Con questo post inizia una serie un po' fuori tema che nasce da una discussione partita da questo post di Leonardo Ambasciano a cui è seguito questo. Per chi fosse interessato, quindi, consiglio di leggere prima i post su Geomythologica.
Premetto solo due cose:
-i miei interventi sono stati e restano strettamente naturalistici e paleontologici, e non si interessano di discutere di ambiti che non mi competono, come le scienze "umanistiche" o la "storiografia". Dato che il primo post parlava espressamente di storia evolutiva biologica, ho ritenuto la mia opinione in merito sufficientemente ponderata per essere espressa.
Cos'è "la Storia"?
Probabilmente, una volta chiarito a cosa si riferisce il termine "storia", molti fraintendimenti si dissolveranno. La Storia è una rappresentazione mentale di una serie di eventi, ovvero, una narrazione di eventi documentati e la spiegazione (interpretazione) del come e perché avvennero. Come tale, la Storia è una narrazione di una sequenza di cause ed effetti. La relazione di ordine temporale, analoga a quella matematica, deriva dalla mente, la quale è capace di associare eventi distinti in un continuum ("la storia"). Tale continuum non è percepibile realmente a causa dei limiti intrinseci della percezione umana, ma, al pari di un film, è sempre un flusso di enti discreti assemblato dal cervello, quindi è sempre un a posteriori. Dato che tutte le serie di eventi sono dei flussi assemblati a posteriori, dobbiamo concludere che qualsiasi serie di eventi in un flusso ordinato causalmente rappresenta “storia”? In tal caso, tutto ciò che esiste ed è esistito sarebbe Storia. Ovviamente, si considera “Storia” solo un sottoinsieme degli eventi rappresentabili, per non rendere la storia ridondante con l’essere.
Qual è questo sottoinsieme? Esso è tutto ciò che ricade nelle scale temporali comprensibili dall’essere umano. Questa definizione non è una forzatura. Infatti, solo gli eventi causali che rientrano nella scala spazio-temporale e dimensionale di Homo sapiens sono ascrivibili alla Storia. Il resto è, arbitrariamente, ricondotto alle altre due grandi categorie rappresentative ed interpretative create dalla mente umana: le Leggi Naturali o il Caos, oppure, come spesso accade, è semplificato fino a diventare una serie di eventi analoga ad una "storia" percepibile dall'uomo.
Quindi, la distinzione tra "storia" e "non storia" è solo fittizia, ed è l’effetto, come sempre, dei limiti intrinseci dell’essere umano. Si potrebbe dire, senza sbagliare, che Homo sapiens è sopratutto un Homo narrans, un essere capace di scremare la mole delle informazioni che recepisce, semplificarla, ordinarla in una serie lineare e trasmetterla ai suoi simili.
Ad esempio, anche ciò che viene considerato “Legge Naturale” è in realtà un continuum di relazioni di causa ed effetto al pari della “Storia”. Molti troveranno queste affermazioni estreme. Questo esempio chiarirà.
Le leggi del moto di un corpo sono regolate dalla dinamica newtoniana. Queste leggi non sono assolute, e perdono di validità a scale di dimensioni ed energie diverse da quelle comprensibili dall’essere umano. Alla scala relativistica, ad energie e velocità pari a quelle dei primissimi istanti dell’Universo in espansione, le leggi della meccanica classica smettono di avere validità. Analogamente, le leggi del moto non sono valide alle scale quantistiche, le stesse che descrivono le dimensioni iniziali dell’universo. Pertanto, se una “legge naturale” smette di avere validità in un momento preciso del passato, risulta che tale “legge” non è un assoluto, bensì una contingenza regolata da determinati fattori storici: essa diventa valida solo DOPO un preciso momento (quando velocità di espansione e dimensione dell’Universo superarono determinati valori). Dato che queste condizioni cosmologiche oltre le quali le leggi vengono meno sono deducibili SOLO a posteriori, concludiamo che le “Leggi” della Natura sono solamente “accidenti congelati”, ovvero, eventi-chiave, punti di svolta, quindi, “attori” storici figli di un momento preciso. Quindi, anche la Fisica e la Chimica hanno fondamenta storiche, sono conseguenze di eventi unici e non più ripetibili che hanno sancito in modo univoco gli eventi successivi. La stessa geometria a larga scala del cosmo è ricondotta a fluttuazioni quantistiche fortemente vincolate alle condizioni iniziali, ovvero, oggetti contingenti.
