(Rough) Translator

21 dicembre 2018

Il theropode di Saltrio – Quarta parte

Ultimo post della serie su Saltriovenator. Nel nostro studio sul nuovo dinosauro italiano (Dal Sasso, Maganuco e Cau, 2018), abbiamo discusso alcune implicazioni generali della scoperta, e che vanno ben oltre la valenza squisitamente “patriottica” di questa specie.

La prima considerazione è legata alle dimensioni di Saltriovenator nel contesto della sua età stratigrafica. Sebbene alcune orme di grandi theropodi siano note da livelli coevi del Sud Africa, Saltriovenator è il primo taxon di Theropoda di grande dimensione (inteso come avente una massa di 1 tonnellata: si considerano “giganti” i theropodi sopra le 2 tonnellate) noto per resti ossei. Combinata alle proporzioni “robuste” dei suoi arti, Saltriovenator testimonia la prima radiazione di theropodi verso quel gigantismo che sarà una tendenza ricorrente dal Giurassico Superiore in poi. La spiegazione più plausibile per l'origine dei grandi theropodi è legata alla coevoluzione dei sauropodi, che proprio alla base del Giurassico iniziano a radiare in forme sempre più grandi. La predazione da parte dei grandi theropodi deve essere stato quindi uno dei fattori chiave per l'evoluzione di sauropodi sempre più massicci (e, a sua volta, il fattore selezionante theropodi sempre più grandi). Discorso analogo può essere fatto per i thyreofori, che mostrano le prime forme robuste (Scelidosaurus) proprio in questo momento. La maggiore robustezza degli arti di Saltriovenator rispetto i dilophosauridi suoi coevi supporta (anche letteralmente) una maggiore efficienza predatoria contro prede sempre più grandi e robuste, quali erano i primi sauropodi e thyreofori, sopratutto se consideriamo il ruolo della mano nella predazione di questi rettili.

Nel precedente post, ho accennato alla morfologia della mano di Saltriovenator. Le ossa sono ben preservate, e comprendono il secondo metacarpale, la prima falange del secondo dito, parte della seconda falange del medesimo dito, ed il terzo dito quasi completo (manca solamente la parte terminale della falange unguale). Purtroppo, non abbiamo alcun resto del primo dito (ma deduciamo che almeno il primo metacarpale fosse presente, dato che la sua faccetta articolare è chiaramente riconoscibile nel secondo metacarpale) né alcuna indicazione se il quarto o il quinto dito fossero presenti. Le parti mancanti sono comunque deducibili tramite l'inferenza filogenetica, ovvero, sulla base della combinazione di caratteri che ricostruiamo filogeneticamente alla base di Ceratosauria a partire dalla morfologia della mano degli altri theropodi.
La mano dei ceratosauri è molto peculiare, specialmente nelle forme derivate (abelisauroidi): essa è molto corta rispetto al resto del braccio, ed ha una ridotta funzionalità delle articolazioni, sia al metacarpo che tra le falangi. Inoltre, nei ceratosauri derivati, il numero delle falangi si riduce e gli ungueali sono sovente tozzi quando non del tutto assenti. In breve, nei ceratosauri è evidente un processo generale di atrofia della mano e perdita di funzionalità. Dubito che i ceratosauri del Cretacico usassero quei moncherini di mani per alcunché. [Per quanto spesso oggetto di meme ironici, Tyrannosaurus ha invece delle mani perfettamente efficienti].

