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17 febbraio 2011

Perché la paleoarte non è (duplice come la) illustrazione naturalistica



Il prematuramente scomparso S. J. Gould ideò una brillante metafora per rappresentare i due modi principali di divulgare la Scienza. Egli citò due grandi italiani del passato, che, in modo differente, hanno contribuito alla nascita ed alla diffusione sia del pensiero naturalistico che della lingua italiana: S. Francesco d'Assisi, che cantò in lingua volgare - invece che in latino - la sua lode al Creatore del Mondo, e Galileo Galilei, che scrisse il suo trattato sui massimi sistemi astronomici in italiano - invece che nel latino degli accademici - entrambi proprio per permetterne una maggiore diffusione.
I due approcci divulgativi, quello francescano e quello galileiano, si distinguono per il modo di trattere il tema naturalistico: il francescano è "viscerale", immaginifico, emozionale ed emotivo, esprime la totalità del fenomeno naturale nella sua immediatezza sensibile, nel suo rapportarsi direttamente con l'osservatore. L'approccio galileiano è analitico, razionale, volto alla descrizione matematica del fenomeno, alla sua conversione in modello astratto e riproducibile. Non esiste approccio "immediato" nella visione galileiana, perché il fenomeno deve innanzitutto essere scomposto, misurato, descritto e solo infine elaborato e compreso. I due approcci sono ovviamente distinti. Queste differenti "anime" si possono riconoscere distintamente nelle illustrazioni naturalistiche. Un ambiente naturale può essere l'oggetto di un'intensa rappresentazione pittorica (francescana), una lirica emanazione della simbiosi tra osservatore (soggetto) e osservato (oggetto). Oppure, può essere la fonte di innumerevoli analisi particolari (galileiane), ricerche e misurazioni "scientifiche", finalizzate alla comprensione del sistema naturale. Nessuno dei due approcci è "migliore", hanno solo obiettivi differenti. 
Tutto questo discorso introduttivo ci conduce alle rappresentazione grafiche e pittoriche della Natura. Esse possono essere "francescane", oppure "galileiane", "emotivo-viscerali", frutto dell'interazione diretta tra artista e fenomeno, oppure "analitico-razionali". E la Paleoarte? Essa è francescana o galileliana? Qualcuno potrebbe affermare che molte opere di paleoarte sono profondamente emotive, cariche di un'energia "viscerale" da cui deriva il loro grande successo. Tuttavia, questa interpretazione è scorretta. Se rileggete l'introduzione, vedrete che l'approccio "francescano" implica un'interazione diretta tra artista e fenomeno. Può accadere questo per la paleoarte? No, l'artista non sarà mai a contatto diretto con l'oggetto della sua rappresentazione. Nessuno può cercare un "Mondo Perduto" e recarsi là per trarre ispirazione, per interagire direttamente e ottenere una espressione "immediata". Tutta la paleoarte è "galileiana" nella accezione più estrema del termine: tutte le opere paleoartistiche sono sempre derivazioni dell'attività analitico-razionale del paleontologo. Qualsiasi tavola di paleoarte è l'effetto della mediazione tra artista (un soggetto) e paleontologo (un altro soggetto), il quale a sua volta ha analizzato (galileianamente) un oggetto (parziale ed incompleto come ogni fossile). L'artista non potrà mai "interagire" con l'oggetto senza la mediazione del paleontologo (galileiano puro). Nemmeno nel caso in cui artista e paleontologo coincidano, sarà possibile una "interazione" nel senso francescano.
Pertanto, non esiste e non esisterà mai una paleoarte "viscerale", "emotiva", "immediata". Chi pensa il contrario sta mentendo a sé stesso, oppure, nella peggiore delle ipotesi, non ha capito nulla della paleoarte, e sta chiamando "paleoarte" qualcosa che, invece è altro (fantasy, oppure pop-art).
Rassegnatevi, fanatici della "paleoarte" emotiva, essa è un mito distorto. Esiste solo la paleoarte galileiana, il risultato finale dell'attività analitica. Senza analisi scientifica non esiste alcuna ricostruzione (animale ed ambientale). Chi pensa di "sentire" il Tempo Profondo tramite la paleoarte in realtà sta solo attingendo ad un mix di inconscio ed emozioni camuffati con interpretazioni ed ipotesi. 
Ovviamente, questo non vieta agli artisti di ispirarsi alla paleontologia per creare una qualche forma d'arte: ma essa, ripeto, meriterebbe un nome differente da "paleoarte", qualcosa di intermedio tra il fantasy, la post-modernità e l'arte pop. Ma questo, non è più il tema del post, e sarebbe più consono ad altri blog più qualificati in proposito...