Argomentare contro questa affermazione sulla unità tra "scienza" e "storia" citando eventuali “What if”, mondi alternativi con leggi differenti, è una deviazione retorica che aggira la questione. Eppure, mi si contesterà, una volta superata quella soglia temporale, le leggi sono diventate “invarianti” (e quindi, vere leggi), senza più possibilità di essere alterabili. Ovvero, hanno smesso di essere agenti “storici” per diventare “fondamenta”. Ciò non toglie il fatto che la loro origine sia un evento preciso nel tempo, che ne sancisce “l’entrata in azione”, la “nascita”. Ciò è tipico degli oggetti della storia. Per definizione, una “nascita” è un evento storico. Tuttavia, la persistenza invariante di una struttura in sé diventa qualcosa di NON-storico. Pertanto, nel momento in cui le condizioni cosmologiche imposero una determinata struttura dell’Universo, le “leggi” iniziarono ad essere valide (fuori di metafora: superata verso il basso una certa densità e temperatura minime, le condizioni dell’universo permisero la possibilità di quegli eventi descrivibili dalle “leggi” a noi familiari).
La Storia, intesa come narrazione e interpretazione di eventi, è quindi fortemente vincolata a tre fattori: la scala spaziotemporale dei singoli eventi che deve essere analoga a quella umana, la quantità di informazioni per singolo evento (che deve essere sufficientemente grande da permettere di stabilire connessioni causali tra eventi), e la complessità dei sistemi in gioco, che deve essere sufficientemente bassa da essere analizzabile e rappresentabile dalla mente umana. Per questo, il moto di tutti i pianeti della Galassia non è Storia, mentre il Risorgimento Italiano sì.
Senza tali paletti, tutti i fenomeni studiati dalla Scienza possono essere interpretati come prodotti della “Storia Universale”. Ciò renderebbe inutile una (seppur arbitraria) distinzione tra scienza e storia, mentre tutti concordano che solo una ristretta parte degli eventi è considerabile “storia”.
Ad esempio, i meccanismi che hanno plasmato la Galassia, il Sistema Solare e la Terra sono totalmente spiegabili dalle leggi della fisica. Nondimeno, gli eventi cosmologici che hanno condotto alla formazione della Terra possono essere narrati sommariamente come “Storia”. Questo perché i fattori, “gli attori”, in gioco nel sistema cosmologico sono relativamente semplici: molecole inorganiche, campi elettromagnetici e gravitazionali. Inoltre, le rocce terrestri testimoniano un numero sufficientemente alto di eventi, permettendo di costruire un modello logico-matematico dell'origine della Terra in accordo con le leggi (ora invarianti) della fisica. Un sistema di oggetti così relativamente semplice, per quanto ampio e remoto nel tempo, è quindi facilmente riducibile a narrazione, ad una “Storia del Sistema Solare”, analoga alle classiche narrazioni storiche umane.
La materia organica e gli organismi, al contrario, non sono formati da oggetti semplici. La complessità dei sistemi impone una semplificazione estrema della rappresentazione, molto più spinta di quella operata sui corpi fisici inorganici. Ciò è la causa principale (ma non unica) del motivo per cui qualsiasi tentativo di descrivere un intero sistema organico iin termini di equazioni è fallimentare. Esso sarà sempre descritto in modo semplificato, metaforico, narrativo. Inoltre, gli oggetti biologici presentano proprietà emergenti non riconducibili linearmente alla fisica. Le Scienze Naturali nascono quindi con la consapevolezza che il livello di dettaglio presente nella chimica e la fisica non è possibile in biologia e antropologia. L’illusione della “autonomia” della Storia (naturale) dalla Scienza (naturale) nasce anche da qui. In realtà, come ho detto prima, scienza e storia sono solo due estremi rappresentativi di un’unica realtà conoscitiva.
