(Rough) Translator
04 novembre 2025
Enantiornithes vs Tyrannosauroidea
03 novembre 2025
Nanotyrannus: un Dryptosauridae?
Ho replicato l'analisi filogenetica di Zanno e Napoli (2025) apportando un paio di modifiche che qui spiego:
1- Ho rimosso la maggioranza degli outgroup, in particolare Majungasaurus, ed ho mantenuto solamente due tetanuri del Giurassico Medio (Monolophosaurus e Sinraptor): a differenza di Majungasaurus, che è un ceratosauro derivato della fine del Cretacico, due tetanuri giurassici sono probabilmente più simili morfologicamente alla condizione ancestrale dei tyrannosauroidi. Gli allosauroidi sono troppo derivati, e Compsognathus è basato su individui immaturi, quindi senza un protocollo che gestisca i caratteri immaturi, è meglio ometterlo da questa analisi.
2- Ho mantenuto nell'analisi tutti i tyrannosauroidi, reintegrando quelli che gli autori avevano escluso a priori.
L'analisi produce due risultati interessanti: i teratofoneini in Albertosaurinae e gli esemplari di Nanotyrannus in un nodo con Dryptosaurus. Qui, discuto solo il secondo risultato.
L'eventualità di un legame tra Nanotyrannus e i tyrannosauroidi basali del tardo Cretacico della Appalachia è discusso da Zanno e Napoli (2025), anche se l'analisi impostata dagli autori non ottiene consistentemente un nodo Dryptosauridae (ciò li induce a introdurre un clade chiamato Nanotyrannidae, distinto dai dryptosauridi). Tuttavia, come mostra il risultato qui sopra, tale distinzione potrebbe essere più un artefatto dell'analisi che un effettivo segnale filogenetico. L'ipotesi di una stretta affinità tra Dryptosaurus e Nanotyrannus (con eventuale sinonimia a livello di genere [con un genericometro tarato su lumper] ma non a livello dispecie dato che i due taxa differiscono per varie autapomorfie) è stato discussa alcuni anni fa in un abstract. L'ipotesi è intrigante, ma richiede una comparazione più dettagliata di quella presente in quell'abstract.
In effetti, i due taxa condividono una peculiarissima combinazione di proporzioni dell'arto anteriore (omero corto con primo dito molto lungo): è quindi necessario investigare nel dettaglio ulteriori affinità, perché potrebbe essere la prova di un clade tardo-cretacico distinto da Tyrannosauridae.
Dal punto di vista stratigrafico, l'ipotesi Dryptosauridae per Nanotyrannus ha un enorme pregio, quello di annullare praticamente la ghost lineage di questo taxon, dato che Dryptosaurus è più o meno contemporaneo (l'alternativa invece deve estendere la linea nanotyrannide indietro fino alla metà del Cretacico). Come discusso in parte anche da Zanno e Napoli (2025), è quindi possibile che Nanotyrannus sia un immigrato dall'Appalachia ("provincia" natale dei dryptosauridi): ciò spiegherebbe l'assenza di "nanotyrannidi" in livelli precedenti della Laramidia, prima del ripristino di collegamenti terrestri tra Laramidia e Appalachia.
Questo scenario merita ulteriori investigazioni.
02 novembre 2025
La "T. rex Mafia" non esiste
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| Confronto tra il braccio di Tyrannosaurus (a) e Nanotyrannus (b) alla stessa scala. Da Zanno e Napoli (2025). |
Uno dei motivi per cui mi impegno a non partecipare troppo alle discussioni online su alcuni dinosauri è che in certi casi le persone coinvolte in questi dibattiti hanno una emotività che, in questi ultimi anni, viene da alcuni definita "tossica". Il termine è probabilmente abusato ed inflazionato, come spesso accade con i vocaboli alla moda.
