacrali
(che riferiscono alla terza, quarta e quinta sacrale: somma delle
lunghezze = 42 cm): la somma delle lunghezze di queste vertebre è di
94 cm. Possiamo stimare la lunghezza totale del tronco in vari modi,
partendo da queste misure. Possiamo semplicemente moltiplicare la
lunghezza totale nota (94 cm) per il rapporto tra numero totale di
vertebre del tronco (15 = 10 dorsali + 5 sacrali) e numero di
vertebre preservate (6). Questa stima fornisce un tronco di 235 cm.
Oppure, possiamo raffinare la stima calcolando separatamente
lunghezze della serie dorsale e sacrale: (dorsale: 52 * 10/3 = 173.3
cm) + (42 * 5/3 = 70 cm) = 243.3 cm. Le due stime hanno uno scarto
del 3%, quindi possiamo prendere come valore finale la loro media
aritmetica: 239 cm.
Plottando questi valori rispetto agli
altri theropodi, risulta che il rapporto tibia/femore e ileo/femore
in Spinosaurus è all'interno del trend atteso, e che quindi
le proporzioni reciproche tra questi elementi sono “classiche”.
Al contrario, sia il rapporto femore/tronco che (femore +
tibia)/tronco è al di sotto del trend atteso per i theropodi.
Ovvero, Spinosaurus risulta avere un tronco più lungo di
quanto atteso da un theropode con le stesse dimensioni del bacino e
della gamba (o, in alternativa, che a parità di lunghezza del
tronco, Spinosaurus ha cinto pelvico e arto posteriore più
corti).
Come interpretare questi risultati?
Interpretazione 1: Spinosaurus
ha una morfologia aberrante che richiede qualche spiegazione
ecomorfologica ed adattativa peculiare.
Interpretazione 2: La stima della
lunghezza del tronco di Spinosaurus è scorretta per eccesso,
perché basata su un'ipotesi fallace.
Interpretazione 1 ha molti punti a suo
favore (morfologia dei denti, del rostro, arretramento delle narici,
ispessimento delle ossa lunghe, ipertrofia delle spine neurali
dorsali, ecc...), tuttavia ciò non può essere usato come argomento
a favore di una validità delle stime “aberranti”. Ovvero, il
mero fatto che Spinosaurus sia già molto bizzarro non
costituisce di per sé un motivo per cui dobbiamo ammettere ulteriori
bizzarrie e giustificarle nonostante l'assenza di dato diretto. Con
questo, non sto negando le evidenze note a favore di una
paleoecologia semiacquatica e piscivora, ma evito di usare quegli
argomenti come “prova” che l'eventuale stima della lunghezza del
dorso sia “da prendere come evidenza”. Così facendo genererei un
ragionamento circolare, per cui siccome Spinosaurus è
bizzarro in tante parti del corpo allora è bizzarro anche nella
lunghezza di una parte del corpo.
Nondimeno, prese singolarmente, le
vertebre dorsali di Spinosaurus misurate da Ibrahim et al.
(2014) sono molto lunghe quando confrontate con le ossa
appendicolari. Ciò è il motivo per cui molti gridano alla chimera.
Io assumo che questo esemplare sia genuino, e che quindi non vada
demolito bensì compreso, ed i fenomeni evolutivi che lo hanno
generato risolti. Il mero rapporto tra i due elementi, tuttavia, non
ci dice quale fenomeno noi stiamo osservando: osserviamo un theropode
con un dorso allungato oppure un theropode con arti ridotti? O,
eventualmente, entrambi i fattori?
Interpretazione 2 considera il
risultato dei plot con la lunghezza stimata del tronco come viziati
da una stima errata di quella lunghezza. Ovvero, questa seconda
interpretazione implica che la lunghezza effettiva del tronco di
Spinosaurus sia minore di quella stimata con i due metodi
sopra citati. Proviamo a seguire questo ragionamento, per vedere che
implicazioni ha.
La lunghezza del tronco è data dalla
somma delle lunghezze delle vertebre dorsali e sacrali. Il numero
totale delle vertebre sacrali si assume sia 5, come in tutti i
tetanuri non-maniraptoriformi. Ibrahim et al. (2014) non forniscono
informazioni se il numero delle vertebre sacrali sia stimato oppure
sia effettivamente ricavato dalle cicatrici delle vertebre sacrali
impresse sulla superficie mediale dell'ileo. Pertanto, potremmo
ipotizzare che Spinosaurus abbia un ridotto numero di vertebre
sacrali rispetto alla condizione primitiva di Tetanurae? Dopo tutto,
la riduzione nel numero delle vertebre sacrali è una tendenza di
molti taxa terrestri semiacquatici qualora il cinto pelvico si
riduca: se Spinosaurus avesse un cinto pelvico ridotto
potrebbe anche avere un numero ridotto di vertebre sacrali? Ad
esempio, ammettendo un sacro con 4 vertebre invece che 5, le due
stime della lunghezza del tronco passano a 214 cm e 229.3 cm (media =
221.6 cm), ovvero, un valore che sposta Spinosaurus verso la
tendenza generale dei theropodi.
