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14 novembre 2013

La filomemesi di Cappuccetto Rosso

Cappuccetto Rosso, una bambina evidentemente molto scarsa in anatomia comparata e teoria filogenetica. (Fonte: Wikipedia).

"Nonna, che ossa post-dentali grandi che hai!"
"Perché sono esterna al crown-group, nipotina mia..."
La prima versione di Cappuccetto Rosso, datata al Triassico Inferiore

Diffidate dalle nonnine cinognate.
"Cappuccetto Rosso" è una delle favole più famose della storia. La versione più nota nel mondo occidentale ci fu trasmessa dei fratelli Grimm, ma ne esistono molte altre, e non solo in contesti occidentali. Versioni molto simili della favola sono datate al XI secolo, e varie forme modificate della stessa storia si ritrovano in molte culture del Vecchio Continente, dal Giappone all'Africa meridionale. Tutte queste favole sono accomunate dall'avere bambini o bambine come protagonisti, un mostro più o meno zoomorfo (spesso un predatore selvatico con comportamenti antropomorfi) che si finge un parente del protagonista allo scopo di rubargli del cibo o per mangiarlo direttamente, spesso con l'intervento di un eroe che uccide il mostro, e in varie occasioni salvando il protagonista estraendolo direttamente dalla pancia del predatore dopo che era stato ingoiato vivo. Le numerose somiglianze tra queste storie hanno generato dibattiti sulla causa di tali similitudini: si tratta di "convergenze" puramente casuali, di parallelismi dovuto ad un "substrato antropologico" comune ma che si formano indipendentemente uno dall'altro, oppure sono il prodotto di una evoluzione per discendenti modificati, quindi di una versione culturale delle filogenesi biologiche (che chiamo qui "filomemesi")?
Per deformazione professionale, io sono interessato alla filogenetica ed alle sue applicazioni per ricostruire i modi ed i tempi delle evoluzioni. Ricordo quando, anni fa, avevo in testa di fare la filogenesi delle birre (non solo in base alla caratteristiche del contenuto da bere, ma anche della forma delle bottiglie). Può apparire una eccessiva riduzione di ogni fenomeno a filogenesi, ed in parte tale critica è fondata. Nondimeno, negare una natura evoluzionistica ai fenomeni culturali significa dimenticare che questi sono, innanzitutto, il prodotto di oggetti pre-esistenti: indipendentemente dal processo che ne genera la forma, essa cambia nel tempo, e tale processo può essere analizzato con gli strumenti della filogenetica. Ovviamente, a patto di sapere cosa si sta facendo e di sapere come interpretare i risultati di tale analisi. 
Tornando alle favole, Tehrani (2013) ha applicato i metodi della indagine filogenetica biologica per testare l'ipotesi che le varie versioni di "Cappuccetto Rosso" esistenti siano il prodotto di processi di evoluzione culturale per ramificazione successiva di varianti locali della favola a partire da antenati comuni pre-esistenti. In pratica, esattamente come le filogenesi vengono elaborate valutando la distribuzione dei caratteri derivati condivisi tra le specie incluse, così l'analisi "filomemetica" delle favole ha analizzato la distribuzione dei caratteri derivati presenti nelle loro strutture (ad esempio, il numero dei protagonisti, il luogo in cui è ambientata la vicenda, l'identità del "cattivo", ecc...). L'analisi ha confermato l'esistenza di ceppi e gruppi di favole che corrispondono a regioni geografiche e culturali, e che quindi danno supporto ad una interpretazione "filomemetica" e "etnografica" delle favole come discendenti modificati da favole pre-esistenti, che ereditarono caratteri derivati i quali, a loro volta, possono trasmettersi alle versioni successive delle medesime favole. Dato che le favole sono in buona parte racconti orali e che la trasmissione orale è molto plastica e mutevole (quindi ha un alto tasso di mutazione) è plausibile che le varie versioni delle favole (e i corrispondenti "cladi") siano il risultato dell'accumulo nelle generazioni delle varie versioni modificate più o meno casualmente, e che quindi il prodotto di queste analisi abbia un "senso evoluzionistico" testabile nella misura che fa predizioni controllabili sui fenomeni stessi (a patto di definirli in modo ripetibile). Al tempo stesso, è bene rimarcare che i prodotti culturali, di natura memica e lamarkiana, non evolvono in modo strettamente cladogenetico, e che una dose importante di trasmissione orizzontale di informazione (per effetti di mescolamento culturale ed imitazione)  deve comunque essere presa in considerazione per interpretare questi fenomeni. Vedere grossolanamente l'evoluzione di oggetti culturali nella forma di meri cladogrammi totalmente divergenti è, difatti, un riduzionismo eccessivamente semplicistico. Nondimeno, il metodo filogenetico, adattato al fenomeno della trasmissione orale, può avere applicazioni feconde.

