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27 ottobre 2009

Se non ami la matematica non ami i dinosauri

Sarò ripetitivo, ma è un tema a cui tengo moltissimo.
Questo blog ha, tra i suoi obiettivi, quello di difendere e propagandare una visione matura della paleontologia. Io odio l'infantilizzazione della paleontologia, lo stereotipo in base al quale la paleontologia, ed in particolare i dinosauri, siano sopratutto materia per bambini ed adolescenti. Corollario di tale impostazione è l'idea che lo studio dei dinosauri sia fondamentalmente un gioco, un'avventura da film, una gita armati di piccone e badile, un giocoso meccano gigante con pezzi da assemblare, un esposizione di mostri accattivanti, la creazione di miti e favole spettacolari, più o meno illustrate.

Balle!

La Paleontologia dei Dinosauri è una Scienza!
E la Scienza, fin da Galilei, significa una sola cosa: modellizzazione matematica! I dinosauri esistono solamente in quanto modelli matematici. Lo so, ho appena detto una bestemmia per almeno metà dei miei lettori. Ma è così. Non si scappa da questa verità.
I dinosauri mesozoici non esistono nella realtà. Nessun dinosauro mesozoico è un animale vivente, oggetto di studio zoologico. I dinosauri mesozoici sono tutti, che vi piaccio o no, delle simulazioni matematiche di dati. L'ultima frase può sembrare esagerata, ma ciò solo a chi non ha ben chiaro che la scienza è sempre un'elaborazione di dati matematici, di misurazioni quantitative, di simboli alfanumerici elaborabili sulla base di algoritmi logico-matematici. I dinosauri non sono un'eccezione a questa regola. Se non siete ingenui, converrete che qualsiasi affermazione sui dinosauri acquista senso e concretezza se può essere testata in un modello, se può essere inclusa in una simulazione, se produce previsioni calcolabili. Fintanto che si producono affermazioni non matematizzabili sull'ecologia, anatomia, fisiologia, etologia dei dinosauri, si persiste nell'ambito della favoletta, della congettura, della mitizzazione. Al contrario, da quando si è affermata l'impostazione matura della paleontologia, i dinosauri hanno smesso di essere favole per bambini, e sono diventati concrete realtà scientifiche.
Ormai, tutti gli ambiti della paleontologia dei dinosauri sono stati matematizzati:
L'anatomia è materia di simulazioni biomeccaniche, che ricostruiscono l'intensità delle forza agenti, degli stress sostenibili, delle performanche attuabili. Queste permettono di ridare una vita, plausibile, ai fossili, senza mistificazioni o speculazioni ambigue e poco chiare.
La morfologia è materia di simulazioni filogenetiche, che determinano la distribuzione, i modi ed i tempi, dell'evoluzione, e quindi, in definitiva danno un senso ed un'impalcatura storica a qualsiasi altro discorso paleontologico. Perché se è vero che nulla ha senso in paleontologia senza l'evoluzione, è anche vero che nulla è sensato nell'evoluzione senza una filogenesi, cioè, una simulazione matematica dell'evoluzione.
La fisiologia e lo sviluppo sono materia di simulazioni ontogenetiche, che determinano la velocità e le modalità della crescita individuale. Da ciò è possibile stabilire le dinamiche delle popolazioni, e quindi, di conseguenza, risalire alla struttura ecosistemica dei dinosauri.
Curva ontogenetica di Archaeopteryx (da qui).

L'ecologia, per quanto difficile da ricostruire in un fossile, è analizzabile tramite modelli e simulazioni teoriche, flussi energetici e catene trofiche.

Gli ingenui, con subdola retorica, risponderanno che i dinosauri , essendo ormai perduti per sempre nella loro interezza, vanno visti "col cuore" e non con la "freddezza" della matematica. Benissimo, allora, provino i nostri romantici ad arrampicarsi su una formazione rocciosa da cui affiorano resti di dinosauri, accostarsi alle rocce e contemplarle "col cuore", senza alcuna tensione scientifica. Non andranno aldilà della loro bizzarra tensione misticheggiante. Gli ingenui non comprendono che dietro tutte le loro care visioni, mitizzazioni, ricostruzioni e congetture ci sono già anni ed anni di studi scientifici, di misurazioni ed elaborazioni matematiche, che hanno portato quel pezzo di roccia a diventare il loro "amato T-rex".

La matematica è molto calda, per chi ha mente aperta per comprenderla. Da naturalista che ama sia la matematica che la paleontologia, posso confermare che "il cuore", qualsiasi cosa possa significare, spinge certamente la passione del ricercatore, ma è assolutamente inutile nell'oggetto di tale passione.
Sono paleontologo perché così mi dice il cuore, ma non faccio paleontologia con il cuore: il cuore è cieco e non sa fare di calcolo.

