(Rough) Translator

31 gennaio 2019

La posizione filogenetica di "Piedino"

Foto dell'esemplare e scansione tomografica a luce di sincrotrone dello scheletro. Da Xing et al. (2019).

Nel post precedente, mi sono focalizzato sul tegumento del nuovo esemplare descritto da Xing et al. (2019) proveniente dai livelli ad ambre del Cenomaniano della Birmania. L'esemplare comprende la parte distale di un piede quasi completa ed in eccellente stato di preservazione, incluse le ossa (non tutti i fossili birmani hanno questo grado di conservazione, e spesso le ossa sono quasi completamente dissolte all'interno della matrice carboniosa delle parti molli).
Xing et al. (2019) riferiscono l'esemplare ad Enantiornithes, sulla base delle caratteristiche del quarto metatarsale e delle falangi. Tuttavia, gli autori non testano questa ipotesi usando un'analisi quantitativa. Ho quindi provato a testare le potenziali affinità filogenetiche di questo esemplare inserendolo nella mia matrice dei theropodi.
L'analisi conferma l'attribuzione ad Enantiornithes, ma non permette di determinare in modo più accurato la sua posizione, dato che il clade collassa in una ampia politomia non risolta. Dato che l'esemplare birmano è molto frammentario (codificabile solo per i caratteri del piede e del tegumento), tende ad essere molto instabile.
Ripetendo l'analisi variando il peso implicito dei caratteri, l'esemplare birmano si colloca esternamente a Enantiornithes e Ornithothoraces, nel grado dei pigostili più prossimi agli ornithothoracini rispetto ai confuciusornithidi. Nel medesimo grado si colloca Jinguofortis. Non è chiaro se questo risultato alternativo sia indicativo di uno status "jinguofortiside" per il fossile birmano o sia solamente un risultato spurio dovuto alla sua frammentarietà.

30 gennaio 2019

Piedino (piumato nell'ambra) vs (lo squamoso) Denti Aguzzi

Il piede di theropode in ambra descritto da Xing et al. (2019). Notare la distribuzione del piumaggio (in marrone a destra) e delle squame sulle dita.

Xing et al. (2019) descrivono l'ennesimo fossile eccezionale dai nuovi livelli ambriferi dal Cenomaniano della Birmania. L'esemplare in questo nuovo studio comprende due piccoli frammenti associati e probabilmente riferibili al medesimo individuo: parte di un piede e un frammento di piumaggio. 
Il piede è la parte più informativa e meglio conservata: sia le ossa che il tegumento sono preservati in modo eccellente. Le ossa del piede includono la parte distale dei metatarsali e le dita corrispondenti. La combinazione di caratteri (quarto metatarsale gracile, alluce opponibile, secondo dito del piede robusto con ungueale molto sviluppato, falangi pre-ungueali allungate) permette di riferire l'esemplare ad Enantiornithes. Sebbene gli autori non si sbilanciano con l'attribuzione, il mix di caratteri pare unico (in particolare, nell'estremo allungamento della seconda falange del secondo dito), e quindi è ragionevole riferire l'esemplare ad una nuova specie. Appena avrò tempo inserirò l'esemplare nella mia matrice filogenetica.
Il tegumento è comunque il pezzo forte dell'esemplare. Il frammento privo di ossa presenta una serie di penne remiganti asimmetriche, che conferma l'attribuzione ad un aviale. Il tegumento del piede è molto complesso ed inatteso. Il piumaggio si estende lungo i metatarsi e continua nel terzo e quarto dito fino agli ungueali, mentre il primo e secondo dito sono ricoperti interamente di squamature, le quali (dettaglio molto interessante) sono a loro volta la base per una fitta serie di sottili filamenti. I filamenti che partono dalle squame sono molto radi e incolori, e gli autori notano che probabilmente sono impossibili da fossilizzare in contesti diversi dall'ambra. La base delle dita è invece ricoperta dalla "classica" scutellatura reticolata che troviamo nei polpastrelli aviani moderni. 
Questo piccolo fossile conferma per l'ennesima volta quello che vado ripetendo da un decennio: la distribuzione delle piume e delle squame nei dinosauri è molto più complessa della piatta dicotomia "o squamato o piumato" che spesso si tende a usare nel parlare del tegumento dei dinosauri. Notare che la presenza di filamenti semplici ancorati alle squame sia analoga (omologa?) a quello che osserviamo nell'ornitischio Kulindadromeus, e ciò potrebbe essere un carattere generale dei dinosauri. Dato che i filamenti scutellari sono molto sottili, è probabile che fossilizzino solamente in contesti eccezionali come l'ambra. Pertanto, trovare fossili di pelle di dinosauro formata da un fitto reticolo di piccole squame non implica automaticamente l'assenza di filamento ancorato a tale squamatura (sì, sto parlando con voi, teorici del Tyrannosaurus squamato!).

