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Sferula vetrosa da impatto inclusa in un nodulo di ambra. Da DePalma et al. 2019 |
Il geologo ed il
paleontologo sono come dei soldati addestrati per anni a perdere una
parte della sensibilità che caratterizza i cittadini comuni. La loro
pelle si indurisce e si fa coriacea, a furia di fronteggiare il
gelido vento dei milioni di anni. Se nel soldato è una questione di
sopravvivenza, per i paleontologi è un'esigenza per raffinare
l'efficienza. Porsi domande troppo raffinate su ciò che accadde nel
passato profondo è difatti controproducente per la maggioranza delle
situazioni in cui si imbatte lo studioso delle scienze della Terra.
Il senso del tempo che scorre viene progressivamente indurito, per
adattarlo alle scale dei tempi geologici: come effetto collaterale,
esso si fa grossolano, a scapito della “normale” sensibilità per
ciò che avviene nelle vite di tutti i giorni, scandite dalle ore e
dai giorni. Abituati a disilludersi verso il “tempo comune”,
addestrati a fronteggiare l'inevitabile grossolanità del “tempo
geologico”, i paleontologi restano comunque inebriati ed
affascinati da qualsiasi testimonianza fossile che, per quanto rara,
possa essere descritta “anche” con la scala cronologica del tempo
comune.
Il Tempo Geologico si
misura generalmente in milioni di anni. Sottigliezze come i secoli, o
peggio ancora, gli anni ed i giorni, sono troppo raffinate ed
indefinibili per chi abbia a che fare con rocce e fossili. Pur
consapevoli che ogni fossile è la testimonianza di una creatura che
visse, come noi, alla scala dei giorni e dei secondi, i paleontologi
tendono a rimuovere l'idea che ci sia una modo di discernere eventi
alla scala “normale” dei tempi. Non ha senso puntualizzare su
scale così brevi.
Nessun paleontologo si
pone la domanda “in che mese è iniziato il periodo Giurassico”,
perché è ben consapevole che il Giurassico non iniziò in una
giornata particolare, né in un anno particolare, che il passaggio da
un periodo al successivo fu una sommatoria di innumerevoli eventi di
durata pluri-millenaria, e che la scala stratigrafica è una
convenzione arbitraria che noi applichiamo quando parliamo di scale
temporali di più ampia portata rispetto a giorni e anni.
Ma c'è almeno una
eccezione, che oltre ad essere eccezionale è anche drammaticamente
suggestiva. Mentre la grandissima maggioranza dei limiti
stratigrafici è definita in base a fenomeni che richiedono centinaia
di migliaia di anni per svilupparsi, il passaggio dal piano
Maastrichtiano a quello Daniano è ormai universalmente riconosciuto
come definito da un evento praticamente istantaneo, un impatto tra un
corpo celeste con la Terra. Impatto di tale potenza da aver avuto
effetti globali duraturi che riconosciamo nelle rocce, effetti
talmente importanti a livello biologico da costituire la fine
dell'Era Mesozoica e l'inizio della Cenozoica.
Almeno una volta, la
Storia della Terra fu decisa in un istante. Indipendentemente dalla
effettiva dinamica e tempistica della grande estinzione di massa
della fine del Cretacico, l'impatto di Chicxulub è quindi un
rarissimo caso nella Geologia, in cui un evento chiave per la Grande
Storia planetaria fu anche un evento “percepibile” alla scala
della vita umana individuale. Non possiamo “osservare” una
glaciazione in atto, ma possiamo avere esperienza di una stella
cadente.
Fuori dalla suggestione
romantica, analizziamo la questione. Almeno in teoria, sarebbe
possibile osservare nel record paleontologico degli eventi alla scala
della vita tradizionale (che si svolgono in ore o giorni) legati a
quell'impatto, ma che al tempo stesso siano collocabili con
precisione straordinaria dentro le scale del tempo geologico. Per
chiunque abbia dimestichezza con le logiche della stratigrafia,
l'impatto di Chicxulub è quindi qualcosa di straordinariamente
affascinante, anche a prescindere dal suo ruolo nella fine del mondo
dei dinosauri.
Fino ad alcuni giorni fa,
tutto questo discorso era puramente teorico. Ma ora, dopo che per
alcuni giorni è circolata la notizia sotto varie forme, uno studio
appena pubblicato su PNAS (DePalma et al. 2019) descrive un
eccezionale sito fossilifero dal North Dakota, Tanis, databile senza alcun
dubbio esattamente al momento dell'impatto di Chicxulub. E quando
dico “esattamente al momento dell'impatto di Chicxulub” mi
riferisco letteralmente al giorno in cui avvenne quell'impatto.
Nessuno, prima di oggi, aveva potuto documentare la vita (e la morte)
di organismi fossili e collocarla esattamente in un istante del tempo
geologico così importante nella storia del nostro pianeta.
Per apprezzare questo
studio, occorre quindi descrivere alcuni elementi del sito di Tanis.
