Nel post precedente concludevo con un’esortazione a dare maggiore attenzione ad una parte dell’anatomia teropode che generalmente è poco osservata dagli appassionati di questo clade. In quel caso particolare mi riferivo al metatarso, tuttavia, il discorso si può estendere all’intero scheletro, dato che, purtroppo, ho l’impressione che molti si concentrino troppo su denti, mascelle, ornamentazioni craniche (quando presenti) ed artigli, tralasciando il resto (probabilmente perché si presume, sbagliando, che nel resto dello scheletro i teropodi siano pressappoco tutti uguali). Qualsiasi regione anatomica è invece carica di significato, ed è ricca di dettagli interessanti (altrimenti non avrei ricavato di più di 1000 caratteri per Megamatrice).
Questo post è un seguito del precedente, nasce da un commento riguardante l’agilità dei teropodi e vuole ispirarsi all’introduzione di qui sopra. Confesso che il commento da cui scaturisce questo post mi ha fatto sorridere, non tanto perché l’autore è un amico naturalista non-paleontologo, quanto perché sembra (almeno a me) indotto da un pregiudizio “sciovinista” mammaliano-centrico, che ritiene il bipedismo una forma di “quadrupedismo a metà”. In breve, il commento chiedeva delucidazioni sulle agilità dei teropodi, in particolare alle loro prestazioni in caso di “inversione di marcia”. Se ho inteso il senso della domanda, viene chiesto se un teropode sia in grado di essere agile nel cambiamento di direzione durante il moto almeno quanto un essere umano (che, ricordo a tutti quelli che seguono le Olimpiadi in questi giorni, è un bipede ex-arboricolo evolutosi per camminare ma che rimane un mediocre corridore se confrontato con i mammiferi e gli uccelli della sua taglia, spesso capaci di andare al doppio della sua velocità massima). Si potrebbe rispondere rapidamente facendo osservare che è estremamente difficile per un uomo afferrare una gallina se questa sta scappando: sebbene non sia particolarmente veloce nella corsa (non più di un uomo, a dimostrazione di quanto noi siamo lenti in rapporto alla nostra massa) è capace di repentini cambi di direzione che rendono il suo inseguimento veramente estenuante (di fatto, per prendere una gallina si tende a sorprenderla furtivamente con un agguato, non ad inseguirla). Dato che il mio amico probabilmente si riferiva ai teropodi medio-grandi e non a quelli piccoli come un pollo, non potrò limitarmi all’esempio appena citato.
(Nota antropologica: il bipedismo umano, che è di tipo eretto con colonna vertebrale mantenuta verticale, non è particolarmente adatto alla corsa. Infatti, quando corriamo siamo costretti a piegarci in avanti, assumendo una postura semi-orizzontale, per compensare che l’asse principale del nostro corpo normalmente è perpendicolare alla direzione del moto. I teropodi, che sono bipedi a colonna vertebrale orizzontale, non hanno i nostri svantaggi locomotori, giacché il loro asse corporeo principale coincide sempre con quello della direzione di moto).
Innanzitutto, l’anatomia pelvica dei teropodi è la stessa di quella dei grandi uccelli corridori, pertanto non esistono ragioni per negare che avessero analoghe prestazioni muscolo-scheletriche. Indipendentemente dalla velocità dell’animale, la capacità di cambiare direzione durante il moto dipende dalla presenza di strutture anatomiche che permettano lo spostamento del baricentro corporeo senza provocare pericolosi squilibri, ovvero dipende dalla presenza di elementi corporei bilancieri e stabilizzatori* del moto.
Il principale elemento stabilizzatore dei teropodi è la coda. Numerosi fattori avvalorano questa interpretazione. Primo: un fenomeno analogo si osserva in mammiferi saltatori-scattisti, come i canguri o molti grandi felidi, nei quali la coda è un elemento fondamentale nell’equilibrio e nella stabilizzazione durante la corsa ed il salto. Secondo: la coda della maggior parte dei teropodi ha una serie di modifiche che si spiegano proprio vedendo la coda come un elemento stabilizzatore (le descrivo sotto). Terzo: sebbene ridottissima, la coda dei teropodi attuali (gli uccelli) ha una funzione di stabilizzatore (nel volo), funzione che potrebbe essere un retaggio ereditato dai teropodi precedenti.
