Enantiophoenix electrophyla (Cau & Arduini, 2008) è basato su un esemplare frammentario dal Cenomaniano del Libano (Dalla Vecchia & Chiappe, 2002). Esso è diagnosticabile sulla base di due autapomorfie (la presenza di una leggera costrizione nella metà prossimale del corpo della scapola; e la presenza di un ridotto acromion scapolare che non si proietta cranialmente al glenoide) e da una combinazione unica di caratteri che lo distinguono dagli altri aviali mesozoici noti. L’unico esemplare noto (MSNM V3882) conserva una scapola, i coracoidi, parte dello sterno e della furcula, parte del cinto pelvico (tre quarti prossimali del pube e parte dell’acetabolo, un possibile frammento di ischio), i tarsometatarsi, alcune falangi del piede, più altri frammenti non identificabili (che potrebbero essere parte dell’omero e del femore), oltre a tracce carboniose delle piume. Solo le ossa chiaramente identificabili sono state incluse nella definizione della specie.
L’esemplare era stato descritto brevemente da Dalla Vecchia & Chiappe (2002), i quali non avevano ritenuto opportuno istituire un nuovo taxon, limitandosi ad attribuirlo ad Enantiornithes (Walker, 1981), il più ricco clade di aviali mesozoici.
Nel 2006 ebbi modo di osservare brevemente l’esemplare, conservato al Museo di Storia Naturale di Milano. Ricordo che la prima volta che lo osservai, nella penombra del museo milanese, dubitai persino che da quella piccola lastra di ossa biancastre, grande come una mano, si potesse ricavare anche solo metà di quello che Dalla Vecchia & Chiappe avevano descritto. Difatti, allora non andai oltre la constatazione che l’esemplare era un uccello fossile.
Nell’autunno del 2007, il risultato della mia analisi filogenetica dei teropodi continuava a produrre una politomia irrisolta proprio tra gli enantiorniti. Pertanto, decisi di immettere più taxa possibili, al fine di verificare se qualche combinazione inattesa di taxa e di caratteri potesse rivelarsi utile a sbrigliare la matassa evolutiva.
Chiesi di poter osservare nuovamente l’esemplare, questa volta in maniera più accurata. In quella seconda osservazione la mia intenzione iniziale era solamente di ricavare più informazioni possibili per codificarlo in Megamatrice. Ritenendo che l’esemplare libanese non fosse diagnosticabile a livello di specie, mi limitai ad inserirlo nell’analisi più per curiosità. Fu una grande sorpresa scoprire che nei test dell’analisi che facevo girare con l’enantiornite libanese esso tendeva ad occupare una zona precisa degli enantiorniti e che, sopratutto, pareva formare una linea evolutiva distinta senza creare politomie con altri enantiorniti: ciò significava che, almeno a livello della combinazioni dei caratteri noti, esso era peculiare, quindi potenzialmente diagnosticabile. Chiesi di poterlo ri-preparare e di osservarlo nel dettaglio. Fu così che, confrontandolo con le specie note, individuai due caratteristiche uniche che lo distinguevano da tutti gli altri enantiorniti. Curiosamente, le due autapomorfie (i caratteri diagnostici) del fossile libanese erano già state citate da Dalla Vecchia & Chiappe (2002): tuttavia, essi non le ritennero sufficienti per istituire una nuova specie*. Eppure, almeno a livello della scapola, il fossile è chiaramente diagnostico e distinguibile da qualsiasi altro enantiornite: inoltre, esso presenta una combinazione di caratteristiche che ne fa un taxon chiave per risolvere la filogenesi di quel gruppo di teropodi.
