Questa serie di post è la prima
dedicata ai risultati della spedizione italo-tunisina nel
Governatorato di Tataouine svoltasi dal 28 novembre al 08 dicembre
2014, ed alla quale ho partecipato in qualità di paleontologo dei
vertebrati. La nostra spedizione è stata coronata da grande successo, e tra tutto il materiale scoperto, era doveroso partire dal pezzo forte, che, nella migliore tradizione delle spedizioni scientifiche, è stato scoperto per ultimo...
Prima ancora di inoltrarmi con piacere nei dettagli
squisitamente scientifici, apro con un prologo un po' romanzato,
semi-serio, qualcosa che potreste vedere nei primi 10 minuti di un
vecchio film di Spielberg, come “Incontri Ravvicinati del Terzo
Tipo”.
Era una mattina ventosa e piuttosto
fredda, per gli standard nordafricani, quella del 6 dicembre 2014: la
penultima giornata della spedizione italo-tunisina che da due
settimane esplorava le aride vallate nell'estremo sud della Tunisia.
Avevamo raggiunto la località di Touil el Mhahir, 50 km a sud-ovest
di Tataouine, intorno alle 9, e ci eravamo divisi in piccole squadre
di 2-3 persone l'una, per fare prospezione (letteralmente:
gironzolare con lo sguardo rivolto a terra, cercando fossili). Era la
prima volta che un gruppo di studiosi esplorava le aride depressioni
di questa località tunisina, e l'esatta geologia e stratigrafia del
sito non era chiara. All'orizzonte, la sella montuosa di El Mra, il
sito-tipo di Tataouinea hannibalis che avevamo visitato alcuni
giorni prima, ci diceva che oggi eravamo più in basso rispetto
all'Aptiano-Albiano, quindi in livelli più antichi.
Ma più antichi di quanto? Questa era
una della domande che la squadra era chiamata a risolvere.
Assieme a Germano Mignani (il “mitico
Germano”) mi ero incamminato per qualche chilometro a nord-ovest
del campo base, seguendo una serie di basse creste gessose.
La mattina non prometteva bene. Dopo
un'ora e mezza di sali-e-scendi lungo le creste, non avevamo trovato
un singolo frammento osseo. Qualche legno fossile, spesso incrostato
di gesso, ma niente ossa. Decidemmo quindi di scendere le creste per
puntare verso la vasta depressione centrale che si stagliava tra noi
e alcune basse colline dove gli altri gruppi stavano prospettando.
Scendemmo lungo una lingua argillosa
che si proiettava verso nord.
Nel punto in cui la pendenza si faceva
orizzontale, notammo dei frammenti ossei che emergevano dal terreno.
Le ossa non erano sparpagliate a caso, ma descrivevano una lente
lunga circa un metro. Provai a scavare intorno con un piccolo
scalpello, ma non ne ricavai gran che: in quel momento né io né
Germano avevamo un martello o altro per scavare in modo decente.
Decidemmo quindi di segnare le coordinate del punto con il nostro GPS
e ci incamminammo verso il campo base dove stazionavano i veicoli per
prendere qualche attrezzo da scavo migliore ed eventualmente chiamare
uno dei ragazzi per scavare con noi.
Ci incamminando verso i veicoli.
Eravamo a circa un chilometro dal campo
base, quando sentii, trasportata dalla cristallina aria del deserto,
la voce di Luigi “Jerri” Cantelli, che mi stava chiamando.
Individuai le sagome di Jerri e altri membri della spedizione che si
stavano incamminando verso nord-ovest. Anche i veicoli erano in
movimento, diretti verso la stessa direzione. Per spostare i veicoli
dal punto in cui erano parcheggiati doveva esserci un motivo molto
importante.
Jerri continuava a chiamare il mio
nome. La faccenda pareva seria.
Vi riporto quel nostro dialogo:
Jerri: “Andreaaaaa!”.
Andrea: “Cosaaaa?”.
Jerri: “Messaggio da Federicooo:
Qualunque cosa stai facendo, interrompila e raggiungilooo!”.
Andrea: “Doveeee?”.
Jerri: “Segui il fuoristradaaa!”.
Andrea: “Motivoooo?”.
Jerri: “Sche-le-tro.
Ar-ti-co-la-tooo!”.
Andrea: “[CENSURA: quando si trova
uno scheletro articolato si tende ad esclamare qualcosa di poco
professionale]!!!!”.
Raggiungemmo velocemente il luogo in
cui tutti stavano convergendo.
Il vostro blogger assieme a Fawsi, nel punto in cui emerge lo scheletro. (Foto di Aldo Bacchetta). |
Era una ampia spianata perfettamente
orizzontale, non molto lontano dal sito esplorato con Germano. Sul
posto, Federico Fanti e gli altri membri della spedizione erano chini
a terra, intenti a scavare. Tutto intorno a loro, per un diametro di
circa 10 metri, emergevano dozzine e dozzine di frammenti di ossa.