Bibliografia:
Xing et al. (2019). A fully feathered enantiornithine foot and wing fragment preserved in mid-Cretaceous Burmese amber. Scientific Reports 9, Article number: 927.

29 gennaio 2019

La cheratina dei maniraptori

Alcuni degli esemplari analizzati da Pan et al. (2019)

Le condizioni eccezionali di preservazione dei famosi livelli di età alto-giurassica e basso-cretacica del nord-est cinese non si limitano a conservare la forma di parti molli, tra cui il piumaggio, ma in alcuni casi permettono una investigazione ultrastrutturale, ovvero alla scala subcellulare, e molecolare di questi fossili eccezionali.
Pan et al. (2019) combinano analisi chimiche e scansioni col microscopio elettronico su frammenti di piumaggio di vari maniraptori, tra cui Anchiornis, e lo confrontano con analisi analoghe sul tegumento di uccelli e rettili viventi. Inoltre, ripetono le analisi su frammenti di piume e di materiale corneo (astuccio dell'unghia) in altri coelurosauri dai livelli ad elevata conservazione cinese (come Caudipteryx) e mongolica (l'alvarezsauride Shuvuuia, del quale sono preservate tracce del tegumento filamentoso).
Il risultato delle analisi dimostra che questi fossili conservano caratteristiche originarie del tegumento, e che quindi non sono il prodotto della fossilizzazione di colonie batteriche proliferate sui corpi dopo la morte. Nello specifico, le analisi identificano sia tracce di cheratina alpha (presente sia nei mammiferi che nei rettili ed uccelli) che varie forme di cheratina beta (esclusiva dei rettili ed uccelli). Il risultato più interessante è relativo al tipo di cheratina che forma le piume. Sia le analisi chimiche che quelle relative alla densità elettronica indicano che nelle piume di Anchiornis fosse presente una combinazione di cheratine più simile a quella delle piume embrionali, delle squame e delle unghie piuttosto che a quella delle piume degli uccelli moderni adulti. Dato che queste differenze di composizione sono legate alle proprietà meccaniche delle piume rispetto alle altre strutture del tegumento rettiliano, gli autori concludono che le piume di Anchiornis non fossero dotate delle medesime proprietà aerodinamiche che caratterizzano le penne odierne adatte al volo.
Questo risultato non soprende. Studi precedenti (tra cui quello su Serikornis di cui sono coautore) indicano che le piume degli anchiornithidi non presentino tutti gli adattementi che nelle penne moderne conferiscono loro una funzione aerodinamica. Ad esempio, le penne degli anchiornithidi, così come quelle di Caudipteryx, non mostrano barbule né amuli, e quindi non potevano restare connesse in modo coerente producendo una penna appiattita rigida e flessibile come le classiche penne da calamaio.

L'applicazione di queste metodologie chimiche e di microscopia elettronica ai fossili piumati apre uno scenario molto accattivante, almeno per un filogenetista come il vostro blogger: la possibilità di includere dati di natura molecolare e ultrastrutturale nelle analisi filogenetiche dei theropodi estinti. Tutto fa brodo per chi voglia cucinare tutti i maniraptori in un unico calderone evoluzionistico: un pizzico di molecole non può che dare sapore alla zuppa di ossa!

