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12 febbraio 2011

Carnevale della Biodiversità - (più) Biodiversità e (meno) Adattamento

Questo è il mio secondo contributo al Carnevale della Biodiversità.
Non capirò mai perché persone istruite, colte, o comunque dotate di intelligenza e acume, spesso smentiscano queste doti dichiarando di dare valore agli oroscopi. E a nulla serve spiegare loro che l’oroscopo non ha alcuna validità predittiva, non solo perché quasi sempre scritto in modo da risultare sufficientemente vago da adattarsi a qualsiasi lettore, ma, sopratutto, perché il fondamento materiale dell’oroscopo, ovvero, le costellazioni, non esiste nella realtà.
Una costellazione è fondamentalmente un doppio arbitrio: sia perché è un’associazione puramente contingente e arbitraria di stelle nella volta celeste, associate in forme create soggettivamente, sia perché quelle stelle risultano “vicine” solo in virtù di una illusione dimensionale, chiamata “volta celeste”. Nello spazio cosmico tridimensionale, infatti, quelle stelle sono quasi sempre distanti tra loro più di quanto alcune siano distanti dalla stessa Terra, mostrando l’assurdità di raggrupparle in insiemi reali distinti dall’osservatore. Eppure, il feticcio accattivante della “costellazione” deve essere talmente potente da persistere nei desideri dell’uomo medio. Un analogo feticcio, derivante da una mutilazione dimensionale, esiste nelle scienze dell’evoluzione, e prende il nome di “adattamento”. L’adattamento, l’idea che un sistema biologico complesso sia stato selezionato progressivamente per una funzione attualmente evidente, è, al pari delle costellazioni, l’effetto di una percezione distorta della distribuzione degli oggetti, ma non nello spazio, bensì nel tempo. Esattamente come le parti di una costellazione (=stelle) appaiono (=apparenza, illusione, nel senso parmenideo del termine) associate in un unico oggetto coerente sulla volta celeste solamente per la perdita della profondità spaziale reale, così, noi identifichiamo gli adattamenti negli animali principalmente perché dimentichiamo che le parti di quel adattamento sono in realtà eventi nettamente distinti, spesso separati tra loro, non connessi direttamente in modo causale. Tale separazione, al pari della separazione delle stelle nello spazio tridimensionale (invisibile nella piatta volta celeste) è percepibile solamente aumentando la dimensione dello spazio in cui osserviamo e manifestano i fenomeni. E qual'è la dimensione supplementare in cui osservare la reale distribuzione delle parti componenti l’adattamento, la dimensione aggiuntiva che permette di svelare il consolante feticcio dell’adattamento? Il Tempo Profondo dell’evoluzione, la dimensione paleontologica.
Dato che questo blog parla di theropodi, dato che gli uccelli sono gli unici theropodi attualmente viventi, e dato che il vostro blogger si è occupato molto dell’evoluzione degli uccelli, l’esempio che userò per mostrare la tesi che ho appena argomentato sarà proprio l’esempio classico di adattamento relativo agli uccelli: l’ala.
La vulgata classica, iper-semplicistica, afferma che le ali degli uccelli sono un adattamento al volo. Ovvero, la selezione naturale avrebbe progressivamente affinato un organo degli uccelli (l’arto anteriore) dalla primitiva funzione locomotoria rettiliana fino a renderlo un’ala capace di volo.
Questa frase pare ovvia per chi non è consapevole della smisurata vastità e discontinuità del Tempo nel quale tale “adattamento” si sarebbe assemblato, così come ovvie sono le costellazioni per chi non conosce la profondità delle stelle, il modo per misurare la loro posizione e velocità di spostamento e la struttura a larga scala della Galassia. Eppure, quella frase è una distorsione dei fatti, proprio come lo è una costellazione per un astronomo. Per far capire quanto sia vana e riduttiva l’affermazione che “le ali sono adattamenti al volo”, basterà mostrare come le differenti parti costituenti l’ala (vi ricordate, le stelle che costituiscono la costellazione?) siano entità disgiunte, evolutesi in momenti distinti, sotto condizioni generali differenti, separate una dall’altra da milioni di anni di processi spesso del tutto slegati dalla “funzione del volo”.
