(Rough) Translator

28 dicembre 2010

Nuova (ed inattesa) livrea per Theropoda

Rimanendo in tema di bellezza oggettiva, reale e concreta, frutto di passione, ed impegno scientifico applicato su stupendi prodotti dell'evoluzione, avrete sicuramente notato che l'immagine che apre il blog è già cambiata.
Il motivo di questa non prevista scelta è molto bello, da più punti di vista.
Marco Auditore è un illustratore paleontologico al quale io e Simone Maganuco abbiamo dedicato la specie Kemkemia auditorei. Il valore di Marco va aldilà della sua indubbia qualità come illustratore paleontologico, confermata dalla sua presenza in articoli come Dal Sasso et al. (2005), Maganuco et al. (2009), Dalla Vecchia (2009) ed altri in preparazione (alcuni molto interessanti!).
Marco ha una passione particolare per uno dei gruppi più bizzarri di Theropoda, gli oviraptorosauri, di cui è senza dubbio il maggiore esperto in Italia. Dal connubio della sua qualità grafica e della sua passione "oviraptoriana", sono nate molte tavole di eccellente qualità. Una, in particolare, relativa a Chirostenotes, è presente nel volume sui dinosauri del Provincial Park Canadese di Currie e Koppelhus (2005).

A parte queste necessarie premesse, Marco è innanzitutto un Amico. Ieri sera ha confermato la grandissima stima che ho verso di lui con un inatteso regalo che ha voluto fare a me ed a tutti i lettori di questo blog. Come vedete aprendo l'home page di Theropoda, l'Albertosaurus in vivo è stato sostituito con la ricostruzione scheletrica (e dettaglio del cranio preservato) dell'oviraptoride Rinchenia mongoliensis, una delle forme più enigmatiche di questo clade. A quanto mi risulta, questa è la prima ricostruzione scheletrica completa di questo dinosauro che sia stata pubblicata, e potete ammirarla solamente qui su Theropoda.blogspot!
Marco mi ha inviato due tavole: il cranio (come preservato, e ricostruito in due diverse aperture boccali) e l'intero corpo (in tre versioni).
A questo punto, lascio la parola allo stesso Marco, che ci spiega nel dettaglio la storia di queste due tavole.

Grazie al contributo ed alla gentilezza di James Clark, Junchang Lu, Lukas Panzarin e Federico Fanti ho raccolto un po’ di foto del Rinchenia mongoliensis (e dico subito che non posso divulgarle), e questa cosa mi ha finalmente permesso di farne la ricostruzione scheletrica, mostrando per la prima volta quanto è effettivamente noto di questo oviraptoride, del quale finora sono stati pubblicati solo disegni del cranio, dell’ileo e della faccia posteriore della caudale 26.

Naturalmente la ricostruzione dello scheletro resta imprecisa, le foto sono o non dettagliate, o con una prospettiva distorta, ma con buona approssimazione direi che la ricostruzione è corretta al 90 %.

Un po’ di spiegazione: lo scheletro è mal conservato e compresso lateralmente, e delle ossa appendicolari sono conservate solo quelle del lato destro.

Il cranio è compresso lateralmente, e la porzione premascellare, vedendola frontalmente, ha subito una torsione in senso orario, tanto che il margine orale della premascella è visibile lateralmente per quasi tutta la sua interezza. Lo strato superficiale delle ossa è conservato solo nella mandibola e nella porzione inferiore del cranio, e si va via via disgregando fino all’apice della cresta, della quale resta solo il contorno nella matrice. Non c’è quasi traccia della narice esterna, ma nella ricostruzione ho seguito Lu (2004, 2005). La mandibola e proporzionalmente più grande (seppur in una piccola percentuale) in Rinchenia mongoliensis che in qualunque altro oviraptoride noto.

