Ultimo post della serie su
Saltriovenator. Nel
nostro studio sul nuovo dinosauro italiano (Dal Sasso, Maganuco e Cau, 2018), abbiamo discusso alcune
implicazioni generali della scoperta, e che vanno ben oltre la
valenza squisitamente “patriottica” di questa specie.
La prima considerazione è legata alle
dimensioni di Saltriovenator nel contesto della sua età
stratigrafica. Sebbene alcune orme di grandi theropodi siano note da
livelli coevi del Sud Africa, Saltriovenator è il primo taxon
di Theropoda di grande dimensione (inteso come avente una massa di 1
tonnellata: si considerano “giganti” i theropodi sopra le 2
tonnellate) noto per resti ossei. Combinata alle proporzioni
“robuste” dei suoi arti, Saltriovenator testimonia la
prima radiazione di theropodi verso quel gigantismo che sarà una
tendenza ricorrente dal Giurassico Superiore in poi. La spiegazione
più plausibile per l'origine dei grandi theropodi è legata alla
coevoluzione dei sauropodi, che proprio alla base del Giurassico
iniziano a radiare in forme sempre più grandi. La predazione da
parte dei grandi theropodi deve essere stato quindi uno dei fattori
chiave per l'evoluzione di sauropodi sempre più massicci (e, a sua
volta, il fattore selezionante theropodi sempre più grandi).
Discorso analogo può essere fatto per i thyreofori, che mostrano le
prime forme robuste (Scelidosaurus) proprio in questo momento.
La maggiore robustezza degli arti di Saltriovenator rispetto i
dilophosauridi suoi coevi supporta (anche letteralmente) una maggiore
efficienza predatoria contro prede sempre più grandi e robuste,
quali erano i primi sauropodi e thyreofori, sopratutto se
consideriamo il ruolo della
mano nella
predazione di questi rettili.
Nel precedente post, ho accennato alla
morfologia della mano di Saltriovenator. Le ossa sono ben
preservate, e comprendono il secondo metacarpale, la prima falange
del secondo dito, parte della seconda falange del medesimo dito, ed
il terzo dito quasi completo (manca solamente la parte terminale
della falange unguale). Purtroppo, non abbiamo alcun resto del primo
dito (ma deduciamo che almeno il primo metacarpale fosse presente,
dato che la sua faccetta articolare è chiaramente riconoscibile nel
secondo metacarpale) né alcuna indicazione se il quarto o il quinto
dito fossero presenti. Le parti mancanti sono comunque deducibili
tramite l'inferenza filogenetica, ovvero, sulla base della
combinazione di caratteri che ricostruiamo filogeneticamente alla
base di Ceratosauria a partire dalla morfologia della mano degli
altri theropodi.
La mano dei ceratosauri è molto
peculiare, specialmente nelle forme derivate (abelisauroidi): essa è
molto corta rispetto al resto del braccio, ed ha una ridotta
funzionalità delle articolazioni, sia al metacarpo che tra le
falangi. Inoltre, nei ceratosauri derivati, il numero delle falangi
si riduce e gli ungueali sono sovente tozzi quando non del tutto
assenti. In breve, nei ceratosauri è evidente un processo generale
di atrofia della mano e perdita di funzionalità. Dubito che i
ceratosauri del Cretacico usassero quei moncherini di mani per
alcunché. [Per quanto spesso oggetto di meme ironici, Tyrannosaurus
ha invece delle mani perfettamente efficienti].
La
mano di Saltriovenator spicca in modo inatteso rispetto
agli altri ceratosauri! Essa non mostra alcuna forma di atrofia nelle
ossa o nelle articolazioni. Il secondo metacarpale, in particolare,
mostra l'articolazione distale (con la prima falange del secondo
dito) molto complessa: una articolazione a sella, con i condili
asimmetrici il cui asse principale è inclinato rispetto alla parte
prossimale del metacarpo. Inoltre, la regione distale è preceduta da
una enorme fossa dorsale per il legamento estensorio, la quale è
bordata prossimalmente da una “coppa” ossea molto prominente. Lo
stesso discorso vale per le falangi: esse mostrano faccette
articolari perfettamente funzionali, e processi per l'inserzione dei
legamenti estensori e flessori molto pronunciati. Il terzo dito
termina con un ungueale perfettamente sviluppato, munito di un
robusto tubercolo per l'inserzione dei legamenti flessori. Infine, le
dimensioni del metacarpo di Saltriovenator rispetto all'omero
rientrano nel range di proporzioni “tipiche” dei theropodi
non-ceratosauri.
