(Rough) Translator

31 maggio 2022

Ai miei tempi

"Il tuo articolo è da sottomettere"
Donatien-Alphonse-François de Sade, signore di Saumane, di La Coste e di Mazan, marchese e conte de Sade, inventore dell'Editoria Scientifica


Nonostante non sia ancora entrato nella terza età, inizio a manifestare i classici comportamenti dell'anziano, primo tra tutti il lamentarmi di come stanno andando le cose ai giorni d'oggi e di come ai miei tempi le cose fossero migliori.

Prendiamo la procedura di invio di un articolo scientifico ad una rivista internazionale soggetta a revisione paritaria perché sia eventualmente pubblicato (in gergo, "sottomissione dell'articolo"), che è una delle attività principali del ricercatore scientifico (sì, scrivere articoli e sottometterli prende molto molto più tempo del partecipare a scavi, smanettare in laboratorio o aprire cassetti polverosi di collezioni museali). 

Quando ho iniziato a sottomettere articoli, quasi una ventina di anni fa, le cose erano molto più semplici e umane di oggi.
Ai miei tempi, scrivevi una email all'editore della rivista (alcuni andavano ancora di sottomissioni cartacee!) nella quale allegavi una serie di file: un file word contenente il testo dell'articolo con in fondo le didascalie delle figure, una serie di file immagine con le figure del manoscritto, ed una "cover letter" in cui, con un tono formale ma non troppo tecnico, spiegavi all'editore perché proponevi il tuo manoscritto a quel giornale scientifico. Punto.

Oggi, per sottomettere un articolo occorre avere di fianco il notaio, il commercialista e a volte persino l'avvocato.

Dal sito della rivista scarichi le istruzioni per gli autori e te le leggi fino in fondo. Per sicurezza, salvi le istruzioni e le tieni di fianco durante tutta la procedura di formattazione, perché ci si perde senza. Speri di avere un collega che ha sottomesso per quel giornale dopo che avevano già attivato l'ultima versione delle procedure di sottomissione.

Il testo del manoscritto, che avevi - ovviamente - già scritto, ora va ristrutturato e formattato secondo le bizzarre forme della rivista specificate nelle istruzioni. Non devi superare il limite imposto nel numero di parole. Ma, soprattutto, devi seguire la peculiare modalità di formattazione delle citazioni bibliografiche, che da sola ti ruba una giornata. Se le citazioni sono numeriche e non in ordine alfabetico, il tempo di formattazione triplica. Cambi rivista? Di fatto, riscrivi il manoscritto da capo e ripeti tutto una seconda volta. Alla fine, il file sarà caricato nella apposita casella della pagina di caricamento dei file.

Le didascalie (le caption figures) sono da formattare secondo le norme della rivista, e sono da includere come file separato. Esse saranno caricate nelle apposite caselle nella pagina della pagina di caricamento dei file.

Le figure, che tu avevi già realizzato secondo il tuo gusto, sono quasi sicuramente da rifare. Devono avere dimensione, proporzioni e risoluzione idonee come descritto nelle istruzioni per gli autori. Evita colori non distinguibili a chi ha problemi di percezione cromatica (addio bel grafico verde e rosso!). Evita forme troppo contrastate (addio bella ricostruzione scheletrica!). Dimentica l'esistenza del .jpg. Impara ad usare Illustrator. In ogni caso, alla fine, il formato richiesto spesso è quello che ti da più problemi a rispettare le dimensioni massime imposte. Le particolari immagini che avevi pensato come iconografia della tua ricerca, alla fine, sono un ricordo. Mi raccomando, non cestinare il tuo file finale coi livelli separati, perché sicuramente nella seconda fase di revisione oppure nella fase di assemblaggio del proof finale ti sarà chiesto di aggiustare il font, convertire il file in altro formato, o altre arcane richieste del tutto irrilevanti ai fini dell'articolo ma assolutamente necessarie per i bizantinismi editoriali a cui ti sei liberamente sottomesso.

La cover letter - di cui ti vergogni rimembrare la mielosa piaggeria e l'eccesso di enfatici superlativi - deve essere accompagnata da una serie di liberatorie in cui i detentori degli eventuali diritti su qualche immagine, software o brevetto utilizzato nello studio dichiarano di dare l'assenso all'utilizzo del loro prodotto. Prega a quel punto che nessuno ti faccia delle storie sui suoi diritti.

Devi compilare il modulo in cui si dichiara il ruolo e le attività svolte da ogni singolo coautore. Risatina isterica. Nel 65% dei casi (ottimistico), quello che dichiarato è falso e serve solo a giustificare la presenza di persone che sebbene non abbiano partecipato alla ricerca in sé, la loro partecipazione nell'articolo, dovuta anche a motivi extra-scientifici, è comunque fondamentale per la finalizzazione del lavoro. La politica, il baronato, le pubbliche relazioni, tutto va celato o reso in modo grigio...

Devi esplicitare la procedura svolta per tutti i diversi tipi di analisi, descrivendola (e non semplicemente citandola) utilizzando l'apposito modulo S.Che.N.C. (Sfacchinata.Che.Nessuno.Considera) in cui spieghi passo dopo passo le procedure, includendo dove necessario i link ai file supplementari che quel singolo lettore pignolo su 10 mila vorrà a tutti i costi controllare per poi rifare le tue analisi e poi scrivere sul suo blog "Gastropoda" che la tua analisi è fallace perché non supera il tal test statistico.

Devi caricare tutti i file supplementari con i dati utilizzati, formattandoli secondo la norma della rivista oppure, qualora fossero troppo pesanti, tipo sopra i 10 MB (che nell'era dei Gigabytes al secondo fa ridere), devi zipparli e caricarli in un archivio digitale riconosciuto valido per poi fornire il link e/o doi del caricamento. [Ovvero, devi passare un'altra giornata a formattare i file secondo le norme dell'archivio, caricarle, ottenere la conferma del caricamento, e spesso persino pagare una somma di denaro per ottenere questo link]

E dopo che hai fatto tutto questo, e hai sottomesso tutto il tuo lavoro, comunque non è ancora nemmeno iniziata la revisione, perché la rivista si riserva il diritto di valutare se la tua sottomissione sia meritevole di essere presa in considerazione.

Ovvero, dopo 3-5 giorni interi di lavoro unicamente finalizzato a caricare il file in un sito online, è possibile che tutta la faccenda si risolva già entro 24 ore ricevendo questa email:


"Gentile Dott. Cau,
la ringraziamo per aver considerato la nostra rivista per pubblicare il suo lavoro scientifico.
Come ben sa Playboy riceve una quantità di sottomissioni ben maggiore del numero effettivo di lavori che possono essere revisionati e pubblicati sulla nostra rivista. Troppa patata e poche pagine, sa come vanno queste cose...
Siamo quindi dolenti nell'informarla che la sua domanda è stata rifiutata.

Tuttavia, se ritenesse questa alternativa di suo gradimento, può risottomettere automaticamente il suo lavoro alla nostra rivista associata Playboy Communications, la quale valuterà se considerare il suo studio pertinente con le mission della rivista.

Le ricordo che la pubblicazione su Playboy Communications si basa sul Open Access Mighty Dragon Plus 3.0.2, e comporta per l'autore il pagamento di una quota di sottomissione fisica e morale di euro 6400 (IVA esclusa).

Cordiali saluti,

Il Gran. Farab. Figl. di Mammaliamorph. Cenozoic. Laramidian. J. Menghele PhD - Editore Associato di Playboy"






 




28 maggio 2022

Recensione di "Prehistoric Planet" - Episodio 5

La Selezione Sessuale - versione genovese


Il quinto episodio di "Prehistoric Planet" (qui potete leggere le recensioni al primo, secondo, terzo e quarto episodi) ci porta dentro le foreste.

L'episodio si apre con un gruppo di titanosauri giganti che si fa strada nella foresta abbattendo alberi. L'ipotesi è plausibile, anche se è probabile che i dinosauri più grandi fossero probabilmente abitanti di contesti aperti e poco fittamente vegetati (come le savane alberate) piuttosto che l'interno di una foresta. Qui è bene ricordare che per la loro natura chimica e biologica le foreste sono uno dei posti meno adatti alla fossilizzazione, e che pertanto le nostre conoscenze su quali animali le abitassero sono limitate a quei casi in cui all'interno della foresta erano presenti micro-ambienti favorevoli alla preservazione della materia organica (accumuli di resina oppure pozze anossiche).

Nella seconda scena, incontriamo un branco di Triceratops che attraversa la foresta. La narrazione di Attenborough ci informa che la vegetazione di cui si nutrono ha evoluto tossine contro gli erbivori, e che questi ceratopsi, come risposta adattativa, hanno imparato a consumare certi sedimenti in una grotta dotati di funzione antidotica verso le tossine. Ora, so bene che certi uccelli odierni (in particolare, pappagalli) consumano certi tipi di sedimento che assumono per integrare la dieta o come antidoto, e so bene che è documentato il caso di un branco di elefanti che va in grotte per consumare il sale lì depositato, ma il mescolare le due situazioni in un singolo fenomeno, e applicarle a Triceratops è pura fantascienza. Punto. I due casi moderni sono relativi a specie molto sociali, con complessi nuclei famigliari, dotate di cervelli enormi e spiccata curiosità: vogliamo pensare che Triceratops, con il suo cervello modesto e nessuna prova di aver evoluto una socialità complessa e cure parentali prolungate, sia davvero un buon candidato per riunire in sé entrambe quelle due situazioni (già di per sé ciascuna veramente al limite)? Anche ammettendo che alla base di tutto ci sia la tossicità delle piante, ma non è più semplice in quel caso cambiare dieta, smettere di consumare piante tossiche, cambiare ambiente? Queste situazioni estreme e quasi forzate, a cui ci sta abituando Prehistoric Planet sono, almeno per il mio palato, un poco indigeste (forse devo trovarmi una grotta).