Ovviamente, non mi sono limitato a leggere questo studio, ed ho voluto metterci del mio. Sebbene Tehrani (2013) abbia saggiamente ridotto il risultato delle analisi a grafici non-radicati (ovvero, senza una radice "ancestrale" da cui far partire le ramificazioni), è possibile tradurre questi risultati in vere e proprie sequenze cladogenetiche, sempre con le dovute cautele. 
Siccome questo è un blog e non deve attenersi ad un rigore formale da articolo scientifico, posso permettermi di fare un passo ulteriore lungo questo ragionamento. Ho analizzato i dati utilizzati da Tehrani (2013) aggiungendo un fattore che non è presente in quelle analisi: il dato tempo. In appendice, Tehrani (2013) fornisce le date di pubblicazione delle fonti da cui ha tratto le varie favole usate come "specie" per la sua analisi. Sebbene tali date non siano la data precisa di origine delle favole, esse forniscono comunque una cornice temporale per inquadrare l'origine delle favole. Inserendo i dati in una particolare classe di analisi filogenetica (la logica e i metodi della quale parlerò dettagliatamente in futuro), ho generato una filomemesi delle favole che localizza il momento storico in cui le varie "linee" si sono originate e separate. L'elaborazione indica che, assumendo robusti i dati cronologici inseriti, la data mediana in cui collocare l'antenato comune di tutte le versioni di "Cappuccetto Rosso" è posta nel II secolo AC (ma va rimarcato che l'incertezza nel risultato è ampia: l'analisi indica che abbiamo il 95% di probabilità di avere tale evento collocato tra il 1100 AC ed il 400 DC). Ovviamente, prendete questo risultato come un mero gioco coi numeri. Non sono esperto di favole, quindi evito di raccontarvene una di tipo filomemetico.
Filomemesi autocalibrata nel tempo di Cappuccettia clade nov. Il dato in ascissa è il tempo, con l'origine nel presente.

Concludendo, se proprio dobbiamo dare una morale a questa favola: se Cappuccetto Rosso fosse stata più attenta in classe durante le lezioni di zoologia e anatomia comparata, avrebbe sicuramente riconosciuto il Canis mascherato da Homo, e non sarebbe finita tra i denti grandi della feno-copia della nonna.

Bibliografia:
Tehrani JJ (2013) The Phylogeny of Little Red Riding Hood. PLoS ONE 8(11): e78871. doi:10.1371/journal.pone.0078871

11 commenti:

  1. Questo sì che è un post originale. Però mi sembra ci sia un problema di fondo: qual è la definizione del clade "cappuccetto rosso"? Come si sfugge a una definizio linneana del tipo " cappuccetto rosso è tutte quelle favole in cui ci sono bambini o bambine come protagonisti, un mostro più o meno zoomorfo (spesso un predatore selvatico con comportamenti antropomorfi) che si finge un parente del protagonista allo scopo di rubargli del cibo o per mangiarlo direttamente, spesso con l'intervento di un eroe che uccide il mostro... salvando il protagonista estraendolo direttamente dalla pancia del predatore dopo che era stato ingoiato vivo" ? Se trovassimo una leggenda o un mito in cui un lupo mangia qualcosa di rosso che poi gli esce dalla pancia, come potremmo stabilire di trovarci o no di fronte a "cappuccetto rosso"?