L’ala degli uccelli è costituita da numerosi elementi, sia ossei che nervosi, muscolari e tegumentari. Ne tratterò solo alcuni. In generale, l’ala è un braccio svincolato dalla funzione deambulatoria. Tale svincolo compare oltre 240 milioni di anni fa con l’acquisizione del bipedismo nei primi dinosauromorfi. A quel tempo, il braccio non serviva certamente a volare. Questo braccio presenta una muscolatura deltopettorale sviluppata, grazie alla presenza di una robusta cresta ossea (detta “deltopettorale”), che acquista la forma e le proporzioni tipiche degli uccelli ben 230 milioni di anni fa, con i primi dinosauri. A quel tempo, il braccio non serviva a volare. L’ala degli uccelli si proietta lateralmente rispetto al corpo, grazie a modificazioni dell’articolazione della spalla avvenute 170 milioni di anni fa in alcuni theropodi coelurosauri. In nessuno di quei theropodi il braccio serviva a volare. L’ala degli uccelli è in grado di manovrare agilmente grazie alla mobilità del primo dito della mano, che agisce da “flap aerodinamico”. Tale mobilità a livello del primo dito della mano è stata acquisita 225 milioni di anni fa, con i primi dinosauri saurischi. In nessuno di quei dinosauri il braccio serviva a volare. Il battito dell’ala è permesso da un’articolazione a livello del polso, dovuta alla riduzione delle ossa carpali ed alla loro fusione in un unico osso di forma semilunata. Questa sommatoria di caratteristiche si verificò in momenti distinti, il primo circa 200 milioni di anni fa, il secondo una ventina di milioni di anni dopo. In ogni caso, in nessuno dei dinosauri che acquisì tali caratteristiche, il braccio servì mai a volare. La superficie alare degli uccelli è formata dalle penne, munite di un vessillo aerodinamico. Le penne si svilupparono circa 175 milioni di anni fa, e non furono impiegate come supporto aerodinamico per decine di milioni di anni. Infatti, è probabile che i primi theropodi capaci di volare attivamente comparvero “solo” 135-140 milioni di anni fa (almeno 20 milioni di anni dopo i primi animali che chiamiamo “uccelli”), quindi decine di milioni di anni dopo che la maggioranza delle singole parti che noi oggi identifichiamo come “parti integranti” dell’adattamento al volo (l’ala) si originarono. In ogni caso, dato che un adattamento è, per definizione darwiniana, una struttura plasmata dalla selezione naturale in quanto conferisce un vantaggio in un contesto attuale, nemmeno le ali degli uccelli attuali sono “veri” adattamenti. L’adattamento chiamato “ala” fu tale nel primo theropode che, 135-140 milioni di anni fa, riuscì a compiere un volo battuto ed attivo, grazie alla sommatoria cumulativa, non direzionale e fortemente contingente di decine di caratteri anatomici assemblatisi nei precedenti 100 milioni di anni, ognuno comparso per motivi svariati, sotto pressioni selettive diverse dal volo, in contesti ecologici lontani da quelli di quel primo volatore piumato. Negli uccelli di oggi, non si compie più quell'adattamento, ma si limita a persistere. Gli uccelli attuali, quindi, in senso stretto, non sono ad-attati al volo, bensì ex-attati, ovvero, hanno ereditato e conservato un insieme di attributi pre-esistenti, ma non hanno essi stessi acquisito l’ala “ex-novo” per selezione attiva ed attuale di quel sistema locomotorio. Ovviamente, l’ala è parte integrante del loro sistema vitale (per quelli che volano), ma non è, in senso rigoroso, un adattamento attuale, un fenomeno plasmato dalla selezione operante qui e ora sulle loro esistenze. Pertanto, sarebbe vano tentare di spiegare perché le ali degli uccelli siano così come le vediamo osservando le pressioni selettive attuali. Nessuna condizione attuale degli uccelli ripete le condizioni particolari per ognuno dei singoli caratteri che formano l’ala. Non esiste più il Giurassico Superiore, nel quale comparvero le penne dotate di vessillo asimmetrico, né il Triassico Medio, durante il quale il braccio smise di essere un arto per camminare e divenne libero, ecc...
Al pari delle costellazioni astrologiche, infatti, l’ala appare come un sistema funzionale adattativamente integrato solamente se dimentichiamo che esiste una dimensione supplementare a quella della nostra osservazione attuale, nella quale il sistema si è assemblato in modo non-lineare, non consequenziale e non direzionale. Quando il braccio divenne libero dalla locomozione quadrupede (caratteristica fondamentale per l’ala degli uccelli), nessuna condizione ambientale era indirizzata al volo, né l’animale che divenne bipede fu selezionato per “il volo”. E così per la maggioranza dei caratteri che oggi riconosciamo come integrati nell’adattamento al volo. In quel Tempo sconfinato e non-causale, nel quale le “stelle” evolutive del remoto passato sono state appiattite in “costellazioni attuali”, la consolante logica del binomio “struttura-funzione” si dissolve, e noi percepiamo tutta la fallacia delle abusate spiegazioni adattative. Per capire il perché esistano le complesse funzioni attuali è quindi necessario ridimensionare il mito dell’adattamento, inquadrandolo alla scala dei tempi geologici. L’alternativa è la costruzione di favolette evolutive autoreferenti, veri e propri feticci “fissisti e panglossiani” ancora persistenti nella mente di molti osservatori della Natura, non ancora del tutto consapevoli della Rivoluzione darwiniana, il cui autore oggi festeggiamo.