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Il sito di Tanis (fonte: BBC). |
Tanis documenta una
successione stratigrafica continentale nella Formazione Hell Creek.
La parte bassa del sito contiene una successione fluviale “tipica”
di questa formazione. In particolare è possibile identificare la
direzione principale del corso fluviale, che ha scavato il
sottostante deposito della formazione, diretta verso est.
Immediatamente sopra questi depositi fluviali, giace un evento di
deposizione il cui flusso è rivolto in direzione opposta a quello
del deposito sottostante, e che contiene elementi sia terrestri
(pesci d'acqua dolce, resti di vegetazione terrestre) che marini
(frammenti di ammoniti, denti di squali e mosasauri). Questo evento
di deposizione è chiaramente rapido ed improvviso, data la
mescolanza di elementi sia marini che fluviali, e per l'orientazione
preferenziale dei resti animali e vegetali lungo la direzione della
corrente, che implica una rapida inondazione dell'entroterra da parte
di acque marine. La preservazione dei pesci e dei resti vegetali è
eccezionale, e indica una ridotta azione dei decompositori.
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A, Accumulo di storioni completi ed articolati, tutti orientati dal flusso della corrente. In B, stessa immagine di A, con i singoli pesci indicati con colori differenti. (Da DePalma et al. 2019). |
L'elemento più notevole di questo evento di deposizione è la
presenza nel sedimento (e persino all'interno dei corpi dei pesci) di
numerosi indicatori di un impatto con un corpo extraterrestre: in
particolare, microsferule vetrose prodotte dalla fusione e rapida
ri-solidificazione in forma vetrosa della roccia. Questo evento di
deposizione è poi ricoperto dal noto livello del limite K-Pg,
caratterizzato dalla deposizione del detrito pulviscolare ricco in
metalli pesanti della famiglia del platino, tra cui l'iridio. Sopra
questo livello, abbiamo infine un livello ricco in spore di felce, ma
relativamente povero in termini di biodiversità. Se la base del sito
contiene quindi associazioni fossili tipicamente tardo-Maastrichtiane,
nella parte alta abbiamo la primissima associazione del Daniano, l'inizio del Cenozoico.
A parte questa
eccezionale documentazione relativa dei vari passaggi a ridosso del
limite K-Pg, a Tanis siamo in grado di stabilire con enorme
precisione la cronologia degli eventi documentati.
L'età geologica assoluta
e la composizione delle microsferule coincide con quella dei
materiali vetrosi eiettati dall'impatto di Chicxulub: possiamo quindi
correlare il tetto del sito con il famoso livello limite conosciuto
in tutto il mondo. Ma c'è un elemento in più rispetto a tutti i
siti studiati in precedenza. Tanis è un deposito prodotto da una
rapida inondazione di acque marine nell'entroterra, e questo
restringe l'evento alla scala delle ore entro cui una simile
inondazione si genera e conclude. Inoltre, la presenza delle sferule
esclusivamente dentro l'evento di deposizione ma né al
disotto né nel tetto ricco di iridio, riduce il tempo di formazione
di quel livello a poche ore dopo l'impatto! Perché? Le sferule sono il prodotto
immediato dell'impatto: la liquefazione istantanea di miliardi di
tonnellate di fondale marino nel Golfo del Messico sotto le altissime
temperature prodotta dalla collisione del bolide con la Terra.
Scagliate oltre l'atmosfera dalla colossale esplosione seguita
all'impatto, le microscopiche gocce di roccia fusa si sono
rapidamente ri-solidificate, trasformandosi in sferule di vetro che
sono poi ricadute sulla Terra, con una rapidità legata alla
traiettoria con cui sono state eiettate, ma anche alla massa delle
singole gocce. Alcune sferule preservate nel sedimento devono aver
colpito il basso fondale con estrema energia, producendo delle
caratteristiche tracce di penetrazione che deformarono la
sedimentazione: questo dimostra che non furono trasportate della
acque, ma che caddero dal cielo come proiettili. II principi della
dinamica indicano che la ricaduta delle sferule segue traiettorie di
tipo balistico, e deve essersi esaurita nel giro di alcune ore
dall'impatto. Dato che nel sito di Tanis le sferule si trovano
solamente nel livello dell'evento di inondazione, questa deve essere
avvenuta durante le prime ore immediatamente successive all'impatto.
Il sito di Tanis distava circa 3000 km dal cratere di Chicxulub. I
modelli fisici di ricaduta del materiale eiettato dall'impatto
indicano che le sferule inizierebbero a “piovere” su Tanis nel
giro di un'ora, per esaurirsi in poche ore. L'eccezionale presenza di alcune sferule "intatte" dentro noduli d'ambra formati su alcuni dei rami fossili presenti a Tanis attesta che le sferule penetrarono nella resina fresca esposta all'aria, prima che i resti vegetali fossero sommersi e sedimentati. Una volta entrate in
acqua, le sferule impiegherebbero pochi minuti al massimo per
affondare. In quell'intervallo di tempo, una parte delle sferule cadute dal cielo è
stata inghiottita dai pesci, accumulandosi nelle loro branchie. Un
dettaglio inquietante dei fossili di questi pesci è che paiono
essere morti per avvelenamento o per tetano, come appare
dall'eccessivo grado di contrazione delle loro bocce e delle pinne.