26 ottobre 2009

Le massime offese per un theropode: Thagomizer & Tail Club! - Seconda Parte

Nella prima parte di questo doppio post ho esposto la mia ipotesi sull'evoluzione di strutture offensive all'apice distale delle code di almeno tre cladi di dinosauri non-theropodi (Eusauropoda, Stegosauridae e Ankylosauridae), come adattamento difensivo proprio verso i grandi theropodi predatori. Da questo punto di vista, è interessante (ma meriterebbe uno studio quantitativo rigoroso, quindi per ora è solo poco più che una congettura) osservare che l'origine di questi tre cladi sia approssimativamente coincidente con l'origine dei primi grandi tetanuri (Giurassico Inferiore-Medio, origine e diversificazione di Stegosauridae e Eusauropoda) e con l'evoluzione dei grandi Tyrannosauridae (Cretacico Superiore, diversificazione del sottogruppo di Ankylosauridae muniti di tail club). Aldilà di queste speculazioni un po' gratuite, abbiamo veramente delle prove concrete che queste strutture anatomiche servissero come armi di difesa ed offesa verso i theropodi? In almeno due casi, parrebbe molto probabile.
Carpenter et al. (2005) descrivono una vertebra caudale prossimale di un esemplare maturo di Allosaurus. La vertebra mostra una vistosa perforazione su un processo trasverso, perforazione avvenuta in vita, dato che presenta i bordi rimarginati. Forma e dimensione della perforazione sono perfettamente adatte ad alloggiare la punta di una spina caudale del thagomizer di Stegosaurus, ornithischio proveniente dalla stessa formazione. La presenza in alcune punte caudali di stegosauridi di lesioni ossee dovute ad intense sollecitazioni meccaniche, e stime della forza muscolare impartita dalle code di questi animali, avvalorano pertanto l'ipotesi che il thagomizer fosse utilizzato come arma contro i theropodi.
Xing et al. (2009) descrivono una scapola di Yangchuanosaurus, allosauroide del Giurassico Medio-Superiore cinese. La scapola presenta vistose lesioni e rimarginazioni, ed un esame di tipo traumatologico indica la causa delle lesioni in un violento impatto. La presenza nella stessa formazione di eusauropodi mamenchisauridi, muniti di tail club, ed il fatto che il raggio d'azione della coda di questi sauropodi adulti sia allo stesso livello della regione pettorale di un grande theropode, avvalora, sebbene non dimostri inequivocabilmente, l'ipotesi che le lesioni nella scapola dell'allosauroide furono prodotte da un colpo inferto da un sauropode armato di tail club.

Bibliografia:
Carpenter K, Sanders F., McWhinney L.& Wood L, 2005. Evidence for predator-prey relationships: Examples for Allosaurus and Stegosaurus. in Carpenter, Kenneth(ed) (a cura di) The Carnivorous Dinosaurs, Indiana University Press, 325–350
Xing, L.-D., Dong, H., Peng, G.-Z., Shu, C.-K., Hu, X.-D., and Jiang, H. 2009. A scapular facture in Yangchuanosaurus hepingensis (Dinosauria: Theropoda). Geological Bulletin of China 28(10):1390-1395.

25 ottobre 2009

Rinascimento Italiano, Atto Secondo: Davide Bonadonna, l'arte sinergica con la paleontologia


Continua la serie di post dedicati agli artefici (in parte ingiustamente dimenticati) della "Italian Dinosaur Renaissance".
L'inizio di questo post sarà un poco polemico, e so già che non piacerà ad alcuni lettori. Ma così è: ho le mie opinioni e non ho problemi ad esporle e difenderle.
In questo benedetto rifiorire di interesse per la paleontologia dei vertebrati sembra esserci un inevitabile abuso di termini, oltre ad un assurdo stravolgimento dei rapporti di causa ed effetto. L'abuso riguarda la parola "paleoarte" e lo stravolgimento riguarda la sua relazione con la paleontologia. Innanzitutto, la parola "paleoarte" è la sintesi di paleontologia ed arte. Già questo fatto implica che la paleoarte è subordinata (in senso cronologico e causale) alla paleontologia: senza la seconda non può esistere la prima. Peccato che, per molti, basti avere una vena artistica (più o meno eccelsa ed originale), condirla con una grossolana concezione paleontologica per (auto)proclamare una forma di paleoarte. Una veloce navigazione in rete dimostrarà questa mia constatazione.
In realtà, il vero paleoartista deve essere ugualmente dotato in ambito artistico e paleontologico, o, perlomeno, se è più portato in uno dei due ambiti, dovrebbe avere l'onestà di ammetterlo e l'intelligenza di sopperire alle carenze nell'altro ambito (ad esempio, collaborando con esponenti dell'altro versante del dipolo paleo-artistico). Altrimenti, assisteremo alla diffusione più o meno inutile di (pseudo)artisti "fantasy" che abusano della paleontologia, oltre che alla dilagante proliferazione di opere ripetitive, prive di fascino e spesso cariche di grossolani errori scientifici (fastidiosissimi per chi, come me, è sul versante paleontologico del dipolo).