Bibliografia:
Pan Y. et al. 2019. The molecular evolution of feathers with direct evidence from fossils. PNAS https://doi.org/10.1073/pnas.1815703116

24 gennaio 2019

L'incredibile corpo di Eretmorhipis

Il record fossile dell'inizio del Triassico testimonia la rapida (in termini geologici) ripresa delle associazioni biologiche superstiti dell'estinzione di massa della fine del Permiano. Il Triassico è probabilmente il periodo di massima "sperimentazione" per i rettili, e numerose novità di quel periodo saranno poi replicate indipendentemete da altri gruppi nel post-Triassico. 
All'inizio del periodo, i rettili "invadono" massicciamente gli ambienti acquatici. Nel giro di neanche dieci milioni di anni dopo l'estinzione permiana, i due principali cladi di rettili acquatici, Ichthyosauromorpha e Sauropterygia, sono già nel pieno di una fase di intensa radiazione adattativa. Come spesso accade nel record fossile, le prima fasi di una radiazione adattativa sono le migliori per chi voglia scoprire specie bizzarre e fuori dalle "logiche convenzionali".  Tra gli Ichthyosauromorpha, i più curiosi e alternativi sono in assoluto gli Hupehsuchia. Conosciuti esclusivamente da livelli del Triassico Inferiore di una ristretta regione della Cina, gli hupehsuchi sono un piccolo gruppo di specie marine che formano il sister-group dei ben più famosi ittiosauri. 
Si tratta di rettili veramente bizzarri. Il corpo era allungato e, nella maggioranza delle specie, di forma tubulare. Ad accentuare l'aspetto tubulare, il corpo era ricoperto da una serie di ossificazioni dermiche sia dorsali che ventrali (quelle dorsali formavano una triplice strato sovrapposto). Questo complesso sistema di ossificazioni rendeva il corpo e la coda relativamente rigido e compatto. Le pinne erano piuttosto corte e in alcune specie munite di 6 dita sia nella pinna anteriore che nella posteriore (!).

Due nuovi esemplari di hupehsuchi, riferiti al genere Eretmorhipis, sono descritti oggi (Cheng et al. 2019). Questo taxon era già noto per esemplari incompleti, privi della testa e del collo, che invece sono completi nei nuovi esemplari. Ed è proprio la bizzarra conformazione della testa che lascia sbalorditi (se non fosse che gli hupehsuchi ci avevano già abituato alle stranezze).
Il cranio di Eretmorhipis è corto e schiacciato, vagamente simile a quello di un anatide. Le orbite sono molto ridotte, in proporzione grandi la metà che negli altri hupehsuchi. I due rami laterali della mandibola superiore e quelli della inferiore non si collegano medialmente tramite una giuntura ossea (che nella mandibola formerebbe una sinfisi), quindi è probabile che in vita fossero connesse da cartilagine e fosser in grado di muoversi indipendentemente una dall'altra. Ancora più curiosa è la "apertura" superiore del muso, che al centro ospitava un osso arrotondato privo di articolazioni con il resto del cranio: è probabile che in vita questo osso fosse alloggiato in una capsula di cartilagine. Sebbene a prima vista questo mix di caratteri (orbite molto piccole, muso appiattito simile al becco di un anatra ma privo di sinfisi, "apertura" nel muso che alloggia un "osso fluttuante") possa apparire alieno, oggi esiste un animale con le medesime caratteristiche: l'ornitornico. Pertanto, è probabile che Eretmorhipis sia stato una "versione rettiliana" dell'ornitorinco, e che come il bizzarro mammifero australiano, avesse ridotto la funzionalità visiva e accentuato la sensibilità del muso, forse per adattarsi ad una dieta legata a piccoli invertebrati in fondali melmosi o poco illuminati.

Ah, dimenticavo: a concludere le stranezze, il terzo strato di ossicoli dermici della "corazza" nel corpo e nella base della coda di questo rettile erano sviluppati a formare delle protuberanze triangolari, vagamente simili agli osteodermi di Stegosaurus!

