Halszkaraptor è una delle scoperte dinosaurologiche più inattese del decennio da poco concluso. Mi rendo conto che il mio commento è palesemente di parte, dato che io sono colui che ha guidato il team di paleontologi che ha studiato e interpretato questo curioso maniraptoro dalla Mongolia. Nondimeno, il grande successo mediatico della "piccola Halszka" dimostra che la frase con cui ho aperto questo post non è eccessivamente viziata dalla mia posizione "di parte".
Come tutte le scoperte inattese, che non si collocano automaticamente dentro le categorie convenzionali, anche la scoperta di un così inusuale dromaeosauride simile ad un anatide e dotato di adattamenti semi-acquatici non poteva che generare legittimi dubbi e perplessità. Di per sé, una critica motivata è benvenuta perché aiuta a perfezionare la propria ricerca.
Al contrario, una critica immotivata o inadeguata richiede una risposta commisurata, ponderata ma potente.
Nell'estate del 2018, ricevetti una email. Il suo autore, Chase Brownstein, mi informava della sua intenzione di sottomettere un articolo in cui proponeva una interpretazione alternativa per le caratteristiche di Halszkaraptor. Secondo la sua ipotesi, le caratteristiche di Halszkaraptor non sarebbero indicative di un adattamento ad una ecologia semi-acquatica, bensì rappresenterebbero una "forma di transizione" tra il modello anatomico onnivoro-erbivoro della maggioranza dei maniraptoriformi e quello iper-carnivoro dei dromaeosauridi "classici".
Nella mia email di risposta a Brownstein, espressi le mie perplessità su tale scenario, e notai che non tutte le caratteristiche che egli aveva elencato a sostegno della sua ipotesi erano presenti in Halszkaraptor. Inoltre, gli riferii che tale ipotesi "transizionale" era stata presa in considerazione anche da me e dai miei colleghi nel 2015-2016, durante lo studio di Halszkaraptor, ma che fu poi scartata dopo l'acquisizione dei dati dal sincrotrone di Grenoble, a fine 2016, in quanto essa non era in grado di spiegare tutte le caratteristiche di questo dinosauro. In breve, gli risposi, per quanto fosse intrigante, l'ipotesi "transizionale" non si poteva considerare la più plausibile spiegazione dell'intera combinazione di caratteri presenti in Halszkaraptor, in quanto essa non dava alcuna spiegazione proprio delle più bizzarre caratteristiche di Halszkaraptor, quelle che più lo distinguono dagli altri maniraptori, caratteristiche che invece collimano bene nell'ipotesi semi-acquatica.
Brownstein si ripropose comunque di scrivere un articolo, ed io non ebbi più contatti da parte sua in merito a quell'ipotesi.
Nel novembre del 2019, l'ipotesi di Brownstein fu pubblicata su Scientific Reports (Brownstein, 2019): l'articolo proponeva, in modo sostanzialmente immutato, gli argomenti della email che Brownstein mi aveva inviato l'anno prima. Dato che ero a conoscenza della sostanza di tale ipotesi, non fui particolarmente sorpreso dalla notizia in sé. Ciò che invece mi lasciò alquanto sconcertato fu, leggendo l'articolo, constatare la bassa qualità di molte delle argomentazioni presenti in quello studio. In particolare, in molti punti, Brownstein (2019) letteralmente stravolgeva il senso della parole del mio articolo del 2017, dando una rappresentazione di questo ultimo che non corrisponde affatto a ciò che potete leggere in Cau et al. (2017). In breve, Brownstein (2019) non soltanto dichiarava esplicitamente di voler criticare e smentire gli argomenti e le conclusioni del mio studio del 2017 (cosa che, di per sé, è legittima, se motivata), ma lo faceva con argomenti tanto grossolani e infondati che non poteva certo lasciarmi indifferente.
