Nonostante questo blog sia “di nicchia” e dichiaratamente “tecnico”, constato con piacere che sta avendo un discreto successo: oltre ad essere l’unico blog/sito italiano linkato nel visitatissimo Tetrapod Zoology di Darren Naish (fatto che mi inorgoglisce molto, considerando il meritato successo di TetZoo) ed aver superato 10 mila contatti in quattro mesi di attività del contatore-visite, ha anche una piccola schiera di regolari visitatori non italiani. Il rigore tecnico quindi è stato premiato, e si manterrà. Ciò non per manie di tecnicismo (sono già sufficientemente tecnico negli articoli “veri” che scrivo) bensì per la consapevolezza che senza i dettagli qualsiasi discorso sui teropodi risulta vago e banale, basato solo su opinioni che, per quanto rispettabili, restano fini a sé stesse e non arricchiscono la conoscenza di alcuno. Ovviamente, ad un rigore nei dettagli tecnici dovrebbe corrispondere la disponibilità dell’eventuale lettore “non addetto ai lavori” di “salire un po’ di livello”. Se così non accade, so fare tesoro delle esperienze e delle critiche (persino di quelle non particolarmente brillanti od oggettive) e sono disposto a mettermi in discussione, per andare incontro alle esigenze altrui (sempre dentro i limiti che non snaturino questo blog... penso che non avrei problemi ad aprire un theropod-blog “più commerciale”, sebbene temo che lo troverei terribilmente noioso, scontato e grossolano). Purtroppo, non so se alcuni dei miei critici sarebbero disposti a mettersi in discussione allo stesso modo, “salendo un po’ di livello”...
La mia ipotesi sull’esistenza di abelisauridi con stili di vita anfibi ha suscitato una serie disorganizzata di discussioni, e, purtroppo, anche alcuni malintesi tra me e alcuni commentatori. In questo periodo ho avuto modo di rivalutarla e correggerla, anche alla luce delle critiche e dei commenti ricevuti: credo che ora sia più solida e dettagliata di come la formulai in passato. Al fine di non creare ulteriori inutili diatribe e malintesi fuori luogo, esporrò subito l’ipotesi, riveduta e corretta, e poi ne valuterò la validità. Questa è la versione dell’ipotesi alla quale faccio riferimento, quindi prego gli eventuali commentatori di tenerla bene a mente:
“La presenza e la distribuzione di alcuni caratteri del cinto pelvico, della coda e dell’arto posteriore osservati all’interno di Abelisauridae suggerisce che in un sottogruppo di questo clade si siano evoluti adattamenti locomotori compatibili con uno stile di vita anfibio, ovvero, adatto ad ambienti ibridi caratterizzati dall’instabile alternanza (nel tempo e nello spazio) di condizioni asciutte e parzialmente sommerse”.
Questa versione è più precisa delle precedenti, e si basa su una dettagliata valutazione della distribuzione dei caratteri all’interno di Abelisauroidea. L’ipotesi anfibia, ripeto per l’ennesima volta, NON fa alcun riferimento a piscivoria, capacità subacquee o altri tratti acquatici chiaramente assenti nei ceratosauri. L’ipotesi anfibia è un’ipotesi eco-funzionale che si focalizza sul sistema locomotorio dei teropodi basali, basato sul distretto muscolare di coda-bacino-arto posteriore. Essa non richiede ulteriori adattamenti alimentari, cranici o comportamentali, dato che, a mio avviso, le prede “classiche” dei ceratosauri (altri arcosauri, sia dinosauri che crocodyliformi, molto abbondanti nel Cretacico del Gondwana) restano tali anche per gli (eventuali) abelisauri anfibi. Valutandola in un contesto filogenetico, è possibile determinare se e quanti siano i taxa di abelisauroidi che soddisfano la combinazione di caratteri anfibi.