Per non ridurre il problema a quei manualetti che ci propinano vari "psicologi da Facebook", occorre però comprendere che spesso dietro l'aggettivo "tossico" si cela una realtà più articolata e dinamica del semplicistico riferirsi a qualche disturbo della personalità. Bollare il nostro interlocutore come "tossico" è un espediente per non doverci impegnare ad analizzare nel dettaglio le cause del suo comportamento. Abbiamo tutti avuto a che fare con personalità eccessivamente emotive ed irrazionali, quindi non sto parlando di nulla di nuovo. Tuttavia, ridurre queste personalità a disturbi psicologici è riduttivo e consolatorio, e non ci aiuta a comprendere la causa e le ragioni del fenomeno.
Partiamo dal contesto generale: il mondo degli appassionati di dinosauri che si confrontano online. Come qualunque insieme di persone, esiste una ampia diversità di caratteri, indoli, e stili di comportamento. Ad esempio, io tendo ad essere sarcastico e nichilista, a non prendere le cose troppo sul serio. Ovviamente, sono molto interessato alla scienza paleontologica e mi intriga qualunque studio relativo ai theropodi mesozoici, ma non riesco né voglio dare a questi temi un valore e significato eccessivo. Sì, i dinosauri sono appassionanti, ma sono pur sempre solo delle ipotesi paleontologiche intorno a pezzi di roccia. Niente altro. Continuo a pensare che questi temi siano qualcosa di secondario rispetto a ciò che è veramente importante nella vita: gli affetti, le relazioni reali, i legami sinceri. Siccome nessuna delle cose importanti della vita è ancorata a questo o quel dinosauro, non sento un particolare attaccamento emotivo su questi temi. Mi appassiona conoscerli, ma non ne faccio un dramma esistenziale. Di conseguenza, non empatizzo con l'eccessiva emotività con cui certi soggetti sono coinvolti da questioni come, per esempio, la tassonomia di alcuni fossili estratti da formazioni mesozoiche. Attenzione, qui non sto parlando di giovani, ragazzini o adolescenti, i quali hanno ancora una indole non pienamente matura e possono quindi essere compresi e giustificati (fino ad un certo punto) per la eccessiva emotività con cui si fanno prendere da questi temi. Qui parlo di persone adulte (curiosamente, quasi sempre, di sesso maschile), persone anche di una certa età, le quali prendono queste piccole diatribe paleontologiche come faccende esistenziali e ne fanno delle faccende personali, come se fosse l'onorabilità della loro nonna partigiana o una raccolta fondi da inviare ai bambini poveri.
Una parte di queste persone è probabilmente motivata da questioni personali. Ad esempio, qualcuno può essere un ricercatore che ha passato molti anni della sua vita nello studio di un certo problema paleontologico, che ha costruito la propria carriera intorno a quelle tematiche, e quindi sente direttamente sulla propria vita le conseguenze (più o meno reali, ma alla fine conta più la sensazione soggettiva che l'oggettiva) delle tematiche intorno a questo o quel dinosauro. Un altro tipo di persona coinvolta può essere invece motivata da questioni economiche, ad esempio perché lavora nel mondo del commercio dei fossili, ambito che negli ultimi anni ha visto - in alcuni casi - dei giri di denaro veramente esorbitanti. Sappiamo tutti che quando iniziano a girare molti soldi, diventiamo tutti più irrequieti e sensibili.
Sia lo studioso che ha una carriera sia il commerciante che è inserito nei giri d'affari giusti hanno quindi delle motivazioni personali per essere coinvolti in questi dibattiti. Io non giudico queste motivazioni e non sto facendo una critica moralista, mi limito a constatare che esistono queste condizioni, e che una persona possa avere dei conflitti di interesse (di natura sia accademica che economica) per sostenere (anche con veemenza) questa o quella tematica paleontologica.
Non siamo ingenui, sappiamo come va il mondo.
