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02 dicembre 2022

AQUATIC DINOSAURS VS SEMI-AQUATIC DINOSAURS (aka A tale about Spinosaurs and Goose-raptors)

 

Un modo molto elegante di essere un dinosauro semi-acquatico  (fonte)

Che tempi avvincenti per chi studi i dinosauri carnivori! Nel giro di 24 ore abbiamo avuto la pubblicazione di un nuovo studio relativo alla controversa paleo-ecologia di Spinosaurus (Sereno et al. 2022) e la pubblicazione del nuovo halszkaraptorino Natovenator (Lee et al. 2022). Come spesso accade in questi casi, la rete si è scatenata, a volte in modo critico, a volte in modo divertente, in reazione a questi studi.

Penso sia doveroso fare chiarezza, perché leggo online alcuni fraintendimenti anche da parte di paleontologi, sulla questione di cosa, come e quanto fosse acquatico questo o quel dinosauro.

Sereno et al. (2022) hanno portato un contributo molto importante alla discussione perché esplicitamente distinguono il significato della parola "acquatico" da quella di "semi-acquatico". I termini sono spesso usati come sinonimi, o comunque intercambiabilmente, generando confusione.

Seguendo la definizione in Sereno et al. (2022):

ACQUATICO:

Un animale ha uno stile di vita acquatico quando è adatto a rimanere permanentemente, o comunque per la grande maggioranza del tempo, immerso in acqua. Un animale acquatico è quindi poco (o per niente) adatto a vivere fuori dall'acqua. Seguendo questa definizione, sono acquatici i cetacei e le tartatughe marine, ed ovviamente tutti i pesci.

SEMI-ACQUATICO:

Un animale ha uno stile di vita semi-acquatico se è adatto a rimanere temporaneamente in acqua ma conserva comunque la capacità di uscire attivamente dall'acqua e di svolgere parte della propria vita sulla terraferma. Un animale semi-acquatico quindi non è vincolato all'ambiente acquatico ma è anche adatto a sfruttare l'ambiente terrestre. Seguendo questa definizione, sono animali semi-acquatici gli ippopotami, i coccodrilli, le tartarughe palustri, molti anatidi e la maggioranza degli uccelli detti "acquatici". 

I pinguini sono un caso particolare, a metà strada tra una condizione "veramente" acquatica ed una semi-acquatica. (Non dobbiamo stupirci, perché le nostre categorie sono sempre una semplificazione del mondo reale).

Seguendo questi criteri, Sereno et al. (2022) mostrano che Spinosaurus non sia un animale (pienamente) acquatico bensì semi-acquatico, una conclusione in linea con la maggioranza degli studi precedenti, ma che "ridimensiona" alcune ipotesi proposte negli ultimi anni dagli studiosi del celebre esemplare marocchino.

Personalmente, non vedo una grande rivoluzione: condivido la distinzione terminologica proposta da Sereno et al. (2022) e non avevo mai pensato che Spinosaurus fosse "pienamente/totalmente" acquatico, né penso che lo pensassero gli autori degli studi sul neotipo di S. aegyptiacus (in ogni caso, io non devo fare l'avvocato difensore di nessuno).

Seguendo le categorie di Sereno et al. (2022), anche gli halszkaraptorini sono semi-acquatici. Questo è perfettamente coerente con quanto abbiamo sempre sostenuto fin dal primo studio del 2017 su Halszkaraptor, dato che l'animale era stato interpretato come "anfibio" (termine che significa "che ha due vite", una acquatica ed una terrestre, quindi sinonimo del termine "semi-acquatico" usato da Sereno et al. 2022).