Inoltre, è ragionevole assumere che la
lunghezza del dorso di Spinosaurus sia una mera estrapolazione
della lunghezza delle 3 dorsali intermedie 6, 7 ed 8? Usando Baryonyx
come riferimento (misure da Charig and Milner 1997), il valore della
lunghezza della parte dorsale del tronco per Spinosaurus usata
in queste stime è conservativa: infatti, assumendo che le 3 vertebre
misurate siano effettivamente dalla parte intermedia della colonna
dorsale, le altre vertebre dorsali hanno lunghezze subequali o
lievemente maggiori di quelle note. Ibrahim et al. (2014) non
forniscono informazioni sul criterio per cui queste tre vertebre
siano la sesta, settima ed ottava (persumo sia confrontandole con le
vertebre dei Baryonychinae per i quali siano note serie più
complete), tuttavia, è da notare che qualora invece le 3 vertebre
siano posizionate nella parte posteriore della colonna dorsale, la
lunghezza della parte dorsale deve essere ridotta anche del 10%, dato
che le ultime vertebre dorsali (usando Baryonyx come
riferimento) sono le più lunghe della serie (e quindi, usare quelle
come “media” della colonna sovrastimerebbe la lunghezza del
dorso). In tal caso, assumendo che effettivamente le vertebre dorsali
note siano della parte più posteriore del dorso, la colonna dorsale
risulta lunga 156 cm e quindi l'intero tronco 226 cm: anche in questo
caso, plottando Spinosaurus rispetto agli altri theropodi la
sua “posizione” risulterebbe meno anomala.
Interessante, infine, che se assumiamo
Spinosaurus con solo 4 sacrali (valore compatibile con
l'ipotesi di una riduzione delle dimensioni dell'ileo in un animale
semi-acquatico) e con una colonna dorsale stimata assumendo che le
dorsali note siano le più posteriori invece che le intermedie, si
ottiene una lunghezza del tronco di 212 cm. Tale valore colloca
Spinosaurus nella parte bassa del range di distribuzione
tipico dei theropodi, e, pertanto, rende la sua morfologia più
“tradizionale”.
Pertanto, è possibile che le anomalie
proporzionali del tronco di Spinosaurus, possano – almeno in
parte – essere state accentuate da una errata valutazione delle sue
vertebre (numero delle sacrali e posizione delle dorsali)?
Come sempre, non offro certezze ma solo
spunti di riflessione.
Bibliografia:
Charig, A.J.; Milner, A.C. (1997).
Baryonyx walkeri, a fish-eating dinosaur from the Wealden of
Surrey. Bulletin of the Natural History Museum, Geology Series 53:
11–70.
Ibrahim, Nizar; Sereno, Paul C.; Dal
Sasso, Cristiano; Maganuco, Simone; Fabbri, Matteo; Martill, David
M.; Zouhri, Samir; Myhrvold, Nathan; Iurino, Dawid A. (2014).
Semiaquatic adaptations in a giant predatory dinosaur. Science 345
(6204). doi:10.1126/science.1258750.
14 gennaio 2015
Linheraptor revenge
Linheraptor exquisitus è basato
su un esemplare squisitamente (pensa te...) preservato dal Cretacico
Superiore della Mongolia Interna cinese. La validità di Linheraptor
exquisitus è stata messa in discussione da Turner et al.
(2012) e Senter et al. (2012) i quali hanno interpretato questo taxon
come un sinonimo di Tsaagan mangas,
un altro Dromaeosauridae, molto simile, rinvenuto in livelli
potenzialmente coevi della Mongolia meridionale. In
Megamatrice, ho mantenuto un approccio neutrale e conservativo a
questa ipotesi tassonomica, conservando i due taxa come distinti.