Un carattere che ho individuato nel fossile, e che si è rivelato fondamentale per la sua collocazione filogenetica, è la posizione di un piccolo tubercolo osseo posto nel secondo metatarsale. Il tubercolo fungeva da punto di inserzione di un tendine di un muscolo della gamba (il flessore tibiale esterno): nella maggior parte degli uccelli noti esso è collocato al centro della faccia anteriore dell’osso, oppure è spostato lateralmente, verso il terzo metatarsale. L’esemplare conservato a Milano ha invece il tubercolo posto in direzione opposta (medialmente), verso il primo dito. Come scoprii confrontandolo con gli altri uccelli mesozoici, questa posizione mediale è condivisa con solo due altri enantiorniti, tra loro strettamente imparentati, Avisaurus (dal Nordamerica) e Soroavisaurus (dall’Argentina), entrambi del Maastricthiano, quindi più recenti dell’enantiornite libanese di circa 25 milioni di anni.
Galvanizzato da questi risultati, proposi a Paolo Arduini di istituire una nuova specie e presentare una nuova filogenesi degli enantiorniti, la quale colloca Enantiophoenix alla base della famiglia Avisauridae, comprendente, oltre ai tre generi citati sopra, anche altre forme, una proveniente dalla Spagna, un’altra dall’Argentina ed un’altra nordamericana. Il risultato della filogenesi è molto interessante**: oltre ad essere la più dettagliata filogenesi degli enantiorniti finora pubblicata, essa indica che Avisauridae è un clade di enantiorniti aventi una precisa distribuzione geografica. Sebbene l’Asia orientale (ed in particolare la Cina) stia fornendo le più ricche faune ad enantiorniti, nessuna forma dell’estremo oriente è risultata appartenere ad Avisauridae. Questo potrebbe indicare che gli avisauridi erano geograficamente localizzati nell’emisfero occidentale? A questo proposito, è interessante notare che proprio Enantiophoenix sia il più basale degli avisauridi noti: esso è anche il più “orientale”, proveniendo dal Libano. Oltre che transizionale nell’anatomia, esso lo era anche nella paleogeografia.
Attualmente, il risultato della Magamatrice non supporta totalmente la topologia di Enantiornithes pubblicata nella descrizione di Enantiophoenix, tranne che per un aspetto: Avisauridae conserva la stessa composizione e topologia, e non ha alcun taxon dell’estremo oriente al suo interno! Durerà quest’ipotesi paleobiogeografica?
*Penso che la prudenza di Dalla Vecchia e Chiappe sia stata dettata dal buon senso: ancora nel 2002 il numero delle specie di enantiorniti descritte non era tale da poter garantire alla diagnosi del fossile libanese di scampare ad una rapida obsolescenza (Wilson & Upchurch, 2003). L’ultimo quinquennio è stato veramente ricco di nuove scoperte: ciò mi ha permesso di comparare il fossile con un gran numero di taxa, convalidandone l’unicità. In ogni caso, ho preferito diagnosticare Enantiophoenix electrophyla non solo sulla base delle sue due autapomorfie ma anche sulla sua combinazione unica di caratteri, appunto per renderlo più solido tassonomicamente.
**Per la cronaca, la matrice usata nell’articolo è una versione super-ridotta della Megamatrice stessa, alla quale ho tolto tutti i caratteri ed i taxa non necessari (ovvero circa 700 caratteri e 200 taxa... fate un po’ voi...): quindi, l’articolo di Enantiophoenix è anche la primissima pubblicazione, molto embrionale, della Megamatrice!
Bibliografia:
Cau A., & Arduini P., 2008 - Enantiophoenix electrophyla gen. et sp. nov. (Aves, Enantiornithes) from the Upper Cretaceous (Cenomanian) of
Dalla Vecchia F. M. & Chiappe L. M., 2002 - First avian skeleton from the Mesozoic of
Wilson J.A., & Upchurch P., 2003 - A Revision of Titanosaurus Lydekker (Dinosauria - Sauropoda), the first dinosaur genus with a “Gondwanan” distribution. Journal of Systematic Palaeontology 1 (3): 125 - 160.
PROSSIMAMENTE, ULTERIORI INFORMAZIONI SU ENANTIOPHOENIX...
Quindi,se ho capito bene,dinosauri-uccelli cinesi come il Microraptor o il Sinornitosaurus NON erano veri uccelli ?
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