Tyrannosaurus (Osborn, 1905), del Maastrichtiano nordamericano, è tra i teropodi meglio conosciuti e descritti. Il riconoscimento che forme precedentemente attribuite a taxa distinti (Nanotyrannus, Stygivenator ed Aublisodon) siano probabilmente esemplari immaturi di Tyrannosaurus ha permesso di ricostruire l’ontogenesi di questo taxon con un dettaglio impossibile per la maggioranza dei teropodi mesozoici.
Carr (1999) e Carr & Williamson (2004) hanno ricostruito l’ontogenesi craniale di Tyrannosaurus: la variazione nelle proporzioni ed importanza dei processi muscolari, dermatocranici e nel grado di pneumatizzazione. Erickson et al. (2004) e Horner & Padian (2004) hanno ricostruito il tasso di crescita mappando la taglia (massa o lineare) in funzione dell’età determinabile dalle sezioni sottili delle ossa (nelle quali sono presenti indicatori della variazione della crescita riconducibili a ciclicità annuale... per favore, non dite “anelli di crescita”, non sono alberi!).
Dall’unione dei due diversi filoni della ricerca si può ricavare un modello plausibile della vita individuale (ontogenesi) di Tyrannosaurus.
Da 0 a 2 anni (LACM 28471). La sconosciuta fase neonatale...
Non conosciamo esemplari embrionali o appena schiusi, tuttavia, estrapolando le dimensioni delle uova dalla massa adulta, stimiamo che i pulcini di Tyrannosaurus (“pulcino” è il termine corretto, non certo il mammaliano “cucciolo”) fossero lunghi meno di un metro e con massa inferiore ai 5 kg. LACM 28471 è un esemplare di età stimata sui due anni e massa di circa 30 kg. Durante questa fase il cranio, relativamente allungato e tipicamente “celurosauriano” perde la distinzione tra il bordo rostroventrale della fossa antorbitale ed il resto della mascella.
Da 2 a 10 anni (CMNH 7541). Infanzia... al massacro.
Negli 8 anni successivi il nostro Tyrannosaurus (se non è morto: ricordo che, in base al Primo Principio della Paleoecologia Mesozoica, la vita di un dinosauro vale veramente molto poco, sopratutto se giovane) ha messo su un paio di quintali ed è arrivato a circa sei metri di lunghezza. In questi anni, il dentale si fa più robusto, si forma la sutura trasversale frontoparietale, mentre la cresta sagittale si estende al frontale. Presumibilmente, l’animale ha una snella morfologia da veloce cursore arctometatarsale. Questa è l’età del “fantomatico” Nanotyrannus, presunto un adulto di tyrannosauride nano, risultato essere un giovane Tyrannosaurus (Carr, 1999).
Da 10 a 15 anni (LACM 23845). Adolescenza: crescita rapidissima e maturità sessuale.
In questi cinque anni il nostro (ex-)pulcino cresce ad un ritmo spaventosamente alto, arrivando a superare la tonnellata e mezza di massa ed i nove metri di lunghezza. Come nell’adolescenza umana, l’animale subisce una significativa trasformazione della morfologia cranio-facciale (noi non ci trasformiamo così profondamente come Tyrannosaurus): i denti mascellari rostrali diventano più grandi e caniniformi, il nasale si espande, ispessisce e si fa concavo trasversalmente, il processo premascellare del nasale si allunga, mentre quello frontale si restringe, i forami alveolari del mascellare si espandono, l’orbita diviene più alta che lunga in vista laterale, il frontale e parietale si ispessiscono, espandono ed accorciano, la fossa temporale si approfondisce, la cresta sagittale si collega alla nucale, la regione caudale della mandibola si espande ed approfondisce. Sulla base della presenza di tessuto midollare legato all’ovulazione, sappiamo che in questa fase l’animale inizia ad essere sessualmente maturo (Schweitzer et al., 2005).
Da 15 a 22 anni (AMNH 5027). La maturità fisica.
In questi anni la crescita non si arresta, portando l’animale alla taglia adulta, oltre le cinque tonnellate di massa e la dozzina di metri di lunghezza. Il cranio subisce alcune modifiche: il ramo rostrale del lacrimale si ispessisce, la fossa antorbitale perde il bordo marcato, la mensola laterale del surangolare si proietta lateralmente.
Da 22 a 28 anni (LACM 23844 e FMNH PR2081). Senescenza.
Con la maturità, la crescita rallenta bruscamente, pur non arrestandosi. L’animale, se riuscirà a sopravvivere fin quasi alla fine del suo terzo decennio (caso finora mai rinvenuto, dato che l’esemplare più longevo noto, FMNH PR2081, soprannominato “Sue”, ha un età di 28 anni), arriverà ad oltre sei tonnellate. In questi individui molto maturi si ampliano le pneumatizzazioni della fossa antorbitale, le ossificazioni craniche tendono a fondersi, così come iniziano a presentarsi patologie ossee dovute alla tarda età.
Gli esemplari più fortunati, longevi e tenaci, probabilmente si spegnevano ad un’età venerabile per un teropode mesozoico: trenta anni.
Nell’immagine, cinque crani di Tyrannosaurus di diverse età: LACM 28471, 2 anni (verde); CMNH 7541, 10 anni (rosa); LACM 23845, 15 anni (azzurro); AMNH 5027, 20 anni (giallo); LACM 23844, 28 anni (rosso). Modificato da Carr & Williamson, 2004.
