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06 febbraio 2010

Spinosauri semi-acquatici? Misuriamolo!

Con mio grande piacere, continua la diffusione di ricerche quantitative sulla paleontologia dei dinosauri. Dopo le analisi al microscopio elettronico per determinare il colore dei paraviali, ecco un'analisi fisica sull'ecologia degli spinosauridi.
 
Immagine troppo speculativa? Forse sì. Qualcosa è comunque quantificabile...(Artwork by timbutii)
I lettori storici di questo blog ricorderanno la serie di post sulla mia ipotesi eterodossa sullo status anfibio dell'abelisauride Majungasaurus. Quell'ipotesi, lo ripeto, si basava su anomale caratteristiche dello scheletro della coda e degli arti posteriori di Majungasaurus, rispetto ad altri abelisauridi, ed ad altre caratteristiche generali di questi theropodi che potrebbero essere exaptations per uno stile di vita parzialmente anfibio. Con ciò, ripeto per non generare malintesi inutili, l'ipotesi proponeva solamente che Majungasaurus fosse meglio adatto di altri theropodi a vivere in ambienti parzialmente sommersi, e non implicava minimamente capacità subacquee, nuoto o cattura di pesce. Detto questo, l'ipotesi, che è stata anche oggetto di un interessante post di Darren Naish, resta prettamente anatomo-funzionale. Tuttavia, come emerse in quel post di Darren, esisterebbe teoricamente un modo quantitativo di testare l'ipotesi (anche per dimostrare che è sbagliata*). 

Per comprendere come, faccio una breve digressione fisica che aiuterà i non addetti ai lavori a capire il resto del post.
(Coloro che conoscessero già cosa siano le analisi isotopiche, possono saltare la parte arancione)
Anche se a prima vista può sembrare il contrario, non tutti gli atomi di una stessa sostanza sono identici tra loro. Ad esempio, non tutti gli atomi di ossigeno sono uguali tra loro nella massa atomica. Le specie atomiche sono definite dal numero di protoni nel nucleo. Ad esempio, tutti gli atomi con 8 protoni nel nucleo sono atomi di Ossigeno (simbolo O). Tuttavia, nel nucleo atomico esistono anche i neutroni, i quali non hanno sempre lo stesso numero nel nucleo della stessa sostanza. Ad esempio, esistono atomi di ossigeno con 8 neutroni, altri con 9 e altri con 10 neutroni. Come risultato, abbiamo 3 tipi di ossigeno, detti "isotopi dell'ossigeno". I vari nomi degli isotopi indicano il numero totale di particelle nel nucleo atomico. Ad esempio, l'ossigeno con 8 protoni e 8 neutroni è detto O16. Ora, come intuirete, i diversi isotopi dell'ossigeno non hanno la stessa massa. L'O16 è leggermente più leggero dell'O18, perchè ha 2 neutroni in meno rispetto all'altro. Questa apparentemente minima differenza di massa ha interessanti conseguenze. Sebbene le proprietà chimiche dei diversi isotopi non cambiano tra loro, essi sono comunque differenti per alcune proprietà fisiche. Ad esempio, l'O18, essendo più pesante dell'O16, quando si lega all'idrogeno per creare l'acqua produce una molecola d'acqua leggermente più pesante di quella avente al suo interno O16. Di conseguenze, l'acqua con O16 ha una maggiore facilità ad evaporare rispetto all'acqua O18. Questo fenomeno fa sì che l'acqua di mare sia più ricca di O18 rispetto all'acqua dolce: ciò perché dal mare evapora più facilmente l'O16, e quindi l'acqua che precipita come pioggia sui continenti è più scarsa in O18 rispetto a quella in mare. Come avrete intuito, è quindi possibile utilizzare le differenti quantità di isotopi dell'ossigeno per determinare i differenti ambienti in cui un essere vivente è vissuto. Ad esempio, le ossa ed i denti sono composte da fosfati e presentano al loro interno atomi di ossigeno. Questo ossigeno proviene dall'alimentazione della creatura, ed è quindi legato a sua volta all'ambiente in cui l'animale viveva. Un animale terrestre, ad esempio, tende a traspirare (disperdere vapore acqueo corporeo) molto più di un animale semiacquatico, e di conseguenza, si comporta come l'acqua di mare rispetto all'acqua dolce, ovvero, la sua acqua corporea sarà più ricca di O18. Se, quindi, accettiamo questo modello, dovremmo misurare una concentrazione di O18 più alta in un animale terricolo che in uno acquatico, indipendentemente da altri fattori. Effettivamente, studi in proposito sono stati effettuati su animali attuali: ad esempio, i valori di O18 negli ippopotami sono relativamente bassi, simili a quelli dei coccodrilli con cui dividono l'habitat, rispetto ai valore degli altri mammiferi erbivori africani.
Possibile usare queste misurazioni per determinare eventuali stili di vita acquatici nei fossili?
Amiot et al. (2010) hanno misurato i valori di O18 nei denti fossili di spinosauridi da tutto il mondo. Essi hanno poi effettuato le stesse misurazioni sulle tartarughe, i coccodrilli e gli altri theropodi dalle stesse formazioni degli spinosauri, per valutare se e quanto gli spinosauri si discostassero dagli altri theropodi e se eventualmente fossero ecologicamente più simili ai coccodrilli acquatici. Il risultato, illustrato qui sotto, è ambivalente, e merita un commento.