I caratteri da considerare (alcuni inediti, che non avevo considerato prima) sono:
A- La forma della cresta cnemiale della tibia. Questa cresta è la sede di buona parte degli estensori della tibia: nei ceratosauri questa cresta è molto prominente, e diventa “ad accetta” negli abelisauridi. La forma “ad accetta” è presente, per convergenza morfologica, anche in alcune linee di uccelli anfibi adattati a nuotare grazie a vigorose spinte delle gambe (You et al., 2006). La cresta “ad accetta” è presente in tutti gli abelisauridi per i quali sia nota la tibia.
B- La robustezza della tibia e del femore. Alcuni abelisauridi hanno tibie e femori molto corti e robusti se paragonati a quelli degli altri abelisauri e degli altri teropodi (Carrano & Sampson, 2008). Se ne deduce che questi teropodi avevano arti relativamente più corti e robusti rispetto alla maggioranza dei teropodi. Tale morfologia ricorda quella di numerosi vertebrati adatti a condizioni anfibie (ippopotami, coccodrilli) aventi arti più tozzi e robusti rispetto ai loro parenti tipicamente terricoli. La morfologia “robusta” è presente in Majungasaurus e in alcuni abelisauri (ancora senza nome) dell’India, mentre è assente in Carnotaurus, Aucasaurus, Noasauridae e Ceratosaurus, che hanno arti posteriori “normali”, relativamente più slanciati.
C- La presenza di processi trasversi delle vertebre caudali molto lunghi, che forniscono l’inserzione per i muscoli caudifemorali che retraggono il femore e muovono la coda. La lunghezza dei processi trasversi caudali negli abelisauridi è molto marcata rispetto agli altri teropodi, e ricorda la condizione tipica dei rettili acquatici che usano la coda come mezzo propulsivo. Processi trasversi molto allungati sono presenti in tutti gli abelisauridi per i quali siano note le caudali.
Una buona ipotesi deve anche comprendere e giustificare l’esistenza dei suoi eventuali punti deboli. Per questo, includo nell’analisi anche alcuni caratteri noti nel sistema locomotorio abelisauride che contrastano con il modello anfibio:
D- La presenza di articolazioni supplementari (del tipo hyposfene-hypantro) nelle vertebre caudali: tali articolazioni riducono la mobilità della coda. La loro presenza non si concilia quindi con l’ipotesi anfibia. L’hyposfene-hypantro caudale è presente in Aucasaurus, Carnotaurus, ed in altri abelisauridi più frammentari, mentre è assente in Majungasaurus.
E- La presenza di espansioni distali dei processi trasversi caudali. Tali espansioni distali limitano la mobilità laterale della coda. La loro presenza non si concilia quindi con l’ipotesi anfibia. Espansioni distali dei processi trasversi caudali sono presenti in tutti gli abelisauridi per i quali è nota la coda, ma sono assenti in Majungasaurus.
F- La presenza di processi trasversi proiettati dorsalmente. In alcuni abelisauroidi, i processi trasversi non sono orizzontali, come si osserva in buona parte dei rettili, bensì, sono proiettati dorsalmente. Tale inclinazione riduce l’ampiezza laterale delle leve muscolari caudofemorali e non si concilia quindi con l’ipotesi anfibia. I processi trasversi caudali sono inclinati dorsalmente in Carnotaurus, Aucasaurus, Ekrixinatosaurus, ed in altri abelisauridi, tra cui un abelisauride basale dell’inizio del Cretacico, mentre sono orizzontali in Majungasaurus.
Questi sono i caratteri (pro e contro) che compongono l’ipotesi anfibia. Come vedete, 3 sono a favore, 3 contro. Se ci fermassimo qui, dovremmo convenire in un pareggio, e quindi, provvisoriamente scartare l’ipotesi anfibia. Tuttavia, chi conosce la prassi degli studi evoluzionistici sa che il significato evolutivo di un carattere anatomico è dato dalla sua distribuzione nella filogenesi, giacché i caratteri appaiono o scompaiono in momenti diversi dell’evoluzione (cioè, in zone differenti dell’albero).