Molti hanno frainteso questo aspetto delle Scienze Naturali. Effettivamente, solo i naturalisti, i biologi ed i geologi hanno piena consapevolezza di questo fatto, della irriducibilità delle loro materie alle scienze più predittive meccanicamente (come la fisica) o più narrabili teleologicamente (come l’economia e la sociologia). Essere in una zona ibrida tra scienze “dure-einsteniane” (che studiano oggetti più semplici) e scienza “umane-lamarkiane” (che studiano oggetti interpretabili come soggetti dotati di intenzioni teleologiche) ha fatto sì che molti esponenti delle due aree estreme delle scienze dure e delle scienze umane si sentissero quasi autorizzati a proporre loro spiegazioni della complessità evolutiva biologica, quasi a correre in soccorso delle scienze intermedie, come la biologia, poste a ponte tra oggetti einsteniani e oggetti lamarkiani.
In realtà, la teoria che li descrive, quella darwiniana, è sufficiente ed esaustiva nel suo ambito di applicazione.
Famoso è l’intervento di Lord Kelvin, fisico, contro l’ipotesi darwiniana di una grande antichità della Terra. L’obiezione di Lord Kelvin, fondata su meccanismi termodinamici, si è dimostrata errata, mentre l’ipotesi darwiniana di una Terra molto antica (per giustificare l’evoluzione) ha vinto alla prova delle stesse analisi fisiche (sconosciute ai tempi di Lord Kelvin). Analogamente, trovo che il volume di Piattelli Palmarini e Fodor (due studiosi di scienze cognitive e del linguaggio) "What Darwin Got Wrong", sia l’ennesimo episodio di improbabile sconfinamento di studiosi di discipline non-biologiche (in questo caso di stampo “teleologico-lamarkiano-umano”) in un ambito dove, onestamente, essi non portano alcun contributo significativo. Non lo dico per campanilismo, ma a ragion veduta: l'opera palesa un tentativo più retorico che scientifico di ingerenza extra-biologica in temi biologici.
L’opera è stata discussa e analizzata da biologi in modo molto dettagliato, quindi mi limito a riassumere le loro conclusioni. Io ho letto alcuni frammenti dell’opera, e l’ho trovata molto pretestuosa ma poco significativa. I due autori non hanno alcuna profonda base di genetica, paleontologia, embriologia e geologia (non credo che uno possa nella sua vita dedicarsi a tutto con ugual impegno, quindi ritengo improbabile che studiosi affermati in ambiti cognitivi e linguistici abbiano avuto tempo di dedicarsi alle scienze naturali con ugual rigore, a meno che non si voglia ammettere che le scienze naturali richiedano molto meno tempo e studio per poter essere comprese in modo rigoroso: posso assicurare che non è possibile), quindi mi stupisco come possano argomentare sull’evoluzione biologica senza essere profondamente immersi nei concetti chiave di qualsiasi argomento bio-evolutivo. Già questo dovrebbe indurci al sospetto che l’opera sia molto retorica e poco scientifica.