Le tre foto dell’intero scheletro in mio possesso mostrano un completo scheletro assiale, ma ad un attento conteggio, dopo 13 cervicali, ci sono solo 8 dorsali: un numero troppo basso, dato che in tutti gli altri oviraptoridi il numero varia da 10 a 12. Io ne ho quindi ricostruito 11, tenendomi nella media. Le dorsali note le ho posizionate anteriormente, perché quello che è preservato delle spine neurali le rende di un’altezza non consona all’altezza dell’ileo, quindi si può supporre che quelle che mancano fossero le più posteriori, e che le loro spine neurali si alzassero maggiormente. Le sacrali sono indubbiamente sette, come si può vedere dalla vista ventrale del sacro. Le caudali sono state le più difficili da interpretare: ci sono sicuramente le prime nove in vista laterale, sono mal conservate e di nessuna si conoscono l’arco neurale né i processi trasversi, tranne che della nona della quale c’è la spina neurale, ed è su questa che ho ricostruito l’altezza delle precedenti, andando progressivamente ad incontrare l’altezza dell’ileo. Le sette vertebre successive, quindi dalla 10 alla 16, sono in vista ventrale, quindi non è possibile capire se fosse presente o meno la spina neurale, ma in queste sono però ben visibili i processi trasversi, più o meno completi. In queste sette vertebre ho ricostruito la spina neurale, ma ripeto che non sono certo della loro presenza. Le successive vertebre, nelle foto, sono assolutamente non chiare: da tutte e tre le foto, però, il conteggio mi porta ad un totale di 28 vertebre caudali in totale, suddividendo lo spazio restante rispetto alla lunghezza dei centri precedenti, e grazie alla presenza di quattro chevron distali. In letteratura il conto delle caudali viene indicato in 32, ma non so su che basi. Ad ogni modo nella ricostruzione ne ho messe 32.

Le costole cervicali sono presenti solo nelle cervicali 4 e 5, mentre non se ne conosce nessuna delle dorsali. Gli chevron sono noti solo in piccola parte: io li ho posizionati esattamente come nelle foto, ossia il più lungo tra la caudale 7 e la 8, gli altri quattro più piccoli in sequenza a partire dalle caudali 22/23. La forma caratteristica mi ha portato a ricostruire i mancanti come nell’esemplare GIN 100/42, e non come gli chevron degli “ingeniini”, più lunghi e a bastoncino.

Lo scheletro appendicolare è conservato in quasi tutta la sua totalità: la scapola destra è conservata in tutta la sua interezza, c’è un piccolo frammento che ho considerato parte della furcula e, apparentemente, sono presenti entrambi i coracoidi, mentre non c’è traccia di sterno. Omero, radio e ulna sono relativamente lunghi, del polso non è conservato nulla, mentre sono conservate alcune falangi parziali. Io le ho attribuite, ma con molta cautela, alle dita 2 e 3. Di fatto non ho la certezza che le falangi note delle dita della mano siano della destra, anche se presumibilmente è così visto che l’arto noto è il destro. Discorso analogo va fatto per l’arto posteriore: il cinto pelvico è noto solo dall’ileo destro e apparentemente non vi è traccia di pube ed ischio, il femore è completo, la tibia è completa nella sua lunghezza, ma manca della porzione anteriore della cresta, la fibula è nota solo dalla porzione prossimale. La caviglia, come il polso, è totalmente mancante. Del piede si conosce la parte prossimale di due metatarsi (che ho ricostruito come mt II e mt III), mentre le dita conservate sono, con buona sicurezza l’1, il 2 e il 4.

In definitiva, per le proporzioni e le caratteristiche preservate direi che Rinchenia mongoliensis è assolutamente un “citipatino” piuttosto che un “ingeniino”, come comunque risulta dalle analisi filogenetiche note.
Ancora mille grazie a Marco e grandissimi complimenti, come sempre, per le sue ricostruzioni.