Nella scena successiva, viene mostrato un rituale di corteggiamento in Carnotaurus. Palesemente ispirato a certi squamati ed uccelli attuali, il maschio tende a mantenere un'area di foresta libera da detriti per usarla come arena in cui corteggiare la femmina. Il colpo di scena è l'aver immaginato le piccole braccia di questo theropode come vistosamente colorate, come appendici quindi soggette alla selezione sessuale. Ho grossi problemi a considerare questa idea plausibile. La selezione sessuale, se efficace, non si limita a rendere una appendice più colorata, ma generalmente la amplifica come dimensioni e complessità. Se davvero le braccia di Carnotaurus fossero selezionate per il corteggiamento, favorendo i maschi con le appendici più vistose, ci aspetteremmo l'evoluzione di strutture molto esagerate e voluminose, e non di moncherini vestigiali. Quindi, questa scena sarebbe stata perfetta se al posto di Carnotaurus i creatori della serie avessero usato Megaraptor oppure Therizinosaurus con le loro mani esagerate e gli artigli fuori misura. Oppure se gli autori avessero immaginato le braccia di Carnotaurus adornate da qualche esagerata struttura molle o da penne elaborate. Ma le braccia da sole sono quanto di meno utile un theropode abbia evoluto per esporre un segnale sessualmente stimolante. Se qualcuno vuole suggerire che prima comparvero le braccia corte e poi su queste si concentrò la selezione sessuale, allora dovrà spiegarmi quale meccanismo ha spinto quella parte del corpo a diventare colorata proprio nel theropode con le braccia più piccole e insignificanti (parola non scelta a caso: la selezione sessuale si basa su significati, su messaggi mediati dal corpo).

Nella quarta scena, ambientata in Asia, un tyrannosauride alioramino cerca di catturare un Corythoraptor mentre pascola col resto del gruppo in una foresta. Come sempre, la resa anatomica e dinamica degli animali è superlativa, e rende questa serie il migliore prodotto finora realizzato con dinosauri in CGI.

Nella scena successiva, la narrazione si focalizza (letteralmente) su un fenomeno che doveva essere molto ricorrente nel Mesozoico, a giudicare dalle tracce lasciate in molti livelli sedimentari: gli incendi. Anche qui, viene mostrato un comportamento un po' fantasioso ed al limite, quello dell'ankylosauro che sgranocchia del legno carbonizzato come "digestivo" contro le tossine vegetali. Anche in questo caso, è plausibile che un animale debba attendere (o andare alla ricerca) di legno combusto per espletare una funzione digestiva? Sappiamo che alcune scimmie hanno acquisito questo comportamento, ma quanto è traslabile su un ankylosauride? Dobbiamo sempre ricordare che questi animali non mostrano prove dirette né evidenze neurologiche di essere dotati di trasmissione culturale, e pertanto se acquisiscono un comportamento, questo deve essere innato oppure frutto di una iterazione forzata. La combinazione di piante tossiche, incendi e cervello da ankylosauride mi pare un mix insufficiente per produrre un tale comportamento.

La penultima scena mostra alcuni Therizinosaurus (sia giovani che un adulto, sebbene non formanti un gruppo famigliare) che cercano di depredare un favo per il suo miele. La scena è notturna, sebbene sia da notare che l'unico cranio noto di therizinosauride abbia la morfologia della zona oculare tipica delle specie diurne.

L'ultima scena è ambientata su un'isola dell'Europa orientale, popolata da pterosauri giganti che se ne vanno a spasso per impalare prede col becco (uno dei soggetti preferiti da questa serie), piccoli ornithopodi (Zalmoxes), titanosauri e hadrosauroidi. Purtroppo, non viene mostrato Balaur, forse per evitare la controversia sulla sua natura (avialae o dromaeosauride?). A parte le facce "iper-guanciottose" degli Zalmoxes, su cui si potrebbe discutere per giorni, la scena è originale come contesto, ed una degna chiusura dell'episodio.

Ormai, questa serie mi ha abituato a provare un mix di sentimenti. Da un lato la enorme soddisfazione per la cura anatomica e per il modo di rendere movimenti e posture (che contrasta con i mostri innaturali realizzati da ben più ricche produzioni), dall'altro la quasi ossessiva ostentazione di comportamenti "bizzarri" oppure "bordeline" che è palesemente figlia del filone "All Yesterdays". Il problema di questa impostazione è che tale atteggiamento - in teoria non particolarmente dannoso - ha già prodotto fin troppi fraintendimenti dentro la comunità di paleo-fan, i quali per giunta sono spettatori ben più consapevoli della persona media. Il pubblico medio, del tutto ignaro di questi dibattiti e di queste teorizzazioni paleoartistiche, quando vede i Triceratops in grotta temo che concluda sbrigativamente che questi animali mangiassero terra e, peggio, vivessero con i cavernicoli. Punto. Temo che questo ostentare scene "estreme" sia una forma di autoreferenzialità tutta interna al mondo paleontologico che non aiuta la divulgazione di una paleontologia de-mostrificata. Il voler mostrare scene "non convenzionali" (pur mantendendosi dentro un alveo di "ispirazione scientifica" che però non viene quasi per niente argomentata) ha il difetto di produrre forzature che, se non opportunamente esplicitate, spiegate e giustificate, producono nuovi falsi miti paleontologici, ai quali, ovviamente, poi dovranno far fronte i paleontologi divulgatori.

Come dimostrano già i commenti online a questa serie (che spaziano dall'ostilità emotiva alla farneticazione più o meno politica, al fanatismo acritico), il sostituire i dino-mostri con i sottili bizantinismi paleoartistici (molto di nicchia), pur con ottime intenzioni, ha però anche l'effetto immediato di creare una nuova generazione di dinomaniaci non meno fanatici verso il nuovo canone di quanto lo siano i cultori del Jurassic Franchise.

So di essere in minoranza con queste considerazioni, ma essa è la mia valutazione personale di questa produzione, che, ripeto, ha dei punti di forza altissimi, ma è anche generatrice di effetti non meno impattanti, con implicazioni che forse voi potete ignorare o sottovalutare, ma che ai miei occhi sono evidenti e significative.



27 maggio 2022

Recensione di "Prehistoric Planet" - Episodio 4


Il quarto episodio di "Prehistoric Planet" (qui il primo, secondo e terzo) è dedicato alle zone polari, sia nord che sud. L'osservatore poco informato sui progressi della paleontologia mesozoica si troverà spaesato di fronte allo scenario di dinosauri nella neve, dato che, tradizionalmente, il mondo preistorico era rigidamente diviso in epoche con una netta connotazione climatica, con il Mesozoico sempre dipinto come un età unicamente torrida. Negli ultimi quaranta anni, abbiamo scoperto in Australia meridionale, Alaska e Antartide le prove di faune dinosauriane adattate, in varie fasi del Mesozoico, a climi simili a quelli che oggi abbiamo in Europa centro-settentrionale, quindi caratterizzati da inverni freddi e dalla presenza della neve.

La voce narrante di Attenborough ci informa che il clima nelle zone polari di allora, pur essendo più caldo di come è oggi, era comunque sufficientemente rigido per includere la neve, specialmente durante i lunghi mesi di notte polare (questa è, allora come oggi, un effetto dell'inclinazione dell'asse terrestre, di circa 23° rispetto al piano dell'orbita attorno al sole, che produce una asimmetria nelle ore di luce giornaliera durante i diversi momenti dell'anno).

In questo episodio, emergono alcuni limiti della serie. Il primo è stato la decisione di limitare episodi e scene (almeno per questa prima stagione? ci saranno seguiti?) alla fine del Cretacico, con il risultato che le più interessanti faune polari note sono state automaticamente escluse dall'episodio (come quella australiana di metà Cretacico o quella antartica di inizio Giurassico). Il secondo è una inevitabile ripetitività di eventi e protagonisti. Anche in questo episodio, come nei precedenti, abbiamo un trio di Dromaeosauridae a caccia in contesti più o meno ardui, ed abbiamo i tyrannosauridi come unici grandi predatori. Lo spettatore non pratico di faune mesozoiche può quindi concludere erroneamente che Dromaeosauridae e Tyrannosauridae erano i principali se non unici predatori nell'era dei dinosauri.

