Megamatrice, che è un insieme di simboli processati da un algoritmo di parsimonia, si limita a calcolare la posizione più probabile sulla base dei dati immessi. I risultati delle analisi oscillano tra le due posizioni citate: a volte risulta un carcharodontosauro basale, altre volte uno spinosauroide basale. Evidentemente, questa instabilità non è risolvibile attualmente con un approccio puramente quantitativo: come insegna D. R. Hofstadter nel celeberrimo “Gödel, Hescher, Bach”, se il metodo M (quello meccanico) non ci permette di risolvere il problema, è buona cosa applicare il metodo U (quello Ulteriore... ebbene sì), ovvero, uscire dal sistema, per osservarlo dall’esterno*.
Credo di aver individuato la falla nel sistema “Megaraptor in Megamatrice”, una falla che non è dovuta al programma filogenetico, al metodo cladistico, né a bizzarrie evolutive di questo teropode.
Megaraptor è noto principalmente per due esemplari (ne esistono altri, ma sono frammentari e non necessari a questo discorso): l’olotipo, MCF-PVPF 79, descritto da Novas nel 1998; e un secondo esemplare, MUCPv 341, descritto da Calvo et al. nel 2004.
L’olotipo (sopra, da Novas, 1998) comprende un’ulna, un primo dito della mano (entrambe le falangi, compreso l’unguale, sebbene nella descrizione preliminare fosse stato identificato come unguale del piede), ed un terzo metatarsale incompleto. L’olotipo è diagnosticato in particolare dalle caratteristiche dell’ulna e del dito della mano. Dato che l’olotipo è l’esemplare che definisce la specie, le caratteristiche diagnostiche certe di Megaraptor sono quelle presenti nell’olotipo, in particolare, quelle diagnostiche presenti nell’ulna e nel dito.
Il secondo esemplare è più completo dell’olotipo, e comprende un avambraccio ed una mano completi, uno scapolocoracoide, una vertebra cervicale, alcune caudali, ed un pube. Tuttavia, va fatto notare subito che questi resti non sono tutti in associazione diretta: la mano e l’avambraccio sono stati trovati in articolazione, mentre lo scapolocoracoide, la cervicale, il pube e le caudali erano a 3 metri dall’avambraccio e dalla mano, verso ovest, mentre un metatarsale IV era a 3,5 metri dall’avambraccio e della mano, ma verso est. Pertanto, sebbene le associazioni siano plausibili, le uniche parti sicure di Megaraptor presenti nel secondo esemplate sono la mano e l’avambraccio: oltre ad essere articolate tra loro, queste parti sono confrontabili direttamente con l’olotipo (e difatti presentano le caratteristiche diagnostiche nell’ulna e nel primo dito tipiche di Megaraptor).
Pertanto, sulla base esclusivamente dei caratteri dell’olotipo e dell’avambraccio+mano del secondo esemplare, Megaraptor è chiaramente uno spinosauroide: la forma dell’olecrano ulnare e l’ipetrofia del primo unguale propendono verso uno stretto legame con Baryonyx e affini.
Al contrario, esiste la possibilità che alcune (se non tutte) delle ossa del secondo esemplare non associate direttamente all’avambraccio ed alla mano non siano di Megaraptor.
In particolare, alcuni caratteri delle vertebre, in particolare la cervicale, sono molto sospetti ed inducono ad attribuirli a Carcharodontosauridae: la forma dei pleurocoeli, le laminazioni accessorie, tra cui un processo iposfenico delle postzigapofisi, sono apomorfie carcharodontosauridi.
Possibile che il secondo esemplare sia una chimera, l’assemblaggio fortuito di ossa sparse di Megaraptor e di un carcharodontosauride, erroneamente ritenute parti del solo Megaraptor? Possibile che questa errata miscela sia la causa delle fluttuzioni persistenti di Megaraptor in Megamatrice? Io penso di sì.
In ogni caso, Megaraptor, definito esclusivamente sulla base delle caratteristiche dell’olotipo, è molto probabilmente uno spinosauroide.
Preferite la versione “carcharodontosaura”? Andate in Patagonia a cercarla...
Bibliografia:
Calvo, J. O., Porfiri, J. D., Veralli, C., Novas, F. & Poblete, F. 2004 Phylogenetic status of Megaraptor namunhuaiquii Novas based on a new specimen from Neuquen, Patagonia, Argentina. Ameghiniana 41, 565–575.
Novas, F. E. 1998 Megaraptor namunhuaiquii, gen. et sp. nov, a large-clawed, Late Cretaceous theropod from Patagonia. Journal of Vertebrate Paleontolology 18, 4–9.
*Questo basti come prova per dimostrare che i cladisti non sono degli acefali fanatici del computer, ma dei naturalisti avvezzi a seguire molteplici strade nella risoluzione dei problemi evoluzionistici.
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