Vediamo nel dettaglio il punto secondo. Quali sono le caratteristiche della coda dei teropodi che ci portano a vederla un adattamento per permettere un’elevata agilità e manovrabilità nel moto? La coda della maggioranza dei teropodi si differenzia da quella degli altri rettili per il fatto di essere “fortemente regionalizzata”. In generale, le code rettiliane mostrano una graduale riduzione dei processi muscolari (spina neurale, zigapofisi e processi trasversi) man mano che ci portiamo verso la fine della coda (in termini anatomici, in posizione distale). Nei teropodi, invece della riduzione graduale di quei processi abbiamo un passaggio brusco (che si risolve in poche vertebre) dalla morfologia della regione anteriore (prossimale) della coda a quella della distale: dopo tale punto di passaggio (detto “punto di transizione” della coda) i processi trasversi e la spina neurale scompaiono rapidamente, mentre le prezigapofisi si allungano marcatamente, sovrapponendosi alla vertebra posta anteriormente. Gli stessi centri vertebrali seguono questo trend, divenendo più bassi, compressi ed allungati dopo il punto di transizione. Il risultato di questa regionalizzazione è che la coda è divisa in due zone: l’anteriore (prossimale) è muscolosa e mobile e funge da ancoraggio dei principali muscoli retrattori del femore, la zona posteriore (distale) è poco muscolosa, molto rigida (per la sovrapposizione delle zigapofisi, che nel caso estremo dei dromeosauridi comporta prezigapofisi lunghe più di cinque volte la vertebra da cui partono) e funziona come un’unica asta flessibile che funge da stabilizzatore e timone nel moto, mossa dalla metà prossimale.
L’importanza di questo adattamento è tale che esso ha dato il nome al principale clade di neoteropodi, Tetanurae, letteralmente “code rigide” (anche se va ricordato che tale carattere è presente anche in altri teropodi non-tetanuri, come gli abelisauroidi e gli herrerasauridi).
Un aspetto interessante di questa regionalizzazione è che essa persiste ancora negli uccelli (sebbene abbiano code ridottissime): le prime 4-8 vertebre della coda sono mobili e munite di processi muscolari, mentre la restante parte distale (6-8 vertebre) è fusa in un unico elemento rigido (il pigostilo) su cui si inseriscono le penne timoniere (che servono appunto per i cambi di direzione in volo). Per l’ennesima volta, un carattere ritenuto “tipico ed esclusivo” degli uccelli si è rivelato essere un’invenzione dei teropodi non-aviani.
Ultima nota. Curiosamente, il punto di transizione (cioè la brusca modifica delle caudali) si perde nei therizinosauri e negli oviraptorosauri (per convergenza, dato che sia i terizinosauri basali che gli oviraptorosauri basali conservano il punto di transizione nelle loro code), probabilmente a seguito di specializzazioni della loro locomozione che non richiedeva una marcata regionalizzazione. Recentemente, ho scoperto che anche un altro gruppo di teropodi sembra aver modificato le proprie code, perdendo la rigidità della zona distale (ovvero riducendo le prezigapofisi delle vertebre distali al punto di transizione e conservando una marcata spina neurale). Forse ciò avvenne perché questo gruppo si adattò ad un nuovo stile locomotorio. Ma di tutta questa interessantissima questione vi parlerò in un’altra occasione...
*Da questo punto di vista, i grandi uccelli attuali hanno probabilmente un (apparente) handicap che i loro parenti mesozoici non hanno: dato che struzzi, emù e gli altri ratiti discendono da uccelli volanti (ovvero animali che hanno modificato il loro corpo per renderlo stabile in volo) hanno perso le caratteristiche pienamente terrestri dei loro predecessori non volanti. In breve, il baricentro degli uccelli è sbilanciato in avanti, verso le ali: ciò ha imposto nei ratiti una riorganizzazione anatomica per “ritornare” funzionalmente dei corridori terrestri come erano i teropodi non-volatori, aventi il baricentro a livello del bacino (il punto di scarico del peso in ogni bipede).