Non mi stupisce quindi scoprire che da alcuni giorni, il dibattito intorno alla tassonomia e diversità dei Tyrannosauroidea del Cretacico terminale nordamericano sia stato nuovamente infiammato dalla pubblicazione di Zanno e Napoli (2025). Come ho scritto nel precedente post, questo studio ha portato un gran numero di nuovi dati, alcuni in parte noti a livello anedottivo ma finora mai tradotti in studi rigorosi soggetti a revisione paritaria, altri del tutto inediti, e questa nuova serie di dati ha spostato la bilancia a favore di una validità del taxon Nanotyrannus rispetto all'ipotesi che considera questo taxon solamente uno stadio immaturo del taxon Tyrannosaurus. La questione è chiaramente un tema di estrema nicchia, che sul piano puramente accademico coinvolge una manciata di paleontologi (quasi unicamente nordamericani), ma che non riguarda la grandissima maggioranza della disciplina paleontologica ed ancor meno non ha alcun peso per il resto dell'umanità. A infiammare il tono del dibattito è però la Sindrome di Osborn, ovvero il fatto che stiamo parlando di qualcosa relativo a Tyrannosaurus rex, il padre di tutti i feticci paleontologici ed uno dei pochissimi casi di icona pop globale tratta dal registro fossilifero.
Qualcuno si è infiammato emotivamente quando Procheneosaurus è stato ridotto a semaforonte di qualche Lambeosaurinae? Ovviamente no. Per motivi complessi ed in parte sconcertanti, Nanotyrannus e T. rex non sono banali dinosauri di serie B.
Alcuni accademici sono direttamente coinvolti nella rivalutazione di Nanotyrannus, ad esempio gli autori che negli ultimi decenni hanno sostenuto che questo taxon non fosse valido. La loro ipotesi è ovviamente falsificata dal nuovo studio, e questo può legittimamente turbare e dare fastidio chi per molti anni ha pubblicato tesi che ora sono state riviste e abbandonate. Altri hanno visto la propria tesi rinforzata e confermata con ulteriore sostegno. La Scienza funziona anche così, con ipotesi che si rafforzano e altre che si indeboliscono. Tuttavia, mi pare che il tono eccessivamente competitivo e agonistico di questa diatriba sia in parte una combinazione di elementi extra-scientifici, che hanno connotato questo dibattito con tinte più simili ad uno scontro tra tifoserie che ad un dialogo tra tesi contrapposte.
Nonostante ciò, sarebbe falso e scorretto sostenere che i paleontologi precedentemente contrari alla validità di Nanotyrannus non abbiano accolto la nuova pubblicazione con disponibilità. Molti tra gli autori che nei precedenti venti anni hanno pubblicato articoli oggi messi in discussione dal nuovo studio non hanno avuto problemi ad accettare le conseguenze del nuovo studio. Pur con differenze di tono e di termini, tutti i paleontologi interpellati hanno salutato il nuovo studio come una positiva ventata di nuovi dati e di nuovi elementi. Non vedo nelle reazioni una negazione fanatica né un tentativo di minare in modo retorico la validità del nuovo studio.
Ovviamente, ci sono distinguo e commenti intorno ai vari dettagli. Lo studio è complesso, il materiale introdotto è abbondante, e non è possibile esprimere un giudizio sintetico minimalista.
Pertanto, è probabile che questo nuovo studio indurrà una serie di commenti e risposte nella letteratura tecnica. Ciò rientra nella normale dinamica scientifica.
Diverso è l'atteggiamente di alcuni sostenitori della validità di Nanotyrannus, i quali stanno salutando il nuovo studio come una sconfitta dei loro avversari. Ovvero, leggono questo nuovo studio da una prospettiva personalistica prima ancora che scientifica. Lo dimostra l'uso di espressioni retoriche come "T. rex Mafia" usata online da alcuni per dipingere l'insieme degli autori che negli ultimi decenni hanno sostenuto la tesi falsificata dal nuovo studio.
L'uso della parola "Mafia" applicato a qualcuno è sempre dispregiativo. La Mafia è un'organizzazione criminale, che impone il proprio potere con la violenza e l'illegalità. Chiamare quei paleontologi che hanno sostenuto la tesi a te avversa come "Mafia" è, almeno ai miei occhi di italiano nato in una regione con un alto tasso di infiltrazione mafiosa nella società, un comportamento molto deprecabile.
