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(c) D. Henderson |
Niente si radica nelle nostre menti
quanto una visione che conferma le nostre convinzioni più viscerali.
E niente è più viscerale in noi mammiferi quanto l'amore per la
nostra mamma. Pertanto, quanto deve essere potente e inossidabile
nella mente di quei mammiferi che si appassionano allo studio dei
dinosauri l'idea che anche i dinosauri avessero delle "buone
mamme"? Sospetto che sia così potente da essere immune anche
alla contro-prova dei fatti.
Con questa provocatoria (ma non tanto
esagerata) premessa, oggi parlo di uno dei più iconici tra i
dinosauri degli anni '80, uno di quei taxa marchiati inesorabilmente
su una specifica iconografia paleoartistica, iconografia che ha così
profondamente incanalato la nostra visione recente dei dinosauri che,
ne sono sicuro, le mie parole non appariranno come una analisi
critica fondata su dati paleontologici, ma come una ingiuriosa
blasfemia iconoclastica.
Parlo di Maiasaura, un
hadrosauride soggetto ad una curiosa forma laica di devozione, il
dinosauro la cui rappresentazione iconografica sta alla paleontologia
dei vertebrati come la iconografia mariana sta al cattolicesimo.
Tutto ha inizio con Horner e Makela
(1979), che descrivono l'associazione fossile di numerosi resti di 11
individui giovanili di Hadrosauridae e frammenti di guscio, tutti
all'interno di una cavità riempita di sedimento fangoso. I resti non
sono associati ad individui adulti, tuttavia scheletri di
hadrosauridae più maturi vengono rinvenuti nella medesima località.
Le caratteristiche condivise tra esemplari giovanili e l'adulto
attestano la conspecificità, e viene istituito Maiasaura
peeblesorum.
Horner e Makela (1979) interpretano
questa associazione fossile come un nido. Gli autori notano che gli
scheletri, pur essendo molto giovani, hanno caratteristiche che
permettevano a questi individui di muoversi autonomamente, tra
cui una relativa ossificazione delle articolazioni e usura dei denti.
Pertanto, Horner e Makela (1979) riconoscono che gli individui sono
comunque in grado di muoversi e nutrirsi: questa è pertanto prole ad
un livello di "precocità" superiore alla prole inetta.
Successivamente, Horner cambierà interpretazione, proponendo uno
scenario più radicale, con prole inetta.
Inizialmente, però, Horner e Makela
(1979) si chiedono per quale motivo gli esemplari - pur essendo in
grado di muoversi - siano tutti comunque confinati nel "nido".
Da questa domanda, nasce l'idea che i giovani di Maiasaura
tornassero periodicamente al nido, e che fossero nutriti e protetti
dai genitori. Da qui alla iconografia di Maiasaura che
costruisce nidi, cura le uova, cura i pulcini e passa tutta la vita a
fare la brava mamma, il passo è breve.
Tuttavia, l'intera scena si basa su una
sola ipotesi, non confermata dai fatti: che i giovani Maiasaura
avessere bisogno delle cure dei genitori per nutrirsi, e quindi
restassero nel nido per essere sfamati. Eppure, non ci sono prove
dirette di associazione tra esemplari giovanili e adulti di
Maiasaura. L'unico dato certo è che i giovani Maiasaura
erano gregari, e che tendevano a restare assieme a individui della
stessa dimensione (ed età, probabilmente i fratelli di nidiata). Il
fatto che gli individui siano aggregati in una medesima struttura
deposizionale, ci dice che morirono assieme, ma non ci dice se ci
fosse un genitore associato a loro. Dato che mortalità di massa in
dinosauri giovani è stata documentata in vari contesti e taxa, ed in
tutti i casi è stato interpretato come una prova di una aggregazione
tra esemplari giovanili (Varricchio et al. 2008), essa non è una
prova necessaria o sufficiente di cure parentali con prole inetta.
Quindi, non ci sono motivi per ritenere Maiasaura "diverso"
dagli altri dinosauri sulla base di una aggregazione tra individui
giovani.
Faccio notare che anche qualora fosse
scoperta una associazione fossile tra adulti e giovani, questo non
implica una prole inetta: coccodrilli, struzzi e polli possono essere
rinvenuti assieme agli adulti, ma sono comunque tutti animali con
prole precoce. La sola associazione tra giovani e adulti quindi non
implica necessariamente cure parentali intense o prole inetta.
