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06 ottobre 2010

_Tyrannosaurus rex_ (Osborn 1905): nascita di un'icona

Ieri ricorreva il 105° anniversario della pubblicazione dell'articolo che istituiva Tyrannosaurus rex (Osborn 1905). Se andiamo a rivedere quel breve articolo (nel quale vengono anche istituiti Dynamosaurus imperiosus, poi risultato sinonimo di Tyrannosaurus rex, e Albertosaurus sarcophagus), appaiono evidenti le connotazioni che avrebbero reso questo taxon uno dei fossili più famosi al mondo, oltre che uno dei rari casi di icona mitologica post-moderna mediata dalla paleontologia.

Dopo aver citato Brown e Lull, scopritori degli esemplari, Osborn introduce immediatamente il nuovo dinosauro con una frase che, già da sola, sancisce la nascita di un mito:
"I propose to make this animal the type of the new genus Tyrannosaurus, in reference to its size, which greatly exceeds that of any carnivorous land animal hitherto described."
(Osborn 1905) 
(Il grassetto è presente anche nel testo originale per sottolineare i nomi dei nuovi taxa).
Notate subito che l'animale è immediatamente diagnosticato per la sua enorme dimensione. Inoltre, aspetto significativo, la sua dimensione è rapportata non solo con quella degli altri theropodi, ma con "qualsiasi animale carnivoro terrestre finora conosciuto". Questa definizione, quindi, trascendendo la normale diagnosi comparativa con i soli taxa prossimi (gli altri theropodi) ed estendendosi esplicitamente all'intero ambito zoologico dimostra l'intento di Osborn, evidente nel nome stesso dell'animale, di rimarcare uno status assoluto di rilievo per la nuova specie all'interno del regno animale, di cui Tyrannosaurus risultava il rex.
L'intento di Osborn, più o meno consapevole, di creare non solo una nuova specie, ma di istituire una creatura (geo)mitologica, un gigante dei tempi antichi, è rimarcato anche dalla scelta iconografia. Infatti, la prima immagine presente nell'articolo non è relativa al sito di ritrovamento, o ai reperti stessi rinvenuti e formanti l'esemplare (come è prassi in una pubblicazione scientifica), bensì è una ricostruzione dell'intero scheletro dell'animale, accanto ad uno scheletro umano, per mostrarne la sua colossale mole. Questo dettaglio non è marginale: la prima immagine di Tyrannosaurus che sia stata pubblicata non illustra "i fatti", i dati reali scoperti (le ossa), bensì un'interpretazione, la ricostruzione dell'animale, così come Osborn la concepì. L'olotipo di Tyrannosaurus rex non è particolarmente completo (nell'immagine in alto, le ossa rinvenute sono evidenziate col colore più scuro: parte del cranio, il dentale, vertebre ed ossa degli arti), ma ciò permise a Osborn di immaginare un aspetto che, sebbene scoperte successive abbiano aggiornato e corretto (ad esempio, nella postura della colonna vertebrale, che è contraddetta dalle articolazioni nella zona caudofemorale), sarà destinato ad imporsi nell'immaginario collettivo per almeno 90 anni (almeno fino a Jurassic Park). 
La prima immagine di Tyrannosaurus infatti spicca sopratutto per la piccolezza dell'essere umano contro un animale predatore alto 5.7 metri. Un bipede alto più di tre volte un uomo è quanto di più prossimo ai giganti mitologici la scienza ci possa donare; e non importa se tale immagine risulterà contraddetta dall'articolazione dell'anca e dalla mobilità delle vertebre caudali (tutti dati sconosciuti per Tyrannosaurus nel 1905, anche se deducibili da altri theropodi meglio noti al tempo): quello che Osborn voleva esprimere era il senso di meschina piccolezza che l'uomo doveva provare nei confronti del SUO gigante, del re dei dinosauri, del rettile tiranno riportato in vita da Osborn. 
Penso che questa interpretazione rispecchi l'intento originale di Osborn, e sia fedele al pensiero del paleontologo di un secolo fa. Il "successo" di questo theropode nella nostra cultura, la sua consacrazione a mito, devono molto al battesimo di Osborn, a quel nome così accattivante, all'iconografia iniziale, che prima ancora di esporre i fatti scientici di una nuova scoperta paleontologica, sancirono la nascita di un essere mitico, ormai radicato nel Pantheon dei nostri tempi.

Bibliografia:
Osborn, 1905 - Tyrannosaurus and other Cretaceous carnivorous dinosaurs. Bulletin of the American Museum of Natural History, 21: 259–265.

7 commenti:

  1. Bel post. Ma secondo te, questa voglia dell'individuo scienziato di imporsi attraverso il nome e la pubblicità delle scoperte paleontologiche, succede anche oggi? E' ancora così funzionale nonostante il moltiplicarsi delle scoperte (rispetto ai tempi di Osborn)?

    Andrea/GGD!

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  2. Splendido post Andrea!

    Leo

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  3. Grazie, Leo.
    Andrea/GGD, da parte mia penso che il desiderio di immortalità che sta dietro alla ricerca paleontologica è molto forte. Se poi unisci la vanità (umanissima) e l'ego (molto forte nelle persone molto intelligenti, come tutti i grandi scienziati), allora vedrai che risulta naturale (e quesi necessario) agire come Osborn. Non lo biasimo, penso che non avrei fatto molto diversamente... :-)

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  4. Certo. Concordo e approvo.

    Andrea/GGD

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  5. Di sicuro,come giustamente osservi,ha creato un mito.
    E comunque,il bello è anche quello:nonostante le cose cambino,le conoscenze aumentino e così via,non sarebbe corretto accantonare,dimenticare tutto ciò che in passato è stato fatto.
    Molto bello questo articolo,penso tu abbia proprio colto nel segno.Complimenti!

    Alessandro Carpana

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  6. Simone P.9/10/10 18:08

    Bel post, come ci hai abituato, direi.
    Mi permetto di aggiungere anche una piccola postilla che rimarca una volta di più come Osborn sia perfettamente riuscito nel suo intento.
    Weishampel & White hanno scelto proprio la pubblicazione di T. rex (ed in particolare la "seconda comunicazione", del 1906) come chiusura ideale del loro bellissimo "the Dinosaur Paper", un libro che racchiude tutti i principali lavori più antichi (cioè fino al 1906) sui dinosauri. Quindi Osborn non solo ha creato un mito "biologico" ma con la sua descrizione ha creato uno spartiacque tra due epoche della paleontologia (quella pre- e quella post-Tyrannosaurus).

    Simone P.

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