Il risultato indica che, effettivamente, in molti casi, i valori di O18 spinosauridae sono più vicini a quelli dei rettili semiacquatici rispetto agli altri theropodi. Tuttavia, ed è inatteso questo risultato, nei campioni dal Marocco, quindi di Spinosaurus, i valori di theropodi e coccodrilli tendono ad avvicinarsi, e in alcuni casi, quelli di Spinosaurus risultano praticamente identici a quelli dei theropodi. Faccio notare che il gruppo "theropodi" nell'analisi è arbitrario, dato che comprende tutti i "theropodi non-spinosauridi." Tale mix di taxa potrebbe comprendere un range di adattamenti molto vario, e potrebbe alterare il reale risultato. Ad ogni modo, l'analisi indica che per molti casi gli spinosauridi appaiono più acquatici degli altri theropodi. Ciò non stupisce, considerando i loro adattamenti piscivori. Tuttavia, come notano Amiot et al. (2010) l'analisi non è volta a dimostare che gli spinosauridi fossero piscivori, bensì, indica che questi theropodi passavano più tempo degli altri taxa in acqua. 
Ciò, apparentemente, contrasta con l'assenza di adattamenti acquatici nel loro scheletro postcraniale (e, sorrido io, dimostra che anche un theropode apparentemente poco "acquatico" come Majungasaurus potrebbe avere abitudini anche solo parzialmente anfibie), e meriterebbe uno studio approfondito. 
Come interpretare il fatto che i valori di O18 in Spinosaurus tendano a sovrapporsi con quelli degli altri theropodi? In questo caso, è utile guardare l'intero sistema e non solo il dato singolo. Nelle formazioni con Spinosaurus è evidente una minore distanza nei valori di O18 tra tutti i rettili misurati. Ciò, a mio avviso, implica che in quegli ambienti non ci fosse una marcata diversità di ambienti, e che tutti i taxa, sia i "tipici terrestri" che i "tipici acquatici", vivessero in condizioni pressapoco analoghe, forse intermedie tra quelle terrestri e acquatiche.
Ad ogni modo, l'analisi rimarca quanto emerso dall'anatomia, ovvero che gli spinosauri avessero abitudini differenti da quelle degli altri theropodi, e che avessero una maggiore propensione a vivere in ambienti acquatici. 
Se qualcuno vuole fare questo tipo di analisi con Majungasaurus mi faccia sapere (anche per dimostrare che avevo torto,* non è un problema, anzi, l'importante è sempre e solo la ricerca della verità)...

Ringrazio Romain Amiot per avermi inviato una copia del suo studio.
Bibliografia:
Amiot, R., Buffetaut, E., Lécuyer, C., Wang, X., Boudad, L., Ding, Z., Fourel, F., Hutt, S.,Martineau, F., Medeiros, A., Mo, J., Simon, L., Suteethorn. 2010. Oxygen isotope evidence for semi-aquatic habits among spinosaurid theropods. Geology, 38, 139-142.

*Faccio notare che ciò dimostra in ogni caso che l'ipotesi anfibia per Majungasaurus, anche se risultasse falsa, è comunque falsificabile, e quindi a tutti gli effetti scientifica, a differenza di molte facili fantasie paleontologiche difficilmente testabili che si leggono in giro...