Gli scienziati non sono mafiosi, non sono criminali, soprattutto se hanno sostenuto una tesi in base ai dati disponibili ed alle metodologie standard della propria disciplina. Non ci sono prove che qualcuno coinvolto nel dibattito su questi fossili si sia comportato in modo criminale né tanto meno mafioso. Il solo fatto che la tesi da loro sostenuta sia oggi stata falsificata, non implica che quella tesi sia stata fondata sulla falsità, il crimine ed imposta con la violenza. L'accoglienza generale del nuovo studio da parte della comunità paleontologica - compresi molti autori della tesi oggi falsificata - dimostra che non esiste un clima "da guerra tra bande" in questo ambiente, che gli scienziati non sono sgherri di un complotto mafioso.
Evitiamo di trasformare la propria emotività in un metro della realtà.
Forse chi usa questa parola per definire alcuni paleontologi non ne conosce sulla pelle il vero, terribile, significato. Voglio spiegarmi così una tale caduta di stile nel linguaggio.
Lasciamo la parola "Mafia" fuori dalla scienza.
DISCLAIMER:
Questo post riguarda l'uso della parola "Mafia" fuori contesto, ma non è un forum per un'altra ennesima discussione personalistica tra i fanboy di Nanotyrannus e gli hater di Nanotyrannus.
Non mi interessa se il Dottor X e il Signor Y hanno litigato tra loro e si sono insultati online a causa di qualche pezzo di roccia a cui sono affezionati: quelli sono i loro problemi privati, di cui non mi riguarda, e non sono questioni scientifiche.
Tenete i vostri drammi personali fuori da questo blog!
31 ottobre 2025
Epistemologia di Nanotyrannus
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| Cranio dell'esemplare NCSM 40000 descritto da Zanno e Napoli (2025) |
Apro questo post citando un brano del mio libro in uscita il 7 Novembre prossimo:
"In mezzo a tutti i temi relativi a Tyrannosaurus che hanno generato un clamore mediatico esagerato, quello che meno di ogni altro accende il mio interesse riguarda un esemplare scoperto nel 1942, descritto per la prima volta nel 1946, ristudiato nel 1988, rivisto criticamente nel 1999 e oggetto di un dibattito a tratti grottesco nel secolo corrente: Nanotyrannus lancensis. Per dimostrare l’ossessione dei paleontologi per questo fossile, basta notare che il binomio «Nanotyrannus lancensis» non fu coniato in un solo momento. Il nome della specie, «lancensis», originariamente considerata parte del genere Gorgosaurus, nasce nel 1946, in un’opera postuma del paleontologo Charles Gilmore. Il nome del genere, «Nanotyrannus», fu invece creato oltre quarant’anni dopo, nel 1988, da Robert Bakker assieme ad alcuni colleghi, che scorporarono la specie lancensis dal genere in cui era stata istituita." [grassetto aggiunto qui]
Nanotyrannus è tornato. Esso ci perseguita come un personaggio da soap opera, che muore e poi nella stagione successiva si scopre che non era morto ma solamente finito in sanatorio, il caratterista bello e tenebroso che non vuole smettere di ossessionare gli appassionati di dinosauri, perché affascina e porta colpi di scena. Ma la colpa non è sua. Nanotyrannus è solo un nome, ed i fossili sono solo pezzi di roccia. Il problema siamo noi, o meglio, quella minuscola fettina dell'ipodigma di Homo sapiens che è emotivamente attaccata a questo nome ed alla controversia scientifica intorno a questo nome. L'ipodigma di una specie è l'insieme degli individui (da vivi; esemplari da morti) che includiamo nell'insieme che chiamiamo "la specie Nome cognome".
Il dibattito su Nanotyrannus mi affascina principalmente per le sue emanazioni extra-scientifiche, mentre - devo essere onesto - io non sono mai stato molto appassionato di Tyrannosauridae della fine del Cretacico. I tyrannosauroidi basali pre-Cenomaniani sono molto più intriganti, mentre le forme tardive nordamericane (come T. rex) le ho sempre viste come troppo commerciali, troppo inflazionate, troppo mitizzate. De gustibus.
