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| Cranio dell'esemplare NCSM 40000 descritto da Zanno e Napoli (2025) | 
Apro questo post citando un brano del mio libro in uscita il 7 Novembre prossimo:
"In mezzo a tutti i temi relativi a Tyrannosaurus che hanno generato un clamore mediatico esagerato, quello che meno di ogni altro accende il mio interesse riguarda un esemplare scoperto nel 1942, descritto per la prima volta nel 1946, ristudiato nel 1988, rivisto criticamente nel 1999 e oggetto di un dibattito a tratti grottesco nel secolo corrente: Nanotyrannus lancensis. Per dimostrare l’ossessione dei paleontologi per questo fossile, basta notare che il binomio «Nanotyrannus lancensis» non fu coniato in un solo momento. Il nome della specie, «lancensis», originariamente considerata parte del genere Gorgosaurus, nasce nel 1946, in un’opera postuma del paleontologo Charles Gilmore. Il nome del genere, «Nanotyrannus», fu invece creato oltre quarant’anni dopo, nel 1988, da Robert Bakker assieme ad alcuni colleghi, che scorporarono la specie lancensis dal genere in cui era stata istituita." [grassetto aggiunto qui]
Nanotyrannus è tornato. Esso ci perseguita come un personaggio da soap opera, che muore e poi nella stagione successiva si scopre che non era morto ma solamente finito in sanatorio, il caratterista bello e tenebroso che non vuole smettere di ossessionare gli appassionati di dinosauri, perché affascina e porta colpi di scena. Ma la colpa non è sua. Nanotyrannus è solo un nome, ed i fossili sono solo pezzi di roccia. Il problema siamo noi, o meglio, quella minuscola fettina dell'ipodigma di Homo sapiens che è emotivamente attaccata a questo nome ed alla controversia scientifica intorno a questo nome. L'ipodigma di una specie è l'insieme degli individui (da vivi; esemplari da morti) che includiamo nell'insieme che chiamiamo "la specie Nome cognome".
Il dibattito su Nanotyrannus mi affascina principalmente per le sue emanazioni extra-scientifiche, mentre - devo essere onesto - io non sono mai stato molto appassionato di Tyrannosauridae della fine del Cretacico. I tyrannosauroidi basali pre-Cenomaniani sono molto più intriganti, mentre le forme tardive nordamericane (come T. rex) le ho sempre viste come troppo commerciali, troppo inflazionate, troppo mitizzate. De gustibus.
Ma torniamo alla parole "ipodigma", perché è intorno a questo concetto che si articola il nuovo studio pubblicato ieri da Zanno e Napoli (2025): gli autori descrivono un nuovo esemplare di tyrannosauroide dal Cretacico Terminale del Nord America, lo confrontano con l'olotipo del famigerato Nanotyrannus lancensis e dimostrano che esso NON sia riferibile a Tyrannosaurus rex. Ovvero, il nuovo articolo introduce una grande quantità di NUOVI DATI, i quali ci impongono di rivedere lo scenario sostenuto da una parte dei paleontologi (me compreso, per quel poco che vale la mia opinione in questo caso), scenario che considerava "Nanotyrannus" un taxon non valido, poiché basato su un individuo immaturo riferibile alla sequenza di crescita di Tyrannosaurus rex.
Questo è il punto più importante da sottolineare, ben più importante della questione se Nanotyrannus e Tyrannosaurus siano o meno la stessa "entità": l'introduzione di nuovi dati modifica il sistema di riferimento intorno al quale noi cerchiamo la spiegazione più robusta delle osservazioni. Finora, il dibattito orbitava intorno al primo esemplare, un cranio isolato, deformato, e in parte restaurato. Un cranio molto intrigante, ma pur sempre un solo cranio, senza il resto dello scheletro. Il problema di Nanotyrannus era anche legato alla limitata quantità di materiale riferibile con sicurezza a quel taxon. Ora cambia il sistema, si arricchisce di elementi che prima non conoscevamo, e questo ci spinge a modificare la spiegazione a cui fare riferimento. La Scienza progredisce così. Uno scienziato non è un fanatico religioso che difende la sua fede fino alla morte. Uno scienziato deve essere sempre pronto a rivedere la sua posizione, a cambiare opinione, non per debolezza o superficialità, ma perché il giudice supremo delle nostre decisioni non è il nostro attaccamento emotivo a questa o quella ipotesi, bensì la coerenza con i fatti documentati che a mano a mano si accumulano.
Il nuovo esemplare porta elementi molto significativi, che fino ad ora erano limitati ad affermazioni anedottiche che circolavano online tra gli appassionati. In particolare, il nuovo esemplare, a differenza del primo esemplare (l'olotipo) di Nanotyrannus lancensis, include gran parte dello scheletro postcraniale, in particolare un arto anteriore e la coda in eccellente stato di conservazione. Il braccio del nuovo esemplare e la coda mostrano caratteristiche che sono troppo differenti da quelle note negli esemplari di Tyrannosaurus per poter essere spiegate unicamente in termini di "variazioni ontogenetiche legate alla crescita individuale". Ad esempio, il braccio è molto differente nelle articolazioni ed inserzioni muscolari per essere riconducibile a quello di T. rex. Inoltre, in rapporto alle dimensioni del corpo, le braccia sono molto più grandi che in Tyrannosaurus. Non esistono casi di "atrofia di crescita" nelle zampe dei vertebrati terrestri, quindi, è veramente difficile sostenere che questo tipo di braccio fosse robusto nel giovane e poi atrofizzasse nell'adulto. Una tale metamorfosi appendicolare è sconosciuta nei vertebrati terrestri. Possiamo ammettere che T. rex fosse speciale nel modello di crescita, e seguisse una modalità unica e bizzarra di riduzione degli arti durante la maturazione individuale? La spiegazione più semplice è che queste siano differenze tra specie.