Mi rendo conto che il mio sconcerto possa apparire "parziale": dopo tutto, Brownstein (2019) è un articolo che si propone di smentire Cau et al. (2017). Quindi, direte, io la sto prendendo "sul personale" e non su un piano rigorosamente scientifico. Niente affatto. Ritengo che Brownstein abbia tutto il diritto di credere in qualsivoglia ipotesi alternativa su
Halszkaraptor. Ma una volta
pubblicata su una rivista scientifica, tale ipotesi alternativa, e gli argomenti e le prove portati a suo sostegno, sono divenuti suscettibili di essere analizzati al pari di qualsiasi altro studio presente in letteratura. Ed è proprio sulla qualità della pubblicazione, prima ancora che sull'ipotesi che vorrebbe sostenere, che nasce il mio sconcerto: l'articolo di Brownstein (2019) mi apparve subito insostenibile nel suo contenuto, nella sua metodologia, prima ancora che per la particolare ipotesi che vuole sostenere (o che vuole smentire). Le "prove", gli "argomenti" e i metodi usati dal suo autore per confutare Cau et al. (2017) mi sono subito apparsi insostenibili dal punto di vista scientifico. Prima ancora che essere discutibile in quanto critica alla mia ipotesi, tale articolo mi parve insostenibile per il modo con cui pretendeva di portare prove ed argomenti che invece - come spiego sotto - non sono né prove né argomenti.
In effetti, ancora oggi, il mio vero sconcerto è su come sia possibile che un tale articolo abbia superato la revisione paritaria su una rivista internazionale. Quello che trovo molto criticabile in questa vicenda è la scarsa qualità nella forma dell'articolo pubblicato da Scientific Reports, perché, come mostrerò qui sotto, un tale articolo presenta una così grande quantità di lacune metodologiche, grossolanità, errori bibliografici e affermazioni infondate, che si solleva una pesante ombra sulla qualità della revisione paritaria svolta da Scientific Reports su tale manoscritto.
Non è mio interesse approfondire la questione su come si sia svolta la revisione del manoscritto di Brownstein (2019): nondimeno, come mostro sotto, rimarco che un tale articolo avrebbe dovuto essere sottoposto ad una revisione molto più rigorosa di quella che, evidentemente, ha permesso alle innumerevoli lacune presenti in tale manoscritto di apparire nella versione finale pubblicata. Mi domando quanti esperti di maniraptori non-aviani mesozoici abbiano effettivamente potuto revisionare tale manoscritto. Se mai ce ne sono stati...
Alla luce delle innumerevoli pecche che io trovai sia nella forma che nella sostanza dell'articolo di Brownstein (2019), nel dicembre scorso ho inviato a PeerJ un manoscritto in cui spiego perché tale articolo e l'ipotesi che sostiene non siano accettabili. L'articolo è stato pubblicato oggi (Cau 2020).
Prima di riassumere i contenuti del mio articolo pubblicato su PeerJ, penso sia doveroso fare un altro chiarimento:
In base alle regole editoriali di PeerJ, la rivista mi avrebbe dato l'ok a sottomettere il mio manoscritto di critica a Brownstein (2019) solamente se avessi accettato che Mr. Brownstein fosse incluso tra i revisori. Ovvero, PeerJ voleva che a Brownstein fosse data la possibilità di "difendere" la sua ipotesi rispetto alla mia critica. Ho accettato tale richiesta, sia perché sono tranquillo sulla robustezza delle mie argomentazioni, ma anche per rimarcare implicitamente il fatto che a me un tale diritto (dato da PeerJ a Brownstein) non fu dato quanto Brownstein sottomise a Scientific Reports la propria critica all'ipotesi di Cau et al. (2017): né io né alcuno dei miei co-autori del lavoro del 2017 fu mai contattato da quella rivista come revisore né ci fu data la possibilità di controbattere alle innumerevoli inesattezze presenti nel manoscritto di Brownstein prima della sua pubblicazione. Non sto dicendo che tale diritto mi spettasse, ma rimarco che, in ogni caso, non mi fu concesso. Se qualcuno pensa quindi che la mia argomentazione qui sia poco professionale nei confronti di Brownstein, è bene che sappia che a Brownstein stesso è già stata data piena libertà di commentare ed eventualmente smentire le mie critiche.