Approfitto del post per rimarcare alcuni concetti sugli halszkaraptorini che continuano ad essere fraintesi da alcuni online:

1- L'ambiente deposizionale degli Halszkaraptorinae (formazioni Djadokhta e Baruungoyt) comprende sia facies formate in ambiente arido che facies formate in ambiente umido. Quindi, non è vero - come continuano a ripetere certi commentatori online - che questi ambienti fossero unicamente aridi e desertici. La presenza di depositi umidi implica una variabilità degli ambienti e la presenza di acqua. Ad esempio, a Uhkaa Tolgod (la località tipo di Halszkaraptor), abbiamo facies composte da argille e siltiti che sono esplicitamente interpretati come depositi formati in bacini d'acqua dolce all'interno del sistema di dune sabbiose (Dingus et al. 2008), un tipo di ambiente che oggi troviamo, ad esempio, in alcuni deserti della Namibia. La presenza di varie specie di ostracodi (invertebrati d'acqua dolce) in questi depositi suggerisce la presenza di piccoli laghi e stagni, perfettamente adatti per le esigenze di piccoli animali simil ad anatidi come Halszkaraptor.

2- Studi della sedimentologia e stratigrafia del Bacino del Nemegt indicano che le tre unità della Djadokhta, Baruungoyot e Nemegt non fossero tre momenti distinti del passato cretacico della Mongolia separati nel tempo, bensì tre differenti contesti ambientali e deposizionali esistiti contemporaneamente durante la lunga storia tardo-cretacico della regione del Gobi (Jerzykiewicz et al. 2021). Ovvero, le tre unità rappresentano tre diversi ambienti, collegati tra loro ed in continuità geografica, tre parti del medesimo sistema di oasi umide e sistemi di dune sabbiose. Lo studio in questione propone una interessante soluzione al "paradosso ecologico degli halszkaraptorini" dato che mostra come la presenza e abbondanza delle diverse specie di dinosauro nelle tre unità menzionate sopra non sia una prova di "adattamento locale" alle sole condizioni di una singola unità, ma sia un artefatto tafonomico. Ovvero, dobbiamo concludere che gli Halszkaraptorinae in vita fossero presenti in tutte le zone rappresentate da queste tre unità, sia nei contesti umidi (=Nemegt) che in quelli intermedi (=Baruungoyot), sia in quelli più asciutti (=Djadokhta), ma che a livello fossile solamente gli animali che si avventuravano nelle dune sabbiose djadokhtiane avessero qualche possibilità di preservarsi fino a noi, a causa del regime tafonomico sfavorevole per gli scheletri di piccole dimensioni che caratterizza i depositi nemegtiani rispetto a quelli baruungoytiani e diadokhtiani. Riassumendo, Halszkaraptor non era un abitante esclusivo delle dune sabbiose, ma piuttosto un opportunista esploratore dei contesti sia umidi che aridi, ma che solo in questi ultimi (in particolare, nelle dune sabbiose che collassavano) poteva eventualmente fossilizzare nelle condizioni idonee alla preservazione del suo piccolo e delicato scheletro. 

3- Nonostante ci siano rappresentazioni paleo-artistiche di Halszkaraptor (e ora, anche di Natovenator) che lo rappresentano intento ad inseguire il pesce nuotando in immersione, nel nostro studio del 2017 (Cau et al. 2017) non abbiamo mai proposto uno stile di nuoto così estremo. Nello studio del 2017, diciamo esplicitamente che Halszkaraptor probabilmente usava gli arti anteriori per manovrare in acqua, ma non sosteniamo che fosse un nuotatore efficiente come un pinguino o un cormorano, né che usasse le pinne come organo propulsivo. Per sostenere ciò occorrerebbe un'analisi biomeccanica rigorosa ed una completa conoscenza della regione pettorale, ovvero ci servirebbe uno scheletro meglio preservato di quello a disposizione. In ogni caso, non occorre un tale modello locomotorio per spiegare l'ecologia semi-acquatica di Halszkaraptor. La mia ipotesi preferita è che Halszkataptor fosse un nuotatore relativamente lento, e di superficie, che usava il lungo collo affusolato e molto mobile per foraggiare in acque basse, rovistando sul basso fondale alla ricerca di molluschi ed invertebrati d'acqua dolce. Un'animale che ricorda nello stile di vita un cigno come quello che apre il post, e non un pinguino. 