6 commenti:

  1. Un altro grande mito che racchiude un pò questa convinzione è lo sviluppo dell'arto con le dita e la leggenda della "conquista della terraferma" da parte dei primi tetrapodi. Anche qui, probabilmente si tratta di quello che dici tu, di un ex-attamento, poichè la struttura cinto-omero- due ossicini- dita era già presente in organismi strettamente acquatici.

    Sarebbe bello analizzare tutti i casi di questi finti adattamenti.

    comunque gran bel post, complimenti.

    Marco

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  2. Anche il volo degli insetti, se ben ricordo quanto scrisse a suo tempo Gould, dovrebbe essere un ex-adattamento, perché le ali furono, inizialmente, delle strutture di richiamo (anche sonoro) per il partner.

    Una volta però che un insetto prese il volo, mentre cercava di corteggiare la propria partner con "ali" sempre più grandi, grazie alla selezione sessuale, iniziò a svilupparsi un'evoluzione del volo adattativa.

    Erodoto

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  3. bel post, un ottimo esempio di come l'evoluzione non sia un'entità "cosciente", e quindi a maggior ragione impossibile da contrastare con favole come il disegno intelligente.

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  4. Capisco il ragionamento. Però vorrei una chiarificazione: ormai risulta chiaro che ogni cambiamento nel fenotipo degli esseri viventi deriva dalla mutazione casuale di uno o più geni che nell'immediato trovano un vantaggio sugli alleli, o comunque rimescolamento casuale nel caso della riproduzione sessuale, quindi la finalità implicita contenuta nel termine "adattamento" non trova più posto. Più che un ridimensionamento si tratterebbe di una vera e propria abolizione. O sbaglio?

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  5. L'adattamento rimane, ma ridimensionato appunto come "selezione in quel momento specifico a quelle particolari condizioni".
    L'ala è un supersistema, e non può essersi evoluta per "selezione in quel momento specifico a quelle particolari condizioni", pertanto non è un adattamento, ma una sommatoria cumulativa di ex-aptations.

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  6. Stephen Jay Gould docet

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