Un artista che a mio avviso esprime egregiamente quella corretta sintesi tra valore artistico e propensione paleontologica che dovrebbe fondare la "paleoarte" è
Davide Bonadonna. Davide stesso preferisce definirsi un illustratore, non un paleoartista, sebbene le sue opere possano essere annoverate senza dubbio tra le migliori produzioni paleoartistiche nostrane. Recentemente, ha realizzato (e sta realizzando) una serie di tavole e di opere scultorie a tema dinosaurologico, in stretta collaborazione con Simone Maganuco, alcune delle quali attualmente esposte al Museo Capellini di Bologna. Come mi ha spiegato Davide, le opere sono vere e proprie sinergie tra l'artista (Davide) ed il paleontologo (Simone): sebbene entrambi siano competenti nell'ambito dell'altro (Davide ha una formazione scientifica e Simone un naturale estro artistico) ognuno resta giustamente nel proprio polo della dicotomia: il risultato, come spero noterete, è una corretta ed equilibrata fusione di dati ed estrapolazioni scientifiche, tecnica e sensibilità artistica, una sintesi paleo-artistica vera e propria, finalizzata alla ricreazione plausibile, corretta ma nondimeno accattivante, di un passato perduto.
Ringrazio Davide per avermi inviato alcune scansioni delle sue opere.

AGGIORNAMENTO: Davide mi ha inviato queste due foto con Simone Maganuco, realizzate durante la preparazione di una testa a grandezza naturale di Deinonychus. Chi meglio di un esperto di dinosauri può far arruffare le penne ad un dromaeosauride?

Le massime offese per un theropode: Thagomizer & Tail Club! - Prima Parte



Non sempre il presente è la chiave per comprendere il passato. Esistono alcune morfologie (e relativi comportamenti) che oggi non hanno alcun rappresentante vivente, ma, nondimeno, esse furono diffuse e persistenti nel passato. Pertanto, il nostro giudizio sconcertato o la nostra sensazione di stranezza nei loro confronti è più l'effetto contingente dell'attuale povertà zoologica, piuttosto che l'espressione di una reale anomalia. Una morfologia molto interessante, evolutasi almeno tre volte nei dinosauri mesozoici, è lo sviluppo di strutture offensive nella regione distale della coda. Le due principali tipologie di questa morfologia sono il "thagomizer" degli stegosauri (la serie di lunghe spine ossee laterali) ed il "tail club" degli ankylosauridi e di molti eusauropodi basali (Shunosaurus, Spinophorosaurus e Mamenchisauridae). La natura difensiva/offensiva di queste strutture è evidente. Tuttavia, l'origine evolutiva di questi tratti anatomici è, a mio avviso, ben più sottile di quanto si possa pensare. Infatti, se è vero che la teoria darwiniana interpreta la presenza di strutture simili in specie non imparentate come prodotto di analoghe pressioni selettive, allora è necessario cercare la pressione selettiva che ha generato questi tratti comuni. La semplice ovvietà dell'interazione con i predatori non mi soddisfa. Infatti, se queste strutture sono così vantaggiose, perché non si sono evolute più spesso? Perché oggi non abbiamo animali con queste strutture? L'anatomia muscoloscheletrica caudale dei mammiferi non permette l'evoluzione di queste armi? Credo che per trovare una risposta soddisfacente dovremo lasciare per un attimo il nostro amato Mesozoico e avventurarci nel Cenozoico. Anche se non sono famosi come i loro equivalenti dinosauriani mesozoici, esistono almeno altri due casi di evoluzione di armi caudali nei vertebrati terrestri cenozoici: nei mammiferi glyptodonti e nelle tartarughe giganti meiolanidi. La somiglianza tra i due tipi di animali è impressionante, così come stupisce l'evoluzione in entrambi di strutture difensive caudali simili a quelle dei dinosauri citati sopra. Cosa indusse l'evoluzione di queste struttuture in una linea di cheloni ed una di mammiferi? Il contesto può aiutarci, sopratutto confrontandolo con i casi dei dinosauri. Sia i glyptodonti che i meiolanidi sono vissuti alla fine del Cenozoico, in continenti meridionali (Sudamerica e Australia, rispettivamente). Un aspetto molto interessante di entrambi gli ecosistemi cenozoici citati è la presenza di grandi theropodi superpredatori: gli uccelli Phorushracidi (sotto, ricostruzione del Phorushracidae Kelenken) e Dromornithidi. In questo tratto, ovvero, la presenza di theropodi suprepredatori, gli ambienti sudamericani e australiani tardo-cenozoici sono più simili al Mesozoico che ai nostri ambienti attuali, privi di superpredatori theropodi di taglia medio-grande. Possibile che le armi caudali siano adattamenti specifici per difendersi proprio dai theropodi, e non siano generiche armi di difesa contro qualsiasi predatore? Per capire cosa voglio intendere, dovere ragionare in termini evolutivi, e non guardare le strutture nelle loro forme "derivate", "definitive" (ovvero, i thagomizer e le tail club) bensì all'origine della struttura, all'inizio del suo processo evolutivo. L'origine di tale processo è una coda mobile e muscolosa, usata per allontanare un aggressore, ma ancora priva di strutture in grado di ferire. Ora, è evidente che una coda di questo genere non ha molta efficacia nel provocare ferite, ma può risultare vantaggiosa (e quindi essere selezionata ulteriormente in senso adattativo, per poi evolvere strutture di offesa) se può far cadere il predatore, sbilanciandolo. Da questo punto di vista, una coda di questo tipo non sarà mai vantaggiosa in ecosistemi dominati da predatori quadrupedi (come mammiferi e coccodrilli) dato che questi, essendo appoggiati su quattro arti, sono in equilibrio statico, molto difficili da sbilanciare. Al contrario, i theropodi, essendo bipedi obbligati, quindi animali in equilibrio dinamico, sono suscettibili di essere sbilanciati e danneggiati da un colpo preciso rivolto ad uno dei due arti posteriori.
Pertanto, ritengo che all'origine delle armi caudali in ankylosauri, stegosauri, eusauropodi, glyptodonti e meiolanidi ci sia la pressione selettiva operata da superpredatori theropodi, animali bipedi, nei confronti dei quali era molto vantaggioso disporre di strumenti, quali una coda mobile e muscolosa, in grado di sbilanciarli.
Nella prossima parte mostrerò due casi di probabili scontri tra un theropode ed una coda armata.