4- La compattezza delle ossa in Spinosaurus e Halszkaraptor. Le ossa lunghe di Spinosaurus sono molto più compatte di quelle degli altri theropodi, e ciò è stato considerato una prova di uno stile di vita più spiccatamente acquatico (Fabbri et al. 2022). Sereno et al. (2022) propongono una interpretazione alternativa di questo elemento, sostenendo che fosse legato alla peculiare dimensione ridotta degli arti, per conservare robustezza nel sostenere il peso corporeo, dato che le vertebre di Spinosaurus non mostrano una simile anatomia interna e sono cave internamente. Indipendentemente da come interpretare questo fenomeno, le ossa di Halszkaraptor sono cave internamente come nella maggioranza dei theropodi. Questo significa che quindi non fosse in qualche modo acquatico? Ovviamente, no: una simile cavitazione nelle ossa si osserva anche in molti uccelli acquatici, come anatidi e altre forme piscivore, i quali sono comunque perfettamente adatti a vivere in acqua e a nutrirsi immergendosi per brevi momenti. Dato che io sostengo che Halszkaraptor fosse un nuotatore di superficie, che galleggiava a pelo d'acqua e che immergesse soprattutto il collo e non avesse uno stile di nuoto da pinguino, non vedo problemi nel suo scheletro leggero e pneumatizzato. Anzi, lo scheletro cavo aiutava il galleggiamento e quindi era consono al suo stile di foraggiamento. La questione della cavitazione delle ossa è un problema per chi sostiene uno stile di vita (pienamente) acquatico in grado di immergersi a lungo, ma, ripeto, noi non abbiamo mai sostenuto ciò per Halszkaraptor: esso era semi-acquatico (non era "totalmente acquatico") e mostra uno scheletro da animale semi-acquatico, con ossa cave e non compatte.

Spero che questo post chiarisca i punti controversi e fraintesi su questi studi, e sugli halszkaraptorini in particolare.

Purtroppo, vedo ancora persone che attaccano le nostre analisi come se noi avessimo dichiarato che Halszkaraptor fosse un pinguino che viveva nel deserto sabbioso del Sahara... idea che è anni luce di distanza da quello che invece ritengo sia la corretta interpretazione di tutte le evidenze su Halszkaraptor, Natovenator e sugli ambienti deposizionali del Bacino del Nemegt.




5 commenti:

  1. So you don't think that the forelimbs of Halskaraptor and Natovenator used a motion underwater that was homologous (biomechanically) to the swimming stroke of penguins or the flight stroke of flying birds?

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    1. I've never assumed such an extreme swimming style for Halszkaraptorinae.
      I quote myself (Cau et al. 2017, Halszkaraptor first paper): "Halszkaraptor is interpreted as an amphibious theropod: an obligatory biped on land and a swimmer that used its forelimbs to manoeuvre in water and that relied on its long neck for foraging."
      Note that we never suggested undewater motion or a penguing-like swimming stroke. I've always explicitly used the term "manoeuvre" instead of a term stating a more efficient wing-propelled style because Halszkaraptor lacks the majotity of the derived skeletal features of a true penguin-like swimming style. I've always seen Halszkaraptor as a surface swimmer, probably a slow swimmer, which likely used the forelimbs to manoeuvre like fresh-water turtles, and which used the quick and long neck as the main predatory device.
      The pectoral region is too fragmentary for inferring a flight stroke, so I conservatively assume only a directional use for the forelimbs. If the "basic" paravian body plan allowed some form of flight stroke, this in any case did not allow an advanced penguin-like stroke underwater. Once the scapulocoracoid is completely known, we might eventually discuss how bird-like its forelimb motion was. Pending that day, I prefer a surface swimmer model which used its forelimb to manouver while foraging using the neck.

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  2. Thanks for your answer Andrea. Makes sense. The forelimbs were used to help locomotion, but were not used for propulsion.

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  3. If your hypothesis of the amphibious Majungasaurus is correct, then could it be considered semi-aquatic?

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    1. Assuming that old hypothesis is somewhat valid, Majungasaurus could be considered so. Note that I am not stating that Majungasaurus is actually semi-aquatic, I have just answered to your hypothetical question. ;-)

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