Ricostruzione dei tre sfenodonti di Pietraroia (opera di E. Troco) |
Continua la prolifica serie di nuovi studi sui rettili mesozoici italiani!
Il post di oggi parla di un nuovo articolo, del quale sono
co-autore assieme a Mattia Baiano, dell'Università 'Federico II' di Napoli – ed
attualmente presso l'ICP a Barcellona – e Pasquale Raia, paleontologo dell'ateneo napoletano (Cau et al. 2014).
La collaborazione che ha prodotto questo articolo deriva dall'amicizia nata tra
me e Mattia nel 2010, entrambi soci dell'Associazione APPI. Difatti, si può
considerare questo articolo un “figlio” dell'APPI.
La località beneventana di Pietraroia è nota nel mondo
paleontologico per i suoi giacimenti ad elevata conservazione, risalenti a
circa 110 milioni di anni fa, noti fin dalla fine del XVIII secolo. Il taxon più
famoso proveniente dai livelli fossiliferi di Pietraroia è sicuramente il
theropode Scipionyx samniticus. Il clade di tetrapodi più abbondante a
Pietraroia è invece Lepidosauria (il gruppo a cui appartengono lucertole e
serpenti), rappresentato da 4 specie, tre squamati (Costasaurus rusconi,
Chometokadmon fitzingeri e Eichstattesaurus gouldi) ed uno
sfenodonte (Derasmosaurus pietraroiae). Un secondo sfenodonte,
frammentario, era già noto da Pietraroia: questo esemplare è significativo per
presentare tracce dei tessuti molli intestinali, oltre al cranio di una sua preda
– un piccolo squamato – insieme a resti di massa fecale, ancora presenti nella
zona addominale. Nel nostro nuovo studio, abbiamo descritto un terzo scheletro
di sfenodonte, scoperto una quindicina di anni fa ma mai studiato prima, ed
abbiamo valutato la disparità degli sfenodonti di Pietraroia tramite analisi
filogenetiche.
Gli sfenodonti sono poco noti al grande pubblico, se non
altro perché oggi ne esiste una sola specie, famosissima invece tra i
naturalisti ed i biologi: Sphenodon punctatus, che popola alcune isole
al largo della Nuova Zelanda. Sovente considerato un “fossile vivente”, in
realtà Sphenodon è una forma molto derivata appartenente ad un clade
relativamente stabile e conservatore di rettili lepidosauromorfi, originatosi
nel Triassico, che nel Giurassico aveva distribuzione cosmopolita, e che ha
prodotto forme sia erbivore che acquatiche. A partite dal Cretacico Inferiore,
questo gruppo ha progressivamente ridotto la propria distribuzione, scomparendo
dall'Emisfero Settentrionale prima della fine del Mesozoico. Difatti, gli
sfenodonti di Pietraroia sono tra gli ultimi membri di questo clade vissuti a
nord dell'Equatore. Analizzarne la diversità e le affinità evoluzionistiche è
quindi un tassello utile per comprendere la storia evolutiva di questi rettili.
I tre sfenodonti di Pietraroia possono essere simpaticamente
soprannominati come: “Il Buono”, ovvero Derasmosaurus pietraroiae, che è
l'esemplare più grande e completo; “Il Piccoletto”, ovvero il nuovo esemplare
che abbiamo descritto, e che è quello di dimensioni minori; ed “Il Cattivo”,
l'esemplare menzionato prima, che è quello meno completo, sebbene conservi
parte dei tessuti molli ed il cranio di una sua preda nell'addome.
Il Buono è quasi completo, e ciò ha permesso di collocarlo
filogeneticamente con relativa sicurezza: esso risulta un lontano parente di Sphenodon,
ma con affinità più dirette con alcuni sfenodonti giurassici tedeschi. Questo
risultato non sorprende, dato che affinità simili sono emerse per alcuni
squamati di Pietraroia.
Il Piccoletto è grande la metà di Derasmosaurus, e
potrebbe stare sul palmo di una mano. Le ridotte dimensioni potrebbero essere
dovute alla sua età relativamente giovanile, tuttavia, alcune caratteristiche
del cranio e delle articolazioni degli arti indicano che, forse, esso era
maturo, e quindi potrebbe essere una forma nana. La forma delle vertebre
dorsali esclude che esso sia riferibile a Derasmosaurus. La posizione
filogenetica del Piccoletto è problematica, dato che alcune delle sue possibili
condizioni primitive potrebbero essere un effetto della piccola taglia e/o
della giovane età. Nondimeno, esso pare appartenere alla medesima linea
evolutiva di Sphenodon e Derasmosaurus.
