Nel precedente post, ho raccontato
l'epica giornata del 6 dicembre 2014, in cui scoprimmo lo
scheletro articolato di un enorme coccodrillo fossile nella località
di Touil el Mhahir, nel sud del Governatorato di Tataouine, in
Tunisia. La nostra squadra ha estratto l'esemplare dal sedimento tra
il 6 ed il 7 dicembre. I colleghi tunisini trasportarono poi
l'esemplare, opportunamente impacchettato nel gesso, fino a Tunisi,
dove una parte del nostro team (Federico, Jerri ed i colleghi
dell'Office National des Mines di Tunisi) avrebbe preparato il
fossile durante la prima metà del 2015. Nella fase di preparazione a
Tunisi si aggiunsero, in momenti differenti, Tetstuto Miyashita e
Michela Contessi, che non avevano partecipato allo scavo di dicembre.
Nel frattempo, io cercavo di
ricostruire la morfologia della bestia e collocarla
filogeneticamente. Già la sera del 14 dicembre 2014, appena tornato
in patria, avevo un'idea abbastanza chiara di cosa avessimo trovato.
Ma per collocare questo straordinario fossile in un contesto
evoluzionistico, filogenetico, paleoecologico e stratigrafico,
sarebbero stati necessari alcuni mesi di lavoro. La primavera del
2015 è stata dedicata in larga parte a mettere insieme (sia
metaforicamente che letteralmente) tutti i pezzi del mosaico.
Alla fine di maggio, poco prima di
partire per la mia trasferta in Belgio, io e Federico avevamo pronto
un manoscritto, che è stato pubblicato oggi su Cretaceous
Research (Fanti et al. 2015).
Un Simpatico Coccodrillo
L'esemplare comprende buona parte del
cranio e delle mandibole, sette denti, alcune vertebre dorsali
anteriori, numerose coste dorsali e gastrali, frammenti degli arti ed
alcuni osteodermi. In tutto, oltre un centinaio di frammenti ossei è
stato raccolto in un area di pochi metri quadrati. Se si escludono
due elementi del piastrone di una grossa tartaruga, rinvenuti in un
livello sovrastante a pochi centimetri dal cranio, tutte le ossa
rinvenute in quel punto sono riferibili ad un unico coccodrillo.
Inoltre, in un raggio di circa 200 metri da questo esemplare, abbiamo
identificato i resti di almeno altri quattro coccodrilli di
dimensioni paragonabili al primo individuo, oltre a numerosi resti di
tartarughe. Si tratta quindi di una nuova e promettente località
fossilifera, dominata da coccodrilli giganti, enormi tartarughe e
molti pesci.
Fotografie a falsi colosi del cranio in situ (vista dorsale) e in laboratorio (vista ventrale). Modificate da Fanti et al. (2015). |
Il cranio è, fortunatamente, la parte
meglio conservata. Tuttavia, la regione anteriore del muso è
mancante, e non abbiamo identificato alcun elemento che possa
appartenere a quella parte. I premascellari e la parte rostrale della
mandibola sono del tutto assenti. La presenza di almeno 8 alveoli
allineati nel mascellare fa presumere che almeno un terzo anteriore
del mascellare sia mancante. Il resto del cranio è comunque
articolato ed in discrete condizioni. Ed è enorme. Lungo il lato
sinistro, dalla parte anteriore del muso che si è preservata fino
alla articolazione con la mandibola, il cranio è lungo 134 cm. La
lunghezza basicraniale preservata (ovvero, dalla punta erosa del muso
fino al condilo occipitale, la misura standard per i crani di
coccodrillo) è di 114 cm. Come mostrerò più avanti, quando
confronterò questo esemplare con i taxa a lui più strettamente
imparentati, le dimensioni delle parti preservate indicano che il
cranio completo aveva una lunghezza basicraniale di almeno 155 cm.
Ciò significa che dalla punta del muso al processo retroarticolare
della mandibola, la testa di questo animale era lunga almeno 160 cm.
Si tratta di una lunghezza comparabile a quella del famoso
“supercroc” Sarcosuchus imperator,
sebbene questo nuovo coccodrillo abbia proporzioni (e affinità)
differenti dal famoso pholidosauroide gigante dell'Aptiano-Albiano.
Il muso è
ornamentato da una fitta serie di creste orientate longitudinalmente.
Le orbite sono ellittiche e relativamente ravvicinate, caratteristica
che fa pensare ad un animale con un campo visivo diretto più
dorsalmente che lateralmente. Le finestre sopratemporali sono molto
ampie, almeno mezzo metro in lunghezza, di forma quadrangolare e con
i margini arrotondati. La grande dimensione delle finestre
sopratemporali indica una enorme superficie di inserzione per i
muscoli deputati alla chiusura della bocca. Associata alla forma dei
denti (tozzi e conici, robusti, dalla punta arrotondata e ricoperta
da un complesso pattern di creste e tubercoli), l'enorme potenza del
morso implica un animale durofago, quindi capace di frantumare ossa
molto spesse, come quelle di un dinosauro, o il carapace di grandi
tartarughe (non a caso, molto abbondanti nel sito).
Il Re dei Thalattosuchi
A che
gruppo appartiene questo enorme coccodrillo? La presenza di
osteodermi esclude l'attribuzione ai metriorinchidi. Le finestre
sopratemporali ampie ed allungate sono tipiche di alcuni teleosauridi
e dyrosauridi. Tuttavia, la forma triangolare dei nasali, che si
interrompono prima di raggiungere la regione premascellare,
consentendo ai due mascellari di contattarsi medialmente, esclude i
dyrosauridi ed è tipica dei thalattosuchi, ovvero il clade che
include teleosauridi e metriorhinchidi. Siccome questi ultimi sono
scartati per la presenza di osteodermi nel nostro esemplare, il mix
di caratteri indica un teleosauride. Tra i teleosauridi, solamente un
taxon ha dimensioni del cranio superiori a 130 cm, finestre
sopratemporali allungate e denti robusti con un pattern di creste e
tubercoli apicali: Machimosaurus.
