Organizzatori, relatori e artisti del Darwin Day 2013 di S. Daniele Po. |
Oggi è il Darwin Day, la giornata dedicata alle "vittime" del darwinismo, ovvero, i platonisti di tutte le forme e versioni. O, se volete, il giorno dedicato alla celebrazione del ritorno dell'Uomo nella Natura.
Questo anno, ho "festeggiato" il Darwin Day leggermente in anticipo: lo scorso 9 febbraio, sono stato a S. Daniele Po, piccolo comune sulla riva cremonese del Po, nel cui museo paleoantropologico (che custodisce l'unico esemplare di H. neandertalensis rinvenuto nella Pianura Padana) è ormai una piacevole tradizione organizzare un convegno nelle vicinanze del Darwin Day, dedicato all'eredità del grande naturalista inglese. Questo anno, oltre alle consuete celebrazioni per Darwin, ricorre anche il centenario della morte di Alfred Russell Wallace, noto per aver elaborato l'ipotesi della selezione naturale come motore del cambiamento evolutivo in modo indipendente da Darwin, e che con la sua intuizione spronò questo ultimo a pubblicare il suo capolavoro nel 1859. Ridurre Wallace solamente a "colui che come Darwin scoprì la selezione naturale" è però una grossolana mistificazione. Per questo motivo, gli organizzatori dei Darwin Day di S. Daniele Po hanno deciso di dedicare questa edizione alla figura e al pensiero di Wallace.
I tre interventi che hanno caratterizzato questo Darwin Day, intitolato "La Linea di Wallace" (in allusione, ma non solo, alla discontinuità biologica esistente nel Sud-Est Asiatico tra le faune "asiatiche" e quelle "australiane", discontinuità per la prima volta studiata proprio da Wallace), hanno quindi introdotto la persona ed il pensiero di Wallace ("Il Sogno Febbricitante di Alfred Russell Wallace", di Federico Focher, università di Pavia), le implicazioni biogeografiche che l'opera di Wallace ha infuso nella teoria evolutiva, con particolare riferimento alla "nostra" storia ominide ("L'Evoluzione Umana nel Tempo e nello Spazio" di Telmo Pievani, università di Padova), per poi affrontare un caso particolare dell'evoluzione ominide, avvenuto proprio lungo la "Linea di Wallace", quello di Homo floresiensis ("Oltre la Linea di Wallace: Homo floresiensis, una controversa e singolare specie umana" di Giorgio Manzi, università di Roma).
L'evento è stato sintetizzato in modo sublime da Troco ("il sosia di Wallace!" stando alle parole di Focher), che ha realizzato per l'occasione uno straordinario quadro che omaggia Wallace e Darwin, quadro che lo stesso Troco ha introdotto e "spiegato" al pubblico in apertura dell'evento. La scelta, cura e "spiegazione" dei dettagli dell'opera ha mostrato a tutti la profonda sensibilità naturalistica che sta dietro la mano di Troco.
Ho apprezzato tutti gli interventi.
Focher ci ha aiutato a capire e a rivalorizzare la figura scientifica e umana di Wallace, spesso mostrato meramente come opaca versione "convergente" di Darwin. Wallace ebbe una vita personale molto diversa dal suo ben più noto collega ed amico, al quale era legato da profonda stima ed affetto reciproco. Oltre che naturalista, Wallace fu, come spesso avveniva in epoca vittoriana, una personalità eclettica, di attivista politico, socialista, e femminista ante-litteram.
Telmo Pievani ha ricordato a tutti noi che ci occupiamo di evoluzione, che questa è un processo multidimensionale. Sebbene l'asse del tempo sia quello più fortemente connotante la struttura della teoria evolutiva, lo spazio è il piano nel quale i prodotti del tempo si manifestano: senza una precisa collocazione spaziale degli episodi di speciazione, adattamento ed estinzione, la teoria evoluzionistica risulta monca. Questo è particolarmente vero in contesti quali l'evoluzione umana, un pattern cladogenetico relativamente breve e rapido, nel quale lo spazio ha giocato un ruolo come portatore di divergenza, artefice della differenziazione e quindi dell'origine di nuove specie. Coaudiuvato da eccellenti ricostruzioni della paleogeografia Pleistocenica, Pievani ci ha mostrato come la rapida espansione di Hominidae lungo le instabili (alla scala geologica) geografie dell'Eurasia sia uno dei fattori che hanno più massicciamente prodotto l'intricato "cespuglio" del quale Homo sapiens è, oggi, il solo esponente vivente.
Giorgio Manzi ci ha portato oltre il limite della Linea di Wallace, un braccio di mare apparentemente paradossale, sovente rappresentato come una barriera pressoche invalicabile per lo scambio delle faune di mammiferi tra Asia e Oceania. Eppure, in una fascia di transizione tra le "vere" faune asiatiche e le "vere" faune australiane, sono avvenuti alcuni interessanti "esperimenti evolutivi". In una di queste isole, Flores, infatti, proveniendo da Ovest (il come è stato oggetto di un simpatico scambio di battute tra me e Manzi), attorno a un milione di anni fa, si è insediata una popolazione di Hominidae. Aldilà della curiosità dell'esistenza di un primate che abbia valicato la Linea di Wallace (prima della scoperta di questo ominide, si riteneva che solo Homo sapiens fosse stato capace di ciò), la bizzarra, inattesa e, ammettiamolo, disturbante, morfologia di Homo floresiensis ha implicazioni che vanno aldilà della mera collocazione di questo fossile nel quadro della storia umana. L'ipotesi che fino a 18 mila anni fa non "eravamo soli" ma che sia esistita una specie di Hominini basale miniaturizzata per nanismo insulare, plasmata da fattori biogeografici come qualsiasi altro animale, è stato un vero stravolgimento della concezione del posto dell'uomo nella Natura. Pareva che l'evoluzione umana fossa "diversa" nelle sue dinamiche, rispetto agli altri animali. Dopo tutto, noi stessi ci siamo definiti "sapienti" artefici della nostra storia, non meri adattamenti a imprevedibili ed aleatorie condizioni locali. Homo floresiensis ci ricorda che anche noi siamo animali, e come tutti gli altri animali, siamo plasmati dall'ambiente in cui siamo vincolati. A riflettere senza pregiudizi e apologie, non siamo poi tanto diversi da Homo floresiensis: ormai, anche Homo sapiens è una specie "vincolata" ad un'unica isola cosmica, senza possibilità di emigrare altrove, senza più "nuovi continenti" da occupare, e priva di plausibili alternative fuori dalla nostra Flores planetaria.
Ringrazio tutti gli organizzatori del Darwin Day 2013 di S. Daniele Po, in particolare Davide Persico, i relatori intervenuti, e Troco.
Salve,
RispondiEliminachiedo preventivamente scusa per la spudoratezza della richiesta.
Sarebbe possibile pubblicare sul sito, o comunque linkare, una foto in alta qualità del dipinto di Troco.
La foto di questo post lo lascia intravedere e sembra magnifico.
Emanuele
"il come è stato oggetto di un simpatico scambio di battute tra me e Manzi"
RispondiEliminaMi viene la curiosità di conoscerle...
(ma forse vuol dire che la prossima volta vengo)
Valerio
Come sempre Troco si distingue per lo stile davvero evocativo.
RispondiEliminaSImone