Eretmorhipis (da Cheng et al. 2019).

Bibliografia:
Cheng L. et al. 2019. Early Triassic marine reptile representing the oldest record of unusually small eyes in reptiles indicating non-visual prey detection. Scientific Reports 9: 152.


21 gennaio 2019

Lo status di Eubrontes e Gigandipus

Tradizionalmente, le orme di tipo Eubrontes sono state riferite a theropodi di taglia media di grado coelophysoide (come Dilophosaurus). Fonte.

I livelli ad orme di dinosauro del Giurassico Inferiore della Valle del Connecticut sono tra le più antiche documentazioni icnologiche riportate scientificamente, note fin dalla prima metà del XIX secolo. Quattro icnotaxa principali noti in questi livelli sono attribuiti senza particolari dubbi a theropodi: Grallator, Kayentapus, Plesiornis, e Gigandipus. Nei medesimi livelli, è inoltre rinvenuto, spesso in grande abbondanza, l'icnotaxon Eubrontes. Sebbene tutti concordino che Eubrontes sia riferibile ad un taxon dinosauriano bipede, non è unanime la sua attribuzione particolare. Secondo una interpretazione, Eubrontes è riferibile ad un theropode, mentre l'alternativa considera Eubrontes l'impronta di un sauropodomorfo non-sauropode ("prosauropode") bipede. Ambo le ipotesi stimano l'autore delle orme con una lunghezza corporea intorno ai 5 metri.  
Weems (2019) analizza le evidenze pro e contro varie ipotesi proposte per l'interpretazione di Eubrontes

1- Molti sauropodomorfi basali erano bipedi facoltativi e, pur essendo tetradattili, lasciavano impronte tridattili, in analogia con i theropodi, dato che il primo dito del piede era tenuto parzialmente sollevato ed iper-esteso.

2- I rari casi in cui l'orma Eubrontes presenta anche traccia dell'alluce, questo diverge di circa 60° rispetto alle altre dita, come nei sauropodomorfi; mentre nei theropodi l'alluce diverge di almeno 120°.

3- Le proporzioni tra lunghezza e ampiezza delle orme Eubrontes sono simili a quelle dei dinosauri non-theropodi piuttosto che a quelle tipiche dei theropodi.

4- Il piede che aveva generato le orme Eubrontes deve essere stato più corto e robusto rispetto a quello tipico della maggioranza dei theropodi del Giurassico Inferiore (di grado coelophysoide). Simili robustezze si osservano nei piedi dei sauropodomorfi.

5- Eubrontes è l'icnotaxon più abbondante nella Valle del Connecticut. Ciò propende nel cercare l'autore delle orme nel dinosauro del Giurassico Inferiore dal Nord America orientale più abbondante a livello scheletrico: il sauropodomorfo Anchisaurus. Anchisaurus ha le dimensioni corporee adatte a produrre orme delle dimensioni di Eubrontes.

6- Il range stratigrafico di Eubrontes (Carnico-Liassico) corrisponde al range stratigrafico dei sauropodomorfi bipedi.

La conclusione di Weems (2019) è quindi di riferire Eubrontes ad un sauropodomorfo basale bipede, che nel Giurassico Inferiore del Nord America orientale è rappresentato in particolare da Anchisaurus. Secondo questa interpretazione, i theropodi di grado coelophysoide di dimensioni medio-grandi, come "Syntarsus" e Dilophosaurus, sarebbero invece gli autori delle orme di tipo Kayentapus
Weems (2019) conclude con una menzione alle orme tridattili più grandi della Valle del Connecticut, l'icnotaxon Gigandipus. Queste sono più ampie delle orme Eubrontes, e nei rari casi in cui conservano traccia dell'alluce, questo diverge di circa 120°, confermando la loro attribuzione a theropodi. Dato che questo articolo è pubblicato online oggi, è probabile che fosse già stato accettato per la pubblicazione un mese fa, quando abbiamo pubblicato Saltriovenator: pertanto, è comprensibile che l'autore concluda la sua interpretazione di Gigandipus con

 "[i]ts specific theropod trackmaker remains mysterious but possibly was an early tetanuran." (Weems, 2019).