Il Cattivo è quello più difficile da collocare
filogeneticamente, data la relativa frammentarietà. Le nostre analisi lo
collocano alla base di una linea distinta da quella degli altri due sfenodonti
campani, e prossimo a forme bizzarre come gli Eilenodontini, un clade che
comprende alcuni sfenodonti giganti patagonici del Cretacico Superiore (lunghi
circa 1 metro).
In conclusione, il nostro studio dimostra che a Pietraroia
sono presenti tre linee evolutive (e quindi, specie distinte) di sfenodonti:
ciò porta la diversità dei lepidosauri di questa associazione a ben 6 specie.
Le affinità con altri lepidosauri del Giurassico Superiore tedesco implicano
che Pietraroia fosse un “rifugio” per linee filetiche vecchie di almeno 40
milioni di anni prima del Cretacico, e ciò non sorprende, se consideriamo che
Pietraroia era parte di un sistema di isole al centro della Tetide,
relativamente isolato dalle principali masse continentali.
Il sito di Pietraroia è un santuario paleontologico
inestimabile, che probabilmente ha ancora molte sorprese da regalarci: la
speranza è che prossimamente si possa tornare a studiare questo piccolo tesoro
italiano.
Ringrazio il Centro Musei delle Scienze Naturali di Napoli
ed il Museo Paleontologico dell'Università di Napoli che hanno permesso lo
studio di questi esemplari. Un grazie particolare va, ovviamente, a Mattia e
Pasquale, miei coautori nello studio, ma anche per l'amicizia e l'ospitalità
che mi hanno manifestato durante la mia permanenza a Napoli.
Un ringraziamento anche al sempre geniale Troco, autore del
quadro che ritrae i tre sfenodonti di Pietraroia.
Bibliografia:
Cau,
A., Baiano, M.A., Raia, P. 2014. A new sphenodontian (Reptilia, Lepidosauria)
from the Lower Cretaceous of Southern Italy and the phylogenetic affinities
of the Pietraroia Plattenkalk rhynchocephalians. Cretaceous Research 49: 172-180. doi.org/10.1016/j.cretres.2014.02.001
Entusiasta sia per questi tre squamati (non se ne parla mai, purtroppo) sia per l'ittiosauro (altro gruppo un po' ignorato). Ottimo lavoro
RispondiEliminaSimone
Gli sfenodonti NON sono squamati...
EliminaHai ragione, errore imperdonabile. Invoco il lapsus memoriae, in quanto intendevo lepidosauri....
RispondiEliminabe' come al solito, complimenti.
RispondiEliminaEmiliano
Complimenti a tutti.
RispondiEliminaUna curiosità, ma nel quadro qual'è il "piccoletto"?
Dall'alto al basso: Il Buono, il Piccoletto ed il Cattivo.
EliminaCongratulazioni, ottimo lavoro, certo pubblicarla il 1° aprile...
RispondiEliminaDa Theropoda oggi mi aspettavo solo notizie improbabili.
Valerio
Complimenti a te e agli altri autori. Mi toglieresti una curiosità. Come scegli la rivista di pubblicazione?
RispondiEliminaPiù mi addentro nella paleontologia dei vertebrati e più mi rendo conto che l'analisi filogenetica è una materia complessa che necessita di specializzazione. Probabilmente sto scrivendo un'ovvietà, ma ritengo che uno studio che consideri anche la filogenetica debba avere almeno uno degli autori specializzato in tal senso.
Ciao Andrea!
RispondiEliminaVolevo farti una domanda su uno degli animali che popolarono l'(ex)isola del Gargano, ossia:
potrei avere delle informazioni sul coccodrillo del Gargano, del tipo(sempre se possibile) la taglia, l'aspetto e, se possibile, vedere uno dei fossili?
Interesting, thought note there are two species of Shenodont alive today, S. punctatus and S. guntheri.
RispondiElimina--Sean
Sean, in the original version of our manuscript, we reported the two extant species, but one of the reviewer contested it, stating that recent studies do not support a distinction of the S. guntheri as a separate species from S. punctatus.
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