    Comunque, se sei incuriosito dalla nascita di questa favola in particolare ti consiglio questo stralcio di Geo & Geo, la parte relativa a cappuccetto rosso comincia al minuto 13 circa:
    http://www.youtube.com/watch?v=XJVZGEE_D1U

    Interessante notare come un mito allegorico del ciclo stagionale possa evolversi fino a diventare una favoletta morale da raccontare ai bambini.

    Cappuccetto rosso, ovviamente, non è affatto l'unica favola, leggenda o mito presente in differenti popoli e culture: sulla genesi dei miti e sul loro sviluppo ti suggerisco i libri di Robert Graves, in particolare The White Goddess. Il testo in italiano merita assolutamente di essere letto, ma essendo l'autore un poeta la lettura in lingua originale è probabilmente più suggestiva.

    Roberto

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    1. Non esiste un "clade Cappuccetto Rosso". Stai forzando l'analogia ben oltre i suoi limiti leciti.
      L'autore dello studio non definisce un "clade", semplicemente analizza una serie di favole che condividono parti simili. Alcune sono più simili di altre, e difatti risultano vicine se analizzate con questo criterio. Alcune condividono molto poco, e quindi sono lontane dal "ceppo" che comprende la famosa favola dei Grimm, che potremmo, arbitrariamente, usare come "punto di riferimento" per stabilire il grado di "cappuccettorossitudine". L'autore comunque non assume a priori che esse formino un "clade", altrimenti l'analisi sarebbe inutile dato che avrebbe la risposta a priori: ha testato se e quanto le varie favole siano connesse da una possibile genealogia.
      Ad ogni modo, la tua domanda è la stessa che ci si pone sempre in filogenesi: i limiti dei cladi sono sempre arbitrari (quando un theropode è un uccello?), ciò che conta è mostrare che tali gruppi sono naturali e non nostre costruzioni mentali.

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  2. Ma allora, in quel periodo di tempo compreso fra il 1100 a. C. e il 400 d.C., che cosa esattamente si è originato? E' chiaro che l'antenato comune di una favola europea, sudafricana e giapponese deve essere molto più antico. Voglio dire: dal momento che la concezione evolutiva dei fenomeni culturali è evidentemente corretta, mi chiedo quale possa essere il metodo più efficiente per calcolare con un margine di errore non eccessivo l'origine temporale (e magari spaziale) di simili fenomeni. Probabilmente un metodo del genere non esiste, infatti l'antropologia raramente si serve di modelli matematici e statistici.
    Torno a leggere post più theropodologici, buone cose!

    Roberto

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    1. "Ma allora, in quel periodo di tempo compreso fra il 1100 a. C. e il 400 d.C., che cosa esattamente si è originato?"
      Si presume che sia stata elaborata una favola/mito/storia avente come caratteristiche quelle che l'ottimizzazione dei caratteri usati nell'analisi colloca alla radice dell'albero.
      "E' chiaro che l'antenato comune di una favola europea, sudafricana e giapponese deve essere molto più antico."
      In base a quale motivo sarebbe "chiaro"? Conosci la velocità con cui si diffondono le favole? Qui mi pare che stai sovraimponendo le tue aspettative a priori su come una favola evolva.
      "Probabilmente un metodo del genere non esiste, infatti l'antropologia raramente si serve di modelli matematici e statistici."
      Forse l'antropologia culturale, ma quella fisica fa largo uso di matematica e statistica. Mai sentito parlare di misure antropometriche?
      In ogni caso, il metodo ha una sua validità, io ho solo fatto una prova molto frettolosa e con dati temporali molto grossolani. Confido che con una datazione più raffinata delle varie favole sia possibile produrre un modello più accurato.

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  3. Of topic, per Roberto.

    Robert Graves non gode, ed a ragione, di una grande considerazione scientifica, anzi lui e il metodo scientifico (che nelle scienze umane è differente da quelle dure, ma tutt'altro che banale) non si sono mai incontrati.