24 ottobre 2009

Rinascimento Italiano: Il Signore degli Arcosauri Predatori Gondwaniani


In un recente post su Geomythology, Leonardo Ambasciano commentava l'impostazione generale nell'articolo del National Geographic Italia di settembre 2009. In particolare, criticava la quasi totale assenza di citazione degli attuali artefici di quella che Leonardo ha battezzato "Italian Dinosaur Renaissanche", ovvero, la rinata, quasi eroica, attività di ricerca dinosaurologica in Italia. Ringrazio Leonardo per avermi incluso nella lista che comprende, per l'ambito relativo a resti scheletrici, ricercatori quali Fabio Marco Dalla Vecchia, Cristiano Dal Sasso, Simone Maganuco e Federico Fanti.
Mi rendo conto che il mio giudizio è contaminato da 12 anni di grande amicizia, ma siccome oggi è una data particolare per lui, dedicherò questo post al contributo significativo che Simone Maganuco ha dato alla paleontologia dei theropodi. Simone è una persona di grandissimo valore umano e professionale (tutti quelli che lo conoscono possono confermarlo), forse troppo modesto: per questo ritengo il post di oggi assolutamente necessario. Come vedrete, nonostante la relativa difficoltà di fare ricerca paleontologica in Italia, il suo impegno di ricerca è stato eccellente, dato che nessuno in Italia, nell'ultimo decennio, ha prodotto un numero ed una varietà di ricerche sui Theropodi mesozoici come lui.
Maganuco et al. (2005; 2007) sono stati i primi studi a dimostrare l'esistenza di una ricca fauna a theropodi nel Giurassico Medio del Madagascar. Oltre all'importanza di nuovi dati dal Gondwana e dal Giurassico Medio, questi studi sono stati tra i primissimi a supporre l'esistenza di un'ampia radiazione di ceratosauri basali nel Giurassico Medio, ipotesi confermata dalla successiva scoperta di Berberosaurus.
Anche se probabilmente non è un theropode, l'enigmatico arcosauro gigante Razanandrongobe (Maganuco et al., 2006), del Giurassico Medio del Madagascar, mostra interessantissime analogie dentarie con i tyrannosauridi: si tratta quindi di un caso di convergenza adattativa con i theropodi. Questo studio è quindi tra i primi a evidenziare che nel Giurassico Medio l'occupazione dei vertici ecologici da parte dei theropodi non fu totale, e che altri taxa, probabilmente crocodylomorfi, potevano occupare ruoli di superpredatore.
Sempre restando in Madagascar, Maganuco et al. (2008) ha mostrato le prime possibili evidenze dell'esistenza di un secondo grande abelisauroide nella stessa formazione di Majungasaurus. Se confermato, ciò avrebbe interessanti implicazioni paleo-ecologiche sulla fauna del Cretacico Superiore malgascio, attualmente alquanto paucispecifica per i dinosauri.
Assieme a Dal Sasso ed altri (Dal Sasso et al., 2005), Simone ha descritto quello che attualmente è l'esemplare più completo e meglio preservato dell'enigmatico theropode Spinosaurus.
Se non fosse stato per Simone, non esisterebbe alcuna specie chiamata Kemkemia auditorei (Cau & Maganuco, 2009): fu lui a indurmi a studiare il bizzarro esemplare MSNM V6408, presente nella collezione del Museo di Storia Naturale di Milano, prima evidenza di una nuova ed inattesa morfologia caudale nei theropodi.
Sempre con Cristiano, Simone è autore dell'attesissima revisione di Scipionyx (Dal Sasso & Maganuco, in prep.), un lavoro che sicuramente avrà delle grandi implicazioni sulla paleontologia dei coelurosauri basali, e sulla paleobiologia di parti molli raramente fossilizzabili. Lo studio, molto lungo e dettagliato, è nella sua fase conclusiva, quindi, non dobbiamo fare altro che attendere!
Ci sono molte altre cose che vorrei scrivere sulle ricerche theropodologiche di Simone, alcune in preparazione, a dir poco esaltanti, ma credo che sia più giusto attendere che siano concluse...