Allo stesso modo, la coda del nuovo esemplare appare completa e comprende 35 vertebre, di cui le prime 14 dotate di coste. Questi numeri sono relativamente bassi per un Tyrannosauridae. La coda di "Sue" (uno dei T. rex più completi) è parziale ma comprende già 35 vertebre, di cui 17 dotate di coste. Dato che la coda di "Sue" è sicuramente incompleta (e probabilmente aveva almeno 40 vertebre), essa dimostra che in Tyrannosaurus il numero di vertebre caudali e di vertebre con coste è maggiore di quelle del nuovo esemplare. Questa differenza è spiegabile con una variazione all'interno della popolazione? Purtroppo, non abbiamo sufficienti dati per dare una risposta definitiva. Possiamo immaginare che durante la crescita dallo stadio "giovanile" a quello "adulto" si sviluppino nuove ossa della coda e che queste aumentino anche il numero di paia di coste? Mi pare una spiegazione troppo forzata. La distinzione tassonomica è quindi un'opzione legittima.
Ulteriori elementi a sostegno di questa tesi sono nel cranio, a livello di canali e forami neurovascolari che differiscono da quelli presenti negli esemplari di Tyrannosaurus. Anche in questo caso, può la trasformazione legata alla crescita individuale produrre queste differenze? In alcuni casi, la spiegazione ontogenetica non è in teoria impossibile, ma un po' forzata. In altri casi, la spiegazione tassonomica è quella più semplice.
Sommando tutti questi elementi, appare quindi legittimo considerare l'ipotesi che non tutti gli esemplari di Tyrannosauroidea provenienti dai livelli finali del Cretacico nordamericano occidentale siano riferibili alla medesima specie T. rex.
Questa serie di argomenti prende una connotazione differenze quando aggiungiamo nuovi dati istologici realizzati sulle ossa di questo esemplare, il quale risulta relativamente maturo: è realistico pensare che le differenze tra diversi stadi maturi di Tyrannosaurus includano una così ampia gamma di dimensioni, proporzioni, inserzioni muscolari e strutture interne del cranio? Il modello di crescita in questa specie risulterebbe veramente bizzarro e inusuale per un grande rettile. Pare molto poco probabile, e ci porta a sostenere una distinzione tra specie.
Se prima Nanotyrannus pareva una spiegazione superflua, ora diventa una spiegazione legittima.
Voglio rimarcare il senso del titolo di questo post: personalmente, a me non cambia la vita se Nanotyrannus è valido oppure è solo un semaforonte di Tyrannosaurus. Ho sempre descritto questa diatriba con relativo distacco, senza attaccamenti partigiani emotivi pro o contro una delle opzioni discusse. Spesso, ho trovato divertente l'eccessivo attaccamento emotivo dei "fanboy" di questa o quella ipotesi. A parte le goliardate, quello che mi interessava era il peso empirico e la logica utilizzate pro o contro le diverse ipotesi. In certi casi, le argomentazioni portate da una o l'altra parte sono risultate deboli, ambigue, oppure troppo forzate e arbitrarie. Il nuovo esemplare sposta la questione a favore della distinzione tra Nanotyrannus e Tyrannosaurus, ma non risolve tutte le controversie. La Scienza non è mai una risposta monolitica, perché la realtà è sempre più complessa dei nostri discorsi. Ad esempio, quali esemplari dall'ipodigma completo sono riferibili a Nanotyrannus e quali a Tyrannosaurus? Qui arriviamo al punto fondamentale che molti paiono spesso dimenticare: perché introduciamo delle specie (o le rimuoviamo)?
Le specie sono "scoperte" oppure sono "invenzioni"? Ovvero, le specie esistono a prescindere dalla nostra osservazione oppure sono strumenti mentali che noi introduciamo al fine di raffinare la nostra comprensione dei dati? In passato, avrei sostenuto che le specie "esistono a prescindere" e che noi semplicemente le "scopriamo". Invecchiando, sto perdendo questa sicurezza, e ora sono almeno in parte scettico sulla effettiva "realtà" delle specie, specialmente quelle fossili. Una specie è sì fondata su esemplari, ma è anche una costruzione mentale che noi imponiamo alla realtà: i taxa sono solo spiegazioni che noi introduciamo per dare un senso alle osservazioni? Se le specie sono entità ibride, che esistono anche in funzione del nostro punto di vista, che si dissolvono qualora noi modifichiamo il sistema di riferimento, fin dove dobbiamo (o possiamo) spingerci nella nostra ricostruzione del passato?
Più che discutere pro o contro Nanotyrannus lancensis, dibattito che lascio ai colleghi specializzati sui Tyrannosauridae, forse dovremmo domandarci con più forza e consapevolezza cosa intendiamo quando parliamo di specie fossili, se ci sia un limite di risoluzione tassonomica oltre il quale la documentazione fossile non può portarci.
Bibliografia:
Zanno L. and Napoli J. (2025) Nanotyrannus and T. rex coexisted at the close of the Cretaceous Nature (advance online publication) DOI: 10.1038/s41586-025-09801-6
 
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