L'ultimo Triceratops si aggira in una landa desolata, figlia delle iconografie apocalittiche che hanno plasmato l'immaginario di tutti i ragazzi degli anni '80 (artwork - Andrea Cau) |
Parlare di una estinzione
di massa avvenuta 66 milioni di anni fa è molto insidioso.
Inevitabilmente, finiamo col parlare delle nostre personali
concezioni e suggestioni, ed il risultato è una narrazione più
mitologica che storica.
Il problema ha molteplici
forme, ma quello fondamentale è la scala.
Quale fu la vera scala
dell'estinzione della fine del Mesozoico?
Ovvero, fu un evento che
si comprende e descrive alla scala delle migliaia e milioni di anni,
e pertanto non può avere una dimensione “individuale”, oppure fu
un evento talmente rapido e istantaneo (alla scala geologica) che
quindi ha senso descriverlo in “soggettiva individuale”, alla
dimensione della vita del singolo animale testimone di tale evento?
Descrivere il fenomeno,
quindi, presuppone che si conosca la dinamica: cause e svolgimento
dell'estinzione. Partiamo dalle cause con una domanda teorica.
Comprendere la causa dell'estinzione ci aiuta a comprendere anche
l'estinzione stessa? La risposta non è semplice, e tendenzialmente
io darei una risposta negativa alla domanda. Anche ammettendo che la
causa scatenante fu l'impatto col famoso bolide che generò il
cratere nello Yucatan, tale impatto NON è l'estinzione, per lo
stesso stesso motivo per cui l'attentato di Sarajevo dell'estate del
1914 non è la Grande Guerra. Noi possiamo discutere e analizzare nel
dettaglio gli eventi bosniaci dell'estate 1914, ma questo potrebbe
non dare alcuna indicazione utile del perché e come i fatti europei
e mondiali arrivarono al novembre del 1918. L'analogia finisce qui,
perché a differenza della Prima Guerra Mondiale, noi oggi non
conosciamo affatto la durata della estinzione (anche nel caso in cui
possiamo farla iniziare con l'impatto del bolide caduto in Messico,
non possiamo dire “quando” la fase di estinzione terminò).
Non ho dubbi che, più o
meno consciamente, chiunque sia interessato a comprendere questo
fenomeno sia tendenzialmente portato a ricondurre l'estinzione alla
scala “soggettiva individuale”, se non altro perché è l'unica
che ognuno di noi può effettivamente comprendere e cogliere coi
sensi. Un evento che si dispiega alla scala dei millenni non è
percepibile da esseri la cui esistenza non supera il secolo e che
hanno come unità base di tempo il secondo o il giorno.
Immaginare che gli ultimi
dinosauri furono proprio quelli che ebbero la sfortuna di vivere il
giorno dell'impatto è sicuramente molto suggestivo, ed anche molto
più facile da comprendere e descrivere. Ma se gli ultimi dinosauri
furono invece i figli ed i nipoti (o i pronipoti dei pronipoti) della
generazione che fu testimone dell'impatto, la questione diventa molto
più difficile da comprendere, descrivere ed immaginare. Perché in
tal caso occorre comprendere e spiegare come le due-tre-varie
generazioni vissute durante e dopo gli effetti dell'impatto
interagirono (e subirono) le dinamiche indotte dall'impatto.
Un esempio con il nostro
mondo attuale è utile a comprendere il senso delle mie parole.
Se continuiamo a
raccontare la storia che l'uomo sta per produrre una nuova estinzione
di massa, tale estinzione risulta proiettata nel futuro, e come tale
assume i connotati della profezia apocalittica, quindi della
mitologia. Noi possiamo immaginare un mondo futuro che deve ancora
venire, e nel quale gli eventi scatenati dalle nostre azioni attuali
si sono accumulati fino a raggiungere un punto di non-ritorno: la
catastrofe, l'olocausto ambientale.
Ma se il processo fosse
diluito nel tempo ad una scala tale da non essere descrivibile in
termini “cinematografici”, allora il nostro concetto di
“catastrofe” viene meno, e dobbiamo invece considerare
l'estinzione di massa una componente fondamentale del nostro mondo.
Ad esempio, se invece di
pensare che l'estinzione di massa causata dall'uomo sia un effetto
futuro del nostro agire presente, ma piuttosto lo stato delle cose
della storia umana passata e presente, come percepiremmo tale
estinzione? La seconda alternativa non è così paradossale e
radicale come può sembrare.