La mano di Saltriovenator spicca in modo inatteso rispetto agli altri ceratosauri! Essa non mostra alcuna forma di atrofia nelle ossa o nelle articolazioni. Il secondo metacarpale, in particolare, mostra l'articolazione distale (con la prima falange del secondo dito) molto complessa: una articolazione a sella, con i condili asimmetrici il cui asse principale è inclinato rispetto alla parte prossimale del metacarpo. Inoltre, la regione distale è preceduta da una enorme fossa dorsale per il legamento estensorio, la quale è bordata prossimalmente da una “coppa” ossea molto prominente. Lo stesso discorso vale per le falangi: esse mostrano faccette articolari perfettamente funzionali, e processi per l'inserzione dei legamenti estensori e flessori molto pronunciati. Il terzo dito termina con un ungueale perfettamente sviluppato, munito di un robusto tubercolo per l'inserzione dei legamenti flessori. Infine, le dimensioni del metacarpo di Saltriovenator rispetto all'omero rientrano nel range di proporzioni “tipiche” dei theropodi non-ceratosauri.
In breve, la mano di Saltriovenator era perfettamente adatta sia a flettere che estendere le falangi, con potenza ed efficienza. Data la sua posizione alla base di Ceratosauria, questo significa che non solo Saltriovenator (e – di conseguenza – tutti i ceratosauri più antichi) conservava piena funzionalità nella mano, tipica della maggioranza dei theropodi, ma anche che la sua mano era perfettamente adattata a trattenere con forza - con una presa a tenaglia - una preda che si dibatteva  tenacemente e con violenza: qualsiasi sia stata la causa (o le cause) della atrofia della mano nei ceratosauri, essa agì solamente nelle forme successive a Saltriovenator. I primi ceratosauri, quindi, presentavano una funzionalità della mano del tutto analoga a quella che osserviamo nei grandi tetanuri (allosauroidi, megalosauroidi e molti coelurosauri): questa condizione è quindi da considerare la condizione ancestrale sia dei ceratosauri che dei tetanuri.

Questa conclusione filogenetica ha delle conseguenza molto interessanti anche fuori da Ceratosauria. Se siete lettori storici del blog, ricorderete la diatriba sulla mano di Limusaurus, e le sue possibili implicazioni per la interpretazione delle dita nella mano degli uccelli (la controversia se la mano tridattila di uccelli e tutti gli altri tetanuri sia formata da pollice-indice-medio [scenario I-II-III] oppure da indice-medio-anulare [scenario II-III-IV]). 

L'omologia tra le tre dita della mano degli uccelli e le cinque dita nella mano ancestrale dei rettili è dibattuta. Le dita aviane sono omologhe al pollice-indice-medio dei rettili (scenario I-II-III) oppure all'indice-medio-anulare (scenario II-III-IV)? Esistono anche scenari ancora più complessi e radicali, ma meno probabili di queste due alternative. Le stringhe di 5 numeri (ed eventualmente la lettera X) indicano la formula falangeale (numero di falangi per dito).


Fin dalla pubblicazione di Limusaurus, espressi il mio scetticismo in merito alla significatività di questo theropode cinese per chiarire l'omologia della mano aviana, e conclusi che fosse più plausibile considerare la mano di Limusaurus (e degli abelisauroidi) come una specializzazione limitata ai ceratosauri, che non porta alcuna informazione rivoluzionaria per interpretare la mano degli uccelli.

Saltriovenator conferma e rafforza quelle mie considerazioni scettiche verso lo scenario II-III-IV.

Difatti, se il modello II-III-IV della mano aviana fosse valido (come sostenuto dai descrittori di Limusaurus), allora una conseguenza di tale scenario sarebbe che l'ultimo antenato comune di Limusaurus e degli uccelli (ovvero, il nodo Averostra, divergenza di Ceratosauria e Tetanurae) dovrebbe avere una formula falangeale molto semplificata rispetto alla condizione ancestrale dei theropodi. In particolare, questo scenario prevede che in tutti i ceratosauri il primo dito della mano debba essere semplificato, ed il terzo dito debba avere meno di 4 falangi. Di conseguenza, se tale scenario fosse valido, noi dovremmo osservare mani semplificate e atrofiche lungo tutta la linea di Ceratosauria, dalla base del clade fino a Limusaurus.


Evoluzione della mano lungo lo stem-aviano in base alla filogenesi del nostro studio. La condizione tridattila degli uccelli è analoga a quella in Allosaurus. Saltriovenator rappresenta la condizione ancestrale per Ceratosauria, mentre Limusaurus è una forma molto derivata del medesimo clade: pertanto, la mano di questo ultimo non rappresenta uno stadio intermedio lungo la linea che porta agli uccelli. Il modello I-II-III è quindi confermato.

