Il fossile oggetto dello studio di Han et al. (2023). Le frecce rosse indicano le parti che a mio avviso richiedono una investigazione più accurata, per accertarne l'autenticità. |
La pubblicazione di Han et al. (2023), dedicata ad un eccezionale fossile dal Cretacico Inferiore della Cina, fossile formato da una coppia [un mammifero (Repenomamus) ed uno dinosauro (Psittacosaurus)] in stretta associazione, ha attirato un ampio e comprensibile interesse a livello mediatico. Nel post precedente, io ho sollevato una serie di dubbi sulla autenticità del fossile. Come ho precisato in quel post, io non ho alcun pregiudizio a priori contro questo fossile o contro gli autori dello studio, ma nondimeno devo porre una serie di domande che derivano dalla mia esperienza di paleontologo che ha studiato materiale simile a quello oggetto dello studio, ha potuto visionare fossili dalla medesima unità geologica da cui proviene il fossile, ed ha esperienza sullo studio e pubblicazione di questo tipo di fossili eccezionali e problematici.
Spero di non risultare rude, ma trovo molto ingenua la accettazione acritica di un fossile del genere, così eccezionale ma anche così problematico. Capisco il pubblico generico, ma i paleontologi hanno il dovere di essere rigorosi nel chiedere evidenze robuste di fronte a fossili così incredibili. Alcuni colleghi hanno correttamente sollevato delle riserve sulla autenticità del fossile, ma i media generalisti e buona parte del pubblico paiono essere più interessati alla conclusione comportamentale ed ecologica di tale studio piuttosto che focalizzarsi sulla domanda più importante: questo fossile è reale oppure è un artefatto? Perché se esso fosse artefatto, ciò incide pesantemente su qualunque interpretazione paleobiologica del reperto.
Ritengo quindi doveroso, proprio perché sono un paleontologo interessato anche a fare divulgazione scientifica, spiegare nel dettaglio le ragioni del mio scetticismo, ragioni che non sono astratte o pregiudiziali, ma derivano proprio dalla lettura dello studio di Han et al. (2023). Sì, è proprio il modo con cui il fossile è descritto e presentato nello studio che istiga il mio scetticismo.
Han et al. (2023) dichiarano che il fossile "fu scoperto il 16 Maggio 2012, ad ovest del villaggio cinese di Lujiatun" e riportano le coordinate della località di rinvenimento [da Google Maps, le coordinate fornite mostrano un calanco]. Non sono disponibili foto del ritrovamento, né del fossile al momento della scoperta, in situ, né durante il suo scavo. Trovo bizzarro che si riporti la data esatta di scoperta, corredata di coordinate geografiche, ma poi non ci sia alcuna foto del fossile in situ. L'articolo riporta che l'esemplare fu "acquistato dal primo autore" e donato ad un museo cinese "nel 2020". Non è chiaro quindi chi abbia fatto la scoperta, né se abbia documentato tale evento con fotografie. Non è chiaro se sia l'acquisto che la donazione risalgano entrambi al 2020, ma in ogni caso, tra la scoperta nel 2012 e la donazione al museo nel 2020 passano 8 anni, durante i quali il fossile è stato in mano a qualcuno che non è l'autore dello studio né parte del museo. Dove è stato il fossile in quel periodo? Chi ha posseduto il fossile in quegli 8 anni? Lo scopritore? In che condizioni era il fossile al momento dell'arrivo al museo? Gli autori dichiarano che il fossile è stato successivamente preparato in museo, e che la preparazione ha rivelato la mandibola del mammifero posta sotto le due coste del dinosauro.
Questa è la sola evidenza portata dagli autori a sostegno della autenticità del fossile. Purtroppo, non è sufficiente per dimostrare che il fossile non sia stato in qualche modo oggetto di preparazioni e assemblaggi.
Questa "prova" non è sufficiente per dimostrare che il fossile è autentico, perché dimostra solamente che la mandibola del mammifero era ancora dentro la matrice rocciosa prima della preparazione finale. Ma ciò non dimostra che tale matrice rocciosa sia sempre stata intatta e non sia un assemblaggio di blocchi distinti. Se l'intero blocco contenente il cranio del mammifero è stato incollato al blocco contenente il dinosauro, è ovvio che la mandibola del primo risulta parte di tale associazione. Ma ciò non dimostra che i due scheletri fossero associati in principio. Aver "scoperto" la mandibola durante la preparazione non dimostra alcunché in merito alla associazione degli scheletri.