Difatti, nulla vieta che i membri della medesima nidiata usassero il
nido come "tana" o "rifugio" per qualche tempo
dopo la schiusa: dopo tutto, esso era probabilmente un luogo
relativamente protetto dove passare la prima fase della vita. I
"nidi" di Horner quindi potrebbero semplicemente essere una
aggregazione di giovani che foraggiavano autonomamente nei pressi del
nido per qualche tempo dopo la schiusa, e che usavano il nido stesso
come tana. Ciò non implica una partecipazione del genitore (molto
più grande del nido stesso) nella tana/rifugio.
Horner (1982) ed Horner e Weishampel
(1988) descrivono ulteriori livelli stratigrafici contenenti nidi di
hadrosauridi e di un altro ornitopode di grado "hypsilophodontide".
Studi successivi dimostreranno che il secondo taxon non è un
hypsilophodontide ma un theropode troodontide (Horner e Weishampel
1996). Tuttavia, anche in questi casi, non ci sono prove che i
giovani ricevessero cure dirette da parte degli adulti: abbiamo solo
prove che gli individui da giovani tendessero a restare con i
fratelli, spesso in prossimità del sito di nidificazione. Tutto ciò
non implica né richiede cure parentali. Gli autori riconoscono che
il secondo taxon (il troodontide) è interpretabile come precoce,
mentre per Maisaura ritengono che le ossificazioni distali
delle ossa degli arti siano non completamente sviluppate, e che ciò
implichi una inettitudine locomotoria, la quale quindi richiedesse
cure parentali per la sopravvivenza dei giovani.
Geist e Jones (1996) osservano che
l'assenza di ossificazioni in Maiasaura si limita alle
estremità cartilaginee delle ossa lunghe, mentre il resto dello
scheletro è pienamente ossificato, e che ciò quindi non può essere
un argomento per una condizione inetta. Horner (2000) riconosce la
validità di questa osservazione, e si focalizzano quindi sulla
istologia delle ossa per determinare eventuali differenze tra neonati
inetti e precoci.
La questione sullo stato inetto di
Maiasaura quindi si riduce fondamentalmente ad un dato
istologico, il tipo e grado di ossificazione delle estremità
(epifisi) delle ossa degli arti. Horner (2000) quindi confronta
l'istologia delle epifisi delle ossa degli arti in Maiasaura e
Troodon e conclude che le
differenze istologiche tra i due taxa (spessa capsula di cartilagine
calcificata in Maiasaura,
più sottile capsula distalmente all'osso in Troodon)
indichino una ridotta mobilità in Maiasaura.
Di conseguenza Horner (2000) conclude che Maiasaura
rientra nello stadio "semi-inetto" degli uccelli odierni
mentre Troodon sarebbe
precoce, secondo la classificazione di Stark e Ricklefs (1998).
Tuttavia,
Stark e Ricklefs (1998) producono una classificazione dello stato di
inettitudine degli uccelli basato su criteri non applicabili o
non-controllabili in Maiasaura:
1-
presenza di piumaggio alla
nascita: questo non
controllabile in Maiasaura.
Quindi: incerto.
2-
attività locomotoria
generica (ovvero,
possibilità di muovere qualche parte del corpo): questo è
verificato in Maiasaura, che ha la maggioranza delle articolazioni e
delle inserzioni muscolari sviluppate alla nascita. Quindi: presente.
Ciò smentisce le forme estreme di prole inetta.
3-
attività motoria
(ovvero, saper camminare). Questo è il parametro che Horner (2000)
considera assente in Maiasaura,
in base alla istologia delle epifisi. Vedere il mio
commento sotto, in merito.
4-
tendenza a seguire i
genitori. Questo non è
verificabile nei fossili: come scritto sopra, non abbiamo prove
dirette di interazione coi genitori. Quindi: incerto.
5-
cercare il cibo e nutrirsi
autonomamente. Questo
carattere non è verificabile in un fossile. Quindi: incerto.
6-
avere i giovani nutriti
dai genitori. Questo
carattere non è verificabile in un fossile. Nello specifico, il solo
fatto che i denti di giovane Maiasaura
siano usurati non ci dice nulla su come si sia procurato il cibo.
Quindi: incerto.
7-
Occhi chiusi alla nascita.
Questo carattere non è verificabile in un fossile. Quindi: incerto.