L'estinzione delle
megafaune pleistoceniche è un evento che si diluisce negli ultimi
12-14 mila anni. Mano a mano che la storia umana procede da allora a
oggi, il tasso di estinzione provocato dall'uomo ha inesorabilmente
continuato a crescere. Possiamo dire che gli eventi di 12 mila anni
fa non sono il medesimo evento che vediamo oggi? La fine delle faune
australiane, nordamericane, eurasiatiche, malgasce, patagoniche e
neozelandesi non sono forse tutte tappe connesse di un unico
fenomeno, l'espansione di Homo sapiens? Se riconosciamo che
questa è la probabile scala dell'estinzione di massa antropogenica,
allora noi viviamo già in quella fase, e siamo sempre vissuti in
tale fase, perché essa è una componente chiave della storia umana.
Pensate alla nostra visione del mondo naturale contrapposto al mondo
umano: non è forse una conseguenza del nostro constante conflitto
con il resto del mondo vivente? E allora, non esiste una “estinzione
futura” contro la quale dovranno convivere i nostri discendenti, ma
piuttosto il parossismo di una dinamica costante della nostra
millenaria fase di espansione globale.
Tornando alla domanda del
titolo del post, oggi non abbiamo modo di sapere quando vissero gli
ultimi dinosauri. Da un certo punto di vista, la domanda è sia
lecita che inutile. Ovviamente, l'estinzione delle faune mesozoiche
implica che prima o poi ogni specie, popolazione e individuo di tali
faune deve essere finito, ma risalire a quando ciò sia avvenuto (e
cercare di capire quali furono gli ultimissimi esponenti delle ultime
specie rimaste) è probabilmente vano.
A meno di non scoprire un
fossile di dinosauro non rimaneggiato in qualche livello del
Paleocene inferiore, qualche milione di anni sopra il limite K-Pg,
che falsificherebbe ogni scenario “immediato” per la fine di
questi animali (ed aprirebbe una pandora di scenari e modelli
interpretativi che per ora stiamo semplicemente ignorando), il
destino degli ultimi dinosauri rimane celato alla nostra
comprensione.
bellissimo post, complimenti, sei davvero in forma dal ritorno.
RispondiEliminaEmiliano
Veramente un bel post!
RispondiElimina«risalire a quando ciò sia avvenuto (e cercare di capire quali furono gli ultimissimi esponenti delle ultime specie rimaste) è probabilmente vano»
Diciamo pure che è impossibile: troviamo tracce un dinosauro non-neornithe tot tempo fa. Non si potrà mai escludere che ne siano esistiti anche dopo.
«Comprendere la causa dell'estinzione ci aiuta a comprendere anche l'estinzione stessa?»
Beh, penso che potrebbe comunque dare utili informazioni. Se la causa dell'estinzione fosse l'esplosione della Terra (esempio demenziale), allora potremmo dirre che le specie si sono estinte istantaneamente; se fosse un lento e non drastico cambiamento climatico, i tempi sarabbero molto lunghi; nel caso dell'impatto di un enorme asteroide... bho? Ovviamente, anche se si volessero fare delle stime, sarebbe inevitabile una massiccia dose di speculazione.
G.C.T.
Bellissimo post, anche se faccio l'agente provocatore.
RispondiEliminaProfanamente credo che le cause influenzino anche le tempistiche.
Il fenomeno vulcanico che comportò l'origine dei deccan traps potrebbe essere durato appena 30.000 anni (o almeno questa è l'ipotesi che lega una sua fase parossistica all'estinzione dei dinosauri), ed aver innescato vari fenomeni di raffreddamento e riscaldamento globali, piogge acide, modifiche alla chimica dell'atmosfera e dei mari, anossia ed acidificazione degli oceani, che durarono a lungo, anche se non per tempi geologicamente rilevanti, per capirci diciamo 150.000 anni?
O meglio diciamo che alcuni di questi fenomeni potrebbero essere durati per pochi anni, altri per secoli, altri per millenni, altri per decine di millenni (anche con cicli, legati all'attività eruttiva), e poi, lentamente, il sistema mondo assorbì le sostanze chimiche prodotte, le diluì, le metabolizzò e degradò.