Questo post è un seguito del precedente, nasce da un commento riguardante l’agilità dei teropodi e vuole ispirarsi all’introduzione di qui sopra. Confesso che il commento da cui scaturisce questo post mi ha fatto sorridere, non tanto perché l’autore è un amico naturalista non-paleontologo, quanto perché sembra (almeno a me) indotto da un pregiudizio “sciovinista” mammaliano-centrico, che ritiene il bipedismo una forma di “quadrupedismo a metà”. In breve, il commento chiedeva delucidazioni sulle agilità dei teropodi, in particolare alle loro prestazioni in caso di “inversione di marcia”. Se ho inteso il senso della domanda, viene chiesto se un teropode sia in grado di essere agile nel cambiamento di direzione durante il moto almeno quanto un essere umano (che, ricordo a tutti quelli che seguono le Olimpiadi in questi giorni, è un bipede ex-arboricolo evolutosi per camminare ma che rimane un mediocre corridore se confrontato con i mammiferi e gli uccelli della sua taglia, spesso capaci di andare al doppio della sua velocità massima). Si potrebbe rispondere rapidamente facendo osservare che è estremamente difficile per un uomo afferrare una gallina se questa sta scappando: sebbene non sia particolarmente veloce nella corsa (non più di un uomo, a dimostrazione di quanto noi siamo lenti in rapporto alla nostra massa) è capace di repentini cambi di direzione che rendono il suo inseguimento veramente estenuante (di fatto, per prendere una gallina si tende a sorprenderla furtivamente con un agguato, non ad inseguirla). Dato che il mio amico probabilmente si riferiva ai teropodi medio-grandi e non a quelli piccoli come un pollo, non potrò limitarmi all’esempio appena citato.
(Nota antropologica: il bipedismo umano, che è di tipo eretto con colonna vertebrale mantenuta verticale, non è particolarmente adatto alla corsa. Infatti, quando corriamo siamo costretti a piegarci in avanti, assumendo una postura semi-orizzontale, per compensare che l’asse principale del nostro corpo normalmente è perpendicolare alla direzione del moto. I teropodi, che sono bipedi a colonna vertebrale orizzontale, non hanno i nostri svantaggi locomotori, giacché il loro asse corporeo principale coincide sempre con quello della direzione di moto).
Innanzitutto, l’anatomia pelvica dei teropodi è la stessa di quella dei grandi uccelli corridori, pertanto non esistono ragioni per negare che avessero analoghe prestazioni muscolo-scheletriche. Indipendentemente dalla velocità dell’animale, la capacità di cambiare direzione durante il moto dipende dalla presenza di strutture anatomiche che permettano lo spostamento del baricentro corporeo senza provocare pericolosi squilibri, ovvero dipende dalla presenza di elementi corporei bilancieri e stabilizzatori* del moto.
Il principale elemento stabilizzatore dei teropodi è la coda. Numerosi fattori avvalorano questa interpretazione. Primo: un fenomeno analogo si osserva in mammiferi saltatori-scattisti, come i canguri o molti grandi felidi, nei quali la coda è un elemento fondamentale nell’equilibrio e nella stabilizzazione durante la corsa ed il salto. Secondo: la coda della maggior parte dei teropodi ha una serie di modifiche che si spiegano proprio vedendo la coda come un elemento stabilizzatore (le descrivo sotto). Terzo: sebbene ridottissima, la coda dei teropodi attuali (gli uccelli) ha una funzione di stabilizzatore (nel volo), funzione che potrebbe essere un retaggio ereditato dai teropodi precedenti.
