Cosa possiamo dire di Enantiophoenix? Per quanto frammentario, l’unico esemplare noto può darci una quantità sufficiente di informazioni su come visse e su come morì.
Abbiamo visto che dall’anatomia è stato possibile determinarne la posizione filogenetica alla base degli enantiorniti avisauridi. La stratigrafia (le caratteristiche dello strato nel quale è fossilizzato) e la tafonomia (la determinazione delle condizioni nelle quali il fossile si formò) possono illuminarci ulteriormente su quella che fu la vita di quel piccolo uccello mesozoico.
Enantiophoenix proviene da strati formatisi a partire da un bacino marino poco profondo, con ridotta circolazione delle correnti che ha permesso una straordinaria conservazione dei resti organici (come dettagli dell’anatomia branchiale di pesci e le tracce del piumaggio di Enantiophoenix). Pertanto, saremmo indotti a considerare Enantiophoenix un uccello marino. Tuttavia, alcuni dati indicano un diverso scenario. Innanzitutto, il bacino marino libanese dal quale proviene MSMN V3882 doveva essere una bassa laguna, quindi delimitata dalla terraferma, o perlomeno prossima a masse emerse. Inoltre, la presenza di corpuscoli di ambra mescolati con i resti di Enantiophoenix indica che l’animale doveva essere stato a contatto con vegetazione arborea poco prima della morte (non possiamo essere assolutamente certi se i corpuscoli di resina presenti furono ingeriti dall’animale o semplicemente aderirono al piumaggio mentre l’animale si spostava tra le fronde, tuttavia, dato che nessuno dei corpuscoli di ambra sembra essere associato ai resti di piume, e data la forma ovoidale dei corpuscoli, sembrerebbe plausibile interpretarli come gocce di resina ingerite dall’uccello poco prima di morire). Un ulteriore indicatore del fatto che probabilmente Enantiophoenix fosse un uccello arboricolo è dato dalla morfologia degli unguali del piede: essi sono robusti e incurvati, in particolare il primo unguale, che è conservato in opposizione agli altri, segno che probabilmente l’alluce si opponeva alle altre dita, come accade negli uccelli arboricoli capaci di appollaiarsi.
La tafonomia del fossile può dirci qualcosa sulle ultime fasi dell’esistenza di MSNM V3882. I resti conservati sono raggruppabili in due “aree” anatomiche: il cinto pettorale (in rosso nella figura) e parte dell’arto posteriore e del cinto pelvico (in blu). Le due zone non si sovrappongono nel fossile, ed anzi conservano non solo la reciproca distinzione, ma sono al loro interno ancora parzialmente articolate, conservando l’originaria disposizione delle ossa (ad esempio, un coracoide articola con la scapola; lo sterno è posto, come in vita, tra i due coracoidi; le regioni prossimali del pube e dei metatarsi sono orientate nella stessa direzione, le falangi del piede sono prossime alle articolazioni distali dei metatarsi). Inoltre, la differente orientazione in vita degli arti (gli arti anteriori proiettati lateralmente, quelli posteriori invece verticalmente) pare essersi conservata nel fossile: i metatarsi, come accade in molti teropodi fossilizzati su un fianco, sono allineati, mentre i coracoidi sono posti specularmente all’asse che passa dallo sterno al pube, segno che con la compressione del corpo le due ali si dislocarono specularmente all’asse della colonna vertebrale (un’analoga disposizione è presente nell’esemplare berlinese di Archaeopteryx). Tutti questi fattori indicano che l’esemplare era ancora parzialmente articolato quando si depositò sul fondo della laguna. Tuttavia, è interessante osservare che non sono presenti resti del cranio, né della colonna vertebrale (alcuni resti molto dubbi sembrerebbero vertebre, tuttavia non è stato possibile stabilirlo con certezza) o delle ali: segno che, in analogia con quanto accade con le carcasse attuali di uccello, una parziale disarticolazione del corpo fosse già avvenuta nel momento del seppellimento. Questo può indicare che i resti di Enantiophoenix non si depositarono sul fondo della laguna immediatamente dopo la morte dell’animale, bensì dopo un intervallo di tempo sufficientemente ampio affinché testa, ali e colonna vertebrale si staccassero dalla carcassa (forse anche ad opera di alcuni animali saprofagi).
Esiste la possibilità che la carcassa sia stata ingerita e successivamente rigurgitata da un grosso vertebrato acquatico (i pesci di grosse dimensioni abbondano in questa formazione, come abbiamo avuto modo di constatare dalle collezioni del museo milanese...), tuttavia, a parte la forma vagamente ovoidale dell’intera massa di ossa (che può ricordare la forma di un rigurgito alimentare), non vedo chiari indicazioni di un’attività predatoria.
Il mio scenario preferito per gli ultimi eventi della vita di MSNM V3882 è il seguente.
Enantiophoenix era un uccello litoraneo, probabilmente adatto a nutrirsi sia sugli alberi che sulla spiaggia. In assenza di resti cranici, non è possibile dedurre molto della sua dieta, a parte che probabilmente non disdegnava le gocce di resina.
Probabilmente, l’esemplare, morto sulla spiaggia, fu trascinato al largo dalla marea. La carcassa galleggiò per un tempo sufficientemente lungo affinché parti “periferiche”, come la testa e le ali, si staccassero dal corpo. Forse un grosso pesce ingerì la carcassa, ma non trovandola particolarmente appetibile la rigettò senza provocare una sostanziale disarticolazione delle parti. La carcassa continuò ad andare al largo nella laguna, mantenuta a galla dai processi di fermentazione delle parti molli. Durante questa fase alcuni animali marini, saprofagi di piccola o media taglia, completarono il distacco di parti mancanti (ali, coda). Quando buona parte dei gas della decomposizione si liberò dal corpo, i resti smisero di galleggiare e si adagiarono sul fondo, dove furono rapidamente sepolti.
Coperto dal sedimento, l’olotipo di Enantiophoenix iniziò la fossilizzazione, in attesa di ritornare alla luce, dopo 93 milioni di anni dalla propria morte.
Piccola nota per chi partecipa regolarmente agli “Indovina Chi...”: ricordate che uno dei quiz precedenti (per la precisione, il quarto) era un coracoide di un aviale ornithothoracino? Beh... era un’anteprima: si trattava del coracoide di Enantiophoenix!
Ricordo quel coracoide,mi ha ingannato ai tempi...l'avevo scambiato per un quadrato^^
RispondiEliminaHi Andrea - is a pdf of your paper available? Many thanks.
RispondiEliminaHi Dr.Naish...I've seen that you've just released a post on a Enantiornithinae from Brazil...whatta coincidence!!! ^^
RispondiEliminaHello Darren,
RispondiEliminaI am sorry, but the latest issue of Atti is not yet available in pdf format. It will be available within a few weeks.