In quegli anni (e specie nei primi, se il parossimso si concentrò in un unica fase ininterrota) si dovrebbe rinchiudere il grosso delle estinzioni di massa, oltre a fenomeni fisici molto brevi che determinarono estinzioni locali (diciamo che se la tua specie vive solo in India e mezza India viene sommersa da lave basaltiche...).
Koiaanisqatsi.
Idem dicasi per l'asterodie di Chicxulub (e/o degli impatti multipli in rapida successione), anche se in tempi più compressi.
L'asteroide stesso avrebbe spazzato via ogni forma di vita (probabilmente anche microscopica) in un area ben superiore a quella dell'impatto, e quindi ogni endemismo dello Yucatan e dintorni si estinse nel giro di pochi battiti di ciglia, ma l'onda durto, i detriti da impatto, gli incendi, lo tsunami, e le conseguenze più dirette credo sarebbero state avvertibili fino al Canada meridionale e, presumibilmente, anche alle allora più distanti coste del Sud America. Il numero di individui di tutte le specie centro americane e del nord america meridionale sarebbe stato quasi istantaneamente falcidiato e la sorte di moltissime specie messa a rischio.
Poi sarebbero arrivate le coseguenze di medio periodo per esempio "l'inverno nucleare", il riscaldamento globale successivo, l'acidificazione e l'anossia degli oceani, le piogge acide, queste avrebbero avuto tempi più lunghi d'azione (in qualche caso anche molto più lunghi), ma il grosso delle estinzioni sarebbe comunque avvenuto in tempi "storici", cioè nell'arco di millenni.
Anzi in questo caso molto più simile ad un epoca storica, in cui la prima fase è quella di massima letalità (per "l'inverno nucleare") e la coda di diversi millenni è probabilmente determinante perspazzare via completamente le ultime specie di dinosauri non aviani, ma l'estinzione è già avvenuta.
O meglio il ristabilirsi di una situazione di "normalità" richiede tempi lunghissimi anche da un punto di vista storico, brevissimi da un punto di vista geologico, ma un picco significativo della mortalità individuale (e anche di specie, specie per le megafaune) è concentrabile su tempi (l'inverno nucleare, per esempio), che sono comprensibili per la vita di un'uomo.
Messo in altri termini il modello del vulcanismo del Deccan è più simile a quanto sta accedendo ora, un'estinzione di massa che avviene a ritmi inesorabili, con picchi, ma con costanza, e che richiederà ancora decenni(temo pochi) per portare all'acidificazione degli oceani e (spero secoli) per portare all'anossia. Quello dell'asteroideè un modello che ricorda di più un evento che oggi, sbagliando, tendiamo a sottovalutare, come la guerra nucleare su vasta scala, e in cui il picco di estinzione sta alla base di un singolo evento traumatico, anche se poi la catastrofe agisce per tempi molto lunghi e si completa solo quando l'ecosistema ritorna in equilibrio.
Valerio
Valerio, la tua risposta ricade proprio nella lunga casistica criticata da questo post: il tuo è un tentativo di spiegare l'estinzione con una narrazione catastrofica alla scala degli individui, focalizzata sull'evento scatenante (impatto o vulcanesimo, fa poca differenza).
EliminaCiti una serie di fenomeni più o meno catastrofici, ma non mi spieghi perché alcuni gruppi si estinguano e altri invece no.
Tiri in ballo i classici scenari da film (impatto, animali spazzati via, inverni nucleari ed altre rappresentazioni molto evocative ma poco plausibili per spiegare l'estinzione di faune dall'altra parte del globo, o il fatto che specie americane non si estinguano). Inoltre, non spieghi cosa accade alle varie generazioni che si succedono nei presunti 150 mila anni della crisi vulcanica. 150 mila anni sono 10 volte l'intera durata dell'Olocene: cosa succede alle varie popolazioni in quel periodo? Non basta dire che si estinsero, bisogna spiegare come la crisi prolungata produca tassi differenziali di sopravvivenza e estinzione. Non basta constatare cause e effetti.
Discutere sui dettagli del fattore scatenante non ci aiuta a capire la dinamica dell'estinzione.
Tu mi puoi spiegare come mai un impatto porta all'estinzione totale degli ornithischi, alla estinzione del 75% dei marsupiali e alla sopravvivenza di almeno 6 linee di coccodrilli? E tali valori sarebbero diversi se invece fosse stato il vulcanismo?