Gli autori sostengono che due coste dorsali del dinosauro siano tra cranio e mandibola del mammifero, e che ciò avvalori l'associazione dei due scheletri. Purtroppo, la natura di queste due coste è problematica. Esse non sono una prova di associazione tra i due animali, dato che gli stessi autori notano che queste due coste dorsali del dinosauro sono anche le uniche due ossa di Psittacosaurus ad essere danneggiate, e che non sia possibile stabilire la causa di tale danneggiamento, né il punto in cui tali coste siano state fratturate. Riferendosi alle due coste, gli autori ammettono che " the breaks are obscured, and it is not possible to determine with certainty whether the ribs were broken in life or due to taphonomic processes. ". Questa è una implicita dichiarazione che non conosciamo come le due coste siano state rotte, né se siano connesse allo scheletro. Ovvero, non esistono prove che i due scheletri fossero associati in origine. Difatti, è possibile che lo scheletro del mammifero sia stato incollato a due coste di Psittacosaurus e che poi il blocco "mammifero + frammenti di coste di dinosauro" sia stato incollato al resto del dinosauro. Gli autori non forniscono alcuna prova in grado di falsificare questo scenario alternativo, ma ugualmente legittimo, che spieghi le evidenze pubblicate.
Molti lettori forse non sono consapevoli di quanto sia facile "falsificare" e "taroccare" un fossile. Senza una TAC che dimostri la presenza di colla e rimaneggiamenti interni al blocco, è sufficiente ricoprire con una sottile patina uniforme di cemento e polvere di roccia un insieme di blocchi di ossa e roccia assemblati ad arte per dare l'illusione che si tratti di un blocco unico, naturale e privo di rimaneggiamenti. Purtroppo, gli autori non hanno fornito alcuna scansione tomografica del fossile, quindi non è possibile dimostrare che il blocco sia unico e non abbia subito alcun rimaneggiamento.
Attenzione: è sempre possibile che il blocco sia originale ma abbia in ogni caso subito un restauro consolidativo, ma anche questo deve essere mostrato tramite una TAC! Ritengo molto probabile che il blocco abbia comunque subito un qualche restauro, dato che è difficile credere che ogni singolo osso sia perfettamente conservato, ad eccezione della mandibola dislocata, e che le due costole rotte dello Psittacosaurus siano i soli elementi che hanno subito qualche danno peri-mortem o durante la fossilizzazione.
Concludendo:
Falsificare un fossile, incollando parti di animali in origine separate, e nascondere tutto il lavoro di consolidamento e ricostruzione, è molto più facile di quello che molti pensano. Un fossile può apparire in superficie "genuino", ma essere in profondità un artefatto costruito da mani esperte incollando assieme ossa fossili originali, matrice rocciosa e collante. Solo una TAC può dimostrare che il fossile è genuino o che abbia subito solo una riparazione conservatrice "onesta". Solo una TAC può mostrare che il fossile non fu manomesso rispetto all'originale associazione. Senza una TAC, non possiamo stabilire quanto profondo è stato il restauro, e quanto "naturale" sia l'associazione dei due scheletri.
Alla luce delle bizzarre posture e configurazioni dei due scheletri, discusse nel precedente post, l'assenza di una TAC che dimostri l'originalità dell'associazione è una mancanza molto grave. La TAC è la sola analisi che può dare sostegno ad una così bizzarra associazione fossile.
In assenza di una TAC, il mio giudizio sul fossile è che sia troppo strano, troppo inusuale, troppo innaturale e troppo improbabile per essere naturale. In assenza di una TAC pubblicata, se devo scommettere del denaro sullo status di questo fossile, i miei soldi vanno all'ipotesi che sia un arfefatto costruito da mani esperte nella preparazione e restauro di fossili.
Spero di essere smentito e che il mio scetticismo sia falsificato: in ogni caso, spero che il fossile sia analizzato con le adeguate tecniche di indagine e scansione.
Ho appena letto lo sconfortante articolo del Post
RispondiEliminaScusa Andrea, parlo da profano.
RispondiEliminaNon sarebbe possibile in casi come questo fare un'analisi chimico-fisica della matrice in punti diversi per capire se esistono i presupposti per una falsificazione?
Magari è un approccio meno costoso di una TAC e dà già delle indicazioni utili per risolvere la questione.
Prelevando campioni in zone sensibili del fossile, ad esempio dove potrebbe essere avvenuto un incollaggio, e confrontandoli con zone sicuramente autentiche, si potrebbe sapere se c'è una differenza non naturale.
Enrico Ceruti
Qualunque analisi è benvenuta, anche se l'analisi fisico-chimica del campione è già stata fatta dagli autori per dimostrare che la matrice è di origine vulcanica. Ma campionare in vari punti può dare l'illusione che sia un esemplare genuino, mentre la TAC mostra l'intero esemplare. Inoltre, un assemblaggio di blocchi dalla medesima unità geologica può risultare omogeneo nonostante i pezzi siano stati incollati tra loro... No, la TAC è la prima opzione. La seconda è segare... cosa che è uguale a fare una TAC in modo invasivo.
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