Buon compleanno, bestia!

Bibliografia:
Cau, A. & Maganuco, S. (2009) A new theropod dinosaur, represented by a single unusual caudal vertebra, from the Kem Kem Beds (Cretaceous) of Morocco . Atti Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano, 150 (II): 239-257
Dal Sasso, C.,Maganuco, S., Buffetaut, E. & Mendez,M.A. (2005) New information on the skull of the enigmatic theropod Spinosaurus, with remarks on its sizes and affinities. JVP 25:888-896.
Maganuco S., Cau A., and Pasini G. (2005) First description of theropod remains from the Middle Jurassic (Bathonian) of Madagascar. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 146 (II): 165-202.
Maganuco S., Dal Sasso C., and Pasini G. (2006) A new large predatory archosaur from the Middle Jurassic of Madagascar. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 147 (I): 19-51.
Maganuco, S., Cau, A., Dal Sasso, C., and Pasini. G. (2007). Evidence of large theropods from the Middle Jurassic of the Mahajanga Basin, NW Madagascar, with implications for ceratosaurian pedal ungual evolution. Atti Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano, 148 (II): 261-271.
Maganuco S., Cau A., & Pasini G. (2008) New information on the abelisaurid pedal elements from the Late Cretaceous of Madagascar (Mahajanga Basin). Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo di Storia Naturale di Milano. 149 (II): 239-252.

22 ottobre 2009

Coming Soon: Cosa hanno in comune...

Cosa hanno in comune degli enigmatici theropodi del Giurassico Medio del Madagascar, Majungasaurus, Spinosaurus nonché altri bizzarri theropodi del Nordafrica, e Scipionyx?
Prossimamente, su Theropoda.

21 ottobre 2009

18 ottobre 2009

_Sinotyrannus_ Ji. et al. (2009): Non tutti i tyrannosaurOIDI giganti sono tyrannosaurIDI


Ormai dobbiamo abituarci a non aspettarci nulla di scontato dai nostri amati theropodi. I nostri modelli consolidati devono essere sempre pronti ad essere rimessi in discussione. Il caso di oggi ne è l'ennesima dimostrazione.
Ho parlato della tendenza al gigantismo nei tyrannosauroidi, tendenza che si esprime con i rappresentanti più famosi del clade, i tyrannosauridi (ricordo sempre di fare attenzione ai suffissi dei nomi tassonomici: i tyrannosaurIDI, come Tyrannosaurus e Gorgosaurus, sono un sottogruppo dei tyrannosaurOIDI, il gruppo che comprende, oltre ai tyrannosaurIDI anche taxa come Dilong e Guanlong, Eotyrannus e Stokesosaurus). Sebbene Raptorex abbia creato un po' di scompiglio sul modo tramite il quale si è evoluto il gigantismo, ed Alioramus possa indicare una forma di nanismo secondario (se risultasse effettivamente un tyrannosauridae, cosa che, per ora, non mi convince molto), eravamo tutti felicemente concordi che il gigantismo, l'evoluzione di dimensioni totali superiori ai 6-7 metri, fosse avvenuto una sola volta dentro Tyrannosauroidea, e precisamente, nella linea che porta ai tyrannosauridi del Cretacico Superiore.
Parrebbe che ci siamo sbagliati. Ciò, ovviamente, è molto positivo, perché dimostra che c'è ancora molto lavoro da fare...
Ji et al. (2009) descrivono i resti frammentari (un rostro, alcune vertebre dorsali, un dito della mano e due ilei) di un grande coelurosauro dal Cretacico Inferiore della Formazione Jiufotang, dalla Cina (la stessa formazione da cui provengono molti famosi theropodi con tracce di piumaggio), e lo battezzano Sinotyrannus kazuoensis. Sulla base dei resti, è evidente che si tratta di un animale lungo almeno 9 metri. Si tratta del primo theropode gigante da una formazione che, finora, aveva restituito solamente specie non più lunghe di 3 metri. Ciò, ovviamente, ha interessanti implicazioni paleo-ecologiche e tafonomiche.
Il nome di questo theropode richiama i tyrannosauri, ed in effetti, Ji et al. (2009) lo attribuiscono a Tyrannosauroidea, avanzando l'ipotesi che esso sia il più primitivo rappresentante proprio della linea dei tyrannosauridi giganti del Cretacico Superiore. Tuttavia, come gli stessi autori sottolineano, l'unico carattere in comune con i tyrannosauridi è la grande dimensione corporea. Come ho discusso qui, il gigantismo è probabilmente un fenomeno molto ricorrente nei theropodi, quindi, non ha una grande utilità per stabilire relazioni filogenetiche.
Thomas Holtz, che di tyrannosauridi se ne intende, ha espresso molti dubbi sul fatto che Sinotyrannus possa essere un tyrannosauridae, se non addirittura un tyrannosauroide (Holtz, pers. com.). Il rostro e l'ileo di Sinotyrannus sono molto plesiomorfici rispetto ai veri tyrannosauridi, quindi, è improbabile che questo theropode gigante sia un parente stretto dei tyrannosauridi. Infatti, immesso in Megamatrice, Sinotyrannus risulta sì un tyrannosauroide, ma molto basale. Sebbene frammentario, almeno un carattere vertebrale lo legherebbe a Stokesosaurus, un altro tyrannosauroide basale, del Giurassico Superiore, di taglia media. Se questa ipotesi fosse confermata, avremmo quindi di fronte un nuovo caso di evoluzione del gigantismo dentro tyrannosauroidea, questa volta lungo la linea "stokesosauride".
Per chiudere, nel grafico che avevo realizzato qui ho inserito Alectrosaurus (di cui mi ero dimenticato), Alioramus altai, Raptorex e Sinotyrannus: come vedete, sembra che con l'aumentare delle scoperte i tyrannosauroidi stiano occupando l'intero morfospazio tardo-mesozoico, a dimostrazione che questo clade fu una rigogliosa ramificazione di grande successo.