Pertanto, il nostro esemplare è riferibile al genere Machimosaurus
(il termine Machimosaurus
significa: “sauro battagliero”... mi pare più che adatto alla
nostra bestia). Ma a quale specie di Machimosaurus?
Attualmente,
sono note 4 specie di Machimosaurus:
Machimosaurus novackianus,
noto solamente per un frammento di dentale dal Giurassico Superiore
dell'Etiopia. Non è possibile per ora alcun confronto diretto con
questa specie, la quale però è ritenuta distinta dal nostro
esemplare tunisino per motivi stratigrafici (ne parlerò in seguito).
Machimosaurus buffetauti,
dal Giurassico Superiore dell'Europa continentale. Alcuni caratteri
nei denti e nel cranio escludono una attribuzione dell'esemplare
tunisino a questa specie.
Machimosaurus mosae,
dal Giurassico Superiore dell'Europa continentale. Il nostro
esemplare non presenta le orbite quadrangolari e gli spessi
osteodermi carenati tipici di questa specie.
Machimosaurus hugii,
dal Giurassico Superiore dell'Europa continentale. Il nostro
esemplare ha orbite ellittiche e più ravvicinate (sono quadrangolari
e più distanziate in M. hugii),
inoltre il tetto del cranio e gli osteodermi sono maggiormente
ornamentati nel nostro esemplare.
Concludendo,
l'esempare tunisino non è riferibile ad alcuna delle specie note di
Machimosaurus, e
presenta una combinazione particolare di caratteri che indica una
nuova specie.
Il
confronto con i crani meglio conservati delle altre specie di
Machimosaurus permette
inoltre di stimare le dimensioni del cranio e dell'intero corpo
dell'esemplare tunisino. Negli altri Machimosaurus,
la distanza tra il margine anteriore dell'orbita e il condilo
occipitale è pari a 42% della lunghezza della testa. Tale rapporto è
presente sia in Machimosaurus buffetauti
che Machimosaurus mosae
(non esistono crani completi di Machimosaurus hugii),
e pare quindi caratteristico di questo genere. Nel nostro esemplare,
tale distanza è di 65 cm. Assumendo che il nostro esemplare abbia le
medesime proporzioni degli altri Machimosaurus,
ciò indica un cranio di almeno 155 cm. Misurazioni sul cranio e gli
alveoli nel nostro esemplare indicano inoltre che esso sia circa 166%
più grande dell'esemplare meglio conservato di Machimosaurus
(il neotipo di M. mosae).
Usando questo ultimo esemplare come riferimento, avente un cranio di
96.5 cm e una lunghezza totale di circa 6 metri, il nostro esemplare
risulta avere un cranio di 160 cm ed una lunghezza totale di 10
metri. Nel sito di scavo, tutte le ossa rinvenute in situ
indicano una lunghezza della regione pre-caudale del corpo di circa 5
metri, che avvalora una lunghezza totale intorno a 10 metri. Prima di
questa scoperta, il più grande esemplare di Machimosaurus
era un cranio parziale di M. hugii,
molto più frammentario del nostro esemplare, la cui lunghezza era
stimata tra 141 e 149 cm, e con una lunghezza corporea totale stimata
intorno a 9 metri.
Pertanto,
il nostro esemplare è il più grande Machimosaurus
noto.
Ricostruzione del cranio e del corpo, con indicati i principali elementi preservati. Artwork by Marco Auditore. |
[Hyperbole Mode
set: on]
Siccome
il genere Machimosaurus
è il più grande teleosauride conosciuto, nonché il più grande
thalattosuco, il nostro esemplare è, contemporaneamente, il più
grande Machimosaurus,
il più grande Teleosauridae ed il più grande Thalattosuchia
scoperto. Dato che i thalattosuchi sono, assieme ad alcuni uccelli, i
soli arcosauri con adattamenti alla vita marina, il nostro esemplare
è quindi il più grande arcosauro marino di tutti i tempi. Inoltre,
prima della comparsa di Sarcosuchus nell'Aptiano
(115 milioni di anni fa), questa nuova specie fu il più grande
Crocodylomorpha ed il più grande Pseudosuchia per i primi 135
milioni di anni della storia degli arcosauri.
A questa nuova
specie, così magistralmente grande, non potevamo dare altro nome se
non:
Machimosaurus
rex
Letteralmente
“Il re dei sauri battaglieri”.
[Sì,
lo sento, in questo momento alcuni di voi mi stanno insultando].
[Hyperbole
Mode set: off]
Ma
aldilà di queste iperboliche dimensioni, un ulteriore dettaglio del
nostro Re ha delle implicazioni ben più significative sul piano
paleontologico. Difatti, l'età (geologica) del nostro Machimosaurus
è ancora più notevole delle sue dimensioni.
Di
tutto questo, parlerò nel prossimo post.
Ricostruzione di Machimosaurus rex. Artwork by Davide Bonadonna. |
Ringrazio Marco Auditore, autore della ricostruzione del cranio e dello scheletro, e Davide Bonadonna, autore della ricostruzione in vivo.
Bibliografia:
Fanti
F., Miyashita T., Cantelli L., Mnasri F., Dridi J., Contessi M. and
Cau A. 2015 – The largest Thalattosuchian (Crocodylomorpha)
supports Teleosaurid survival across the Jurassic-Cretaceous
boundary. Cretaceous Research doi:10.1016/j.cretres.2015.11.011.
Che cosa meravigliosa. Congratulazioni Andrea!
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