7 commenti:

  1. Concordo,ma c'è una cosa che mi sfugge.Non è una critica,solo non riesco ad afferrare un concetto,forse per aver travisato il senso di una tua affermazione:
    dici che non può esistere paleoarte "emotiva",suppongo intendendo un'emotività "francescana" per ciò che viene mostrato e non semplicemente per la bellezza o meno dell'opera in quanto dipinto/scultura.
    Se ti riferissi al concetto di partenza sono decisamente d'accordo,la paleoarte pura (concedimi il termine) è galileiana,come affermi correttamente,ma tu parli del punto di vista del fruitore dell'opera paleoartistica (e anche qui si potrebbe disquisire a lungo se il termine paleo"arte" sia corretto o meno,ma è un altro discorso).
    In questo senso,il fruitore non ha solo davanti un set di dati nudo e crudo,ma un set di dati comunque filtrato dall'artista e dal suo stile.
    Ne potrebbe conseguire che per avere una paleoarte scevra da "emotività" si dovrebbe annullare il filtro costituito dall'artista,dal suo stile e da tutto ciò che esso comporta nel fruitore,cosa non fattibile.

    Insomma,mi sembra che per quanto obiettivamente e galileianamente si cerchi di osservare un'opera paleoartistica si debba sempre e comunque passare dal filtro posto/costituito dall'autore dell'opera.

    Ma potrei anche avere fatto un po' di confusione causa stanchezza...

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  2. Vedo che il nome non compare nel mio profilo, sono Alessandro Carpana...

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  3. Nel post mi riferisco solo all'approccio dell'artista (francescano vs galileiano), non all'approccio del fruitore. Quando parlavo di "fanatici" intendevo quelli che si illudono che esista una paleoarte creata "francescanamente", che trasmetta una qualche emozione-immediatezza tra oggetto estinto e artista.

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  4. Ok,cancella pure quello che ho detto dopo "Se ti riferissi al concetto di partenza sono decisamente d'accordo"... ;-)

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  5. In ogni caso, il tuo commento mi ha fatto pensare ad un'ulteriore espansione del discorso: quando e perché un'opera di paleoarte "funziona"? Ovvero, quando essa è emotivamente accattivante, oltre che "corretta"? La domanda in questo caso non è quindi relativa alla "correttezza scientifica" (sebbene possa essere parte della risposta) ma al suo "impatto estetico". Questo è un discorso che vorrei fare con Troco...

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  6. Qui si passa dall'altra parte della barricata (dove io erroneamente credevo si trovasse parte del tuo commento).E il discorso diventa molto più complesso.Proprio con Troco si parlava una volta della correttezza del termine paleoARTE...

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  7. Ideal Paleoart would be the best "Franciscan" way to show and teach the "Galilean" way to everyone. Science need both, Galileos and Francescos, to combine scientifical investigation and scientifical divulgation. When I was a kid, I didnt become a "paleo-adict" reading Nature articles, but reading marvellous children books and TV shows about Science. So, thanks to Carl Sagan, Isaac Asimov, Stephen Jay Gould (and anothers), now I'm able to read Nature and Science articles, and continue to learn with masters like you, Darren Naish, Bill Parker, et alii.

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