Ammetto di essere rimasto subito perplesso per alcune scelte "estetiche". Vediamo dinosauri ornithischi immersi nella neve e del tutto privi di qualche adattamento alla vita in contesti freddi. Gli hadrosauridi hanno la pelle totalmente squamata e proporzioni corporee alquanto affusolate, ed i ceratopsi (Pachyrhynosaurus) sono ricoperti solo in parte da una rada copertura di aculei del tutto insufficiente a proteggere dal freddo. La narrazione ci informa che gli animali stanno migrando a nord con la primavera, ma questo non cambia il fatto che siano animali immersi nella neve e privi di qualche evidente protezione contro il congelamento. Nemmeno i giovani hadrosauridi, quelli che sarebbero i più avvantaggiati da una tale opzione, paiono aver ricevuto quel manto che, senza problemi, abbiamo invece visto dare ai piccoli Tyrannosaurus nel primo episodio della serie. Sembra quindi che per gli ideatori della serie, la biologia di questi animali non abbia la capacità di acquisire un manto protettivo, anche solo stagionale, pur disponendo (almeno i ceratopsi nel filmato) di filamenti potenzialmente idonei a fornire un vero manto se opportunamente selezionato. Eppure, la stessa serie, solo due scene dopo, ci mostra dei tyrannosauridi, parenti prossimi di Tyrannosaurus e Tarbosaurus (visti nella loro livrea "nuda" ma pur dotata di filamenti sottili negli episodi precedenti) essere qui ricoperti da un vistoso manto piumato. Cosa impedisce una analoga evoluzione negli ornitischi, per i quali conosciamo la presenza di un manto filamentoso in almeno tre specie? Onestamente, trovo queste distonie tra i diversi dinosauri (già notate anche nell'episodio ambientato nei deserti) illogiche e poco felici per una serie che in altri casi non ha avuto paura di osare nel mostrare ardite (ma pur sempre fondate scientificamente) analogie col mondo moderno. Mammuth e rinoceronti lanosi non sono valide ispirazioni? 

L'idea che un branco di grandi hadrosauridi possa andare in panico per tre dromaeosauridi - come vediamo nella seconda scena dell'episodio - mi pare iperbolica e un poco drammatizzata. Abbiamo già visto molte volte che ai dromaeosauridi è concesso un qualche potere speciale che gli animali comuni non hanno, per cui essi sono dipinti come iper-predatori dalle prestazioni inusuali. Io continuo a vederli come grossi uccelli e non come macchine di morte, quindi ritengo difficile che una ventina di hadrosauridi di qualche tonnellata l'uno, messi assieme, si scompongano alla vista di 90 kg (in tutto, sommando i tre animali) di carne piumata.

Il documentario mostra il legame famigliare tra giovani ed adulti in Hadrosauridae come più stretto e duraturo rispetto a quello visto negli altri dinosauri, al punto che vediamo madri nutrire i piccoli nel nido e genitori che cercano di soccorrere i giovani finiti in acqua. Che ci fossero diversità nel grado di cure parentale nei dinosauri mesozoici è possibile, ma non è dato sapere se e quanto fosse intenso questo legame in gruppi specifici. Attualmente, la grande maggioranza dei dinosauri è ritenuta avere prole precoce ed iper-precoce, con la sola eccezione di Hadrosauridae in cui è stato proposto una prole semi-inetta (anche se su argomenti che meriterebbero una rivalutazione). Tuttavia, le analisi attuali non permettono di stabilire che tipo di cura parentale fosse operata dagli hadrosauridi alla prole né quanto durasse la fase di "semi-inettitudine" della prole. Se dobbiamo essere onesti, quindi, l'immagine di mamma hadrosauride che sfama i piccoli nel nido è più un retaggio di certa iconografia della fase più intensa del "Rinascimento dei Dinosauri" (negli anni '80 e '90) che una effettiva evidenza scientifica.

La scena della colonia di nidificazione di Ornithomimus è esplicitamente virata sul comico, come denota la stessa colonna sonora. Finora, purtroppo, non conosciamo nidi o colonie per questi theropodi, quindi la scena si basa, in parte, su quanto sappiamo dei siti di nidificazione di altri maniraptoriformi e sull'ipotesi che almeno i maniraptori avessero un sistema paternale di cura parentale (ovvero, basata sul legame tra padre e covate).

Un'altra icona classica degli anni '80, e che viene riproposta nell'episodio di oggi, è l'idea che i ceratopsidi si serrino in ranghi difensivi qualora siano attaccati dai tyrannosauridi. Non ho mai amato molto questo parallelismo con alcuni bovidi moderni.

In una scena successiva, seguiamo un gruppo di lambeosaurini insediare il proprio sito di nidificazione in una zona geotermicamente attiva, per sfruttare il calore del terreno per la nidificazione. Va sottolineato che questa idea prende spunto da studi su covate di sauropode rinvenute in contesti geotermici. Tuttavia, la modalità di riproduzione dei sauropodi è diversa da quella hadrosauriana (i primi hanno prole iper-precoce e abbandonavano le covate dopo la deposizione, i secondi sono qui mostrati con prole semi-inetta e cure parentali prolungate), quindi non so quanto il modello della covata geotermica sia traslabile da uno all'altro gruppo. In effetti, a giudicare dal finale della scena, con il sito di nidificazione invaso da miliardi di zanzare, non so nemmeno quanto sia vincente evolutivamente una tale strategia riproduttiva.

Una scena ci porta in Antartide, dentro una lussureggiante foresta abitata da alcuni parankylosauri del genere Antarctopelta. La ricostruzione degli animali si avvantaggia della recente descrizione di Stegouros per darci un'immagine meno speculativa del dinosauro antartico. Nella scena, un trio (probabilmente, fratelli di covata) di dinosauri corazzati cerca rifugio per il letargo in una cavità usata da più anni ma non più in grado di ospitarli tutti ora che sono cresciuti. Un dettaglio degli animali, e che si ritrova in tutti gli ornitischi dell'episodio, è snervante: tutti questi animali emettono dei versi veramente fastidiosi! Possibile che non si riesca ad uscire dall'idea che questi animali vocalizzino solo con bassi grugniti emessi più o meno a caso? Si salvano solo, in parte, i lambeosaurini, ai quali si aggiunge una nota polifonica con qualche strumento a fiato. Tanta esuberanza nei comportamenti e nelle situazioni ambientali, ma poi una rigorosa adesione ad un canone sonoro di ridotta variabilità? Eppure, anche solo restando nell'ambito dei rettili e degli uccelli non-canori, è legittimo immaginare una serie di soffi, borbottii, battiti di mascelle e sibili modulati in questi animali. Niente di tutto ciò, tutto è limitato a bassi mugugni monofonici. Ma, soprattutto, continua lo stereotipo del "buon ornitischio", della "pecora mesozoica", dallo sguardo che invece di essere rettilianamente inespressivo (cosa che in un dinosauro è realistica) appare proprio intontito e bonario (cosa che è del tutto arbitraria). Unico sgarro dal canone è nel momento in cui il ceratopside è attaccato, ma anche in quel caso, l'animale è pur sempre un passivo difensore ed il suo latrato un atto di disperazione verso un torto ricevuto dal più nobile ed attivo predatore. 

Questo episodio mi ha lasciato con qualche perplessità. La resa grafica e le animazioni restano sempre eccezionali, e la cura anatomica è una gioia per il mio occhio, ma il mix di incongruenze tegumentarie, cliché comportamentali e stereotipi fonetici non mi permette di godere fino in fondo del prodotto. Voto pur sempre molto alto, sia chiaro, ma per il mio palato forse troppo tecnico sul piano scientifico questo quarto capitolo non appare al livello magistrale dei primi due episodi.


 



26 maggio 2022

Recensione di "Prehistoric Planet" - Episodio 3

Teenage Mutant Ninja Raptors return


Dopo il primo ed il secondo episodio, ecco il terzo della nuova serie di "paleo-docufiction" BBC/Apple narrata da David Attenborough. Questo è dedicato alle acque dolci.

L'episodio si apre con una colonia di pterosauri abitante una ripida scogliera di un canyon scavato da un fiume. La colonia è attaccata da un trio di Velociraptor, uno dei quali riesce rocambolescamente a catturare un rettile volante. Onestamente, questa scena, per quanto resa in modo eccellente, è un poco irrealistica. Trovo improbabile che animali come Velociraptor si avventurino in un contesto tanto ripido e pericoloso per nutrirsi di qualche pterosauro, animale che, nella sostanza, è tutto pelle, sacchi aerei e ossa. Il gioco non vale la candela. [Sì, so che ci sono evidenze di questa relazione alimentare, ma ciò non è una prova che sia avvenuta in questo contesto estremo] In effetti, l'improbabilità della situazione, la scelta di Velociraptor, e la volontà di rappresentarli come una squadra di tre elementi mi pare l'ennesima adesione ormai un po' ripetitiva all'immagine di "dinosauro ninja" capace di mirabolanti imprese acrobatiche in contesti estremi, che Jurassic Park ha imposto per questi paraviani.  

Nella seconda scena, abbiamo un Tyrannosaurus che banchetta con la carcassa di un Triceratops, anche questo un cliché paleoartistico ormai canonico. L'animale, ferito dal combattimento con la preda e solcato dalle cicatrici della sua età, incontra poi una femmina della propria specie, con la quale si accoppia. La resa anatomica di questi animali è molto buona, ed è apprezzata la volontà di mostrare la corporatura massiccia e graviportale di questo dinosauro.