Pertanto,
Maiasaura ha
sicuramente la condizione 2 (che smentisce la condizione inetta
estrema), è ignoto se abbia o no le condizioni 1, 4, 5, 6, 7, e
potrebbe non avere la condizione 3. Di conseguenza, tutto l'argomento
di Horner (2000) si riduce al fattore 3, all'interpretazione se le
epifisi delle ossa lunghe nei giovani Maiasaura
fossero in grado di svolgere attività locomotoria.
Secondo
Horner, la presenza di una estesa capsula cartilaginea nelle epifisi
di Maiasaura
precluderebbe una attività locomotoria.
Eppure,
altri fossili di dinosauro, a stadi di crescita ben più avanzato dei
giovani Maiasaura,
mostrano una estesa capsula cartilaginea a livello delle epifisi. Ad
esempio, l'olotipo di Mahakala
è un piccolo dromaeosauridae morto ad almeno due anni di vita
(Turner et al. 2007). Tutte le epifisi degli arti anteriori e
l'articolazione distale del femore e quella prossimale della tibia in
questo fossile non sono ossificate. Il resto dello scheletro è
perfettamente ossificato, e la mancanza di ossificazione nelle
epifisi indica che l'animale aveva delle capsule cartilaginee al
momento della morte. Questo pattern ricorda i giovani Maiasaura.
Seguendo l'argomentazione di Horner (2000), l'olotipo di Mahakala
dovrebbe quindi essere stato inetto al momento della morte. Tuttavia,
dato che l'animale è un subadulto, come indicato dall'istologia
delle ossa, è altamente molto improbabile che avesse passato due
anni fermo nel proprio nido, dove avrebbe passato inetto due anni di
stadio giovanile e almeno l'inizio dello stadio subadulto, alimentato
dai genitori. Nessun animale passa 2 anni fermo dentro il nido.
Ovvero,
la presenza di capsule cartilaginee nelle estremità delle ossa degli
arti di dinosauri di dimensioni medio-piccole (come giovani Maiasaura
e subadulti di dromaeosauridi) non è una prova che questi animali
fossero inetti.
Pertanto,
l'intera ipotesi che Maiasaura
fosse dotato di prove inetta (o semi-inetta, come alla fine conclude
Horner 2000) si basa su un singolo dato, la presenza di capsule
cartilaginee, il quale non è un vincolo alla locomozione in
dinosauri di piccole dimensioni.
Dato
che nessuno dei criteri di Stark e Ricklefs (1998) per la prole
inetta (o semi-inetta) è soddisfatto in modo inequivocabile in
Maiasaura (o in altri
dinosauri), l'ipotesi più parsimoniosa è che questi dinosauri
fossero precoci, come tutti gli altri archosauri non-aviani.
L'intera
iconografia della "Buona Mamma" (che deve portare cibo ai
piccoli inetti nel nido) si basa quindi su una interpretazione
non-univoca di un singolo fattore istologico che non è vincolante ad
uno stato inetto nei giovanissimi, dato che si osserva anche in
animali subadulti.
Il
mito iconografico crolla, e non per colpa di capsule cartilaginee...
Bibliografia:
Geist
NR, Jones TD. 1996. Juvenile skeletal structure and the reproductive
habits of dinosaurs. Science
272:712–14.
Horner
JR, Makela R. 1979. Nest of juveniles provides evidence of family
structure among dinosaurs. Nature
282:296–98
Horner,
J. R. 1982. Evidence of colonial nesting and ‘site fidelity’
among ornithischian dinosaurs. Nature
297:675–676.
Horner,
J. R. 2000. Dinosaur reproduction and parenting. Annual Review of
Earth and Planetary Sciences 28:19–45.
Horner
JR, Weishampel DB. 1988. A comparative embryological study of two
ornithischian dinosaurs. Nature
332:256–57
Horner
JR, Weishampel DB. 1996. Correction to: A comparative embryological
study of
two
ornithischian dinosaurs. Nature
383:103.
Starck
JM, Ricklefs RE, eds. 1998a. Avian Growth and Development, Evolution
within the Altricial-Precocial Spectrum. New York: Oxford Univ.
Press. 441 pp
Turner,
A.H., D. Pol, J.A. Clarke, G.M. Erickson, and M.A. Norell. 2007. A
basal dromaeosaurid and size evolution preceding avian flight.
Science 317:
1378–1381.
Varricchio,
D.J., Sereno, P.C., Zhao, X., Tan, L., Wilson, J.A., and Lyon, G.H.
2008. Mud−trapped herd captures evidence of distinctive dinosaur
sociality. Acta Palaeontologica Polonica 53
(4): 567–578.