Ma torniamo alla parole "ipodigma", perché è intorno a questo concetto che si articola il nuovo studio pubblicato ieri da Zanno e Napoli (2025): gli autori descrivono un nuovo esemplare di tyrannosauroide dal Cretacico Terminale del Nord America, lo confrontano con l'olotipo del famigerato Nanotyrannus lancensis e dimostrano che esso NON sia riferibile a Tyrannosaurus rex. Ovvero, il nuovo articolo introduce una grande quantità di NUOVI DATI, i quali ci impongono di rivedere lo scenario sostenuto da una parte dei paleontologi (me compreso, per quel poco che vale la mia opinione in questo caso), scenario che considerava "Nanotyrannus" un taxon non valido, poiché basato su un individuo immaturo riferibile alla sequenza di crescita di Tyrannosaurus rex.
Questo è il punto più importante da sottolineare, ben più importante della questione se Nanotyrannus e Tyrannosaurus siano o meno la stessa "entità": l'introduzione di nuovi dati modifica il sistema di riferimento intorno al quale noi cerchiamo la spiegazione più robusta delle osservazioni. Finora, il dibattito orbitava intorno al primo esemplare, un cranio isolato, deformato, e in parte restaurato. Un cranio molto intrigante, ma pur sempre un solo cranio, senza il resto dello scheletro. Il problema di Nanotyrannus era anche legato alla limitata quantità di materiale riferibile con sicurezza a quel taxon. Ora cambia il sistema, si arricchisce di elementi che prima non conoscevamo, e questo ci spinge a modificare la spiegazione a cui fare riferimento. La Scienza progredisce così. Uno scienziato non è un fanatico religioso che difende la sua fede fino alla morte. Uno scienziato deve essere sempre pronto a rivedere la sua posizione, a cambiare opinione, non per debolezza o superficialità, ma perché il giudice supremo delle nostre decisioni non è il nostro attaccamento emotivo a questa o quella ipotesi, bensì la coerenza con i fatti documentati che a mano a mano si accumulano.
Il nuovo esemplare porta elementi molto significativi, che fino ad ora erano limitati ad affermazioni anedottiche che circolavano online tra gli appassionati. In particolare, il nuovo esemplare, a differenza del primo esemplare (l'olotipo) di Nanotyrannus lancensis, include gran parte dello scheletro postcraniale, in particolare un arto anteriore e la coda in eccellente stato di conservazione. Il braccio del nuovo esemplare e la coda mostrano caratteristiche che sono troppo differenti da quelle note negli esemplari di Tyrannosaurus per poter essere spiegate unicamente in termini di "variazioni ontogenetiche legate alla crescita individuale". Ad esempio, il braccio è molto differente nelle articolazioni ed inserzioni muscolari per essere riconducibile a quello di T. rex. Inoltre, in rapporto alle dimensioni del corpo, le braccia sono molto più grandi che in Tyrannosaurus. Non esistono casi di "atrofia di crescita" nelle zampe dei vertebrati terrestri, quindi, è veramente difficile sostenere che questo tipo di braccio fosse robusto nel giovane e poi atrofizzasse nell'adulto. Una tale metamorfosi appendicolare è sconosciuta nei vertebrati terrestri. Possiamo ammettere che T. rex fosse speciale nel modello di crescita, e seguisse una modalità unica e bizzarra di riduzione degli arti durante la maturazione individuale? La spiegazione più semplice è che queste siano differenze tra specie.
Allo stesso modo, la coda del nuovo esemplare appare completa e comprende 35 vertebre, di cui le prime 14 dotate di coste. Questi numeri sono relativamente bassi per un Tyrannosauridae. La coda di "Sue" (uno dei T. rex più completi) è parziale ma comprende già 35 vertebre, di cui 17 dotate di coste. Dato che la coda di "Sue" è sicuramente incompleta (e probabilmente aveva almeno 40 vertebre), essa dimostra che in Tyrannosaurus il numero di vertebre caudali e di vertebre con coste è maggiore di quelle del nuovo esemplare. Questa differenza è spiegabile con una variazione all'interno della popolazione? Purtroppo, non abbiamo sufficienti dati per dare una risposta definitiva. Possiamo immaginare che durante la crescita dallo stadio "giovanile" a quello "adulto" si sviluppino nuove ossa della coda e che queste aumentino anche il numero di paia di coste? Mi pare una spiegazione troppo forzata. La distinzione tassonomica è quindi un'opzione legittima.