Questo è il motivo per cui pubblico sul blog le mie argomentazioni contro Brownstein (2019) solo oggi, ovvero solo dopo che la mia critica è stata ampiamente letta dallo stesso Brownstein, dagli altri revisori ed infine accettata dagli editori di PeerJ. Il fatto che nonostante Brownstein abbia avuto quindi la completa possibilità di rigettare le mie motivazioni, l'articolo sia stato comunque accettato e sia pubblicato oggi mostra che, evidentemente, Brownstein non ha fornito all'editore di PeerJ motivi validi per rigettare la mia critica al suo lavoro. L'intera cronologia della revisione di Cau (2020), compresi i commenti di Brownstein, è disponibile liberamente su PeerJ: ognuno può leggerla e farsi la propria opinione sulle argomentazioni portate da me rispetto a quelle di Brownstein.
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Premascellari di Erlikosaurus (Therizinosauridae) e Halszkaraptor (Halszkaraptorinae) alla stessa scala. In rosso, l'ampiezza della cavita neurovascolare interna. La freccia nera indica l'ampiezza del ramo principale della cavità. Contrariamente a quanto dichiarato da Brownstein (2019), la sviluppo del sistema neurovascolare nei maniraptoriformi erbivori (come Erlikosaurus) non si avvicina alla condizione ipertrofica di Halszkaraptor. (Cranio e scansione del rostro di Erlikosaurus fornite da S. Lautenschlager, che ringrazio) |
Riassumendo il contenuto di Cau (2020), nell'articolo appena pubblicato, ho dimostrato che quella proposta da Brownstein (2019) non è una ipotesi valida per comprendere
Halszkaraptor, per i seguenti motivi:
1- Debolezza degli argomenti. Numerose affermazioni in Brownstein (2019) sono infondate o non sono basate su alcune evidenza scientifica pubblicata. Ho dimostrato che in Brownstein (2019) ci sono
almeno una ventina di affermazioni relative a
Halszkaraptor o ad altri theropodi che sono false o non supportate dalla stessa letteratura che egli cita a sostegno di tali dichiarazioni. Alcune illustrazioni di parti anatomiche di
Halszkaraptor sono, brutalmente, inventate.
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Un esempio della completa arbitrarietà delle immagini utilizzate da Brownstein (2019). In A), premascellare e mascellare di Halszkaraptor come illustrati da Brownstein (2019). In B), il vero fossile, come appare dalle scansioni al sincrotrone (le diverse ossa sono mostrate con colori differenti per chiarezza). La stella indica il margine premascellare della narice esterna. Le frecce verticali collegano alcune parti omologhe, per dimostrare che Brownstein (2019) ha usato l'immagine sotto (presente in Cau et al., 2017) come fonte per il suo disegno, ma che nel riprodurre tale immagine ha frainteso completamente la preservazione del fossile. Notare che in A), Brownstein (2019) illustra le due ossa destre come se fossero un unico elemento completo ed esposto in vista laterale destra. Notare che in realtà, il mascellare destro (parte celeste) è quasi completamente assente (solamente la punta anteriore, a ridosso del premascellare - viola - è preservata), e che la parte di mascellare maggiormente esposta è pertanto la superficie mediale del mascellare sinistro (parte rosa). Di conseguenza, l'immagine di Brownstein illustra una fantomatica "fossa nasoantorbitale" del mascellare destro mentre in realtà buona parte di quello che egli illustra è la superficie palatale mediale del mascellare sinistro. |
In parte delle sue affermazioni, Brownstein (2019) palesemente fraintende la letteratura, ad esempio quando sostiene che il modello di sostituzione dei denti di
Halszkataptor sia analogo a quello definito per i maniraptoriformi onnivori (in realtà, come spiego sotto, i due modelli sono antitetici). In altre parti del suo articolo, lo dico senza troppi giri di parole, Brownstein (2019) si inventa strutture anatomiche che non esistono (ad esempio, quando illustra un "mento" nella parte anteroventrale del dentale di
Halszkaraptor e lo cita come prova di un presunto stadio di transizione: come dimostrano le scansioni al sincrotrone, tale "mento" semplicemente non esiste in
Halszkataptor).