Due theropodi giurassici descritti dopo Limusaurus (ma più antichi del taxon cinese) smentiscono lo scenario II-III-IV: Eoabelisaurus presenta una formula falangeale completa per il primo dito, e Saltriovenator presenta la formula falangeale completa per il terzo dito. Pertanto, l'inferenza filogenetica impone che la formula falangeale di entrambe le dita debba essere completa alla base di Ceratosauria, e di conseguenza, che la formula falangeale del più recente antenato comune di Limusaurus e uccelli (ancestore di Averostra) non sia significativamente semplificata rispetto a quella dei primi theropodi. Ciò falsifica una delle ipotesi a sostegno dello scenario II-III-IV e avvalora il modello I-II-III.
Nello specifico, il secondo metacarpale di Saltriovenator mostra caratteristiche simili sia al secondo metacarpale di Ceratosaurus che a quello di Dilophosaurus, oltre a caratteristiche derivate con il metacarpale più lungo nella mano dei tetanuri basali (come Szechuanosaurus zigongensis e Xuanhanosaurus): questo significa che il metacarpale più lungo nei tetanuri è omologo al secondo metacarpale di theropodi non-tetanuri (e non al terzo metacarpale, come invece sostenuto nel modello II-III-IV), confermando ulteriormente il modello I-II-III.
Analogamente, il terzo dito di Saltriovenator è morfologicamente molto simile al terzo dito di Dilophosaurus e al dito laterale dei tetanuri basali: anche in questo caso, la spiegazione più semplice, e coerente con le considerazioni di prima, è che il dito laterale dei tetanuri sia omologo al terzo dito dei taxa non-tetanuri (e ciò implica lo scenario I-II-III, e smentisce le varie versioni dello scenario II-III-IV).

Sia il modello del “frame-shift” che altri scenari “eterodossi” per l'evoluzione della mano lungo la linea che porta agli uccelli sono quindi falsificati dalle omologie condivise tra Saltriovenator, theropodi non-averostri e tetanuri basali: tutto quindi concorre verso uno scenario molto più semplice per l'evoluzione della mano nei theropodi: una tendenza progressiva alla semplificazione delle dita laterali, col mantenimento delle dita mediali. Abbiamo ricostruito la sequenza di stadi che dalla primitiva mano pentadattila dei dinosauri triassici porta alla mano degli uccelli. Lo scenario implica la perdita, nell'ordine:
  1. del quinto dito (alla base di Neotheropoda),
  2. del quinto metacarpale (alla base di Averostra),
  3. del quarto dito (alla base di Tetanurae) e
  4. del quarto metacarpale (tre volte, indipendentemente, tra i tetanuri: una volta negli allosauriani, una altra volta nei tyrannosauroidi derivati, ed una alla base di Maniraptoromorfa – questa ultima è la condizione ereditata dagli uccelli).

Saltriovenator, per quanto frammentario, rafforza il modello “tradizionale” sulla omologia delle dita nella mano degli uccelli, mostrando che, di tutti gli scenari proposti, quello “classico” (I-II-III) è in grado di spiegare nel modo più parsimonioso i vari elementi della diatriba. Difatti, questo scenario implica una sola ipotesi accessoria: in un qualche momento lungo la storia basale di Tetanurae, successivo alla perdita del quarto dito ma precedente alla perdita del quarto metacarpale, deve essere avvenuta una mutazione dello sviluppo embrionale che ha spostato l'asse principale dello sviluppo della mano dal quarto dito (come è nella maggioranza dei vertebrati terrestri) al terzo dito.