In breve, la mano di Saltriovenator
era perfettamente adatta sia a flettere che estendere le falangi, con
potenza ed efficienza. Data la sua posizione alla base di
Ceratosauria, questo significa che non solo Saltriovenator (e – di
conseguenza – tutti i ceratosauri più antichi) conservava piena
funzionalità nella mano, tipica della maggioranza dei theropodi, ma anche che la sua mano era perfettamente adattata a trattenere con forza - con una presa a tenaglia - una preda che si dibatteva tenacemente e con violenza:
qualsiasi sia stata la causa (o le cause) della atrofia della mano
nei ceratosauri, essa agì solamente nelle forme successive a
Saltriovenator. I primi ceratosauri, quindi, presentavano una funzionalità della mano del tutto analoga a quella che osserviamo nei grandi tetanuri (allosauroidi, megalosauroidi e molti coelurosauri): questa condizione è quindi da considerare la condizione ancestrale sia dei ceratosauri che dei tetanuri.
Questa conclusione filogenetica ha delle conseguenza molto interessanti anche fuori da Ceratosauria. Se siete lettori storici del blog, ricorderete la diatriba sulla mano di Limusaurus, e le sue possibili implicazioni per la interpretazione delle dita nella mano degli uccelli (la controversia se la mano tridattila di uccelli e tutti gli altri tetanuri sia formata da pollice-indice-medio [scenario I-II-III] oppure da indice-medio-anulare [scenario II-III-IV]).
Fin dalla pubblicazione
di Limusaurus, espressi il mio scetticismo in merito alla
significatività di questo theropode cinese per chiarire l'omologia
della mano aviana, e conclusi che fosse più plausibile considerare
la mano di Limusaurus (e degli abelisauroidi) come una
specializzazione limitata ai ceratosauri, che non porta alcuna
informazione rivoluzionaria per interpretare la mano degli uccelli.
Saltriovenator conferma e
rafforza quelle mie considerazioni scettiche verso lo scenario
II-III-IV.
Difatti, se il modello II-III-IV della
mano aviana fosse valido (come sostenuto dai descrittori di
Limusaurus), allora una conseguenza di tale scenario sarebbe che
l'ultimo antenato comune di Limusaurus e degli uccelli
(ovvero, il nodo Averostra, divergenza di Ceratosauria e Tetanurae)
dovrebbe avere una formula falangeale molto semplificata rispetto
alla condizione ancestrale dei theropodi. In particolare, questo
scenario prevede che in tutti i ceratosauri il primo dito della mano
debba essere semplificato, ed il terzo dito debba avere meno di 4
falangi. Di conseguenza, se tale scenario fosse valido, noi dovremmo osservare mani semplificate e
atrofiche lungo tutta la linea di Ceratosauria, dalla base del clade
fino a Limusaurus.
Due theropodi giurassici descritti dopo Limusaurus (ma più antichi del taxon cinese) smentiscono lo scenario II-III-IV: Eoabelisaurus presenta una formula falangeale completa per il primo dito, e Saltriovenator presenta la formula falangeale completa per il terzo dito. Pertanto, l'inferenza filogenetica impone che la formula falangeale di entrambe le dita debba essere completa alla base di Ceratosauria, e di conseguenza, che la formula falangeale del più recente antenato comune di Limusaurus e uccelli (ancestore di Averostra) non sia significativamente semplificata rispetto a quella dei primi theropodi. Ciò falsifica una delle ipotesi a sostegno dello scenario II-III-IV e avvalora il modello I-II-III.