Nella terza scena, abbiamo un Deinocheirus immerso in uno stagno che cerca qualche ristoro dagli insetti che lo tormentano. L'animale è avvolto da un denso manto di piume, che in acqua dovrebbe inzupparsi e renderlo ancora più pesante e impacciato. Nell'episodio precedente, ambientato in un contesto desertico, si intravede un therizinosauride anche questo fittamente piumato. Queste scelte nella ricostruzione dei due maniraptoriformi giganti mi paiono un poco irrazionali, visto che i realizzatori della serie non hanno avuto problemi a rappresentare i grandi tyrannosauridi, di massa comparabile a quella di Deinocheirus e Therizinosaurus, come ricoperti solamente da una sparuta lanugine fine di piume semplici. Quindi, perché non adottare il medesimo look "leggero" anche per i due maniraptoriformi? Cosa dovrebbe permettere la riduzione del piumaggio in un clade ma impedirlo in altri? Faccio notare ai vari "feather-nazi" o "scaliban" che leggono che io non ho alcuna particolare tifoseria per una o l'altra delle possibili opzioni: qui noto una mancanza di coerenza logica, che forse è involontaria. Sospetto che, in questo caso, ci sia una sorta di "pregiudizio ornitomorfo" per cui tanto più un taxon è prossimo agli uccelli (in questo caso, i maniraptoriformi rispetto ai tyrannosauridi) e tanto più debba mantenersi piumato, costi quel che costi. Ovviamente, solo la scoperta di tracce di pelle in questi animali può risolvere la questione.

Nella scena successiva, abbiamo gli sfortunati tentativi di un Quetzalcoatlus di portare a termine la propria covata. Gli pterosauri sono tra gli animali più rappresentati di questa serie, non limitandoli a comparse sullo sfondo.

Passiamo poi a seguire le peripezie rivierasche di una madre Masiakasaurus e dei suoi tre nidiacei, uno dei quali finirà divorato da un gigantesco anuro Beelzebufo. Qualcosa nel Masiakasaurus non mi convince, forse le proporzioni apparentemente "generalizzate" o la postura data all'arto anteriore. I giovani, di cui non abbiamo resti, appaiono come una versione isomorfa miniaturizzata dell'adulto, cosa che mi pare poco realistica, dato che sappiamo quanto marcata fosse la trasformazione delle proporzioni corporee (in particolare, nella testa) durante la vita dei dinosauri.

L'episodio si chiude con la sortita di alcuni elasmosauri nella zona salmastra al confine tra fiume e mare.

Nel complesso, questo episodio, pur rimanendo qualitativamente molto migliore di altre produzioni passate, mi pare meno riuscito dei primi due. Alcune scene sono stereotipate, e poco "ispirate". La colpa non è dei realizzatori della serie, ma degli animali: per quanto ci possiamo sforzare di scrivere "sceneggiature" naturalistiche per una serie dedicata ad animali, il numero di comportamenti e di situazioni accattivanti che siano comunque naturalisticamente plausibili è piuttosto piccolo. Dopo che hai fatto migrare, combattere, nidificare e defecare i tuoi animali, resta ben poco che possono recitare.

A parte queste lamentele marginali, la serie resta una gioia per gli occhi, con un dettaglio anatomico magistrale ed una finezza grafica superlativa. 


25 maggio 2022

La più Grande Cospirazione nella storia della Paleontologia

 

(c) Luis Rey

All'evoluzione degli uccelli a partire dai dinosauri ho dedicato ormai un ventennio di studi. La mia tesi di laurea, del 2003, era incentrata su alcuni problemi relativi alla ricostruzione di questa fase fondamentale dell'evoluzione dei dinosauri. Innumerevoli miei studi e ricerche sono poi germinati da quella tesi di laurea. Parte del mio dottorato di ricerca e alcuni dei fossili più eccezionali che ho studiato sono parte del grande filone di investigazione sulla transizione tra i non-aviani e gli aviani. Ho persino dedicato una intera serie di libri, ancora in sviluppo, all'evoluzione dei dinosauri piumati, alla "rivoluzione" portata da queste scoperte. A spingermi in tutto questo, alla fine del XX Secolo, a indurmi a dedicarmi a questi fossili furono le incredibili scoperte dei primissimi dinosauri piumati, avvenute proprio in quegli anni in Cina. Senza quelle scoperte, sicuramente oggi la mia vita sarebbe molto diversa.

Oggi scopro che tutto ciò che ha fondato l'ultimo quarto di secolo della mia vita era una finzione. Una gigantesca fake news, una colossale cospirazione globale ordita da una potentissima organizzazione che sta cercando di distruggere le fondamenta della nostra società per instaurare un nuovo ordine globale.

Il suo nome è:

[rullo di tamburi]

Recensione di "Prehistoric Planet" - Episodio 2

Fauna nemegtiana in contesto djadochtiano


Nel secondo episodio di "Prehistoric Planet", siamo condotti in contesti desertici.

L'episodio di apre con la spettacolare scena di combattimento tra due maschi di titanosauro all'interno del harem di femmine di uno dei due contendenti. Il genere è menzionato essere Dreadnoughtus. Alcuni commentatori online hanno lamentato la presenza del pollice con ungueale nella ricostruzione di questo titanosauro, rimarcando che questo dito scompare nei titanosauri più derivati. Tuttavia, la formula falangeale della mano di Dreadnoughtus non è nota, e generi relativamente prossimi come posizione filetica (come Diamantinasaurus) conservano questo dito. Pertanto, la questione se la mano di questo sauropode avesse ancora un pollice funzionale è ancora aperta. La ricostruzione propone che i maschi di questo dinosauro avessero un sistema di sacchi gonfiabili lungo il collo, connessi al sistema dei sacchi aerei. Ovviamente, non abbiamo prove dirette di questo attributo, che è vagamente ispirato a certi uccelli e anfibi odierni. La questione è se i sacchi aerei cervicali dei sauropodi permettano un simile apparato di sacchi dilatabili a ripetizione.

Ho apprezzato moltissimo la dinamica "al rallentatore" di questi animali. A differenza dei mostri cinematografici, difatti, gli animali reali sono vincolati alle leggi della fisica, per le quali l'agilità si perde inevitabilmente all'aumento della massa corporea. La vita di un titanosauro gigante è quindi improntata sulla solennità e non sulla frenesia.

Ad un certo punto si intravedono degli enantiorniti svolazzare intorno ai sauropodi, ed io ho esultato.

La seconda scena è ambientata in Asia Centrale. Abbiamo un gruppo di Tarbosaurus che sonnecchia intorno alla carcassa di un sauropode, in un contesto ambientale arido e roccioso. Nella scena entra anche una coppia di dromaeosauridi (specificatamente, come ovvio, dei Velociraptor). Anatomicamente, i dettagli di tutti i theropodi mostrati sono molto buoni. 

La narrazione (sempre di Attenborough) dichiara che Velociraptor spesso caccia in gruppo, ipotesi abusatissima e che è probabilmente errata, frutto di una serie di miti ed errate interpretazioni dei contesti tafonomici. Semmai, sarebbe stato molto innovativo mostrare i due Velociraptor non come una coppia associata bensì come animali opportunisti che convergono sulla carcassa del sauropode per banchettare non appena i Tarbosaurus si sono allontanati: al loro posto, il ruolo di spazzini viene dato agli pterosauri azhdarchidi (anche questa, una scelta molto convenzionale e stereotipata).

A questo punto, l'appassionato di dinosauri commenterà che Velociraptor e Tarbosaurus non sono vissuti nello stesso momento, dato che il primo si ritrova nella Formazione Djadochta mentre il secondo è nella Formazione Nemegt. La medesima obiezione potrebbe nascere alla vista della scena successiva, molto spettacolare e vagamente analoga a quella del film Disney "Dinosauri" (del 2000), in cui orde di dinosauri di varie genie si abbeverano ad una pozza temporanea nel mezzo del deserto. Gli animali mostrati sono titanosauri, adrosauridi, therizinosauridi, ankylosauridi e Tarbosaurus, tutti tipicamente nemegtiani, mentre non appaiono ankylosauridi e protoceratopsi, tipicamente associati agli ambienti aridi djadochtiani. La faccenda è più elaborata dalla sola discussione sulla contemporaneità delle specie.

Studi recenti propongono che i sedimenti nemegtiani e quelli djadocthiani non siano diacroni (= di età diverse) bensì sfumino lateralmente uno nell'altro (con una terza Formazione, la Barun Goyot, che funge da transizione tra le due), e che pertanto le faune nemegtiane e djadochtiane siano state (più o meno) contemporanee, solo separate geograficamente e climaticamente. Inoltre, studi tafonomici suggeriscono che la diversa composizione faunistica che osserviamo tra i due tipi litologici sia un filtro prodotto dai diversi processi di fossilizzazione nei due differenti contesti ambientali (più umido nella Nemegt e più arido nella Djadochta). Pertanto, è possibile che gli animali tipicamente nemegtiani possano essere vissuti (forse con differenti abbondanze relative) anche in contesti djadochtiani e viceversa, ma che i differenti ambienti deposizionali abbiano poi prodotto la diversità faunistica che appare a livello paleontologico.