Vediamo nel dettaglio il punto secondo. Quali sono le caratteristiche della coda dei teropodi che ci portano a vederla un adattamento per permettere un’elevata agilità e manovrabilità nel moto? La coda della maggioranza dei teropodi si differenzia da quella degli altri rettili per il fatto di essere “fortemente regionalizzata”. In generale, le code rettiliane mostrano una graduale riduzione dei processi muscolari (spina neurale, zigapofisi e processi trasversi) man mano che ci portiamo verso la fine della coda (in termini anatomici, in posizione distale). Nei teropodi, invece della riduzione graduale di quei processi abbiamo un passaggio brusco (che si risolve in poche vertebre) dalla morfologia della regione anteriore (prossimale) della coda a quella della distale: dopo tale punto di passaggio (detto “punto di transizione” della coda) i processi trasversi e la spina neurale scompaiono rapidamente, mentre le prezigapofisi si allungano marcatamente, sovrapponendosi alla vertebra posta anteriormente. Gli stessi centri vertebrali seguono questo trend, divenendo più bassi, compressi ed allungati dopo il punto di transizione. Il risultato di questa regionalizzazione è che la coda è divisa in due zone: l’anteriore (prossimale) è muscolosa e mobile e funge da ancoraggio dei principali muscoli retrattori del femore, la zona posteriore (distale) è poco muscolosa, molto rigida (per la sovrapposizione delle zigapofisi, che nel caso estremo dei dromeosauridi comporta prezigapofisi lunghe più di cinque volte la vertebra da cui partono) e funziona come un’unica asta flessibile che funge da stabilizzatore e timone nel moto, mossa dalla metà prossimale.
L’importanza di questo adattamento è tale che esso ha dato il nome al principale clade di neoteropodi, Tetanurae, letteralmente “code rigide” (anche se va ricordato che tale carattere è presente anche in altri teropodi non-tetanuri, come gli abelisauroidi e gli herrerasauridi).
Un aspetto interessante di questa regionalizzazione è che essa persiste ancora negli uccelli (sebbene abbiano code ridottissime): le prime 4-8 vertebre della coda sono mobili e munite di processi muscolari, mentre la restante parte distale (6-8 vertebre) è fusa in un unico elemento rigido (il pigostilo) su cui si inseriscono le penne timoniere (che servono appunto per i cambi di direzione in volo). Per l’ennesima volta, un carattere ritenuto “tipico ed esclusivo” degli uccelli si è rivelato essere un’invenzione dei teropodi non-aviani.
Ultima nota. Curiosamente, il punto di transizione (cioè la brusca modifica delle caudali) si perde nei therizinosauri e negli oviraptorosauri (per convergenza, dato che sia i terizinosauri basali che gli oviraptorosauri basali conservano il punto di transizione nelle loro code), probabilmente a seguito di specializzazioni della loro locomozione che non richiedeva una marcata regionalizzazione. Recentemente, ho scoperto che anche un altro gruppo di teropodi sembra aver modificato le proprie code, perdendo la rigidità della zona distale (ovvero riducendo le prezigapofisi delle vertebre distali al punto di transizione e conservando una marcata spina neurale). Forse ciò avvenne perché questo gruppo si adattò ad un nuovo stile locomotorio. Ma di tutta questa interessantissima questione vi parlerò in un’altra occasione...
*Da questo punto di vista, i grandi uccelli attuali hanno probabilmente un (apparente) handicap che i loro parenti mesozoici non hanno: dato che struzzi, emù e gli altri ratiti discendono da uccelli volanti (ovvero animali che hanno modificato il loro corpo per renderlo stabile in volo) hanno perso le caratteristiche pienamente terrestri dei loro predecessori non volanti. In breve, il baricentro degli uccelli è sbilanciato in avanti, verso le ali: ciò ha imposto nei ratiti una riorganizzazione anatomica per “ritornare” funzionalmente dei corridori terrestri come erano i teropodi non-volatori, aventi il baricentro a livello del bacino (il punto di scarico del peso in ogni bipede).
Risposta esauriente...non avevo considerato il "Power of the Tail".
RispondiEliminaUn solo appunto (dato che ti conosco non mi sento attaccato, ma voglio solo precisare): nel mio commento al post precedente l'intenzione (forse non si era capito) non era quella di puntare sulla mammalo-centria, ma solo cercare di capire. In effetti risulta chiaro che l'uomo (in senso anatomico) è un adattamento (forse un po' forzato) di arboricoli alla vita terrestre, mentre i teropodi hanno perfezionato al massimo il bipedismo terrestre (al massimo per ciò che conosciamo)...dimenticavo "solo" il "Power of thy Tail"...Steeeel!