2- Non-riproducibilità delle ipotesi. L'albero filogenetico e la distribuzione dei caratteri usati da Brownstein (2019) a sostegno della sua ipotesi transizionale non possono essere ottenuti usando la matrice di dati che Brownstein (2019) stesso include come dati dalla sua analisi. La scienza si basa sulla riproducibilità delle affermazioni: lo scenario proposto da Brownstein (2019) non è riproducibile con i dati portati da Brownstein (2019), e ciò mina in modo sostanziale la sua validità scientifica.
Inoltre, Brownstein (2019) cita 5 caratteri che secondo la sua analisi collegherebbero unenlagiini e halszkaraptorini: di questi, 4 non esistono in alcun Halszkaraptorinae noto, e quindi è impossibile che possano sostenere il nodo "Unanlagiinae + Halszkaraptorinae"! Notate che questa bizzarria (assurdità?) è tale indipendentemente dal fatto che il nodo "Unanlagiinae + Halszkaraptorinae" sia valido oppure no.
3- Limiti e lacune dello scenario rispetto a quello in Cau et al. (2017). Per quanto poco esplicitato nel suo studio, Brownstein (2019) propone uno scenario evoluzionistico alternativo a quello di Cau et al. (2017): i due scenari possono quindi essere confrontati in modo analitico, in quanto fanno diverse predizioni sulla distribuzione dei caratteri anatomici in Maniraptoriformes. Nello specifico, Brownstein (2019) implicitamente sostiene che le caratteristiche anatomiche di
Halszkaraptor siano caratteri primitivi dei maniraptori onnivori, caratteri poi perduti dai "dromaeosauridi evoluti" quando si adattarono ad una ecologia ipercarnivora.
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Brownstein (2019) non porta nuovi dati relativi a Halszkaraptor, ma propone uno scenario alternativo rispetto a quello sviluppato in Cau et al. (2017). Cau et al. (2017) interpretano le numerose peculiarità di Halszkaraptor come caratteristiche di una nuova linea di dromaeosauridi (Halszkaraptorinae); Brownstein (2019) invece sostiene che le stesse novità evolutive siano comparse durante la radiazione basale dei maniraptoriformi e dei maniraptori, che tali caratteristiche siano poi rimaste in Halszkaraptor e che successivamente siano andate perdute negli altri dromaeosauridi. Ovvero, secondo tale scenario, Halszkaraptor sarebbe una "forma di transizione" tra i maniraptori basali e gli altri dromaeosauridi. L'analisi dettagliata nella distribuzione di questi caratteri conferma lo scenario di Cau et al. (2017) e smentisce Brownstein (2019): Halszkaraptor NON è una forma di transizione rispetto agli altri dromaeosauridi. |
Una analisi rigorosa dei dati filogenetici dimostra che le caratteristiche peculiari di
Halszkaraptor non compaiono lungo i rami basali di Maniraptoriformes, Maniraptora o Paraves (come sosterrebbe invece Brownstein, 2019), bensì esse compaiono in grande maggioranza lungo il ramo che porta ad
Halszkaraptor dopo che questo ramo si fu separato dal ramo che porta agli eudromaeosauri ipercarnivori (Dromaeosaurinae + Velociraptorinae). Ovvero, le caratteristiche peculiari di
Halszkaraptor non sono nè possono essere interpretate come stadi di transizione verso gli eudromaeosauri, perché tali caratteri comparvero
dopo che la linea halszkaraptorina e quella eudromaeosauriana si erano già separate. Questo risultato conferma lo scenario di Cau et al. (2017) e smentisce quello di Brownstein (2019).
4- Mancanza di analisi quantitative. Nessuna della affermazioni in Brownstein (2019) contro la validità della analisi morfometriche in Cau et al. (2017) è basata su analisi quantitative di dati: in gran parte, gli argomenti di Brownstein (2019) sono pure opinioni "qualitative". Nello specifico, Cau et al. (2017) usano due analisi morfometriche per mostrare che l'arto anteriore di Halszkaraptor si discosta nella sue caratteristiche dai maniraptori classici e che tali proporzioni siano analoghe a quelle presenti in molti rettili acquatici e negli uccelli che usano le ali per nuotare: a questi dati misurabili, quantitativi, Brownstein (2019) ha replicato solo con delle generiche affermazioni "qualitative", in alcuni casi corredate da illustrazioni molto grossolane, ma senza alcuna analisi matematica di dati: ciò non costituisce una obiezione scientificamente valida per controbattere della analisi morfometriche.