Piccolo rammarico: peccato non aver introdotto nella scena Halszkaraptor, visto il mix di aridità diadochtiana e pozze d'acqua... L'episodio si concentra invece sulle vicissitudini di un parvicursorino (Mononykus), mostrato come un insettivoro specializzato. Studi recentissimi mostrano una spiccata specializzazione notturna per gli alvarezsauridi, mentre nel filmato l'animale è mostrato sempre in pieno giorno. Non so se questo sia dovuto semplicemente al fatto che la scena era già stata prodotta al momento della pubblicazione dello studio oppure esso sia stato deliberatamente ignorato [Edit: un lettore della pagina Facebook mi fa notare che la maschera facciale con cui hanno ricostruito Mononykus ricorda gli animali notturni, quindi deduco che gli autori fossero a conoscenza dello studio che ho menzionato e lo abbiano seguito e considerato]. Peccato che nella scena non si veda nessuno dei tanti mammiferi tipici dei contesti djadochtiani.

L'episodio prosegue con due scene relativamente convenzionali. Una ripropone una delle specie di pterosauro viste nel primo episodio, e ne mostra i (molto speculativi) rituali di corteggiamento. La seconda mostra un branco di adrosauri sudamericani che migra attraverso il deserto in cerca di condizioni più favorevoli.

Nel complesso, si conferma l'eccellente resa anatomica e grafica delle ricostruzioni, oltre al desiderio di ridurre al minimo le spettacolarizzazioni hollywoodiane per puntare invece sulla naturalezza e analogia fondata scientificamente (anche quando speculativa).

24 maggio 2022

Recensione di "Prehistoric Planet" - Episodio 1

Sir David Attenborough, 96 anni portati meglio dei miei che sono meno della metà

Nessuno della mia generazione ignora l'enorme valore della produzione documentaristica di Sir David Attenborough. Uno dei primissimi documentari che ricordo, risalente alla mia infanzia, a metà degli anni '80, è proprio uno degli episodi de "Il Pianeta Vivente" di Attenborough, trasmessi all'interno del programma "Il Mondo di Quark" di Piero Angela.

Alcuni anni fa, durante la preparazione di un travagliato manoscritto che spero veda la luce nei prossimi mesi, Darren Naish, coautore con me in quello studio, mi accennò che aveva appena iniziato una tanto impegnativa quanto eccitante collaborazione con la BBC e che coinvolgeva proprio Attenborough. Ieri, il primo episodio di questo progetto, "Prehistoric Planet" (di seguito, "PP"), è stato trasmesso.

PP rientra nel filone della "paleo-docufiction digitale", inaugurata un ventennio fa da "Walking with Dinosaurs": si tratta di fiction combinanti filmati in ambienti naturali più o meno editati in digitale in cui sono inclusi "personaggi animali" ricostruiti in digitale, in questo caso, animali estinti. Il tutto per dare una "parvenza" di realismo documentaristico a quella che, comunque, resta sempre una sceneggiatura animata. Questo filone ha prodotto sia risultati dignitosi, come il primo "Walking with Dinosaurs" ma anche le inevitabili degenerazioni, come l'imbarazzante "Jurassic Fight Club". La presenza di David Attenborough, come voce narrante, esplicita le intenzioni della produzione di essere il nobile prosecutore delle istanze del primo "Walking with Dinosaurs". Intenzioni che sono concretizzate dal notevole gruppo di consulenti paleontologici coinvolti nella produzione. Darren Naish stesso è il pilastro principale di questa fondazione scientifica, che ha coinvolto per consulenze particolari autori come Brusatte, Hutchinson, Habib, Witton, Hartman e altri, tutti autori attualmente attivi in vari rami della paleontologia dei rettili mesozoici.

Ho potuto vedere il primo episodio, di cui commento alcuni elementi. Per correttezza verso il lettore, chiarisco subito che io non sono un fan particolarmente appassionato delle "paleo-docufiction digitali", nel senso che credo che esso sia un filone ormai abbastanza canonico e ripetitivo, per quanto spinto al massimo in termini di accuratezza scientifica ed esecuzione visiva. Questo mi rende quindi un osservatore abbastanza distaccato e non partigiano: conosco alcuni dei protagonisti del progetto, ne apprezzo molto il lavoro e l'impegno profuso, ma non nutro alcun attaccamento emotivo o feticcio verso questo tipo di produzioni.

L'unico momento emozionante per me è stato l'introduzione dell'episodio. Vedere la persona di David Attenborough, ormai ultranovantenne, che a fianco di uno scheletro di dinosauro parla allo spettatore, allo stesso modo con cui egli stesso, oltre trenta anni prima, ci aveva parlato di fianco ad altri scheletri di dinosauro nella mitica serie "Vanished Lives" (serie che considero la migliore trasmissione divulgativa di paleontologia mai realizzata), mi ha veramente emozionato. Egli è un grande venerabile a cui va tutta la nostra devozione ed affetto, nel senso più sincero del termine.

La serie si articola in episodi tematici, legati a particolari contesti ambientali. Il primo episodio si concentra sugli ambienti marini. Dalla prima scena intuiamo che l'età rappresentata è l'ultimissima parte del Cretacico, dato che il protagonista, sebbene in un contesto marino inusuale per lui, è il più classico dei personaggi delle "paleo-docufiction digitali", Tyrannosaurus (ovviamente, rex). Per quanto inusuale nelle rappresentazioni, l'idea di un grande theropode capace di nuotare e di raggiungere isole prossime al continente non è per niente eterodossa. Nulla, nella anatomia di questo animale, contraddice una tale capacità. Il video mostra un maschio adulto con la sua nidiata di ormai solo cinque figli sopravvissuti al primo anno di vita. Come ho ripetuto innumerevoli volte sia sul blog che nei miei libri, tutto ciò che abbiamo scoperto finora sui dinosauri mesozoici suggerisce una blanda forma di cure parentali, ed una elevata mortalità infantile: la scena vista in PP segue proprio questo filone di interpretazioni. Da commentare è invece la scelta di mostrare una cura parentale di tipo paternale (ovvero, il maschio, e non la femmina, che si fa carico di proteggere la prole per un tempo più o meno lungo). L'ipotesi segue alcuni studi sulle covate dei maniraptori il cui rapporto tra numero di uova vs massa adulta collima con quello degli uccelli con cure paternali senza coinvolgimento della femmina. Tuttavia, tale ipotesi è stata formulata sulla base delle covate di maniraptori, ma nulla è noto in merito alle covate di Tyrannosaurus, e quindi non è automatico concludere che anche nei tyrannosauroidi ci fosse quel tipo di relazione sociale. In attesa di avere dati diretti da covate tyrannosauridi, quindi, questo dettaglio è, per quanto accattivante, del tutto speculativo per T. rex [speculazione personale: vista la enorme massa adulta di Tyrannosaurus, il mio sospetto è che il modello paternale maniraptoriano non si possa applicare a questo dinosauro]. Tyrannosaurus funge da inevitabile apripista dinosauriano per un episodio che poi si concentra su altri gruppi zoologici: pterosauri, mosasauri, plesiosauri, ammoniti, disseminati su vari continenti (per fortuna, non è tutto e solo "Laramidia Land of the Rex" come spesso accade in questi prodotti).

L'elemento legante i vari sotto-episodi interni alla prima puntata è probabilmente la riproduzione e le strategie riproduttive. Abbiamo le cure paternali di Tyrannosaurus, ma anche le differenze di strategia (e di livello di cure parentali) tra differenti specie di pterosauri contemporanei (con alcune specie che manifestano cure più intense verso la prole confrontate con altre specie invece prive di cure parentali e con i piccoli autonomi e iper-precoci nella capacità di volo), poi le cure parentali spinte al massimo nei plesiosauri (che sappiamo produrre un numero molto piccolo di prole alla volta, e quindi presumibilmente caratterizzati da cure parentali lunghe ed intense), alle competizione tra mosasauri maschi per il territorio, allo spettacolare rituale di corteggiamento delle ammoniti. Bisogna rimarcare che i dettagli fini di questi scenari, pur fondati su evidenze paleontologiche, restano analogie tratte dal mondo vivente ma non sono necessariamente corrette se applicate ai casi mostrati.

Ad esempio, occorre sottolineare che la presenza di indicatori di cure parentali molto forti non implica necessariamente la presenza di comportamenti sociali complessi. Le api e le formiche manifestano cure parentali e difesa della prole estreme, pur non manifestando particolari complessità neuronali. Pertanto, non è così automatico come può apparire nel video che le relazioni tra una madre plesiosauro ed il suo piccolo fossero analoghe a quanto osserviamo nei cetacei di oggi.

Il documentario si chiude con Attenborough che ci invita a visitare la pagina di Prehistoric Planet per visionare i video didattici in cui è spiegata la scienza "dietro" la fiction.

Nel complesso, il prodotto è suberbo, anche per un osservatore abbastanza esigente ed emotivamente arrugginito quale sono io. La cura per il dettaglio anatomico è notevole, anche se non assoluta. I giovani Tyrannosaurus mi sono sembrati un poco artificiosi nelle posture degli arti, così come resto ancora dubbioso sulla presenza di strutture labiali in Tyrannosaurus adulto vista la texture della regione subcutanea delle sue ossa facciali. Ma sono annotazioni minori per un prodotto comunque molto piacevole da seguire.

