L’Italia finora è stata molto avara in fatto di resti ossei di dinosauri mesozoici. Tuttavia, le abbondanti evidenze paleo-icnologiche implicano che, prima o poi, anche i resti scheletrici dovranno aggiungersi all’ormai affermato trio “Scipionyx, ornithopode friulano, theropode lombardo” (evito di usare soprannomi o nomi non ufficializzati per i due dinosauri appena citati, suggerisco a tutti di fare altrettanto, in attesa delle pubblicazioni ufficiali). Data la scarsità dei resti, qualsiasi nuovo reperto, per quanto scarso e ridotto possa essere, deve essere accolto con tutti gli onori.
Questo mese, è stato pubblicato uno studio che dimostrerebbe l’esistenza di dinosauri nell’antica piattaforma Panormide, della quale fa parte la Sicilia. Garilli et al. (2009) descrivono un frammento di osso appendicolare proveniente da strati marini di età Cenomaniana (inizio del Cretacico Superiore), rinvenuto in una cava presso Palermo. L’osso, conservato in sezione trasversale, mostra un’ampia cavità midollare, caratteristica esclusiva di dinosauri e mammiferi. L’età e le dimensioni dell’osso (con una circonferenza di 13 cm) tendono ad escludere l’attribuzione ai mammiferi. Pertanto, l’esemplare siciliano è molto probabilmente attribuibile ad un dinosauro.
Anche i caratteri strutturali dell’osso confermano questa attribuzione: il tessuto osseo che circonda l’ampia cavità midollare è di tipo lamellare fibrolamellare, tipico dei theropodi. Questa attribuzione specifica è sostenuta anche dalla cospicua percentuale di cavità midollare, che forma circa il 50% della superficie della sezione ossea: tale proporzione è presente in tutti i theropodi e in alcuni ornithopodi. In conclusione, sebbene sia solamente un resto frammentario, l’insieme dei dati ricavabili porta ad attribuirlo con maggiore probabilità ad un theropode (o ad un ornithopode) di media taglia che a qualsiasi altro vertebrato fossile.
A questo punto, è necessario cercare di spiegare l’esistenza di un osso di (probabile) theropode in un sedimento marino (un fenomeno non raro nei dinosauri europei, come vi racconterò prossimamente per una nuova scoperta che non posso ancora rivelare). Sebbene io non abbia alcun problema ad ammettere l’esistenza di theropodi con spiccate propensioni natatorie, è probabile che questo osso sia giunto dopo la morte dell’animale nel sedimento marino che l’avrebbe conservato. Le caratteristiche geologiche e paleontologiche della cava da cui proviene il fossile suggeriscono un ambiente di tipo lagunare, prossimo alla terra emersa, dalla quale non è improbabile far provenire una carcassa trascinata dalle correnti. Ciò potrebbe essere spiegato ammettendo che la Panormide fosse occasionalmente emersa e connessa alle vicine masse continentali già note per avere una ricca fauna a dinosauri, probabilmente il Nordafrica o la massa Iberica.
Questo piccolo frammento osseo apre quindi inaspettate prospettive per la paleontologia dei dinosauri italiani.
Ringrazio Vittorio Garilli per avermi inviato una copia dell’articolo.
Bibliografia:
Garilli V., Klein N., Buffetaut E., Sander P. M., Pollina F., Galletti L., Cillari A. & Guzzetta D., 2009 - First dinosaur bone from Sicily identified by histology and its palaeobiogeographical implications. N. Jb. Geol. Paläont. Abh., 252: 207–216.
Ho visto di recente, su un altro blog, un video con l'osso in questione, mi sembrava però che fosse ancora in situ.
RispondiEliminaLa scoperta è recente, quindi forse non si è ancora incominciato a lavorare, anche per problemi burocratici.
Non si potrebbe tirarlo fuori per vedere se c'è dell'altro, magari più diagnostico, all'interno del sedimento?
Esistono dei programmi in merito?
Oppure si è già accertato che è solo quel frammento?
Erodoto
L'osso è in situ e non mi pare sia estraibile. Non so se sono previsti studi ulteriori.
RispondiEliminamannaggia
RispondiEliminaErodoto