13 commenti:

  1. Bella l'immagine troppo speculativa dello spinosauro...

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  2. Would you mind sending me a copy of this, Andrea? I mentioned their preliminary analysis in the review, but would like to see their more detailed paper.

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  3. Could the isotope analysis be biased because spinosaurs ate a lot of fish? In doing so, they probably took up a good deal of water along WITH the fish. Might it be that they weren't necessarily swimming, but just intaking a lot of water?

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  4. The authors say that the semi-aquatic habit (and thus the minimal transpiration) explains the results more than assuming only fish predation itself. They cite hippos, that eat the same vegetation as other African mammals but shows the same isotopic values of crocodyles.

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  5. I asked exactly the same question to Romain Amiot in April 2009. Here is the response he gave me to my message (bad translation from French):
    The d18O of phosphatic bone tissues is indeed affected by feeding behaviour but very little for carnivorous animals in which oxygen mainly comes from drinking water. The "feeding" signal is completely erased by the quantity of drinking water. A lot of studies demonstrate that point. By comparing the d18O of crocodiles (carnivorous), terrestrial theropods (carnivorous) and spinosaurids (carnivorous and piscivorous), I freed myself from that issue. If, however, I had compared terrestrial herbivorous animals with spinosaurids, then the feeding problem would be arguable (some herbivorous animals do not drink free water but rather water from plants which is rich in heavy isotopes).
    I also asked whether it is the same to analyse oxygen isotope composition of bones and teeth and this is his answer:
    (...)Here is the very short story of the journey of oxygen from the environment to the phosphatic tissues: The oxygen (included in the drinking water or food) is integrated by the body and can be found as H2O molecules moving in the blood. The animal physiology will then affect this moving oxygen (evaporation, perspiration, urination...). The different parts of the body will next pick in this oxygen pool in order to synthesize the bone or the tooth. Oxygen will be therefore taken in the same pool for a tooth or a bone of the foot.

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  6. Vorrei far una domanda che mi assilla da tempo (e che non mi fa dormire: son quasi le 3 del mattino ^^). Grazie in anticipo della riposta

    Andrea, che ne pensi di
    Baryonyx=Suchomimus=Cristatusaurus=Suchosaurus ???
    Son tutti sinonimi di Baryonyx walkeri o di una nuova specie (sempre di Baryonyx)?
    Ho sentito anche che Milner sta preparando un nuovo studio che li considera tutti Baryonyx (quale specie non lo so). Aspettiamo...

    PS
    Lo studio di Amiot non cita specificatamente Suchomimus/Cristatusaurus perché lo considera Baryonyx o che?

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  7. Ti sei risposto da solo, non ho nulla da aggiungere.

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  8. Dunque non sai se crear una nuova specie di Baryonyx o meno...

    La mia domanda era riferita al fatto se fosse opportuno crear una nuova specie di Baryonyx o no... non al fatto se quei 4 generi fossero sinonimizzabili o no (a livello di genere, intendo), perché mi pare sia chiaro che son lo stesso genere

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  9. Pensi che se io sapessi rispondere a questa domanda senza aver preso in mano gli olotipi di Baryonyx, Suchomimus e Cristatusaurus la Milner si sarebbe presa la fatica di confrontarli? Come ho spiegato altre volte, quello della tassonomia al livello di specie è un problema in parte soggettivo, che lascio risolvere a chi ha in mano i fossili in questione, ma sul quale non mi soffermo troppo a meno che non implichino l'erezione di taxa parafiletici (vedi i casi Tarbosaurus vs Tyrannosaurus, Allosaurus vs Epanterias, ecc).

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  10. Eh eh eh non ho idea di cosa tu stia parlando con "taxa parafiletici", quindi --------

    Tu quì hai scritto
    "io sono favorevole a eliminare Suchomimus tenerensis per collocarlo in Baryonyx, creando la specie Baryonyx tenerensis, ma ciò probabilmente perché non mi pare di riscontrare una differenza marcata nella morfologia e cronologia delle due specie: al tempo stesso, se la comunità scientifica riterrà valida la separazione tra Baryonyx e Suchomimus, io non avrò alcun problema ad accettarla"
    http://theropoda.blogspot.com/2009/04/saurophaganax-il-genericometro-di-holtz.html