Ripeto, la mia critica di base non è a questo prodotto o alla sua realizzazione, ma alla intera filosofia della "paleo-docufiction digitale". Pur ammirando l'Attenborough del 2022 che commenta un filmato virtuale, resto ancora dell'idea che l'Attenborough del 1989 che si introduce di persona nella vera miniera di ambra dominicana mentre viene estratta l'ambra sia ancora insuperato ed insuperabile.


22 maggio 2022

The John Hammond Dream Team


Nuovo post della serie speciale di avvicinamento a Billy Mundo Trino. Questi post sono finalizzati a darvi la giusta forma mentale per apprezzare le cafonate in CGI e i buchi di scemeggiatura [sic] del vostro Franchise preferito.
Dopo il post sulla rappresentazione del mestiere del paleontologo in film e serie tv, in questo nuovo episodio voglio spiegarvi perché le cose sono andate storte in Jurassic Park.

"La teoria del caos!" direte voi.
Macché!

"Il sabotaggio e la concorrenza sleale di un'azienda concorrente!"
Ma quando mai?

"La riproduzione delle femmine! Il DNA di rospo!"
Siete totalmente fuori strada.

Il motivo del fallimento del Parco Giurassico è stata la pessima scelta del team operata da John Hammond. Il problema fu il fattore umano. E ad aggravare la cosa sta il fatto che il nostro John aveva una ottima rosa di personaggi a disposizione per costruire un team assolutamente inossidabile, anzi, uno squadrone degno della finale di Champions League dei parchi con dinosauri. Se Hammond avesse selezionato i propri collaboratori ed i consulenti per la valutazione dello stress test in modo più oculato, oggi avremmo un Parco Giurassico in ogni città del mondo. Perché alla fine, il problema non sono i dinosauri, che sono solo animali e mica dei kaiju, ma il modo con cui facciamo stare in piedi lo zoo che li ospita.

Eddie Carr (al posto di Ray Arnold)




A capo di tutta la baracca ci vuole un uomo che ha come filosofia il motto: "violenza e tecnologia, cattivi compagni di letto". Eddie potrebbe far costruire un parco con dromaeosauridi a Casalpusterlengo e farebbe il pienone di scolaresche senza neanche un incidente. Ray Arnold ha dimostrato di farsi prendere la mano (letteralmente) al primo black out, mentre Eddie è uno che pur di evitare pericoli per il personale e gli ospiti si farebbe a pezzi da solo.


Roland Tembo (al posto di Robert Muldoon)




Muldoon ha fallito perché era troppo preso emotivamente verso i dromaeosauridi per agire in modo calmo e razionale. Roland Tembo è lucido, freddo, sempre sul pezzo, è un leader naturale che sa essere autorevole senza essere autoritario, e che può stendere un bullo anche con un braccio legato dietro la schiena. Al tempo stesso, ha uno stile super-cool e modi da vero gentiluomo, che renderanno veramente trendy l'inaugurazione ufficiale di quello che, nei fatti, sarebbe solo uno zoo con polli e iguane. Se c'è qualcuno in grado di far coesistere due specie separate da 65 milioni di anni di evoluzione, quello è Tembo.

 
Lex Murphy (al posto di Dennis Nedry)




Nedry era corrotto e avido, e privo di qualunque empatia verso il progetto. Inoltre, il sistema da lui gestito era una patacca che richiedeva di spegnere e riaccendere il pc ad ogni bug. Hammond doveva puntare verso programmatori giovani, non attaccati al denaro, ed emotivamente legati alla causa del parco. Sua nipote è la persona giusta!


Robert Burke (al posto di Alan Grant)




Grant pare la brutta copia di Indiana Jones, ma nei fatti è abbastanza incompetente sul piano paleontologico. Inoltre, è allergico alla tecnologia, quindi inadatto a valutare il legame tra dinosauri e parco che li ospita. Hammond aveva bisogno di qualcuno che conosce i dinosauri per quello che sono noti, e non per quello che si specula possano essere stati. Burke dimostra di essere un buon divulgatore, capace di collegare la scienza rigorosa con le istanze dei non-esperti. Robert Burke sarebbe stato il consulente perfetto per capire se e come implementare la fauna del parco.


Tim Murphy (al posto di Ian Malcolm)




Non ho mai capito a cosa serva un matematico del caos nella valutazione di uno zoo. A quel punto, avrei capito un ingegnere civile, un architetto, un medico del lavoro, tutte cose che comunque hanno un qualche impatto nella gestione di un parco, ma la matematica del caos è solo roba astratta che va bene per tutto e per niente. Inoltre, Malcolm pare più preso dal pontificare con boutade pseudo-filosofiche e a provarci con le donne presenti piuttosto che fare il lavoro specifico per cui era stato ingaggiato. Quando messo di fronte ad un dinosauro, scimmiotta male le azioni altrui e diventa un impaccio da assistere. A quel punto, se Hammond voleva un elemento logorroico che non dice niente di sensato e che rischia solo di farsi ammazzare, allora era meglio che scegliesse suo nipote Tim. Timmy ha mostrato di gestire meglio di Malcolm l'improvvisa uscita di un Tyrannosaurus. E almeno non ci prova con tutte le donne in giro.


Ellie Sattler (al posto di Ellie Sattler)




Insostituibile.


Victor Hoskins (al posto di Donald Gennaro)




L'errore di Hammond fu di dare troppo peso agli avvocati, quando invece avrebbe dovuto pensare alla sicurezza. Se non ci sono problemi alla sicurezza, non ci saranno problemi legali. Semplice. E poi Vincent D'Onofrio sta bene in qualunque contesto.


Il ragazzino di Jurassic World di cui non ricordo il nome (al posto della capra)




Il T-rex dovrà pur mangiare, no?


La famiglia di Jurassic Park III di cui non ricordo il nome (al posto della mucca)




I raptor dovranno pur mangiare, no?


21 maggio 2022

I tipi di paleontologo di finzione

 Il paleontologo è un tipo di scienziato che si vende benissimo al cinema o nelle serie tv. Inoltre, a differenza del genetista e del fisico, che di solito sono dipinti come dei cattivi più o meno nazisti o come dei pazzi scatenati, il paleontologo è sovente un protagonista positivo, o comunque uno dei "buoni". E anche quando un paleontologo è nelle fila dei cattivi, in fondo non lo consideriamo un cattivo vero e proprio, quanto qualcuno al posto sbagliato al momento sbagliato.

Dei vari paleontologi di finzione creati, ho selezionato i più significativi per come dipingono la professione paleontologica.

Ross Geller


 Ross è il meno paleontologico tra i paleontologi di finzione. Non scava, non lavora sul campo, non pubblica, non fa niente che lo qualifichi come paleontologo, a parte avere giocattoli a forma di dinosauro. Difatti, più che ad un vero paleontologo, Ross è più simile alla tipologia del "paleo-nerd" che sarebbe fiorita una decennio dopo di lui. Avrebbe potuto essere un geochimico oppure un endocrinologo e non avrebbe perso quasi nulla della sua natura. A parte, ovviamente, quella manciata di gag paleontologiche viste in Friends. 

Voto: 5.

Jack Prescott


Il paleontologo del King Kong degli anni '70, di paleontologico ha solo il nome della professione. Difatti, sarei più propenso a considerarlo un biologo o uno zoologo, visto che non lo vediamo neanche un istante impegnato in qualche attività paleontologica. Perlomeno, a differenza di Ross, lo vediamo almeno una volta in azione sul campo. Va detto che cimentarsi con scimmie giganti non è lavoro da paleontologo.

Voto: 5 e 1/2 ma solo perché, da bravo piacione anni '70, soffia la bella al resto della ciurma.


Sarah Harding



Nella sostanza, Sarah è la versione femminile e anni '90 di Jack Prescott. Di paleontologico puro non ha praticamente nulla, dato che appare più come una zoologa esperta con una robusta formazione nel campo della conservazione animale. Difatti, è la tipologia dell'appassionato di natura che per caso diventa paleontologo, ma che se i dinosauri fossero viventi non avrebbe mai considerato di studiare i fossili.

Voto: 6 perché durante l'ecografia del giovane Tyrannosaurus dimostra di conoscere l'anatomia dell'animale.


Alan Grant


Grant è tutto fumo e poco arrosto. Sì, lo vediamo scavare sul campo, ma scava in modo alquanto poco professionale, infilando le mani dentro l'antorbita del cranio che dovrebbe estrarre. Poi, con un comportamento inqualificabile, sottrae un ungueale dallo scheletro e se lo mette in tasca, per poi usarlo per molestare un bambino. Grant è lo stereotipo di un certo paleontologo molto modaiolo, diffuso a partire dagli anni '70, quello che confonde il concetto di "non preservato" con quello di "sono legittimato a fantasticare" sui fossili. Ed ecco perle di inarrivabile inconsistenza scientifica come "non ci vede se non ci muoviamo" relativo alla vista di Tyrannosaurus oppure l'idea bislacca di stampare in 3D ciò che nei fatti è solo artefatto della preservazione dei crani, per poi suonarli spacciandoli per organi di vocalizzazione.