    Oltre tutto le sue ricerche sono molto datate, e decisamente superate dalle conoscenze successive, che hanno contribuito in maniera molto chiara a falsificare parte degli assunti di Marija Gimbutas (lei invece scienziata vera), che Graves (citandola poco) scopiazzava ed estremizzava.
    Alcune delle teorie di Giumbutas (più sulla società neolitica che sulla mitologia dell'antica Europa, viceversa le sue teorie linguistiche continuano ad essere un punto di riferimento in indoeuropeistica) recentemente sono tornate in auge.

    Il che non mi impedisce di rimanere nel campo degli scettici (mentre apprezzo molto Giumbutas come linguista), sia sulla sua idea di società neolitica europea che immagino (sulla scia di Hass e, sopratutto, Lawrence H. Keeley), in preda a guerre endemiche, per altro assai ben rappresentate in sede archeologica (anche se i giumbutsiani di stretta osservanza sembrano non voler vedere), sia su quello della mitologia, che trovo assolutamente speculativa e in buona parte non falsificabile (mentre in altre non solo lo è, ma lo è già stata, man mano che riusciamo a ricostruire la religione minoica e di altre popolazioni pre indoeuropee).

    Valerio

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  4. Sì hai ragione, in effetti mi riferivo all'antropologia culturale, non a quella fisica o alla demografia. In effetti non è "chiaro" il modo e il tempo in cui una favola evolva, e neanch'io sono esperto in questo campo, però so qualcosa su come sono nati ed evoluti i miti, e cappuccetto rosso ha un'origine mitologica, al cui centro non sta la bambina ma il lupo, (l'inverno) che si nutre di qualcosa di vecchio (l'estate ormai arida) e poi muore, sconfitto da qualcosa di giovane e magari rosso, cioè il sole dell'anno nuovo. Mitologie dell'anno nuovo sono più antiche della civiltà, risalgono a diversi millenni prima della nascita di Cristo. Quindi le ipotesi dovrebbero essere due: o il mito dell'inverno che mangia il sole si evolve indipendentemente in diverse parti del mondo prendendo la forma di un animale che mangia una bambina (omoplasie?), o in una precisa parte del mondo prende forma una variante del mito in cui appunto le figure sono quelle della belva e della bambina, e questa variante si diffonde ovunque. Trovo un po' più probabile la prima ipotesi, ma ovviamente senza certezze.

    Roberto

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    1. Non è il mio campo discutere di questioni relative ai miti, ti faccio solo notare due cose:
      - la relazione mito dell'inverno -> Cappuccetto Rosso è un tema slegato da quello di stabilire legami genealogici tra le varie versioni di Cappuccetto Rosso. Lo studio di cui ho parlato nel post è relativo al secondo tema, non parla minimamente del primo. I due ambiti sono distinti.
      - L'analisi di Tehrani (2013) mostra che c'è un pattern non casuale tra la distribuzione delle caratteristiche nelle varie versioni della favola, quindi non è possibile che siano il prodotto di evoluzione indipendente ma sono connesse genealogicamente da un ceppo comune: non sono esperto di favole e di miti, ma sono esperto in filogenetica, ed il pattern non può essere casuale (ho fatto dei test sui dati che confermano la natura genealogica e non casuale: se fossero emersi indipendentemente il rumore di fondo omoplastico sarebbe superiore a qualsiasi pattern filogenetico). Pertanto, la tua ipotesi, almeno in merito alle varie forme di Cappuccetto Rosso, è già ora smentita dai dati.

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  5. Bè, questo è interessante, mi dovrò leggere Tehrani, fortuna che è accessibile.
    Grazie per le precisazioni!