Mappiamo i 6 caratteri citati all’interno di Neoceratosauria (per semplicità, ho illustrato solo i taxa di Ceratosauria per i quali possiamo determinare almeno 2/3 dei 6 caratteri citati sopra, in realtà l’analisi a cui faccio riferimento comprende tutti i ceratosauri; Cau & Maganuco, in prep.; MEPF V1699 è una coda abelisauride patagonica dell’inizio del Cretacico, Rauhut et al., 2003).
Come si vede, la distribuzione dei caratteri suggerisce la seguente interpretazione dell’ipotesi anfibia:
Esiste una linea evolutiva di Abelisauridae, quella comprendete Majungasaurus ma non Aucasaurus o Carnotaurus, avente una combinazione di caratteri compatibile con l’ipotesi anfibia. Aspetto molto interessante, la distribuzione nota dei caratteri sembra indicare che proprio quei tratti abelisauridi relativi alla coda che sarebbero in contrasto con l’ipotesi anfibia si perdono in questa linea evolutiva, in concomitanza con lo sviluppo di arti posteriori più corti e robusti. Questo modello filogenetico che, sottolineo, non è proposto ad hoc per giustificare l’ipotesi anfibia, bensì si ottiene dalla distribuzione nota dei caratteri citati all’interno dello schema filogenetico degli abelisauri attualmente più plausibile (vedere Sereno & Brusatte, 2008; Carrano & Sampson, 2008), mostra che una linea di abelisauridi (che si potrebbe battezzare “Majungasaurinae”) acquisì la combinazione di caratteri prevista dall’ipotesi anfibia. Dato che i dati paleoambientali relativi a Majungasaurus descrivono un habitat di piana alluvionale caratterizzata da alternanza di fasi umide e secche, abitato da faune sia acquatiche che terricole, non ci sono obiezioni paleoecologiche all’evoluzione di questo particolare adattamento locomotorio.
Alla luce del modello di sopra, l’acquisizione di caratteri “anfibi” fu un mix di exaptation (cioè cambiamento di funzione di un organo rispetto a quella per il quale si è evoluto) di caratteri tipici di tutti gli abelisauroidi (l’allungamento dei processi trasversi caudali e la forma della cresta cnemiale), e adaptation di nuovi caratteri all’interno di un sottogruppo di abelisauridi (perdita di caratteri caudali che limitavano la mobilità della coda e modifica nelle proporzioni dell’arto posteriore per renderlo più adatto alla locomozione in acqua).
Questo caso evidenzia, per l’ennesima volta, l’importanza di una dettagliata analisi della distribuzione filogenetica dei caratteri per la definizione e l’eventuale conferma/smentita delle ipotesi evolutive. Senza uno schema filogenetico di riferimento, qualsiasi argomentazione evolutiva (sia pro che contro una particolare ipotesi) risulta vaga ed imprecisa, oltre che difficilmente testabile.
Spero che stavolta l’ipotesi sia stata chiara (non pretendo convincente...).
Bibliografia:
Carrano M. T. & Sampson S. C., 2008 - The phylogeny of Ceratosauria (Dinosauria: Theropoda). Journal of Systematic Palaeontology, 6(2): 183-236.
Rauhut et al., 2003 - Dinosaur remains from the Lower Cretaceous of the Chubut Group, Argentina. Cretaceous Research, 24: 487-497.
Sereno P. C. & Brusatte S. L., 2008 - Basal abelisaurid and carcharodontosaurid theropods from the Elrhaz Formation (Aptian-Albian) of Niger. Acta Palaeontol Polonica, 53 (1): 15 - 46.
You et al., 2006 - A Nearly Modern Amphibious Bird from the Early Cretaceous of Northwestern China. Science, 312: 1640-1643.
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