Gli autori, infatti, molto astutamente, abusano delle recenti (ultimi 30 anni) scoperte nell’evo-devo per sostenere una crisi/critica del darwinismo che, di fatto, esiste solo se si assume che l’evoluzionismo darwiniano sia fermo dai tempi del capolavoro di Darwin. Sarebbe sufficiente leggere le numerose e fertili discussioni tra le varie correnti evoluzioniste degli ultimi 30 anni (da quelle più note tra Gould e Dawkins, alle meno note questioni sulla struttura della teoria, sul ruolo dei fattori "economico"/ecologico rispetto a quelli genetici, alla questione sui livelli gerarchici di agente evolutivo, a quelle sul ruolo e importanza del neutralismo genomico, a quelle sul Tempo Profondo e sulla irriducibilità della megaevoluzione a mera estrapolazione della microevoluzione, alla rivalutazione della selezione sessuale, ecc...) per vedere che niente di quello proposto da Piattelli Palmarini e Fodor è inedito. Per chi è a conoscenza delle moderne ricerche nell’evoluzionismo, il clamore di questo libro appare una dimostrazione della grande ignoranza di questi temi esistente fuori dall’ambito delle scienze naturali.
Inoltre, si aggiunge lo sconforto nel vedere con quale arroganza si proponga una critica ad una teoria darwiniana volutamente “stereotipata” dagli autori, proposta in un modo che nessun darwinista (me compreso) reputa una descrizione fedele ed aggiornata allo stato attuale delle ricerche e della discussione.
La prova più chiara sta nell’abuso retorico compiuto dagli autori per presentare le moderne ricerche sul legame tra embriologia ed evoluzionismo, l’”evo-devo”, come una confutazione del tassello funzionalista (“adattativo”) dell’evoluzionismo. L’evo-devo non stravolge il darwinismo, dato che propone un legame tra variazione interna embriologica (codificata e diretta dalla genetica, a sua volta uno dei fondamenti del moderno darwinismo) e origine della complessità fenotipica, che estende il concetto chiave del meccanismo evolutivo generale: la distinzione tra causa della variazione ed agente della selezione, così ben descritto da Monod nel "Il caso e la necessità".
Quella che noi chiamiamo “teoria darwiniana” è molto più dell’opera di Darwin (sebbene essa ne sia stata la base), ed è anche molto più della semplice applicazione stereotipata del paradigma selezionista. La teoria di Darwin, citando Mayr, si esplica in 5 parti, tutte connesse e tutte indispensabili:
1-le specie cambiano nel tempo (non-fissismo), 2-gli organismi discendono da un antenato comune, (unità della vita e base della sistematica) 3-le specie si moltiplicano (variazione nel tempo della diversità), 4-il cambiamento è graduale (il che non implica a velocità costante e rifiuta cause soprannaturali), 5-la selezione naturale (il successo riproduttivo differenziale all'interno di una popolazione) è il meccanismo che spiega l’adattamento (ma non è l'origine della variazione).
A questa struttura di base la parte più moderna teoria dell’evoluzione ha aggiunto la genetica post-mendeliana, l’evo-devo, la concezione gerarchica del mondo vivente ed il concetto di Tempo Profondo.
Ridurre la teoria evolutiva attuale al solo punto della selezione naturale è quindi estremamente limitativo, per non dire frutto di ignoranza. Chi non sa questo forse dovrebbe evitare di criticare un complesso sistema di concetti gerarchizzati capace di spiegare in modo veramente fertile la diversità della vita attuale e fossile.
Fine Prima Parte
Solo su What Darwin ot wrong
RispondiEliminaIl fatto che tu non abbia letto F&PP non inficia il tuo ragionamento. Io il libro l'ho (in parte) letto e ho parlato con studiosi che l'hanno letto tutto, sia genetisti sia evoluzionisti. Tutti concordano nel considerarla un'opera pretenziosa e male informata. Le due critiche principali (non valutazione né integrazione dei vincoli nella teoria e distinzione tra "selector for" e "selected of") sono facilmente smentibili da chi, come dici tu, conosce la teoria dell'evoluzione nel suo complesso. Un esempio è particolarmente calzante: lo sfruttamento delle ricerche di Alessandro Minelli sull'evo-devo come anti darwiniane non ha fatto altro che sollecitare una reazione del ricercatore. Che ha detto che F&PP non hanno capito molto.
E grazie per il post sulla biologia come scienza storica.