Dopo tutto, dato che entrambi sono basati ognuno su un singolo
individuo, i taxa coincidono con due individui, i quali sono – per
definizione di “individuo” – necessariamente due oggetti
distinti. Il fatto che regolarmente questi due formino un clade (un
risultato di tipo sistematico) è irrilevante rispetto al nome da
dare a quel clade (un'interpretazione di tipo tassonomica): chiamare
quel nodo come “Tsaagan mangas” (con i due esemplari
quindi riferibili a individui di quella specie), oppure “Tsaagan”
(con i due esemplari riferibili alternativamente a due specie di
Tsaagan, T. mangas e T. exquisitus, oppure
entrambi alla sola specie T. mangas), oppure mantenerli
distinti a livello di genere (T. mangas e L. exquisitus),
è difatti una mera questione di nomi arbitrari da applicare a
categorie. Oltre che alla propria impostazione del genericometro,
difatti, questa interpretazione tassonomica dipende molto dalla
vostra personale concezione del fantomatico concetto di “specie
paleontologica”.
Dipanare la questione di quale sia il
confine di una specie fossile è arduo. Ovviamente, quando due
esemplari sono morfologicamente molto differenti,
(crono)stratigraficamente molto distanti, e filogeneticamente ben
separati, è abbastanza chiaro che siano riferibili a due “specie”
differenti. Tuttavia, anche questa considerazione è potenzialmente
fallace e suscettibile di essere errata. Due esemplari possono essere
molto differenti morfologicamente per motivi di variabilità
intraspecifica, dimorfismo sessuale e diverso stadio ontogenetico,
per restando nella medesima specie. Chi non conosce la metamorfosi
negli insetti potrebbe concludere che l'animale verde dalla forma di
verme che vive sul tappeto di foglie e l'animale colorato con ali
farinose che volteggia sopra i prati siano specie distinte e non
stadi di crescita della medesima specie di insetto lepidottero. Allo
stesso modo, un'anguilla rinvenuta in acque dolci e quella rinvenuta
in mezzo all'oceano potrebbero, in virtù delle differenze ambientali
e geografiche, essere classificati come specie distinte invece che
diversi stadi di sviluppo della medesima specie animale. Dato che in
paleontologia dei vertebrati è raro disporre di un campione
abbastanza ampio di esemplari per identificare stadi di crescita,
varietà geografiche o eventuali areali di distribuzione, la
questione diventa quasi irrisolvibile.
Per questo, pilatamente, tendo a
lavarmene le mani sulla tassonomia dei fossili quando non ci sono
motivi sufficientemente robusti per sostenere una tra le alternative
possibili.
Tornando a Linheraptor, Xu et
al. (2015) portano invece una ampia mole di dati a sostegno della
validità di Linheraptor rispetto a Tsaagan, grazie
alla recente preparazione dell'unico esemplare di L. exquisitus.
Almeno una sessantina di
caratteri, in buona parte a livello del cranio (T. mangas
è noto solo dal cranio e dal collo) differenzierebbero i due taxa.
In particolare, buona parte di questi caratteri ha una ampia
distribuzione e variabilità in Dromaeosauridae, argomento che
potrebbe implicare che una eventuale “fusione” di Linheraptor
e Tsaagan
implicherebbe a sua volta una altrettanto ampia fusione di specie di
dromaeosauridi che sono altresì (quasi) universalmente ritenute
distinte per motivi sia morfologici che stratigrafici.
La mia
decisione di mantenere i due taxa distinti in Megamatrice è quindi
risultata saggia.
Bibliografia:
Senter
P, Kirkland J I, DeBlieux D D et al., 2012. New dromaeosaurids
(Dinosauria: Theropoda) from the Lower Cretaceous of Utah, and the
evolution of the dromaeosaurid tail. PLoS ONE, 7: 1–21.
Turner
A H, Makovicky P J, Norell M A, 2012. A review of dromaeosaurid
systematics and paravian phylogeny. Bull Am Mus Nat Hist, 371: 1–206.
Xu et
al. (2015) The taxonomic status of the Late Cretaceous dromaeosaurid
Linheraptor exquisitus
and its implications for dromaeosaurid systematics. Vertebrata
PalAsiatica, 53: 29-62.
10 gennaio 2015
The Rise of the Tripodal Spinosaur
La “tesi quadrupede” su Spinosaurus
da parte di Ibrahim et al. (2014) è stata sicuramente la parte più
controversa della pubblicazione più controversa in theropodologia
nello scorso anno.
Mentre uno stuolo di critici ha
attaccato l'ipotesi di partenza di quello studio, ovvero l'esistenza
effettiva di uno spinosauride con quelle particolari proporzioni
scheletriche, io ho accettato la sfida che un tale animale comporta
sul piano meccanico e mi sono chiesto se sia possibile mantenere
valida quella morfologia ed al tempo stesso evitare di ricorrere
all'ipotesi quadrupede.