Ritengo plausibile che l'autore delle orme Gigandipus sia riferibile ad un "saltriovenatoride", ovvero, ad un ceratosauro molto basale, possibilmente imparentato con Saltriovenator.


Bibliografia:
Weems R.E. (2019). Evidence for Bipedal Prosauropods as the Likely Eubrontes Track-Makers. Ichnos DOI: 10.1080/10420940.2018.1532902

18 gennaio 2019

Oro(bates)bot ed il peccato originale del Parco Giurassico

Fotogramma dalla animazione interattiva realizzata da Nyakatura et al. (2019)
Nyakatura et al. (2019) combinano le informazioni sulla morfologia scheletrica del tetrapode Permiano Orobates, assieme alle caratteristiche della sua camminata deducibili da serie fossili riferibili a questo taxon, assieme a modellizzazioni biomeccaniche tratte dall'analisi della cinematica di alcuni tetrapodi moderni, per realizzare una dettagliata ricostruzione della camminata in questo animale. Si tratta della ricostruzione della andatura in un vertebrato estinto più accurata mai realizzata.
Gli autori producono anche una schermata interattiva dove tutti i parametri biomeccanici coinvolti sono manipolabili dall'utente, che può visualizzare gli effetti sulla ricostruzione del moto di questo diadctomorfo.
Inevitabile, vedendo queste ricostruzioni in grafica computerizzata, non pensare al film Jurassic Park (e non lo dico solo io!). Jurassic Park è la più famosa rappresentazione in computer graphic di animali estinti. Il numero di spettatori di questo film supera di vari ordini di grandezza quello dei potenziali lettori dello studio di Nyakatura et al. (2019) e della loro ricostruzione interattiva. E non solo perché il film ha un quarto di secolo di vantaggio. Un film ha il vantaggio di essere puramente visivo e non richiede un bagaglio concettuale molto elevato per essere apprezzato. Ma, come ho scritto innumerevoli volte, Jurassic Park ha il subdolo effetto collaterale di aver diffuso in maniera acritica e monodimensionale una particolare idea di come rappresentare i dinosauri. E oggi, miliardi di persone, quando si immaginano un dinosauro che cammina, inevitabilmente, pensano solamente a quella particolare idea di dinosauro, quella "alla Jurassic Park".

A prima vista, i dinosauri di Jurassic Park appaiono plausibili. Tuttavia, temo che ciò sia, nel 2019, un mero effetto della ripetizione costante dell'iconografia jurassic-parkiana, piuttosto che una consapevole considerazione critica. Quanti tra di noi ricordano di aver ragionato nel 1993 sulla correttezza e plausibilità del "modo di muovere" nei dinosauri del film? E quanti, allora, hanno effettivamente svolto una analisi rigorosa sul grado di plausibilità di tali ricostruzioni dinamiche? Pochissimi, forse nessuno. Di conseguenza, ormai, quasi tutti noi "accettiamo" che un dinosauro in computer graphic sia, in qualche modo, "alla Jurassic Park". Forse, moltissimi di noi nemmeno si immaginano che possano esistere modi alternativi di ricostruirli, ugualmente validi. Di conseguenza, la grandissima maggioranza di tutte le animazioni computerizzate sui dinosauri realizzate dal 1993 in poi, sono, in modo più o meno diretto, "ispirate" (o meglio, plasmate) sul canone presentato nel film del 1993. Quanti di noi si domandano, in modo rigoroso scientificamente, se e quanto siano "validi" quelle dinamiche?