Ulteriori elementi a sostegno di questa tesi sono nel cranio, a livello di canali e forami neurovascolari che differiscono da quelli presenti negli esemplari di Tyrannosaurus. Anche in questo caso, può la trasformazione legata alla crescita individuale produrre queste differenze? In alcuni casi, la spiegazione ontogenetica non è in teoria impossibile, ma un po' forzata. In altri casi, la spiegazione tassonomica è quella più semplice.
Sommando tutti questi elementi, appare quindi legittimo considerare l'ipotesi che non tutti gli esemplari di Tyrannosauroidea provenienti dai livelli finali del Cretacico nordamericano occidentale siano riferibili alla medesima specie T. rex.
Questa serie di argomenti prende una connotazione differenze quando aggiungiamo nuovi dati istologici realizzati sulle ossa di questo esemplare, il quale risulta relativamente maturo: è realistico pensare che le differenze tra diversi stadi maturi di Tyrannosaurus includano una così ampia gamma di dimensioni, proporzioni, inserzioni muscolari e strutture interne del cranio? Il modello di crescita in questa specie risulterebbe veramente bizzarro e inusuale per un grande rettile. Pare molto poco probabile, e ci porta a sostenere una distinzione tra specie.
Se prima Nanotyrannus pareva una spiegazione superflua, ora diventa una spiegazione legittima.
Voglio rimarcare il senso del titolo di questo post: personalmente, a me non cambia la vita se Nanotyrannus è valido oppure è solo un semaforonte di Tyrannosaurus. Ho sempre descritto questa diatriba con relativo distacco, senza attaccamenti partigiani emotivi pro o contro una delle opzioni discusse. Spesso, ho trovato divertente l'eccessivo attaccamento emotivo dei "fanboy" di questa o quella ipotesi. A parte le goliardate, quello che mi interessava era il peso empirico e la logica utilizzate pro o contro le diverse ipotesi. In certi casi, le argomentazioni portate da una o l'altra parte sono risultate deboli, ambigue, oppure troppo forzate e arbitrarie. Il nuovo esemplare sposta la questione a favore della distinzione tra Nanotyrannus e Tyrannosaurus, ma non risolve tutte le controversie. La Scienza non è mai una risposta monolitica, perché la realtà è sempre più complessa dei nostri discorsi. Ad esempio, quali esemplari dall'ipodigma completo sono riferibili a Nanotyrannus e quali a Tyrannosaurus? Qui arriviamo al punto fondamentale che molti paiono spesso dimenticare: perché introduciamo delle specie (o le rimuoviamo)?
Le specie sono "scoperte" oppure sono "invenzioni"? Ovvero, le specie esistono a prescindere dalla nostra osservazione oppure sono strumenti mentali che noi introduciamo al fine di raffinare la nostra comprensione dei dati? In passato, avrei sostenuto che le specie "esistono a prescindere" e che noi semplicemente le "scopriamo". Invecchiando, sto perdendo questa sicurezza, e ora sono almeno in parte scettico sulla effettiva "realtà" delle specie, specialmente quelle fossili. Una specie è sì fondata su esemplari, ma è anche una costruzione mentale che noi imponiamo alla realtà: i taxa sono solo spiegazioni che noi introduciamo per dare un senso alle osservazioni? Se le specie sono entità ibride, che esistono anche in funzione del nostro punto di vista, che si dissolvono qualora noi modifichiamo il sistema di riferimento, fin dove dobbiamo (o possiamo) spingerci nella nostra ricostruzione del passato?
Più che discutere pro o contro Nanotyrannus lancensis, dibattito che lascio ai colleghi specializzati sui Tyrannosauridae, forse dovremmo domandarci con più forza e consapevolezza cosa intendiamo quando parliamo di specie fossili, se ci sia un limite di risoluzione tassonomica oltre il quale la documentazione fossile non può portarci.