Ringrazio Jerry Harris per avermi inviato una copia dell'articolo.

Bibliografia:
Ji, Q., Ji, S.-A., and Zhang, L.-J. 2009. First large tyrannosauroid theropod from the Early Cretaceous Jehol Biota in northeastern China. Geological Bulletin of China, 28(10): 1369-1374.

17 ottobre 2009

Coming Soon: _Sinotyrannus_, un tyrannosauroide gigante del Cretacico Inferiore?

Per rendervi conto dell'inattesa sorpresa data da questo nuovo tyrannosauroide (ripeto... questo è davvero l'anno magico dei tyrannosauroidi!), vi suggerisco di rileggere questi miei vecchi post.
Xiongguanlong Saga, Atto I.
Xiongguanlong Saga, Atto II.
Dryptosaurus.
Raptorex.
Evoluzione del gigantismo in Tyrannosauroidea.
Alioramus altai.

Io intanto mi leggo l'articolo e codifico Megamatrice...

Neovenatoridae Benson et al. (2009): cosa nasconde la sua eleganza?

Il destino di ogni autapomorfia (un carattere distintivo di un particolare taxon) è di diventare una sinapomorfia (un carattere condiviso da più di un taxon). Ciò avviene sia evolutivamente, con la plurificazione di una specie, che scientificamente, con la scoperta che tale carattere non è esclusivo del taxon in cui venne identificato. La Scienza è la creazione di rappresentazioni mentali della realtà. Come tale, essa è probabilmente una struttura ibrida, la commistione di intenzioni oggettive e pulsioni interne pre-costituite. Una delle pulsioni più forti è sicuramente l'attrazione per la bellezza. Essa, nella sua accezione più generale, è data da semplicità e simmetria. Un'ipotesi scientifica di successo (che persiste nel tempo) è sia una descrizione conforme ai dati, capace di produrre previsioni testabili, ma è anche, sopratutto, una struttura elegante e semplice, che crea ordine dove prima era caos. Perché ho iniziato un post su una tematica schifosamente filogenetica, infarcita di dettagli anatomici cari solo agli uber-nerd come me, con questa prefazione filosofica? Come sempre, una narrazione storica risulterà più piacevole della mera descrizione dei fatti.
Intorno alla metà del decennio precedente, le consolidate mura dei cladi tradizionali di Theropoda hanno iniziato a vacillare, sotto i colpi di creature inattese ed enigmatiche. Tralasciando l'immonda bestia di Russell piena di "S", il leader di questa banda di anarchici è sicuramente Megaraptor, un bizarro tetanuro patagonico, che ha occupato molti post di questo blog. La principale questione su Megaraptor è di natura filogenetica: è un tetanuro basale? uno spinosauroide? un allosauroide? una chimera?
Recentemente, a Megaraptor si sono aggiunti altri tetanuri Incertae sedis: Fukuiraptor (uno strano mix di caratteri celurosauri e allosauroidi), Nqwebasaurus e Aniksosaurus (due coelurosauri gondwaniani), il pompatissimo Aerosteon, Orkoraptor, ed Australovenator. Tutti questi theropodi sono accomunati dal possedere un mix di tratti che si ritenevano distintivi di particolari gruppi come i coelurosauri, gli allosauroidi e gli spinosauroidi, miscelati in modi a dir poco disturbanti (per chi vuole filogenesi lineari e noiose) o eccitantissimi (per me e non solo). Tutti questi theropodi sono stati collocati in più linee evolutive, a dimostrare la vitalità creativa, ma anche la caotica omoplasia, esistente nei tetanuri.
Fino a ieri.
Benson et al. (2009) propongono un'ipotesi filogenetica incredibilmente elagante ed accattivante, che risolve le posizioni di buona parte dei taxa citati, collocandoli tutti all'interno di un unico clade di Allosauroidea, avente Neovenator (un allosauroide avente un mix di caratteri in comune con Allosaurus e con i carcharodontosauridi) alla sua base, e chiamato appunto Neovenatoridae, sister-group dei veri e propri carcharodontosauridi. All'interno di Neovenatoridae avremmo anche Chilantaisaurus ed un clade, comprendente Megaraptor, Aerosteon, Fukuiraptor, Australovenator ed Orkoraptor, battezzato Megaraptora. Le prove morfologiche a sostegno di questa ipotesi sono numerose ed interessanti, e riguardano sopratutto le vertebre e gli arti (dato che questi taxa non hanno per ora restituito molti resti cranici). Non vi tedierò con i dettagli.
Quali sono le implicazioni di questa ipotesi?
Innanzitutto, si dimostrerebbe l'esistenza di una ricca radiazione allosauroide nel Cretacico, che produsse forme giganti (Chilantaisaurus) ma anche taxa di taglia medio-piccola (Fukuiraptor), forme con parziali adattamenti cursori (i piedi dei Megaraptora mostrano un relativo allungamento generale e assottigliamento laterale), con arti anteriori allungati e muniti di unguali falciformi, ed estrema pneumatizzazione scheletrica. In breve, sembrerebbe una convergenza con i maniraptoriformi! Infine, la presenza nel clade di Orkoraptor, di età Maastrichtiana, dimostrerebbe definitivamente la sopravvivvenza di Allosauroidea fino alla fine del Cretacico.
Come potenza ed eleganza, questa ipotesi è quindi tra le più notevoli del recente panorama filogenetico dinosauriano.
Che dire di questa ipotesi?
In attesa di vedere cosa produrrà Mega(raptora)matrice dopo l'immissione di questi nuovi dati, faccio notare che l'analisi di Benson et al. (2009), modificata da un'altra in fase di pubblicazione ed avente oggetto principale i "megalosauri", ha un difetto tassonomico: è molto carente in coelurosauri. Questo artefatto campionamento potrebbe incidere in qualche modo sul risultato. Una prova è data da un altro taxon bizzarro, assente nell'analisi di Benson et al. (2009) ma probabilmente focale: Aniksosaurus. Questo presunto coelurosauro presenta numerosi caratteri dei megaraptoridi, in versione incipiente. Si tratta di un altro megaraptoride che "imita" i coelurosauri? Oppure, ipotesi intrigante, è invece la prova che i megaraptoridi (con o senza Neovenator) non sarebbero allosauroidi, bensì sarebbero derivati da coelurosauri basali?
Prossimamente su Theropoda.