Prendete i theropodi del film. Tutti si muovono secondo un modello generale, che poco cambia passando dai piccoli compsognatidi al grande Tyrannosaurus. Gli animali tendono ad avere tutti la medesima postura sinuosa, molto "gommosa": il collo e la coda tendono sempre ad ondeggiare, le braccia sono costantemente ciondolanti, le gambe tendono a piegare le ginocchia sia che l'animale cammini, corra o solamente ruoti il suo corpo stando fermo. Il torace si piega sia di lato che verticalmente, assecondando il movimento di testa e collo. Sono tutti dettagli che, nel complesso, trasmettono una dinamica "fluida" della creatura. Quanto è plausibile una simila "dinamica generale" nei dinosauri?
Prendete i sauropodi del film. Tutti hanno una andatura "solenne", con braccia e gambe che si muovono in maniera analoga e sfasata (quando una gamba si estende, il braccio dell'altro lato segue l'andatura). Anche in questo caso, collo e coda tendono ad oscillare indipendentemente dall'andatura, sia che l'animale cammini o sia fermo. Anche qui, sono tutti dettagli che trasmettono una dinamica "fluida", ma molto canonizzata.

Non è ovviamente una critica del film. Esso nasce con mezzi tecnologici e pretese ben diverse da una ricostruzione scientifica pubblicata su Nature nel 2019. Inoltre, sebbene sia spesso raccontata la favoletta della supervisione scientifica dei dinosauri del film del 1993, in realtà la parte scientifica fu molto superficiale (e nessuno si dovrebbe scandalizzare di ciò: come ripetono meccanicamente i critici del blog, quello è "solo un film"). 
Ciò che interessò agli animatori di Jurassic Park fu di introdurre una sufficiente dose di "plausibilità" e "naturalezza" negli animali. Badate bene a questi concetti: "plausibile" e "naturale" non sono attributi reali di una creatura oggettiva, ma descrizioni delle loro impressioni sull'osservatore. Una volta raggiunto lo scopo della "plausibile naturalezza", il lavoro dei creatori di Jurassic Park si è concluso. Nessuno intendeva, né poteva, puntare alla "correttazza e testabilità" delle ricostruzioni dinamiche. Nessuno puntò (consciamente?) alla "validazione scientifica" dei loro dinosauri in computer graphic. 
La tesi che sostengo qui (e che, per quanto banale, è comunque meritevole di essere esplicitata) è che la dinamica nei dinosauri di Jurassic Park (e, di conseguenza, la dinamica "canonica" nella grande maggioranza delle ricostruzioni di dinosauro dal 1993 ad oggi) non sia scientificamente valida, e che essa sia solamente un canone estetico, ed un vincolo da superare perché limita la nostra capacità di ricostruire i dinosauri.
La prova della prima parte della mia tesi la abbiamo direttamente dal "documentario ufficiale" del film: The Making of Jurassic Park.
Nel documentario, vediamo alcune scene tratte dal lavoro di pre- e post-produzione del film, e vediamo il lavoro degli animatori che hanno realizzato le ricostruzioni digitali. Nel documentario, è esplicitamente mostrato che l'andatura del Brachiosaurus sia stata ispirata dalla andatura in alcuni grandi mammiferi (elefante indiano e giraffa), mentre l'andatura dei dinosauri bipedi sia ispirata dall'andatura nell'uomo e di alcuni grandi uccelli. 
Un sauropode ha un sistema muscoloscheletrico ben differente da quello di un elefante o una giraffa: basti pensare al diverso impianto delle articolazioni del cinto pettorale, al diverso contributo dell'arto anteriore nella generazione della spinta, nel diverso posizionamento del baricentro nei vari animali, al fatto che i dinosauri abbiano una lunga coda ed un sistema retrattore basato sui caudofemorali - assenti nei mammiferi. Già tutti questi elementi contribuiscono in modo sostanziale alla andatura e dinamica dell'andatura. Pensare che un sauropode "cammini come un elefante" è pertanto grossolano, impreciso e fuorviante. Illudersi che la camminata di una giraffa "simuli" un sauropode è quindi ingenuo e superficiale, una illusione che può funzionare nella "sospensione dell'incredulità" che accettiamo sgranocchiando pop corn al cinema, ma che non dovrebbe poi essere presa a canone generale per 25 anni di successive rappresentazioni grafiche.
Analogo argomento per i dinosauri bipedi. Uno struzzo è un theropode attuale troppo modificato rispetto al bauplan coelurosauriano per essere preso a modello plausibile per un tyrannosauride o un dromaeosauride: già solo il diverso contributo del sistema caudofemorale (e quindi il diverso ruolo dell'articolazione dell'anca rispetto al ginocchio), e gli effetti allometrici (per Tyrannosaurus) producono una sostanziale differenza nella dinamica del passo. Analogamente, aver preso Homo sapiens come "analogo locomotorio" per i dinosauri bipedi introduce fattori assenti nella struttura anatomica dei dinosauri. In particolare, Homo sapiens, avendo una postura unicamente verticale ed essendo privo di un sistema di "bilancieri anatomici", ha evoluto una camminata molto particolare, durante la quale è necessariamente costretto ad oscillare alternativamente le braccia - come bilancieri - per mantenersi in equilibrio dinamico. Un theropode non ha questi problemi, dato che la sua postura è orizzontale e la coda controbilancia "di default" la parte anteriore del corpo, ma sopratutto non potrebbe oscillare alternativamente le braccia dato che il cinto pettorale è rigidamente connesso da furcula e sterno alla gabbia toracica: un theropode non è quindi in grado (né ha interesse a farlo) di oscillare le braccia. Dimenticatevi quindi le braccia ciondolose che vedete invece in tutti i dinosauri bipedi in Jurassic Park e nei suoi seguiti (diretti o ispirati). Tutto ci dice che durante il moto, i theropodi non muovessero le braccia, ma le tenessero serrate al torace.