Approfittando di questo manoscritto, ho potuto aggiungere un nuovo elemento che aumenta la lista dei caratteri anatomici di Halskzaraptor che sono indicativi di uno stile di vita anfibio.
Almeno 7 caratteri nel muso e nella dentatura di Halszkaraptor sono condivisi solo con gli spinosauridi (in particolare, i baryonychini) tra i theropodi, e sono ampiamente citati in letteratura come adattamenti ad una dieta anche solo parzialmente piscivora in numerosi sauropsidi viventi e fossili.
Il muso di Halszkaraptor mostra un mix di numerosi caratteri peculiari che è presente solamente negli spinosauridi all'interno di Theropoda, e che è interpretato come un adattamento piscivoro. L'ipotesi "transizionale" di Brownstein (2019) è incapace di spiegare la presenza di questa condizione in Halszkaraptor.
Sebbene Brownstein (2019) si sforzi di minimizzare questi caratteri o di sminuirne l'importanza ecologica a sostegno di una dieta piscivora, è significativo che nessuna di queste caratteristiche bizzarre di Halszkaraptor sia presente negli altri maniraptoriformi e quindi non sia interpretabile come adattamento ad una dieta onnivora o vegetariana: pertanto, l'ipotesi "transizionale" di Brownstein (2019) non solo è incapace di spiegare la presenza di questi caratteri in Halszkaraptor, ma non spiega in quale modo questi caratteri siano apparsi in un theropode che, secondo Brownstein (2019), dovrebbe avere una ecologia intermedia tra la dieta onnivora/erbivora di therizinosauroidi, ornithomimosauri e alvarezsauroidi da un lato e quella ipercarnivora degli eudromaeosauridi dall'altro lato.
Di questi caratteri condivisi tra
Halszkaraptor e gli Spinosauridae, uno è descritto in questo nuovo articolo per la prima volta: si tratta del "pattern a festoni" della dentatura di premascellare e mascellare. Il "pattern a festoni" (zone gialle nella figura sopra) indica due "onde di crescita" presenti nella dentatura superiore, onde formate da due zone dotate di denti molto allungati (una nel premascellare ed una nella parte anteriore del mascellare) separate da una zona munita di denti ridotti (detta "gap subnariale") posta nel mezzo, in corrispondenza del passaggio dal premascellare al mascellare: questa conformazione è tipica di molti vertebrati piscivori dal muso lungo (come i coccodrilli e i pliosauri) ed è interpretato come un adattamento che migliora la presa delle mandibole su oggetti scivolosi come i pesci. In Theropoda questo pattern è presente solamente negli spinosauridi ed in
Halszkaraptor, ed è visibile in forma incipiente nei coelophysoidi. Questo carattere è un'ulteriore prova di adattamenti semi-acquatici in
Halszkaraptor, è una evidente convergenza con gli spinosauridi, e smentisce l'ipotesi di Brownstein (2019) che questo dromaeosauride fosse una forma di transizione tra una ecologia onnivora/vegetariana e quella ipercarnivora.
Infine, ho mostrato quale gruppo di vertebrati vivente oggi sia quello più simile negli adattamenti anatomici ad
Halszkaraptor: sono i "becco a sega", un tipo di uccelli anseriformi appartenenti al clade Mergini. Uno dei più diffusi è lo smergo (
Mergus spp.). Si tratta di animali semi-acquatici, nuotatori e piscivori.
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Mergus serrator (fonte: Wikipedia) |
Perché questo particolare gruppo di anseriformi è il più simile (e quindi, il miglior analogo ecologico moderno) ad
Halszkaraptor? Le prove sono nel suo scheletro.
Innanzitutto,
Halszkaraptor si distingue dagli altri paraviani mesozoici per questo mix di caratteri:
- Muso allungato, parzialmente platirostrale, munito di numerosi denti non seghettati.
- Narici arretrate, non posizionate alla punta del muso.