Era una versione in grande dell'insieme di ossa che avevo scoperto
con Germano meno di un'ora prima. Questa seconda associazione di ossa
era stata scoperta poco prima da Fawsi Mnasri, dell'Office
Nationale des Mines di Tunis, con il quale avevamo esplorato
tutti i siti nei precedenti dieci giorni. Si riconoscevano
chiaramente alcune coste dorsali ancora articolate, spesse due dita:
non si poteva sbagliare, erano i resti di un grosso vertebrato, quasi
sicuramente un rettile.
Si inizia a rimuovere il sedimento dalle ossa che emergono. Da sinistra, in senso orario: Federico Fanti, Andrea Cau, Aldo Bacchetta, Jacopo Carlet, Luana Angelicola e Sara Cafaggi. |
Era da capire quale tipo di rettile
fosse: quel genere di lavoro che, in quelle due settimane, era
richiesto proprio a me. Mentre gli altri continuavano a scavare, io
giravo intorno a loro, osservando i frammenti che mano a mano
emergevano dal terreno sabbioso. Quanti individui erano presenti in
questa associazione di ossa? La grande quantità di ossa faceva
pensare ad un accumulo di scheletri... Jacopo Carlet, uno degli
studenti che era con noi, stava rimuovendo il sedimento attorno ad un
insieme di ossa allungate che formavano una “U” ampia una
sessantina di centimetri. A prima vista, le ossa parevano altre
coste. Poi, iniziò ad emergere una ulteriore serie di ossa,
perpendicolari alla “U”, che si proiettava in avanti, ma sempre
in continuità con le prime ossa. Questa seconda serie di ossa non
aveva la forma delle coste... Un osso del bacino? Non era una
spiegazione convincente... L'altra opzione era però troppo bella per
lasciarmi sedurre così velocemente... Ma mentre i ragazzi
continuavano a rimuovere il sedimento da quella strana forma, io la
vidi emergere. Non avevo più dubbi. Era proprio quello che speravo
fosse. Per la prima volta, dopo più di cento milioni di anni, emerse
una forma inconfondibile, una cavità arrotondata circondata da ossa
piatte e finemente ornamentate, che mi fissava minacciosa: un'orbita.
Un cranio! Un cranio articolato!
Era proprio quello che speravo: un enorme cranio articolato! Un enorme cranio articolato... di un coccodrillo!
Era proprio quello che speravo: un enorme cranio articolato! Un enorme cranio articolato... di un coccodrillo!
Io, Federico, Germano e Jacopo mentre rimuoviamo il sedimento dal muso del coccodrillo. In primo piano, la regione temporale del cranio. (Foto di Jerri Cantelli). |
Sembrava proprio che il cranio fosse
allineato alla serie di coste dorsali poste qualche metro sulla
destra. Possibile che tutte le ossa presenti appartenessero ad un
singolo, enorme, scheletro?
Un enorme cranio articolato di un
coccodrillo di dimensioni notevoli!
[Flashback: Nel corso dei giorni
precedenti, avevamo esplorato vari siti di età Aptiana-Albiana,
rinvenendo tantissimi resti isolati di coccodrillo. Gli osteodermi ed
i frammenti del tetto cranico più o meno diagnostici erano la grande
maggioranza, al punto che ormai avevo coniato la risposta standard
alla maggioranza delle domande che gli altri membri della spedizione
mi rivolgevano per avere una identificazione dei resti appena
scoperti:
“Un altro stupido coccodrillo”.
A due giorni dalla fine della
spedizione, avevamo interi sacchi di pezzi di coccodrillo, anzi, di
stupido coccodrillo, e difatti ormai nemmeno mi fermavo a
raccoglierli quando li incontravo. Ero stufo di trovarmi tra le mani
frammenti di osteoderma e pezzetti di cranio. Non fraintendete, è
bellissimo rinvenire i resti fossili di un rettile mesozoico, ma dopo
12 giorni che accumuli centinaia di frammenti di osteoderma e tetto
cranico difficilmente diagnosticabile, ne hai la nausea...]
Germano si avvicinò e mi chiese se
anche questo potevamo classificarlo come uno “stupido coccodrillo”.
“Questo è un simpatico coccodrillo”,
gli risposi sorridendo.
La squadra al completo si mette in posa assieme al cranio del coccodrillo appena liberato dal sedimento. |
Ma che tipo di coccodrillo? Di tutto
questo, parlerò nel prossimo post.
Complimenti!!!!
RispondiEliminaNon vedo l'ora di finire la serie di post.
Valerio
Finalmente, un anno che sogno " studidi coccodrilli"......allora e' vero, un nuovo e simpatico coccodrillo!! meraviglioso, contentissimo di aver partecipato, un bravissimo a tutti!!
RispondiEliminaGrazie a te, Aldo. Il merito è anche tuo!
EliminaEh, questi topi di biblioteca che fanno scoperte solo tra il materiale impolverato dei musei. ;)
RispondiEliminaChe smacco e che soddisfazione. Il tempo dà sempre la risposta giusta a tutto. Ancora auguri!