Bibliografia:
Currie P.J., and Koppelhus E.B. (eds). 2005. Dinosaur Provincial Park: A Spectacular Ancient Ecosystem Revealed. Indiana University Press: Bloomington and Indianapolis, 648 p.
Dal Sasso, C., S. Maganuco, E. Buffetaut and M. A. Mendez. 2005. New information on the skull of the enigmatic theropod Spinosaurus, with remarks on its sizes and affinities. Journal of Vertebrate Paleontology 25 (4): 888-896
Maganuco S., Steyer J.S., Pasini G., Boulay M., Lorrain S., Bénéteau A., and Auditore M. 2009. An exquisite specimen of Edingerella madagascariensis (Temnospondyli) from the Lower Triassic of NW Madagascar; cranial anatomy, phylogeny, and restorations. Memorie della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano. 36(2): 1-72.
Dalla Vecchia F. M. 2009. Tethyshadros insularis, a new hadrosauroid dinosaur (Ornithischia) from the Upper Cretaceous of Italy. Journal of Vertebrate Paleontology 29 (4): 1100–1116. 

12 commenti:

  1. Grande Marco, lavoro impeccabile, entusiasmante per definizione e precisione. Complimenti vivissimi!

    Davide B.

    RispondiElimina
  2. Tantissimi complimenti anche da parte mia.

    Loana

    RispondiElimina
  3. Splendida ricostruzione, ma ancora più bella è la spiegazione di come si è interpretato il reperto fossile per poterlo disegnare.
    Insomma la dimostrazione "provata" che la "vera" paleoarte non è mai fantasy ma un processo interpretativo scientifico, che fa di Marco Auditore non solo un grande artista ma uno scienziato.

    Complimenti.

    Erodoto

    RispondiElimina
  4. Compliemtnti all'artista! Come si fa a fare queste tavole? Si parte dalla fotografia del reperto e la si ricalca? Si fa prima un lavoro a mano libera o il tutto si svolge tramite computer?

    RispondiElimina
  5. Ho avuto il piacere di vedere una volta "gli attrezzi da lavoro" di Marco: buona mano, molta pazienza e dettaglio, precisione nelle misure.
    Il resto però resta un segreto ;-)

    RispondiElimina
  6. Oggi avevo un po' di tempo libero e l'ho passato a scarabocchiare con photoshop:

    http://i52.tinypic.com/j64s2c.jpg

    Ti piace? Trovi errori/inesattezze? Consigli per migliorarlo?

    PS: gli ho fatto gli arti anteriori a 'scompara' come l'albertosauro che c'era al posto di Rinchenia.

    RispondiElimina
  7. L'unica cosa che chiedo è, se uno pubblica online questa ricostruzione, di scrivere ben evidente sotto lo scheletro: "Skeletal reconstruction by Marco Auditore (2010)" per rispetto al lavoro di Marco.
    Per il resto, è un'interpretazione accettabile.

    RispondiElimina
  8. Hai ragione, porgo le mie scuse ad Auditore:

    http://i55.tinypic.com/k3sjr5.jpg

    RispondiElimina
  9. Una lettura affascinante. Mi ha ricordato quando, bambino, desideravo ardentemente di diventare paleontologo.
    Complimenti

    RispondiElimina
  10. Ispirato da questo post, ho girovagato su internet in cerca di notizie sugli oviraptoridi ed ho trovato questo articolo
    Herbivorous ecomorphology and specialization patterns in theropod dinosaur evolution
    Lindsay E. Zanno and Peter J. Makovicky
    www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1011924108

    Ho provato a leggerlo, ma per quanto mi interessa, per me è troppo complesso.
    Mi permetto di segnalarlo.

    RispondiElimina
  11. Lo studio di Zanno & Makovichy è di alcune settimane fa. Volevo dedicargli un post ma Mickey Mortimer mi ha preceduto. ;-)

    RispondiElimina

I commenti anonimi saranno ignorati
-------------------------------------------------------------
Anonymous comments are being ignored
-------------------------------------------------------------