Nello specifico, il secondo metacarpale
di Saltriovenator mostra caratteristiche simili sia al secondo
metacarpale di Ceratosaurus che a quello di Dilophosaurus,
oltre a caratteristiche derivate con il metacarpale più lungo nella
mano dei tetanuri basali (come Szechuanosaurus zigongensis e
Xuanhanosaurus): questo significa che il metacarpale più
lungo nei tetanuri è omologo al secondo metacarpale di theropodi
non-tetanuri (e non al terzo metacarpale, come invece sostenuto nel modello
II-III-IV), confermando ulteriormente il modello I-II-III.
Analogamente, il terzo dito di
Saltriovenator è morfologicamente molto simile al terzo dito
di Dilophosaurus e al dito laterale dei tetanuri basali: anche
in questo caso, la spiegazione più semplice, e coerente con le
considerazioni di prima, è che il dito laterale dei tetanuri sia
omologo al terzo dito dei taxa non-tetanuri (e ciò implica lo
scenario I-II-III, e smentisce le varie versioni dello scenario II-III-IV).
Sia il modello del “frame-shift”
che altri scenari “eterodossi” per l'evoluzione della mano lungo
la linea che porta agli uccelli sono quindi falsificati dalle
omologie condivise tra Saltriovenator, theropodi non-averostri
e tetanuri basali: tutto quindi concorre verso uno scenario molto più
semplice per l'evoluzione della mano nei theropodi: una tendenza
progressiva alla semplificazione delle dita laterali, col
mantenimento delle dita mediali. Abbiamo ricostruito la sequenza di
stadi che dalla primitiva mano pentadattila dei dinosauri triassici
porta alla mano degli uccelli. Lo scenario implica la perdita,
nell'ordine:
- del quinto dito (alla base di Neotheropoda),
- del quinto metacarpale (alla base di Averostra),
- del quarto dito (alla base di Tetanurae) e
- del quarto metacarpale (tre volte, indipendentemente, tra i tetanuri: una volta negli allosauriani, una altra volta nei tyrannosauroidi derivati, ed una alla base di Maniraptoromorfa – questa ultima è la condizione ereditata dagli uccelli).
Saltriovenator, per quanto
frammentario, rafforza il modello “tradizionale” sulla omologia
delle dita nella mano degli uccelli, mostrando che, di tutti gli
scenari proposti, quello “classico” (I-II-III) è in grado di
spiegare nel modo più parsimonioso i vari elementi della diatriba.
Difatti, questo scenario implica una sola ipotesi accessoria: in un
qualche momento lungo la storia basale di Tetanurae, successivo alla
perdita del quarto dito ma precedente alla perdita del quarto
metacarpale, deve essere avvenuta una mutazione dello sviluppo
embrionale che ha spostato l'asse principale dello sviluppo della
mano dal quarto dito (come è nella maggioranza dei vertebrati
terrestri) al terzo dito.
Ad ulteriore conferma dello scenario I-II-III c'è anche una argomentazione basata sul principio della selezione naturale: quale processo favorirebbe in un theropode lo scenario II-III-IV? Sappiamo che la mano dei theropodi è usata nella predazione, per trattenere la preda. Sappiamo che le articolazioni dell'arto anteriore nei theropodi vincolano il range di mobilità della mano in una regione limitata posta anteroventralmente alla zona pettorale. In base a questi fattori, la selezione naturale favorirà theropodi con mani corte e robuste, e favorirà le dita mediali (I-II) rispetto a quelle laterali (III-IV-V). Combinate questi elementi, e avrete una tendenza progressiva ad avere theropodi con braccia più corte, robuste e con dita mediali sviluppate, mentre le dita laterali saranno progressivamente ridotte e perdute in quanto inutili nel trattenere la preda. Ovvero, la selezione naturale favorirebbe uno scenario I-II-III, e non certo il II-III-IV, dato che questo ultimo implicherebbe la scomparsa del primo dito, quello più mediale: la perdita del primo dito sarebbe svantaggiosa in termini adattativi, visti i fattori elencati sopra dovuti alla anatomia ed ecologia dei theropodi.