Ad ulteriore conferma dello scenario I-II-III c'è anche una argomentazione basata sul principio della selezione naturale: quale processo favorirebbe in un theropode lo scenario II-III-IV? Sappiamo che la mano dei theropodi è usata nella predazione, per trattenere la preda. Sappiamo che le articolazioni dell'arto anteriore nei theropodi vincolano il range di mobilità della mano in una regione limitata posta anteroventralmente alla zona pettorale. In base a questi fattori, la selezione naturale favorirà theropodi con mani corte e robuste, e favorirà le dita mediali (I-II) rispetto a quelle laterali (III-IV-V). Combinate questi elementi, e avrete una tendenza progressiva ad avere theropodi con braccia più corte, robuste e con dita mediali sviluppate, mentre le dita laterali saranno progressivamente ridotte e perdute in quanto inutili nel trattenere la preda. Ovvero, la selezione naturale favorirebbe uno scenario I-II-III, e non certo il II-III-IV, dato che questo ultimo implicherebbe la scomparsa del primo dito, quello più mediale: la perdita del primo dito sarebbe svantaggiosa in termini adattativi, visti i fattori elencati sopra dovuti alla anatomia ed ecologia dei theropodi.


Bibliografia:
Dal Sasso C., Maganuco S., Cau A. 2018 - The oldest ceratosaurian (Dinosauria: Theropoda), from the Lower Jurassic of Italy, sheds light on the evolution of the three-fingered hand of birds. PeerJ 6:e5976.doi:10.7717/peerj.5976

5 commenti:

  1. Vagamente of topic.

    Saltriovenator è ora ben dentro ceratosauria, ma quanto sarebbe meno parsimonioso immaginarlo come un Averostra NON ceratosauro e NON tentauro?

    Valerio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per definizione, non esiste un averostro che non sia ceratosauro o tetanuro, perché è il nome del nodo, quindi devi necessariamente essere in uno dei due rami per essere un averostro. Comunque, credo tu intenda dire quanto meno parsimonioso sia collocarlo come un sister group di Averostra: in tal caso, la differenza è di 3 steps, che è un valore relativamente basso, compatibile con la sua frammentarietà. Ciò significa che qualora si trovasse un cranio o altri elementi come le vertebre, potrebbe effettivamente collocarsi fuori da Averostra. Ovviamente, potrebbe anche benissimo rafforzarsi la posizione in Ceratosauria... speriamo un giorno di avere altri esemplari.

      Elimina
  2. I'd like to know how the model I-II-III explains its contradiction with developmental biology which suggests that modern birds retain their II-III-IV fingers. Could you please tell me something about it? Thanks in advance.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. It has been shown that developmental data also supports the I-II-III scenario. In fact, the idea that developmental data is exclusively in support of the II-III-IV scenario has been abandoned about one decade ago (and we noted in our paper that such dichotomy is obsolete).
      For example, see: Tamura K, Nomura N, Seki R, Yonei-Tamura S, Yokoyama H. 2011. Embryological evidence identifies wing digits in birds as digits 1, 2, and 3. Science 331(6018):753–757.
      Apparently, different methods in embriological analysis may support either I-II-III and II-III-IV models, which raises the question on how developmental biology alone may solve this macroevolutionary topic.
      See detailed discussion on this complex topic here:
      Bever GS, Gauthier JA, Wagner GP. 2011. Finding the frame shift: digit loss, developmental variability, and the origin of the avian hand. Evolution & Development 13(3):269–279.
      Vargas AO, Kohlsdorf T, Fallon JF, VandenBrooks J, Wagner GP. 2008. The evolution of HoxD-11 expression in the bird wing: insights from Alligator mississippiensis. PLOS ONE 3(10):e3325.
      Wang Z, Young RL, Xue H, Wagner GP. 2011. Transcriptomic analysis of avian digits reveals conserved and derived digit identities in birds. Nature 477(7366):583–586.
      Xu X, Zhou Z, Dudley R, Mackem S, Chuong C-M, Erickson GM, Varricchio DJ. 2014.
      An integrative approach to understanding bird origins. Science 346(6215):1253293.

      Elimina
    2. That's very helpful information. Thanks!

      Elimina

I commenti anonimi saranno ignorati
-------------------------------------------------------------
Anonymous comments are being ignored
-------------------------------------------------------------