Ringrazio Roger Benson, Thomas Holtz e Marco Auditore per avermi inviato le informazioni utili per questo post.

Bibliografia:
Benson, R.B.J., Carrano, M.T and Brusatte, S.L. 2009. A new clade of archaic large-bodied predatory dinosaurs (Theropoda: Allosauroidea) that survived to the latest Mesozoic. Naturwissenschaften .doi:10.1007/s00114-009-0614-x

15 ottobre 2009

L'Evoluzione Modulare nei theropodi

Le recentissima pubblicazione di Darwinopterus (Lü et al., 2009) mi riporta alla mente uno dei concetti evoluzionistici più interessanti, almeno per chi, come me, studia il modo per ricostruire la macroevoluzione: l'evoluzione modulare, detta anche (a mio avviso impropriamente) evoluzione a mosaico. Il concetto di evoluzione modulare non è particolarmente difficile, ma, come spesso accade coi concetti "semplici", facilmente fraintendibile (dal profano) e difficilmente formalizzabile (dal ricercatore). Esso si riconduce ad uno dei fondamenti della Scienza, ovvero, il riduzionismo, ovvero, la possibilità di scomporre un oggetto complesso nelle sue componenti, in modo da analizzarle separatamente. L'evoluzione modulare è legata all'anatomia comparata: se un organismo è scomponibile in parti distinte, è plausibile ammettere che esse possano evolvere secondo tempi e modi parzialmente indipendenti tra loro. Il concetto di evoluzione modulare è quindi un modello interpretativo molto potente, se utilizzato con saggezza. Nel caso della paleontologia dei vertebrati, che opera prevalentemente con le ossa, l'identificazione di una modularità nell'evoluzione dello scheletro è relativamente semplice e poco ambigua: le ossa sono infatti unità discrete, facilmente separabili tra loro. Analogamente, insiemi di ossa correlate funzionalmente possono costituire moduli distinti, in grado di evolvere indipendentemente. Spero che questa introduzione non sia risultata troppo tecnica.
In ogni caso, esistono prove di evoluzione modulare nei theropodi? Ho buoni motivi per rispondere affermativamente, dato che ho dedicato almeno due anni su questo tema: infatti, buona parte della mia tesi di laurea, avente come oggetto la filogenesi dei coelurosauri, si era focalizzata nell'identificazione di moduli (da me chiamati "distretti morfofunzionali") dello scheletro dei coelurosauri e nella comparazione delle loro pseudo-filogenesi (in pratica, filogenesi basate solamente su caratteri di un singolo distretto).
Almeno nei coelurosauri, ma probabilmente in tutti i theropodi, è possibile identificare 5 moduli scheletrici: il cranio, la colonna presacrale, la regione pettorale, la regione caudofemorale (comprendente il cinto pelvico, la colonna sacrale, la coda ed il femore) ed una regione "tibiometatarsale". Probabilmente, gli ultimi due possono essere fusi in un singolo modulo, anche se, per esigenze della mia analisi, ho preferito mantenerli distinti.
Tornando al tema del post, esistono casi di evoluzione modulare nell'evoluzione dei theropodi "vistosi" come quello di Darwinopterus per gli pterosauri? Questi sono probabilmente i casi più interessanti:
- Il cranio dei tyrannosauroidi basali, come Guanlong e Dilong, è relativamente più "tyrannosauroide" rispetto al resto dello scheletro, che mantiene un bauplan "coeluride". Quindi, è probabile che l'evoluzione dello scheletro tyrannosauridae sia stata modulare.
- Analogamente, il cranio di Monolophosaurus è relativamente "allosauroide", mentre il resto dello scheletro è relativamente da "tetanuro basale". Anche questo caso indica una modularità nell'evoluzione dello scheletro allosauroide.
- L'arto anteriore di Jeholornis mostra numerose apomorfie degli aviali più derivati, mentre la regione caudofemorale è da paraviale basale. Ciò indica una modularità nell'evoluzione degli adattamenti al volo negli uccelli.