In un post, ho mostrato come la
morfologia della regione basicranica e cervicale di Spinosaurus
permetta una marcata elevazione del collo e della testa, in modo da
far assumere all'animale una posa “da pellicano”, e che l'enorme
sviluppo delle spine neurali dorsali possa essere un adattamento per
l'inserzione di una muscolatura epiassiale sufficientemente potente
da permettere di mantenere quella postura, la quale, a sua volta,
arretrando il baricentro potrebbe evitare di ricorrere ad una postura
quadrupede. In quell'ipotesi, non ho considerato la parte posteriore
del corpo, in particolare la coda.
Torno ora a sviluppare questa mia
soluzione all'enigma di Spinosaurus partendo da Henderson
(2014), nel quale l'autore confronta gli scheletri di Diplodocus
e Brachiosaurus per stabilire quale dei due abbia le migliori
caratteristiche per permettere una eventuale postura bipede
occasionale che utilizzi la coda come terzo punto di appoggio,
ovvero, una postura tripode.
[“Oh mio dio!!!! Un theropode
tripode? E cosa siamo... tornati al 1916?”]
Henderson (2014) mostra che Diplodocus
è un migliore candidato di Brachiosaurus alla postra tripode
perché:
- Le sue spine neurali dorso-sacrali sono più alte che nell'altro taxon, permettendo quindi una maggiore inserzione di muscolatura epiassiale.
- Lo scheletro di Diplodocus è relativamente più gracile di Brachiosaurus, in particolare a livello della parte anteriore del corpo.
- La coda di Diplodocus è più lunga di quella di Brachiosaurus, e questo permette una maggiore area per la muscolatura epiassiale della parte posteriore del corpo che funge da leva per l'elevazione ed il mantenimento della posture tripode.
Se confrontiamo Spinosaurus con
altri theropodi giganti (tyrannosauridi e allosauroidi), constatiamo
che esso presenta il carattere 1 (non occorre rimarcare lo sviluppo
delle sue spine neurali), ed il carattere 2 (ha una testa e una
gabbia toracica più stretta, quindi è relativamente più gracile a
parità di lunghezza rispetto altri taxa con crani e toraci più
voluminosi). Che dire del carattere 3? Che informazioni abbiamo sulla
coda di Spinosaurus?
Ibrahim et al. (2014) riferiscono a
Spinosaurus le bizzarre vertebre caudali precedentemente
riferite a Sigilmassasaurus. Queste vertebre caudali hanno la
caratteristica unica in Theropoda di avere spine neurali molto alte
anche a livello delle vertebre intermedie, ed espanse trasversalmente
invece che anteroposteriormente (caso unico in Dinosauria).
L'ampiezza trasversale di queste spine, combinata alla loro
lunghezza, implica un'area di inserzione dei muscoli epiassiali molto
maggiore che nella maggioranza degli altri grandi theropodi, che
tendono ad avere code meno muscolose. Ovvero, Spinosaurus
presenta anche il carattere 3 menzionato da Henderson (2014).
Inoltre, è interessante ricordare che
le vertebre dorsali di Spinosaurus abbiano ridotti archi
neurali con iposfeni poco marcati, e la condizione opistocoelica che
persiste anche nella vertebre posteriori del dorso: questa
combinazione di fattori implica una colonna dorsale meno rigida di
quella degli altri theropodi. Questa minore rigidità potrebbe
permettere una maggiore mobilità del tronco, in particolare per
consentire all'animale di cambiare postura, assumendo una semi-eretta
tripode sorretta dalla coda e dalle gambe? Interessante a questo
proposito che il femore di Spinosaurus descritto da Ibrahim et
al. (2014) sia più corto e robusto rispetto agli altri grandi
theropodi, e che il quarto trocantere femorale sia posto più
distalmente: questa combinazione di caratteri indica un femore capace
di generare maggiore potenza a scapito della velocità. Un tale
femore sarebbe capace di sopportare una maggiore sollecitazione
meccanica in fase di sollevamento per portarsi e mantenere una
postura bipede più sollevata che negli altri theropodi? A questo
proposito, è da notare che le proporzioni della gamba (femore corto
e robusto, rapporto tibia/femore relativamente maggiore rispetto a
taxa di dimensioni comperabili) ricordano proprio gli uccelli
moderni, nei quali la postura del torace è relativamente più eretta
rispetto alla tipica postura orizzontale del dorso nella maggioranza
dei theropodi.
Tutti questi fattori potrebbero
permettere quindi una postura tripode che arretri il baricentro e
quindi non richieda l'ipotesi di una postura quadrupede? Lascio la
parola ai biomeccanici...
Bibliografia:
Henderson (2014). Engineering a
Dinosaur. The Complete Dinosar, Second Edition: 637-666.
Ibrahim et al. (2014). Semiaquatic
Adaptations in a Giant Predatory Dinosaur. Science Express
doi:10.1126/science.1258750.
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