Un enorme fossile marino giurassico, una creatura tentacolare lunga 20 metri: Chtulhu? (fonte: dinosaurpalaeo.wordpress.com) |
I mari del Giurassico Inferiore erano molto diversi da quelli di oggi. Generalmente, la diversità dei mari giurassici rispetto ai nostri viene percepita principalmente in termini faunistici. Plesiosauri basali, ittiosauri, ammoniti e qualche thalattosuco, al posto dei cetacei, tartarughe e squali moderni. Eppure, queste differenze faunistiche sono solo il riflesso secondario di ben più pregnanti differenze climatiche ed ecologiche.
I mari del Giurassico Inferiore erano
più caldi di quelli attuali, e questo, combinato alla differente
circolazione oceanica di un pianeta avente un unico supercontinente
esteso latitudinalmente ed un singolo enorme oceano sul lato opposto
del globo, produceva un mix letale per buona parte dei fondali
marini, scarsamente ossigenati e quindi estremamente inospitali.
L'ipossia (scarsità di ossigeno) che sovente degenerava in anossia
(assenza di ossigeno) può essere poco dannosa per gli animali che
nuotano e vivono lungo le parti alte della colonna d'acqua, ma è
mortale per tutte le comunità che vivono sul fondale (bentoniche). E
proprio l'ostilità della vita sul fondale deve essere tra i fattori
che favorirono l'evoluzione nel Giurassico Inferiore di uno dei più
spettacolari ed inusuali adattamenti dell'intera storia
della vita. Una comunità formata da
organismi immobili, ma che non si formava sul fondale, bensì sulla superficie
del mare, e che si spostava alla velocità di 2-3 km all'ora!
Immaginate di nuotare in un caldo mare
dell'inizio del Giurassico, a pelo dell'acqua. Ad un certo punto,
scorgete in lontananza una creatura di grandi dimensioni, che si
muove lentamente a pelo dell'acqua. Gran parte della creatura è
immersa, e solamente la parte anteriore affiora in superficie. Mano a
mano che vi avvicinate, comprendete che l'essere è davvero enorme,
e raggiunge anche 20 metri di lunghezza. La sua superficie è
ricoperta da un centinaio di lunghi tentacoli affusolati, ognuno con
una estremità a forma di fiore. I tentacoli non sono distribuiti a
caso, né in modo uniforme, ma si addensano sopratutto nella
estremità sommersa, mentre sono poco abbondanti verso l'estremità
emergente. E non sono soli: ancorati negli spazi liberi tra i
tentacoli, decine e decine di grosse escrescenze simili a mandorle
puntellano la maggioranza della creatura, la quale pare anche essere
ricoperta da una mucillagine colloidale. Tutto attorno, orde di pesci
infestano l'enorme creatura, mordicchiando le punte dei suoi
tentacoli o inseguendo crostacei e altri organismi che si muovono
alla base dei tentacoli.
Ora siete abbastanza vicini per
risolvere l'enigma di questo essere alieno. Non si tratta di un
animale, bensì di una enorme colonia di crinoidi (echinodermi col
corpo simile ad un fiore) e bivalvi: tutte queste creature sono
ancorate al tronco galleggiante di una enorme conifera, alla deriva nell'oceano!
I giganteschi zatteroni di crinoidi
fissi ai tronchi di conifera sono una peculiarità del Giurassico
Inferiore, e sono noti grazie a fossili eccezionali, come quello mostrato in alto, e rinvenuto negli scisti a Posidonia della Germania meridionale. Il centro della associazione è costituito da un
tronco fossile di 20 metri sul quale erano ancorati un centinaio di
crinoidi del genere Seirocrinus. Sono state proprio le ostili
condizioni anossiche del fondale giurassico ad aver permesso la
fossilizzazione di questi fossili eccezionali, che non hanno
equivalenti moderni: quando il tronco, che imbarcava progressivamente acqua all'interno della sua struttura, era completamente saturo
d'acqua, affondava, portando con sé il carico di
organismi ancorati alla sua corteccia verso la morte nelle profondità prive di ossigeno. La caduta sui fondali anossici garantiva così la fossilizzazione indisturbata in
un ambiente calmo e tranquillo perché ostile anche ai saprofagi e agli spazzini.
Le enormi dimensioni di queste colonie
galleggianti sollevano un enigma ed un paradosso: quanto tempo era
necessario perché queste colonie si formassero e crescessero fino a
quelle dimensioni? La domanda porta al paradosso, perché il destino
di ogni tronco galleggiante è di saturarsi d'acqua, decomporsi e,
qualora sia ancoraggio di una colonia, collassare sotto il peso della
colonia in crescita. Quindi, come risolvere il paradosso di una
colonia che richiede tempo per formarsi su un supporto che è comunque "a tempo limitato", perché destinato ad
affondare rapidamente (portando quindi la colonia stessa alla morte)?
Hunter
et al. (2019) discutono l'enigma delle megacolonie galleggianti
di crinoidi e propongono un modello che tiene conto della compresenza
dei molluchi incrostanti (simili a ostriche) come fattore che
“sigillerebbe” la corteccia, rallentando la penetrazione
dell'acqua dentro il tronco, e che quindi allungherebbe la persistenza del
tronco stesso sulla superficie, consentendo la crescita della
colonia. Il modello stima che un grande tronco di conifera potrebbe
persistere in acqua tra 2 e 20 anni: un range di tempo compatibile con le
stime di crescita dei molluschi basate sulle ostriche attuali, che
richiederebbero circa 10 anni per formare un assemblaggio simile a
quello ipotizzato per questi fossili.
Ad una velocità di crociera di circa 2
km/h, un tronco galleggiante per almeno un decennio potrebbe quindi
attraversare le enormi distese del grande oceano del Giurassico
Inferiore, consentendo a questi echinodermi simili a fiori di
raggiungere quella distribuzione globale che osserviamo nel record
fossile di quel periodo.
Un fossile veramente straordinario, che ci consente di avere un'idea più chiara dei vari organismi marini dell'epoca. Personalmente trovo ancora più utile il fatto che abbiamo trovato un intero tronco di conifera, incrementando così la anche la nostra conoscenza della flora terrestre!
RispondiEliminameraviglioso, grazie. non è un commento particolarmente intelligente, ma non ho molto da aggiungere...
RispondiEliminaEmiliano
Sembra un idea che potrebbe essere usata per fare biorisanamento, ovviamente prendendo solo l'idea in senso lato e orchestrado un po' meglio gli abitanti e le varie nicchie ecologiche che dovrebbero occupare.
RispondiEliminaNon avrei mai immaginato di ottenere una simile ispirazione bazzicando un blog di paleontologia.
Comunque "la zattera" è un'habitat fighissimo.
Emanuele
*un habitat, refuso.
RispondiEliminaÈ stupefacente, sia la colonia in sé sia il modo in cui riesce a "sopravvivere" tanto a lungo! Ne ignoravo completamente l'esistenza. E se provo a immaginarmela in un oceano giurassico rimango a bocca aperta...
RispondiEliminaG.C.T.