I dettagli dell'impatto sono rilevanti per la sopravvivenza/estinzione di una specie rispetto ad altre?
Le tempistiche delle estinzioni come sono legate alle cause della crisi?
Quanti taxa si estinguono dopo l'impatto/vulcanesimo, in reazioni di fenomeni che nell'impatto e nel vulcanesimo hanno solo una miccia innescante ma non la causa effettiva (penso alle dinamiche di popolazione, alle frammentazioni di habitat, alle eventuali spinte adattative che generano adattamenti che poi sono co-optati nella fase successiva come fattori chiave del rimodellamento delle faune, ecc.)?
Confondi la causa di un processo con l'effetto di tale processo. Nessuno nega che sia avvenuto un evento catastrofico, ma spiegare chi e perché si estinse e chi e perché scomparve è cio che SPIEGA l'estinzione. Generalizzare sui due fattori scatenanti alternativi non ci fa progredire di un passo nel capire il perché si estisero certe specie e non altre.
Vedi esempio sulla Prima Guerra Mondiale.
In verità l'effetto scatenante ritengo possa essere importante.
EliminaAnche perché il "cosa è" la "catastrofe", in una prospettiva neocatastrofista o comunque non gradualista, rende l'estinzione di massa diversa e più radicale.
Tutta la storia dell'evoluzione è una storia di curve a campana.
Se un determinato evento modifica la chimica degli oceani rendendoli più acidi, ad esempio, può agire in modi molto differenti.
Se per esempio la specie X resiste ad un determinato livello di acidità, e muore (o non può riprodursi) se questo livello y viene superato, signfica che nella specie X solo pochissimi individui possono sopravvivere al livello y o in sua prossimità.
Se il livello y viene raggiunto in, poniamo 300.000 generazioni, o in 30.000 o in 3.000 è molto differente per la specie X, perché in quel lasso di tempo la curva a campana della resistenza della specie all'acidità può cambiare, anche notevolmente.
Certo, in un'estinzione globale resistere all'acidità y può non bastare e non servire alla specie X.
Pensiamo ad un coleottero, con una o più generazioni l'anno per adattarsi, che però dipende per il suo nutrimento dallo sterco di elefante, che invece impiega una decina d'anni per raggiungere la maturità sessuale.
(ed ecco lo specialista che soffre dove il generalista sopravvive, che è un leitmotiv comune, anche se non obbligato, di molte estinzioni).
Però se l'evento che aumenta l'acidità degli oceani è compresso in uno o due anni, e (sopratutto) non provoca un'acidità pari a y, ma il doppio, la specie X è spacciata, a prescindere da quanto accade al resto dell'ecosistema.
Che magari subisce danni molto diversi (persino molto ridotti) dalla causa che ha spacciato X.
Anni fa, su questo blog, ipotizzavi una terra anossica.
Pensiamo se domani mattina un qualche evento, oggi non ipotizzabile, rendesse la concentrazione di ossigeno dell'aria al livello del mare compatibile con quella delle montagne a 4.000 metri.
Per noi sarebbe impossibile riprodurci, ma due distinte popolazioni umane (gli himalayani e gli andini) sarebbe possibile (ecco la curva a campana in funzione).
Se invece l'aria al livello del mare avesse una concentrazione d'ossigeno paria quella attualmente a 8000 metri non ci sarebbe, per la nostra specie, possibilità non solo di riprodursi, ma nemmeno di sopravvivere per più di pochi giorni.
Men che meno il tempo per cambiare la curva a campana della nostra adattabilità.
Per concludere un evento di estinzione può essere ipotizzato come lentissimo, lento, immediato, o come la somma di effetti immediati, lenti e lentissimi, e credo che nessuna di queste tempistiche possa essere sottovalutata per cercane di spiegare gli esiti.
I dettagli del fattore scatenante non spiegano tutto, ma potrebbero spiegare alcune tempistiche, sicuramente un fenomeno complesso come un'esitizione di massa non è spiegabile in maniera monocausale, anzi la miccia innescante può causare eventi "controintuitivi".
Ma la causa e l'effetto possono, in piccola parte, coincidere, ed essere molto strettamente collegati.
Valerio
The last dinosaur was obviously a troodont that fell near what is today's Fairbanks, Alaska, on June 22, 66,026,352 B.C. !!
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