Non ho dubbi che ci sarà il solito commentatore seccato dalla "ovvia banalità" del discorso in questo post. E non ho dubbi che la critica alle mie parole sarà più verso l'intenzione di fare l'analisi piuttosto che alla serie di argomenti presentati. Eppure, voglio rispondere con un paradosso. Immaginate che non abbiate mai visto un essere umano camminare, e che vogliate ricostruire la sua andatura partendo dal solo scheletro e usando come riferimento animali che ritenete "dinamicamnete simili", come gli scimpanzè e gli struzzi. Le grandi scimmie sono i parenti più prossimi, e gli struzzi sono animali bipedi di dimensioni analoghe ad Homo sapiens: prenderli come "analogia" per la ricostruzione è quindi legittimo, e siamo tutti concordi che usarli come modello di riferimento sia una scelta accettabile. Ma cosa succederebbe a fare una ricosturzione dell'andatura umana che fosse solamente "plausibile e naturale" in analogia con l'andatura dello scimpanzé e dello struzzo? Sicuramente, avremmo una immagine di come cammina l'uomo che non viola le leggi della fisica, ma dubito che otterremmo qualcosa di corretto nei dettagli importanti che generano la vera camminata umana. 
Che impressione vi darebbe, dopo aver visto per 25 anni "uomini in computer graphic" fatti in tal modo, scoprire che Homo sapiens non camminava in quel modo?
Immaginate una sfilata di modelle che ondeggiano la braccia ed i fianchi di lato come uno scimpanzé, ciondolando ritmicamente collo e piegando le caviglie come uno struzzo. Ecco, ora avete in mente l'impressione che ho io quando guardo il Tyrannosaurus di Jurassic Park.

12 gennaio 2019

Halszkaraptor, The Graphic Novel!


Troppo mitico!

Vi ricordate la striscia a fumetti dedicata a Sauroniops?
Arnaud Plumeri e Bloz, gli autori di Les Dinosaurs/Dinosaures the Graphic Novel, sono tornati a parlare di "miei" dinosauri, e questa volta hanno scelto come protagonista il nostro paraviano preferito, la principessa dell'omoplasia e dell'eleganza, ovvero Halszkaraptor!
In anteprima assoluta, ecco la striscia dedicata a Halszkaraptor, che comparità nel numero di marzo 2019 della serie. Nel medesimo numero, è inclusa una intervista al vostro blogger, con alcune foto della Piccola Halszka.
Ringrazio Arnaud e Bloz per aver dedicato alla mia piccola Halszka una spassosissima puntata della loro serie!