Rispetto agli altri tyrannosauridi per i quali sia nota l’ontogenesi, è risultato che la grande taglia raggiunta da Tyrannosaurus non derivi da un allungamento della durata delle fasi “adolescente” o “matura” (che restano comparabili a quelle di Albertosaurus e Gorgosaurus; Erickson et al., 2004), bensì da un più elevato tasso di crescita (un più alto incremento in massa a parità di tempo).
Può sembrare strano che un animale di così grande taglia fosse vecchio a (solo) 30 anni (io sono “più anziano” di Sue, che pesava 100 volte più di me!), eppure, i dinosauri funzionavano così. Un tempo, quando non disponevamo delle attuali tecniche di misurazione dell’età nei dinosauri, si basava la stima della longevità estrapolando i tassi di crescita dei coccodrilli (ovvero calcolando quanto avrebbe impiegato un animale col tasso di crescita di un coccodrillo per raggiungere la massa di un dinosauro). Ciò aveva prodotto stime di età molto elevate per i taxa giganti (addirittura di oltre il secolo e mezzo per i sauropodi) e, di conseguenza, delle dinamiche generazionali molto dilatate per le popolazioni di dinosauri. Ciò era totalmente errato. Appare sempre più chiaro che i dinosauri avevano un processo di crescita differente, molto più rapido, sopratutto nella fase adolescenziale, rispetto a quanto accada in altri rettili. Da bravi dinosauri quali sono, anche gli uccelli moderni hanno un tasso di crescita molto più elevato di quello degli altri rettili.
Stimiamo che i tassi riproduttivi dei dinosauri fossero molto alti (come si deduce dalle loro covate fossili, spesso in enormi colonie): le generazioni erano rapide e prolifiche, con un enorme surplus di individui generati ad ogni ciclo riproduttivo. In un ecosistema stabile, ciò implica necessariamente una mortalità molto elevata, sopratutto giovanile. Di conseguenza, la vita individuale era molto intensa, dinamica e pericolosa, per non dire “darwinianamente” spietata*. In effetti, solo ammettendo una tale drammaticità è comprensibile la potente (e feroce) pressione selettiva che ha plasmato le straordinarie morfologie dei dinosauri.
* Questa stima plausibile può dare l’idea di cosa intendo per spietatezza mesozoica:
Abbiamo visto che Tyrannosaurus entra nella fase riproduttiva a circa 15 anni. Pertanto, è plausibile che per il resto della sua vita sia fertile. Se ammettiamo una covata all’anno, e se ogni covata ha circa 25-30 uova (stima basata su nidi ben conservati di altri dinosauri), significa che nella sua vita una femmina di Tyrannosaurus produrrà circa 400 uova. Se il rapporto maschi/femmine è approssimabile a 1:1, significa che ogni femmina produce nella sua vita 200 uova di Tyrannosaurus che daranno vita ad altrettante femmine. Semplificando, ammettiamo che il 70% di tutte le uova prodotte schiuda. Quindi, ogni femmina di Tyrannosaurus produce nella sua vita 140 femmine di Tyrannosaurus. Se la popolazione di Tyrannosaurus è stabile nel tempo, allora significa che mediamente per ogni esemplare che si riproduce in una data generazione ci sarà un solo nuovo nato nella generazione successiva che riuscirà a riprodursi. Pertanto, una popolazione stabile nel tempo implica che per ogni femmina che schiude, cresce, sopravvive e arriva a riprodursi con successo avremo 139 femmine che nascono ma non arrivano a riprodursi con successo (ovvero, solo lo 0.7% dei nati sopravvive fino a riprodursi con successo). Presumibilmente, il grosso della mortalità si concentrerà nella fase giovanile.
Stupidissima nota jurassic-parkiana (che spero non generi fiumi di commenti): il T-rex del film è chiaramente un adulto maturo. Siccome il film è ambientato all’inizio degli anni ‘90, ciò implica che il tyrannosauro è stato “clonato” almeno un ventennio prima (con tecnologia anni ’70!): peccato che Hammond dica che il parco sia stato allestito solo nei cinque anni precedenti (quindi dopo il 1985-87): in tal caso il suo T-rex sarebbe lungo solo 3 metri e pesante al più un quintale... Quindi, se clonate un Tyrannosaurus alla fine degli anni ‘80 dovrete aspettare il 2008 (!) per averlo cinematograficamente accattivante! Morale della favola: se in questi anni visitate qualche isola tropicale, state attenti...
Bibliografia:
Carr, 1999. Craniofacial ontogeny in Tyrannosauridae (Dinosauria, Theropoda). Journal of Vertebrate Paleontology, 19: 497–520.
Carr & Williamson, 2001. Resolving tyrannosaurid diversity: Skeletal remains referred to Aublysodon belong to Tyrannosaurus rex and Daspletosaurus. Journal of Vertebrate Paleontology, 21(3), 38A.
Carr & Williamson, 2004. Diversity of late Maastrichtian Tyrannosauridae (Dinosauria: Theropoda) from western North America. Zoological Journal of the Linnean Society, 142: 479–523.
Erickson, Makovicky, Currie, Norell, Yerby & Brochu, 2004. Gigantism and comparative life-history parameters of tyrannosaurid dinosaurs. Nature, 430: 772-775.
Horner & Padian, 2004. Age and growth dynamics of Tyrannosaurus rex. Proc. R. Soc. Lond. B, 271: 1875–1880.
Schweitzer, Wittmeyer, & Horner, 2005. Gender-Specific Reproductive Tissue in Ratites and
Tyrannosaurus rex. Science, 308: 1456-1460.