    E' QUESTO che volevo sapere, se il TUO punto di VISTA era cambiato o meno. Ovvio che non puoi esprimerti con una pubblicazione scientifica senza averli esaminati personalmente (lo dicesti con Majungasaurus). Mi interessa il tuo punto di vista anche se non li hai confrontati direttamente, capito^^? Perchè sicuramente avrai un'opinione (tipo con quel coso chiamato "Velociraptor" osmolkae, tu mica ce l'hai fisicamente, ma megamatrice non lo considera congenerico con V. mongoliensis) dovuta alla nostra cara Megamatrice. Ecco, è QUELLO che volevo^^

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  11. L'uso dei taxa in un'analisi filogenetica è irrilevante rispetto alla loro tassonomia: l'importante è che i taxa siano monofiletici e non parafiletici (o peggio, polifiletici). In base a tutti gli studi attuali, Baryonyx e Suchomimus formano un gruppo monofiletico che non comprende alcun altro genere pubblicato di theropode, quindi, non fa alcuna differenza se li chiamo con due nomi o con uno solo.
    Di conseguenza, in megamatrice Baryonyx e Suchomimus sono considerati assieme, ma non perché li chiamo o no con lo stesso nome, ma solo perché alla scala di megamatrice i due sono praticamente uguali e non è (almeno per ora) necessario separarli. Ho fatto la stessa cosa con Troodon, Saurornithides e Zanabazar (tutti e tre inclusi in un singolo "taxon" chiamato nella matrice "Troodon" solo per comodità: non perché penso che siano tutti dei Troodon, ma solo perché essi formano un gruppo monofiletico...). Idem con Sinraptor e Yangchuanosaurus.
    Sulla questione relativa ai nomi e dei "generi", non mi esprimo.
    Velociraptor osmolskae è diverso: la sua parentela con V. mongoliensis rispetto agli altri dromaeosauridi non è così sicura come gli autori sostengono, a differenza del legame stretto tra Baryonyx e Suchomimus all'interno dei megalosauroidi, e di quello tra Sinraptor e Yangchuanosaurus all'interno degli allosauroidi.
    Ecco perché preferisco separarlo da V. monfoliensis e non usare un singolo taxon chiamato "Velociraptor" basato su loro due: c'è il rischio che risulti un taxon polifiletico.

    Questa differenza di scelta operativa si chiama "flessibilità mentale in funzione del contesto"... un modo di ragionare che non tutti purtroppo hanno in mente quando discutono di tassonomia di fossili.

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  12. Diciamoci la verità: non ho capito molto de tuo post (ma non necessariamente perchè non sei stato chiaro, magari sono io che non capisco molto di ste cose)

    Visto che hai ribadito più volte che a te piace non omettere taxa, Cristatusaurus e Suchosaurus son immediatamente esterni a quel clade Baryonyx+Suchomimus? Quindi li chiami tutti e 4 Baryonyx?
    Ma non è la stessa cosa di Bahariasaurus e Deltadromeus, o sbaglio? Intendo, Megamatrice li considera sister taxa apparenenteti a un clade includente solo loro o che?

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  13. No. A differenza di Bahariasaurus e Deltadromeus, i quali POTREBBERO essere lo stesso genere MA non abbiamo modo di stabilirlo, correndo il rischio di unirli senza motivo, i quattro baryonychini citati sono senza dubbio imparentati tra loro più che con qualunque altro theropode. Essi formano un clade, che possiamo battezzare Baryonychinae, se i generi risulteranno distinti, o Baryonyx, se io generi saranno fusi assieme. Pertanto, dato che due di loro sono estremamente frammentari, le loro codifiche in Megamatrice sono indistinguibili da quelle ottenute usando parti di Suchomimus e Baryonyx. Pertanto, non sono significativi per la mia analisi. Analogamente, le codifiche di Baryonyx e Suchomimus sono praticamente identiche, e differiscono di dettagli marginali che non incidono sulle loro reciproche posizioni dentro Theropoda.
    Conclusione:
    Sommando tutti questi fattori, risulta che per gli scopi di Magamatrice è inutile (anzi dispendioso in termini di elaborazione dati) usare 4 taxa distinti che risulterebbero comunque a formare una politomia "Baryonyx + Suchosaurus + Suchomimus + Cristatusaurus", e quindi è sufficiente usare un solo taxon, chiamato Baryonyx (ma avrei potuto chiamarlo anche Baryonychinae... sempre in attesa della revisione dei generi).

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