Voto: 7, perché è Alan Grant e comunque ha anche dei difetti.


Ellie Sattler



Ellie è paleobotanica, e questo le darebbe già 100 punti visto che normalmente gli unici paleontologi ammessi al cinema sono i dinosaurologi. Inoltre, Ellie è una paleontologa completa, che non si preoccupa di sporcarsi di polvere (geologia) o di escrementi animali (biologia) se ciò è funzionale alla ricerca della verità paleontologica.

Voto: 8.


Robert Burke



Burke è tutto ciò che Grant avrebbe potuto essere ma non è stato. Burke è un saccente anatomista e tassonomista, uno scrittore di libri di divulgazione sui dinosauri, ed uno che non si fa scrupoli di lavorare per i cattivi se ciò permette di avere a che fare con dinosauri. Insomma, Burke è il paleontologo del XXI Secolo.

Voto: 9.


George Edward Challenger



Il Prof. Challenger è tutto quello che un vero paleontologo del suo tempo (inizio novecento) dovrebbe essere: maschio, bianco, barbuto, colonialista, collerico, misogino e pronto a prendere a cazzotti una specie inferiore se occorre. Non a caso a lui è dedicata una specie di spinosauride: Irritator challengeri

Voto: 10.


Juanito Rostagno



Rostagno ha capito tutto della vita. Ha ottimi rapporti con ricchi capitalisti che lo finanziano, ma è anche amico di celebrità accademiche come Alan Grant. Ha una propria miniera di ambra mesozoica che gli frutta enormi profitti e varie copertine su Nature. Si vede che è molto rispettato dai suoi collaboratori dal modo con cui i muchachos gli danno luce. Un esempio da seguire.

Voto: 10 con lode.

05 maggio 2022

Sul ruolo sociale del paleontologo nell'ambito delle dinamiche demografico-culturali nei primi decenni del XXI Secolo

Andrew H. Amyx nei panni di Bozo. A parte il nome, non abbiamo nulla in comune.

 

Non è mia abitudine usare questo blog per raccontare episodi della mia vita privata, se non nei casi in cui siano episodi paleontologicamente rilevanti per il lettore, come una nuova ricerca appena pubblicata o un qualche evento pubblico di natura paleontologica come mostre o meeting. Oggi faccio un'eccezione per raccontare un episodio a mio avviso paradigmatico per comprendere il ruolo sociale del paleontologo nella nostra epoca.

Ero a cena in un ristorante con due amiche. Dopo una mezz'oretta, notiamo che nella stessa sala entra una coppia di amici comuni, assieme ad un'altra coppia che non conosciamo, ognuna con il rispettivo figlio di circa 4-6 anni. Ci alziamo per andare a salutare la prima coppia, la quale subito dopo i soliti baci-e-abbracci (covid-permettendo) ci presenta l'altra coppia. 

Mi presento a mia volta, e come sempre accade, nel momento in cui mi dicono il loro nome io lo dimentico istantaneamente (giuro, non lo faccio apposta! Presumo succeda anche a loro, e che abbiano immediatamente dimenticato il mio nome). Faccio per retrocedere un attimo, per lasciare che le amiche si presentino, quando l'amica accanto a me sottolinea alla coppia che non ci conosce che io "sono un paleontologo, un esperto di dinosauri". Ed è a quel punto che l'espressione fino a quel momento blandamente educata ma sostanzialmente formale della nuova coppia cambia di botto, diventa improvvisamente vivace, quasi preda di un'isteria. I due genitori cercano rapidamente con lo sguardo il loro figlio: "Luigino, luigino! Vieni! Il signore qui è un esperto di dinosauri!".

Dentro la mia testa parte una serie infinita di imprecazioni.

E così, ci troviamo io e Luigino, uno di fronte all'altro, entrambi visibilmente a disagio, nessuno dei due realmente interessato a conoscere l'altro, Luigino più innocentemente palese di ciò rispetto a me.

Ed è a quel punto che la mia amica (forse subconsciamente sadica) sfodera l'asso nella manica:

"Non solo è un paleontologo, ma è anche bravissssimo [con tre esse] a disegnare dinosauri!"

Cerco di staccare un braccio alla mia amica, anche per raffreddare l'entusiasmo dei due genitori, ma è troppo tardi... devo disegnare un dinosauro al bambino. Perché, forse non lo sapete, ma nei ristoranti, come per magia, saltano fuori matite, pennarelli e fogli di carta. Anzi, devo disegnare due dinosauri, perché c'è anche l'altro bimbo, il figlio della coppia di amici.

Ormai in trappola, con lo stesso tono di voce di John Wayne Gacy nei panni di Pogo il Clown un attimo prima di tornare a casa a seppellire il cadavere della sua vittima, chiedo al primo bambino quale sia il suo dinosauro preferito.

Nella mia testa spero che non dica "Il T-rex!"

"Il Tyrrex!" dice il bambino.

Disegno i due Tyrannosaurus. Li faccio fumettosi, ma comunque anatomicamente corretti: coda sollevata, polsi non pronati, insomma, tutto quello che un paleontologo deve sapere sul Tyrrex. Il resto degli adulti continua a fare conversazioni da adulti, più o meno banali, più o meno a proposito del covid-19, mentre io disegno i due dinosauri ai bambini.

Alla fine, si rompe il ghiaccio tra me ed i due pargoli, e spiego ai bambini come meglio disegnare un T-rex. Loro sono felici come una Pasqua, io ho fatto la mia buona azione, e la mia amica la pagherà cara.

Fine

Ora, la questione non è perché i bambini vadano tanto matti per i dinosauri, quello io lo capisco benissimo dato che ho quella stessa malattia da ormai 40 anni; quello che non mi spiego è perché alla parola "paleontologo" una coppia di adulti, che nemmeno mi conosce e che fino a mezzo secondo prima mi trattavano con la cordiale freddezza che si riserva alle persone adulte che hai appena conosciuto, di colpo mi vedano come un Baby Sitter gratis o come il Clown che si ingaggia per il compleanno di Luigino. Io non ho nulla di particolare contro questi episodi, anche perché superato il primo minuto di disagio a parlare con due marmocchi, a me estranei dentro un ristorante dove stavo cenando, poi eravamo già diventati amici (coi bambini è tutto più facile), ma resto basito dalla dinamica interna al cervello di due genitori quarantenni dell'inizio del XXI Secolo con un figlio di quattro anni. 

Piccoli problemi da paleontologo.




03 maggio 2022

Cos'è un dinosauro accurato?

Il concetto di "accuratezza" e l'aggettivo "accurato" (sovente associati agli aggettivi "scientifica" e all'avverbio "scientificamente") sono spesso tirati in ballo nelle discussioni sulla paleoarte o nei commenti alle produzioni video con ricostruzioni di animali estinti (film o documentari). Stabilire se, come e quanto una rappresentazione iconografica di dinosauro sia "accurata" è un processo a più stadi.

Prima di parlare della accuratezza nella paleoarte, è bene (sebbene mi paia ovvio) rimarcare che la paleoarte non si può valutare unicamente sul piano della "accuratezza", poiché resta sempre, pur nella sua tensione "scientifica", una opera artistica, e quindi valutabile anche sulla base di criteri estetici, stilistici e contenutistici. (Opinione personale: una paleoarte altamente accurata ma mediocre sul piano estetico non è una gran paleoarte).

Partiamo da un caso più semplice rispetto a quello legato ai dinosauri, e concentriamoci sulla rappresentazione di un animale vivente, ad esempio, una tigre.

Opera di Zdenek Burian.

Ho scelto questa opera non a caso, poiché l'autore è il celebre artista Zdenek Burian (1905-1981), notissimo agli appassionati di paleoarte per la sua ricca produzione di ricostruzioni paleontologiche. Non sono un esperto di tigri per poter stabilire se e quanto i dettagli dell'opera di Burian siano accurati, ma avrei comunque modo di stabilire il livello di accuratezza dell'immagine confrontandola con fotografie e filmati di tigri reali, leggendo descrizioni della biologia di Panthera tigris ed, eventualmente, recandomi in Asia per osservare delle tigri in natura. Ovvero, l'accuratezza di una rappresentazione di animale vivente è un giudizio che può essere verificato direttamente sul campo, dato che il soggetto rappresentato esiste a prescindere dalla realizzazione dell'artista.

Con un dinosauro (o, in generale, con le specie estinte) questo non è possibile. Non esiste un Triceratops prorsus vivente al mondo d'oggi, e quindi non esiste un oggetto che funga da metro di verifica sulla accuratezza dell'opera. Ogni rappresentazione di Triceratops esistente, sia tecnica che artistica, sia descrittiva che iconografica è sempre ed unicamente una ipotesi più o meno argomentata.

Opera di Zdenek Burian.

Prendiamo questo dipinto di Burian, che rappresenta due Triceratops intenti a brucare. Quanto è accurata questa rappresentazione? La domanda, posta in questo modo, non sarebbe onesta nei confronti di Burian, dato che l'opera risale al 1956, e le conoscenza attuali su Triceratops sono cresciute e si sono raffinate da allora. Ecco che per la paleoarte entra in gioco un elemento nuovo, il contesto storico della realizzazione dell'opera: la paleoarte è sempre rappresentazione di ipotesi paleontologiche, e come tale è sempre vincolata al contesto culturale in cui tali ipotesi sono state elaborate. 