- Collo allungato.
- Bacino e gamba specializzati per permettere una postura a terra più "eretta" rispetto alla maggioranza degli altri maniraptori non-aviani.
- Arto anteriore con adattamenti che permettono l'uso nel nuoto.
Tra tutti gli animali moderni, gli uccelli sono - ovviamente - i più simili ai theropodi mesozoici. E tra gli uccelli moderni, il mix di caratteri che ho appena elencato sopra si osserva unicamente negli smerghi.
In particolare, i Mergini hanno un becco parzialmente platirostrale (esso non è totalmente appiattito e spatoliforme come quello di un anatra, ma lievemente tubolare, in modo analogo ad
Halszkaraptor) armato di "pseudo-denti" cornei che sono come numero e distribuzione del tutto analoghi ai denti non-seghettati di
Halszkaraptor. La analogia è veramente sconcertante!
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Cranio di Mergus con becco corneo articolato. Il dettaglio mostra gli "pseudo-denti" cornei del becco, simili nella forma e distribuzione ai denti di Halszkaraptor. Fonte. |
Inoltre, quando sono a terra, gli smerghi hanno una postura del bacino particolarmente eretta, prodotta da adattamenti muscolo-scheletrici analoghi a quelli di
Halszkaraptor.
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Scheletro di Mergus serrator |
Infine, mentre la maggioranza degli altri anseriformi nuota usando unicamente le zampe posteriori (palmate) per la propulsione, gli smerghi hanno acquisito alcuni adattamenti nell'ala che permettono loro di usare anche le braccia per nuotare. Ovvero, i Mergini sono in grado di nuotare anche grazie alla propulsione prodotta dall'arto anteriore, lo stesso adattamento che nel 2017 noi ipotizzammo per
Halszkaraptor sulla base delle sue peculiari caratteristiche nel braccio.
In breve, il mix unico di adattamenti che nel 2017 identificammo in
Halszkaraptor non è una nostra fantasia speculativa creata forzando i dati, ma invece è una soluzione biologica reale che ha un rappresentante nel mondo vivente di oggi!
Se qualcuno vuole ancora sostenere che l'ipotesi semi-acquatica per
Halszkaraptor sia troppo speculativa, allora mi spieghi come mai noi osserviamo lo stesso mix di adattamenti chiave in una specie moderna di
theropode paraviano piscivoro e nuotatore. Ovviamente, lo stile di vita di
Halszkaraptor non era identico a quello di uno smergo (ad esempio, questo ultimo è capace di volare), ma nondimeno, questo ultimo dimostra che la peculiare combinazione di adattamenti in
Halszkaraptor non è fantascienza speculativa, bensì una ipotesi scientifica valida e dotata di robuste analogie nel mondo biologico.
Concludendo, oltre ad essere stata definita in modo alquanto discutibile sul piano della forma e del metodo, l'ipotesi di Brownstein (2019) si auto-contraddice nel proporre uno scenario evolutivo non in grado di spiegare la totalità dei dati anatomici noti nei maniraptori, scenario che non spiega la maggioranza dei caratteri peculiari di Halszkaraptor, che non è capace di spiegare le innumerevoli specializzazioni anfibie o semi-acquatiche in questo fossile, analoghe a quelle in rettili e uccelli sia moderni che fossili, e che quindi non rappresenta una valida alternativa allo scenario proposto da Cau et al. (2017).
Bibliografia:
Browsntein, C.D. (2019). Halszkaraptor escuilliei and the evolution of the paravian bauplan. Scientific Reports 9:16455. https://doi.org/10.1038/s41598-019-52867-2
Cau, A. (2020). The body plan of
Halszkaraptor escuilliei (Dinosauria, Theropoda) is not a transitional form along the evolution of dromaeosaurid hypercarnivory.
PeerJ 8:e8672, 1-27.
Cau A., Beyrand V., Voeten D.F.A.E., Fernandez V., Tafforeau P., Stein K., Barsbold R., Tsogtbaatar K., Currie P.J., & Godefroit P. (2017). Synchrotron scanning reveals amphibious ecomorphology in a new clade of bird-like dinosaurs. Nature 552: 395–399.