    Roberto

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  6. Parlando di filogenetica ed evoluzione mi prendo l'ardire di menzionarti il video di Youtube ''Evoluzione:fatto o credenza https://www.youtube.com/watch?v=sH3u8tlK7uo dove scienziati anche italiani con tanto di nomi e cognomi pontificano sulla inconsistenza delle teorie evoluzionistiche.Ma questi ci mettono la faccia,sono attori o cosa?
    E che dire sulla parte della stratigrafia geologica dove argomentano e ''dimostrano'' l' impossibilità di datare i fossili?
    Scusami se disturbo con i creazionisti,ma sono troppo curioso di sapere il tuo parere su come sia possibile che veri scienziati o presunti tali possano dire tali cose.
    Un grazie in anticipo

    Enea

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    1. E da quando YouTube è una fonte affidabile di informazione scientifica?

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  7. Per Roberto, rimanendo al limite dell'of topic. E scusandomi anticipatamente per la mia abituale prolissità.

    Di filogenesi ne so pochino, pochissimo, di mitologia poco, di storiografia appena appena, quel che basta per criticare Graves metodologicamente e provare a ragionare anche su quello che hai detto tu.

    Robert Graves riteneva che moltissime componenti (potenzialmente tutte, è la forza del ragionamento circolare) della mitologia e delle favole europee fossero, in modo criptico, delle reminescenze delle civiltà pre-indoeuropee, che, secondo lui dominarono l'Europa dal neolitico fin verso il 1400 a.c. (datazione, quest'ultima, già discutibile negli anni '50, ed oggi completamente decaduta, si tende a predatare verso il 3000 a.c. l'arrivo dei proto indoeuropei, ed a disconoscere l'unitarietà culturale delle civiltà precedenti).

    Graves (si badi bene, un intellettuale poliedrico, ma un profano in storia delle religioni) "inventava", su basi di "ricostruzione interna", di ragionamento logico e con prestiti quasi junghiani, la spirituralità del neolitico e della prima età del bronzo.
    Quindi in quasi tutti i miti greci trovava tracce di riti connessi con il sacrifico rituale del Re sacro, da lui considerato uno dei perni della ritualità neolitica, del culto della grande dea bianca e di un panteon di divinità femminili, unite al matriarcato ed ad una società di agricoltori pacifista-non violenta (teoria, questa, negli anni '50-'70 condivisa anche da alcuni ricercatori scientifici ortodossi, che applicavano metodi scientifici comparativi rigorosi, oggi molto criticata) ed infine (forzava) buona parte dei miti e delle leggende a parlare di cicli astrali, zodiaco, cicli delle 3-4 stagioni ecc. ecc.
    In pratica nulla accade per caso, cappuccetto rosso non è una favola che parla di lupi e di bambine, ma di inverno che mangia l'estate e poi rinasce dalle sue viscere. Tutto molto logico, in apparenza.

    Le sue sono teorie scientifiche? Solo in piccola parte, perchè in piccola parte sono falsificabili. E falsificate.

    Anche da questa ricerca (che non ho ancora letto del tutto per mancanza di tempo, ma il dato è già evidente, e rafforzato da questo post).

    Il fulcro del pensiero di Graves era, cioè, ricostruire la spiritualità della "vecchia Europa" pre-indoeuropea, il che vuol dire collocarle in un preciso e delimitato piano temporale e geografico.
    Anteriore, secondo lui, al 1400 a.c. (ed oggi al 3000 a.c.).

    Se la favola di cappuccetto rosso è davvero una reminescenza di tale spiritualità l'analisi di Therani, al netto della filomemesi di Cau, avrebbe evidenziato una sua origine in un epoca precisa, antecedente al 1400 a.c., mentre la pone tra il collasso dell'età del bronzo (1100.a.c) e, come data più tardiva, il crollo dell'impero romano (400 d.c). Con una maggiore probabilità di collocarsi tra il 100 e il 200 a.c., insomma non solo in piena età del ferro, ma addirittura in età ellenistica...

    Sarei curioso di scoprire anche l'origine geografica di questa favola, perché in buona parte dei paesi in cui viene raccontata una sua variante non ci sono 4 stagioni...

    Di fatto non possiamo affermare che questa favola sia la reminescenza di un rito neolitico sulla rinascita della primavera dal ventre dell'inverno.

    Valerio

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