Una volta compreso che il giudizio sull'accuratezza di un'opera di paleoarte deve sempre essere relazionato al suo contesto storico, e quindi deve essere ponderato sulla base di cosa e come l'artista conoscesse sulla paleontologia del soggetto, una parte delle controversie sul valore delle opere paleoartistiche si risolve. Difatti, non esisterà mai una opera di paleoarte "accurata in modo assoluto" ma sempre e solo in modo relativo. Confrontare un quadro di Burian del 1956 con un'opera di paleoarte del 2022 e concludere, sbrigativamente, che la prima sia inferiore alla seconda poiché meno accurata rispetto alle conoscenze del 2022 sarebbe un errore che non riconosce il contesto di realizzazione dell'opera come tessuto imprescindibile per qualsivoglia valutazione.

In quali elementi dell'opera si determina l'accuratezza? Tutti quelli che possono essere testati sulla conoscenza paleontologica del momento di realizzazione dell'opera.

Ad esempio, le piante di cui si nutrono i due Triceratops sono accurate in base alla paleobotanica del 1956? Triceratops viveva in contesti ambientali come quelli dell'immagine, deducibili dalla stratigrafia e sedimentologia nota nel 1956? Nel 1956 era possibile discriminare tra un comportamento solitario ed uno gregario in Triceratops? L'arto anteriore di Triceratops era noto nel 1956? Postura, formula falangeale e proporzioni sono tratte da ricostruzioni pubblicate al 1956? 

Notate che le domande che ho posto possono essere verificate in letteratura, cercando le fonti che hanno ispirato (più o meno direttamente) l'opera di Burian. 

Da queste riflessioni deriva quindi un criterio generale sulla accuratezza di un'opera di paleoarte: è il maggior numero di dettagli dell'opera che si può dimostrare essere ricavati da conoscenze scientifiche e paleontologiche disponibili al momento della realizzazione dell'opera.

Questo criterio ha, a mio avviso, due pregi:

- rende la accuratezza nella paleoarte valutabile anche molti anni dopo la realizzazione dell'opera, ovvero, anche quando, a seguito di nuove scoperte, essa sia risultata "obsoleta".

- libera il giudizio sulla paleoarte dagli eccessi di "soggettivismo" spesso presenti nei commenti online, per cui l'accuratezza di una qualche rappresentazione paleoartistica si riduce ad un piatto "è canonico oppure no" rispetto ad una personale idea di "come" un animale estinto debba essere rappresentato (si pensi alle recenti diatribe online - spesso degenerate in tifoserie da stadio - su guance, labbra e piumaggio nei dinosauri). 

02 maggio 2022

L'anima pluralista di Billy

Due diversi modi di concepire la tyrannosaurità digitale (source: know your meme)


Questo blog esiste dal 2008, e da allora ha parlato principalmente di dinosauri theropodi mesozoici. Da almeno 12 anni, questo blog parla anche di dinosauri "pop", ovvero, ispirati dalla scienza ma che sono approdati in ambiti extra-scientifici. I più famosi dinosauri pop sono i dinosauri di Jurassic Park.

Ogni volta che scrivo un qualche post sui dinosauri del franchise di Jurassic Park/World, ricevo commenti da parte di soggetti che, normalmente, non lascerebbero alcuna traccia della loro esistenza in questo blog (o nella sua pagina di riferimento su Facebook), ma che in quel caso sentono il bisogno di esprimere la loro opinione. Evidentemente, sono attirati nel blog dal discorso su Jurassic Park/World. Questi soggetti, nella maggioranza dei casi, commentano per lamentarsi del post. In alcuni casi, la loro lamentela si esprime nella forma di una sottintesa richiesta di censura verso le mie parole. Divertente, non è vero? Essi si sentono liberi di esprimere la loro opinione che consiste nel dirmi che non dovrei esprimere la mia opinione. 

In particolare, questi soggetti, sovente, ci tengono a farmi sapere che 

"Jurassic Park/World non è un documentario", 

e da ciò implicitamente intendono affermare che io, in quanto paleontologo, non avrei alcun diritto di esprimere valutazioni o commenti in merito alle creature di quel film. 

Ringrazio gli autori di quei commenti per la premura con cui commentano, ma forse essi non sono al corrente che io sono perfettamente consapevole che Jurassic Park/World non sia un documentario. Lo so bene fin dall'anno 1993. Il punto è che l'essere o meno un documentario non intacca in alcun modo il senso delle mie parole. Mi spiego. Forse che l'accuratezza nei dettagli, la precisione nella ricostruzione, sono appannaggio esclusivo dei documentari? Forse che un film, anche quando opera di fantasia, non è al tempo stesso anche un'opera d'arte la cui espressione si serve anche della accuratezza per raggiungere il suo intento? 

Ovvero, l'accuratezza abbassa o alza la qualità di un film? Io (e non solo io) penso che la alzi, specialmente nel caso di film con una esplicita ispirazione scientifica.

Specialmente per un Franchise che è nato 30 anni fa esplicitamente con la scommessa (vincente) di conquistare il mondo mostrando (o tentando di mostrare) dinosauri il più possibile realistici, accurati e quindi scientificamente validi! Ovvero, l'accuratezza non è un optional in Jurassic Park, è parte della sua anima fondatrice!

[Ovvio che un dinosauro da film non sarà mai accurato al 100%, e che le licenze artistiche, se ben calibrate, sono fondamentali per il successo della finzione cinematografica, ma negare che Jurassic Park abbia nel suo DNA l'idea di dinosauri realistici ed accurati significa non aver capito nulla del successo del film del 1993]

Il punto, quindi, non è se io dica o meno che un dinosauro da film sia accurato o meno, quanto piuttosto se tutti gli spettatori del film (e lettori del blog) hanno il medesimo rispetto per il valore che l'accuratezza porta al film. 

Ovvero, un film con dinosauri perde di valore se i dinosauri nel film sono scientificamente sbagliati? La risposta è ovviamente "sì". A parità di tutti gli altri fattori, il film coi dinosauri accurati è molto migliore del film con dinosauri non-accurati. Perché, a differenza di quanto sostengono i critici dei miei post, un film con dinosauri non è un film con mostri. Un dinosauro è un animale reale, seppur estinto, definito scientificamente. Se il tuo protagonista è un Triceratops e tu lo rappresenti con cinque corna sul naso e una coda a mazza, quello non è un Triceratops, non è nemmeno un dinosauro, è un mostro. E se la creatura non è stata esplicitamente dichiarata "mostro" ma è dichiarata "dinosauro", allora il film fallisce nel suo intento di essere un film con dinosauri. Punto. E se la produzione del film trasforma l'opera in un film di mostri, pur dichiarandoli "dinosauri", essa ha abbandonato (tradito?) l'anima originaria del Franchise. Sia chiaro, è un loro diritto, così come è un mio diritto rimarcare che i "dinosauri" non sono accurati né accattivanti, né tanto meno belli da vedere.

A questo punto, il critico potrà sostenere che, alla fine, l'accuratezza del dinosauro non intacca la sostanza del film. Che Triceratops abbia 3 corna oppure 15 non incide sulla trama, sui dialoghi, sulla sceneggiatura, sulla fotografia. Non incide sul film, ma incide sulla percezione del film per lo spettatore informato su cosa sia Triceratops. Nel momento in cui il film fallisce nel proporre l'animale che ha dichiarato di mostrare, lo spettatore è legittimato a esprimere un giudizio negativo.

In conclusione, la percezione della accuratezza è legata alla grana paleontologica dello spettatore. Allo spettatore a grana grossa, a cui non interessano i dettagli paleontologici, basta che l'animale sia grande e feroce per renderlo un dinosauro: si tratta di uno spettatore ovviamente diverso da quello a grana fine che invece conosce la formula falangeale di Triceratops e sarebbe felice di vedere la zampa dell'animale ricostruita nel modo corretto. 

Spettatori diversi, percezioni diverse. Aspettative diverse, giudizi diversi.

Semplice, non è vero? 

Pertanto, chi viene qui a lamentarsi per il contenuto dei post, sta implicitamente dichiarando di essere poco interessato ai dettagli della paleontologia che invece sono l'anima del blog, e di non sopportare che altri siano invece interessati ai dettagli fini dell'anatomia dei dinosauri. 

Il mondo è bello perché è vario. Questo blog parla di paleontologia in modo accurato, di paleoarte in modo accurato, e di dinosauri cinematografici in modo accurato. Se questi non sono i vostri interessi, amen, va benissimo, ma allora non venite qui a dirmi cosa posso o non posso scrivere, perché state invadendo un circolo di persone con gusti diversi dai vostri.

Io non vado nelle pagine degli appassionati di dinomostri per dire loro cosa devono o non devono dire, o per ricordare loro che Triceratops ha 3 corna invece che 5, per l'ovvia ragione che io rispetto il loro punto di vista ed il loro diritto di dire a casa loro quello che a loro piace o non piace. Perché allora essi non fanno altrettanto, e lasciano in pace questo blog? 

Non penso sia un concetto tanto difficile da comprendere.