Bibliografia:
Zanno L. and Napoli J. (2025) Nanotyrannus and T. rex coexisted at the close of the Cretaceous Nature (advance online publication) DOI: 10.1038/s41586-025-09801-6
22 ottobre 2025
PaleoarTerminator - the Rise of the Machines and the fall of human-based paleoart
Io non sono un paleoartista, ma comunque mi diverto a disegnare dinosauri fin da quando ero bambino. Il mio livello artistico è medio-basso, e difatti il mio soggetto preferito è il banalissimo animale in vista laterale, il livello base dell'illustrazione. La mia premura è più nella rappresentazione di certi dettagli anatomici, piuttosto che la cura nell'esecuzione. Posso definirmi un discreto paleo-scarabocchiatore.
L'immagine qui sotto è un'illustrazione della testa di Triceratops che ho realizzato con Photoshop un paio di anni fa. L'immagine compare nel mio libro "Ricostruire di Dinosauri" dove parlo dei modi per ricostruire le parti molli della testa nei dinosauri (muscoli, pelle, ornamentazioni).
Non sono in grado di quantificare con precisione quanto tempo abbia speso per realizzarla, aggiustarla, rivederla, rifinirla. Penso comunque nell'ordine di varie ore.
Qui sotto, ho caricato un video realizzato da Grok, il noto chatbot di Intelligenza Artificiale, ottenuto dando all'AI l'immagine qui sopra e digitando un paio di istruzioni. Il suono è una scelta personale dell'AI, io non ho chiesto una parte sonora. L'intera procedura ha richiesto poco più di un minuto.
Se avessi voluto realizzare un simile video, fotogramma per fotogramma e con qualche programma per realizzare i video, sicuramente avrei impiegato molto più tempo di quello speso dalla AI (per realizzare i fotogrammi, per imparare a realizzare il video, ecc...). Non sono in grado di quantificare questo tempo (giorni? settimane?), né la quantità di energia spesa dalla AI per svolgere questa funzione in un minuto.
Il tema dell'impatto delle AI nella vita, nel lavoro, nella società, è enormemente complesso. Personalmente, io sono preoccupato dalle ricadute ambientali e sociali di queste macchine, due temi che sono molto più importanti e profondi della questione paleoartistica che invece affronto qui. Lo scrivo per evitare che qualche giustiziere di Internet fraintenda le mie parole e inizi a commentare per farmi sapere che usare le AI è sbagliato e che io non dovrei usarle per fare questi video. Grazie, non mi serve la lezioncina di moralità spicciola.
Le AI esistono. Le AI sono usate in modo sempre più massiccio e pervasivo. Nella battaglia tra la "paleoarte in AI" e la vera paleoarte, la seconda non pare avere speranze. La paleoarte in AI è immediata e facilmente realizzabile, e per la grandissima maggioranza del pubblico, essa è sufficientemente accattivante da essere un buon sostituto della vera paleoarte realizzata da artisti professionisti.
Ad esempio, la facilità con cui le AI permettono di avere della "paleoarte" di qualità sufficiente per le esigenze del pubblico medio portano sempre più soggetti e preferire questi prodotti alle opere dei veri artisti. Senza una consapevolezza del problema da parte dei committenti delle opere, è improbabile che i paleoartisti possano sopravvivere all'ascesa delle AI.
Recentemente, mi sono opposto all'uso delle AI per un progetto nel quale sono coinvolto: i committenti, semplicemente, non erano a conoscenza del problema, ed avevano entusiasticamente promosso l'uso delle AI per produrre "paleoarte". Mi domando in quanti altri casi analoghi non c'è stato nessuno a prendere le difese della vera illustrazione scientifica, favorendo la proliferazione di prodotti delle AI...
Questo è un tema che il mondo della divulgazione paleontologica dovrebbe affrontare con maggiore consapevolezza. Io qui segnalo la questione, ma mi domando quanto sia realmente compresa dal pubblico. So benissimo che la cerchia dei paleoartisti (professionisti ed amatoriali) è consapevole della questione, ma essi sono comunque una piccolissima minoranza rispetto al pubblico, il quale è il solo "soggetto" in grado di avere un reale effetto sul problema.
Il pubblico non pare essere toccato da questo tema, anche perché nessuno pare interessato a spiegare al pubblico cosa sta succedendo.