Possibile che il sedimento finissimo e le microsferule cadute dal
cielo, li abbiano intossicati mortalmente?
Il deposito fine che
forma il livello ricco di iridio inizierebbe a depositarsi comunque
dopo qualche ora rispetto al livello ricco in sferule: la completa
ricaduta del pulviscolo in atmosfera richiederebbe, a seconda dei
modelli, da alcune settimane ad alcuni mesi. La presenza e abbondanza
di questi prodotti nei diversi livelli stratigrafici di Tanis quindi
ci fornisce una misura molto precisa delle scale di tempo documentate
in questo sito.
Cosa provocò
l'esondazione che mescolò sedimenti marini e terrestri e accumulò
pesci e resti vegetali in direzione opposta a quella della corrente
fluviale? L'idea di uno tsunami provocato dall'impatto non collima
con i tempi calcolati in base alla pioggia di sferule. Uno tsunami,
per quanto potente e veloce, impiegherebbe alcune ore per raggiungere
Tanis partendo dal Golfo del Messico. Gli autori quindi propongono
una diversa causa per l'improvvisa esondazione di acque marine
nell'entroterra: le onde sismiche provocate dall'impatto. Studi sui
maremoti moderni mostrano che il livello marino può essere sollevato
drammaticamente anche da terremoti localizzati a grande distanza, se
il mare è vincolato da strette insenature. Tanis era probabilmente
prossimo al margine settentrionale dello stretto mare epicontinentale
che occupava la parte centrale del Nord America, in una posizione
favorevole a “ricevere” una esondazione anomala indotta dal
sisma. Questa onda sismica si propagherebbe molto più velocemente di
un maremoto, e raggiungerebbe Tanis entro un'ora dall'impatto: questi
tempi collimano con la ricaduta delle sferule eiettate, e quindi
spiegherebbero la presenza di queste ultime solamente in
corrispondenza del livello prodotto dalla esondazione.
Nonostante i report giornalistici
abbiano menzionato (ovviamente) i dinosauri, DePalma et al. (2019)
non descrivono alcun esemplare di dinosauro (o altri vertebrati
terrestri) che sia associato all'evento deposizionale, e che quindi
sia incluso nell'associazione di “vittime” dell'esondazione
assieme ai pesci ed ai resti vegetali. Tuttavia, gli autori
descrivono un ileo di ceratopside depositato nello stesso intervallo
stratigrafico del assemblaggio di pesci, sebbene leggermente sopra il
maggior accumulo di "vittime". L'ileo è disarticolato e con limitate
tracce di tegumento (a differenza dei pesci che sono sostanzialmente
completi ed articolari e con abbondante traccia di parti molli), ed è
quindi probabile che appartenga ad un animale che era già morto
prima dell'evento di esondazione (e quindi prima dell'impatto). Si
tratta quindi dei resti smembrati di un corpo in avanzato stato di
decomposizione, la carcassa di un dinosauro esposta all'aria da mesi, trascinata dalla corrente e depositata sopra la moria
indotta dall'esondazione. Modalità di deposizione e presenza di
tracce di tegumento suggeriscono che quei resti appartengano ad una
carcassa disseccata: non erano “ancora” resti fossilizzati (che,
in quanto roccia, sarebbero andati immediatamente a fondo qualora
trascinati dalla corrente, e non potrebbero certo depositarsi al di
sopra dei pesci e delle sferule, una volta che l'esondazione avesse
esaurito la sua energia). Nondimeno, questo esemplare attesta la presenza di dinosauri "in carne" nell'anno dell'impatto.
Anche se quel ceratopside non fu
testimone dell'ultimo giorno del Mesozoico, sicuramente visse
l'ultimo decennio dell'era dei dinosauri. In quanto più recente
resto noto di dinosauro non-aviano, e dato che attesta la presenza di
esemplari viventi nell'immediatezza (alla scala dei tempi “normali”)
dell'impatto che conclude il Mesozoico, esso costituisce la prova
diretta che i dinosauri non-aviani persistettero per tutto il
Cretacico. Dubitare che i dinosauri fossero ancora vivi al momento
dell'impatto di Chicxulub mi pare, da oggi in poi, una negazione
delle evidenze fossili.
Troveremo in futuro anche qualche
dinosauro tra le vittime effettive dell'esondazione di Tanis,
dinosauri che vissero proprio l'ultimo giorno del Mesozoico?
Voglio essere ottimista, e auspicare
che prossimamente, questo sito eccezionale ci restituirà ulteriori
prove dirette della presenza e persistenza dei dinosauri fino
all'ultimissimo giorno della loro era.
Bibliografia: