In paleontologia, nulla ha senso se non è interpretabile in senso evolutivo, ovvero, se non è testabile filogeneticamente. La Filogenesi è una cosa seria. Essa è un complesso fenomeno di ricostruzione a posteriori di una Storia di diversificazione nel Tempo Profondo. Chi non ha chiaro il concetto di Tempo Profondo, difficilmente potrà comprendere i metodi della filogenesi, né la sua importanza. Chi afferma che la filogenesi è solo “pagella sportiva” e la degrada a compilazione di statistiche, ritenendo, con retorica orecchiabile e “demagogica”, ma falsa, che la “vera paleontologia” sia “giocare la partita”, è, nella migliore delle ipotesi, un ingenuo. Come ho scritto su Ultrazionale, chi non ha la competenza per criticare una metodologia scientifica, farebbe bene a tacere, piuttosto che infangare ingiustamente un settore che non conosce. Saremmo tutti felicissimi di visitare direttamente il Mesozoico, per osservare di persona i nostri cari estinti. Ma anche in quel caso, dovremmo comunque effettuare delle analisi filogenetiche per ricostruire l’evoluzione dei dinosauri: nessun essere umano, e nessuna civiltà umana può durare così a lungo per poter sperimentare di persona i processi evolutivi. Anche se disseminassimo l’intero Mesozoico di studiosi, per osservare il maggior numero di situazioni distinte nello spazio e nel tempo, esse resterebbero comunque eventi discreti, separati uno dall’altro da abissi di vuoto temporale. L’analisi filogenetica sarebbe necessaria anche in quel caso: il Tempo Profondo resterebbe tale, e sarebbe indagabile solamente con l’analisi filogenetica. In ogni caso, dato che non è possibile viaggiare nel tempo, l’idea di “giocare la partita” è una pura ingenuità retorica, vaga e pretestuosa come tutte le affermazioni ad effetto: i paleontologi seri sanno che solo da una minuziosa analisi dei dettagli in nostro possesso è possibile ricostruire l’evoluzione. Così lavora la Scienza. Non vi piace? Occupatevi d’altro, ma evitate di parlare male di argomenti che, evidentemente, conoscete poco e in modo distorto.
Un esempio della complessità dell’indagine evolutiva è l’attuale stato di Paraves, il gruppo di Theropoda comprendente uccelli, dromaeosauridi, troodontidi, ed il bizzarro mix di maniraptoriani che si colloca tra quei tre gruppi principali. Il grafico aiuterà a comprendere come utilizzare i nomi dei principali gruppi paraviali senza perdersi nelle nomenclature. Paraves è definito come l’insieme dei theropodi più vicini (filogeneticamente) agli uccelli rispetto a Oviraptor. All’interno di Paraves è definito almeno un nodo: Eumaniraptora, comprendente Deinonychosauria e Avialae. Per definizione, è un membro di Deinonychosauria qualsiasi paraviale più vicino a Deinonychus rispetto agli uccelli moderni. Avialae è il suo sister-group, e comprende tutti i paraviali più vicini agli uccelli moderni rispetto a Deinonychus. Inoltre, è un Troodontidae qualsiasi paraviale più vicino a Troodon rispetto a Dromaeosaurus o agli uccelli moderni; mentre qualsiasi paraviale più vicino a Dromaeosaurus rispetto a Troodon o agli uccelli moderni è un Dromaeosauridae. Ho fatto queste precisazioni terminologiche per permettere ai miei lettori di comprendere meglio i termini del discorso che sto per fare: ogni volta che citerò Paraves, Eumaniraptora, Avialae, Deinonychosauria, Dromaeosauridae e Troodontidae, intenderò i gruppi definiti qui sopra. Le definizioni citate sono stabili e non mutano a seconda delle posizioni di altri taxa inclusi nel discorso. Esse servono da ancore per fissare i confini dei gruppi: alcune forme possono cambiare posizione, a seconda dell’analisi effettuata e dal grado di incertezza dovuto ai dati, nondimeno, i cladi resteranno tali, in virtù delle definizioni che li ancorano a taxa stabiliti.
Infine, ed è un aspetto da tenere bene a mente, l’appartenenza ad un gruppo è sempre l’effetto di un’analisi filogenetica, e non è dovuta a presunti “caratteri chiave” presenti o meno nella specie che stiamo analizzando. Ad esempio, non si appartiene a Deinonychosauria perché si “assomiglia” a Deinonychus, o perché si dispone di un artiglio falciforme nel secondo dito del piede, o per qualsiasi altro carattere ritenuto “diagnostico” dei deinonychosauri: l’attribuzione è sempre l’effetto di un’analisi filogenetica. Dato che ad alcuni questa ultima nota potrà sembrare strana, spiego la differenza tra IDENTIFICAZIONE e CLASSIFICAZIONE.
L’identificazione è il processo di determinazione tipico delle guide zoologiche (ad esempio, quelle usate dagli appassionati di ornitologia o di entomologia), che risalgono fino alla specie sulla base di una serie di chiavi dicotomiche: alla fine della serie di identificatori anatomici, si risale alla specie che si sta osservando. L’identificazione si basa su “caratteri chiave” per stabilire a quale specie appartenga l’esemplare.
La classificazione è il processo di collocazione filogenetica di una specie, ed è il risultato di un’analisi filogenetica: la specie viene collocata nel punto dell’albero evolutivo ritenuto più plausibile sulla base della distribuzione nota dei caratteri anatomici.
Sebbene possano sembrare sinonimi, identificazione e classificazione sono nettamente distinti: la prima si elabora e istituisce solo dopo che la seconda è stata determinata. In alcuni settori di Theropoda molto complessi, dato che siamo ancora in fase di ricostruzione della classificazione, non ha molto senso effettuare delle identificazioni.
Che Paraves sia un meraviglioso fenomeno di diversificazione evolutiva è rimarcato da due recenti scoperte: Austroraptor e Anchiornis.
Come scrissi due settimane fa, sebbene Austroraptor sia stato collocato con i dromaeosauridi unenlagiini, esso mostra un mix di caratteri presenti anche in Troodontidae: è possibile che tali caratteri siano distribuiti tra molte linee distinte perché rappresentano la condizione ancestrale dei paraviali. Pertanto, l’avere osservato delle somiglianze con i troodontidi non costituisce una prova che esso sia un troodontidae né più né meno che sia un unenlagiino: chi attribuisce Austroraptor a Troodontidae in base a una blanda somiglianza con i troodonti, senza l’ausilio di un’analisi filogenetica rigorosa, sta effettuando solo una IDENTIFICAZIONE, la quale, come ho detto sopra, è ancora prematura data la complessità di Paraves. Quindi, non mettete la fortuita casualità di chi ha notato in Austroraptor dei caratteri paraviali condivisi con i troodonti (simplesiomorfie) sullo stesso piano di un lavoro di indagine filogenetica vera e propria: il primo ha solo confuso dei caratteri cranici paraviali per sinapomorfie troodontidi e da lì ha proposto un’identificazione non supportata da un test filogenetico (ha avuto la fortuna di “azzeccare” un possibile risultato, ma probabilmente per un caso pilotato dall’ampia diffusione di quei caratteri, che sono noti non solo nei Troodontidae, ma anche in Buitreraptor ed in altri maniraptoriformi: di fatto, per affermare che Austroraptor sia un Troodontidae non basta notare che ha somiglianze craniche con questi ultimi: anche il mononykino Shuvuuia ha un lungo rostro con finestre antorbitali allungate, numerosi piccoli denti privi di seghettatura, dentale gracile con solco laterale, ecc... chi ha orecchie per intendere intenda). Anche se possono giungere alle stesse conclusioni, le due impostazioni citate sopra sono chiaramente distinte nel METODO (ed è questo che conta nella Scienza).
La collocazione filogenetica è un processo molto più complesso del semplice notare una somiglianza, come dimostrerò nella prossima puntata, nella quale parlerò delle conseguenze della scoperta di Anchiornis, dell’enigmatico status di Rahonavis, e del possibile destino di troodontidi, unenlagiini e scansoriopterygidi.
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