Ad ulteriore conferma dello scenario I-II-III c'è anche una argomentazione basata sul principio della selezione naturale: quale processo favorirebbe in un theropode lo scenario II-III-IV? Sappiamo che la mano dei theropodi è usata nella predazione, per trattenere la preda. Sappiamo che le articolazioni dell'arto anteriore nei theropodi vincolano il range di mobilità della mano in una regione limitata posta anteroventralmente alla zona pettorale. In base a questi fattori, la selezione naturale favorirà theropodi con mani corte e robuste, e favorirà le dita mediali (I-II) rispetto a quelle laterali (III-IV-V). Combinate questi elementi, e avrete una tendenza progressiva ad avere theropodi con braccia più corte, robuste e con dita mediali sviluppate, mentre le dita laterali saranno progressivamente ridotte e perdute in quanto inutili nel trattenere la preda. Ovvero, la selezione naturale favorirebbe uno scenario I-II-III, e non certo il II-III-IV, dato che questo ultimo implicherebbe la scomparsa del primo dito, quello più mediale: la perdita del primo dito sarebbe svantaggiosa in termini adattativi, visti i fattori elencati sopra dovuti alla anatomia ed ecologia dei theropodi.
Bibliografia:
Dal Sasso C.,
Maganuco S., Cau A. 2018 - The oldest ceratosaurian (Dinosauria:
Theropoda), from the Lower Jurassic of Italy, sheds light on the
evolution of the three-fingered hand of birds. PeerJ 6:e5976.doi:10.7717/peerj.5976
Vagamente of topic.
RispondiEliminaSaltriovenator è ora ben dentro ceratosauria, ma quanto sarebbe meno parsimonioso immaginarlo come un Averostra NON ceratosauro e NON tentauro?
Valerio
Per definizione, non esiste un averostro che non sia ceratosauro o tetanuro, perché è il nome del nodo, quindi devi necessariamente essere in uno dei due rami per essere un averostro. Comunque, credo tu intenda dire quanto meno parsimonioso sia collocarlo come un sister group di Averostra: in tal caso, la differenza è di 3 steps, che è un valore relativamente basso, compatibile con la sua frammentarietà. Ciò significa che qualora si trovasse un cranio o altri elementi come le vertebre, potrebbe effettivamente collocarsi fuori da Averostra. Ovviamente, potrebbe anche benissimo rafforzarsi la posizione in Ceratosauria... speriamo un giorno di avere altri esemplari.
EliminaI'd like to know how the model I-II-III explains its contradiction with developmental biology which suggests that modern birds retain their II-III-IV fingers. Could you please tell me something about it? Thanks in advance.
RispondiEliminaIt has been shown that developmental data also supports the I-II-III scenario. In fact, the idea that developmental data is exclusively in support of the II-III-IV scenario has been abandoned about one decade ago (and we noted in our paper that such dichotomy is obsolete).
EliminaFor example, see: Tamura K, Nomura N, Seki R, Yonei-Tamura S, Yokoyama H. 2011. Embryological evidence identifies wing digits in birds as digits 1, 2, and 3. Science 331(6018):753–757.
Apparently, different methods in embriological analysis may support either I-II-III and II-III-IV models, which raises the question on how developmental biology alone may solve this macroevolutionary topic.
See detailed discussion on this complex topic here:
Bever GS, Gauthier JA, Wagner GP. 2011. Finding the frame shift: digit loss, developmental variability, and the origin of the avian hand. Evolution & Development 13(3):269–279.
Vargas AO, Kohlsdorf T, Fallon JF, VandenBrooks J, Wagner GP. 2008. The evolution of HoxD-11 expression in the bird wing: insights from Alligator mississippiensis. PLOS ONE 3(10):e3325.
Wang Z, Young RL, Xue H, Wagner GP. 2011. Transcriptomic analysis of avian digits reveals conserved and derived digit identities in birds. Nature 477(7366):583–586.
Xu X, Zhou Z, Dudley R, Mackem S, Chuong C-M, Erickson GM, Varricchio DJ. 2014.
An integrative approach to understanding bird origins. Science 346(6215):1253293.
That's very helpful information. Thanks!
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