Grazie.
Un dubbio.
RispondiElimina(e la velocità è sempre un problema da calcolare)
L'uomo è una specie che corre piuttosto bene e con un'ottima resistenza, non sarai forse stato poco razionale (cioè ammaliato dalla straordinaria velocità di alcuni splendidi animali)?
Due milioni di anni per imparare a correre bene, e Bolt corre veramente bene. Quello che non sappiamo fare è scartare (abbiamo un'articolazione inadatta a giocare a calcio), ma quanto a resistenza battiamo molti super predatori; alla maratona corriamo per 42 km, e un buon dilettante ha ancora energie quando la finisce.
Ai confrontato tutte le massime ideali (per l'uomo è poco meno di 25 km/h) dei principali animali olocenici, (scremando quelle che sono capaci di correre solo per poche decine di metri) prima di dire: "(l'uomo)rimane un mediocre corridore se confrontato con i mammiferi e gli uccelli della sua taglia"?
Io non l'ho fatto, ma così a naso mi sa che risulteremo nella media, o (sopratutto per la resistenza) nella parte alta del grafico, insomma non siamo un levriero, una gazzella, un cavallo o un ghepardo, ma questi sono animali eccezionali (e il ghepardo non può correre veloce a lungo); mentre abbiamo velocità e resistenza (ad occhio) superiori ad un orso marsicano, un toro-uro, un rinoceronte, un cervo, o un muflone. (per fare esmpi a "perfetta" parità di massa dovrei studiare un po')
Questo senza tener conto che buona parte della mega fauna di recente estinzione non era poi velocissima, Maori vs Moa sappiamo com'è finita.
Forse stavolta ti ho beccato ;)
Erodoto.
Bolt non è un essere umano medio espressione della norma degli ultimi 3 milioni di anni.
RispondiEliminaHai mai inseguito una gallina, o un gatto, o un coniglio? Senza l'astuzia, bansandoci solo sulle nostre capacità locomotorie, non siamo nemmeno in grado di toccarli, per non dire di afferrarli. Gli animali di taglia comparabile o superiore alla nostra sono tutti più veloci di noi, ad eccezione delle tartarughe giganti o degli elefanti. Un ippopotamo scatta a 40Km/h, come Bolt. La resistenza che dici tu è nella camminata, o nella maratona, le quali non servono molto in Natura (a parte per i migratori non-volanti), dove prevale lo scatto nelle interazioni preda-predatore.
L'uomo non è un corridore. E' un camminatore, come dimostra la morfologia del suo scheletro e la grande resistenza che tu hai citato.
Se siamo davvero così bravi nella corsa, come mai non siamo capaci di catturare praticamente
nessun rettile, uccello e mammifero di taglia medio-grande senza l'ausilio di armi e/o trappole?
Possiamo camminare per ore, ma nello scatto siamo a dir poco patetici. Un uomo solo nella savana africana, senza armi, non resiste tre giorni: troppo lento per scappare, troppo debole per combattere, troppo grande per nascondersi.
Ecco perché abbiamo subito una così potente selezione a favore dell'intelligenza sociale e tecnologica: non avevamo altre alternative all'estinzione.
I Maori avevano le armi di Homo sapiens, non certo le gambe di un Moa.
Come erano fatte le vertebre caudali dei ceratosauri? Anche loro avevano code del tipo Tetanurae?
RispondiEliminaSimone
In alcuni abelisauroidi si osserva un discreto allungamento delle prezigapofisi intermedie caudali. In generale, i Ceratosauria mostrano altre specializzazioni caudali.
EliminaDi che tipo? (se non è troppo complicato da spiegare)
EliminaSimone
Non è complicato, ma complesso. Finirei con scrivere un post, e non mi pare il caso.
EliminaOk allora, grazie 1000
EliminaSimone