La lista probabilmente è più lunga. Tutti questi casi dimostrano che l'evoluzione, in questo caso nei theropodi, non fu mai un processo di trasformazione completa "olistica" e "essenzialista" delle anatomia (con graduale trasformazione, simile ad un "morphing", dell'intero corpo), bensì una sovrapposizione discontinua di strutture ipercomplesse e semi-indipendenti.

Bibliografia:
Lü, J., Unwin, D. M., Jin, X., Liu, Y. & Ji, Q. 2009. Evidence for modular evolution in a long-tailed pterosaur with a pterodactyloid skull. Proceedings of the Royal Society B doi:10.1098/rspb.2009.1603.

13 ottobre 2009

Il Miglior Film sui Theropodi nella Storia del Cinema


Se pensate che Jurassic Park sia la massima espressione artistica dell'essenza dei dinosauri, allora non avete capito nulla. Questo capolavoro di Hitchcock è invece totalmente intriso della feroce inesplicabilità del Mesozoico! Meraviglioso ed inquietante, come sono i theropodi. La scena finale, un tributo a quando i theropodi dominavano la Terra.

10 ottobre 2009

Un piccolo passo per un dinosauro, un passo da gigante per la paleontologia


Un simpatico aneddoto dei miei tempi universitari ha per protagonista il mio professore di paleontologia, F. Cigala Fulgosi, il quale, prima ancora che paleontologo ed autorità in materia di squali, è prima di tutto un filosofo. Almeno, questa è l'impressione mia e dei miei compagni di corso. Come può confermare S. Maganuco, le lezioni di Cigala Fulgosi erano vere e proprie sedute di filosofia naturale, forse un po' troppo nichiliste... Durante un'escursione sul campo, Cigala Fulgosi se ne uscì con questa sentenza sul valore delle simulazioni matematiche nei crash test aeronautici: "il modo migliore per testare un velicolo è costruirlo e farlo schiantare". Ovviamente, questa massima è valida per oggetti che possono essere ricostruiti, ovvero, per oggetti ingegneristici, non certo per oggetti storici. La filogenesi e la biomeccanica di un dinosauro sono perdute per sempre, e possono solamente essere simulate. In effetti, anche disponendo di uno scheletro completo, l'assenza di muscoli e di sistema nervoso rende la simulazione del movimento originario più una stima di ciò che non può essere fatto, dei limiti del movimento, piuttosto che una determinazione di cosa sia possibile fare, delle performance. Per questo, le stime di Hutchinson et al. (2007) sulla dinamica di Tyrannosaurus sono più plausibili delle idee di Paul (2008).
Per nostra fortuna, esiste un ambito della paleontologia che in parte compensa queste lacune: la paleoicnologia. Una pista continua di orme fossili, infatti, è una parziale documentazione della dinamica locomotoria. In casi particolari, è possibile ricavare moltissimo sul modo di muoversi di un animale estinto. Il caso che descrivo oggi è tra i migliori a nostra disposizione.
Wilson et al. (2009) descrivono un sito dell'inizio del Giurassico dal Sudafrica. Esso comprende alcune piste attribuibili ad un ornithischio basale (orma del tipo Anomoepus) ed una di theropode (orma del tipo Grallator). Entrambi gli animali hanno una taglia stimata sui 5-6 metri, che nel caso del theropode, è rappresentato nelle stesse formazioni sudafricane da Dracovenator. Ovviamente, non si può dire che l'autore della pista theropoda fosse proprio un esemplare di quel genere, ma non si può nemmeno negarlo. Ad ogni modo, le condizioni geologiche della pista sono tali da indicare il seguente paleo-ambiente deposizionale: una parte della pista fu percorsa sul fondo di un corso d'acqua calma e molto bassa, una parte era invece un substrato liscio inclinato di circa 20°, mentre l'ultima zona era una superficie piatta occupata da un sottile tappeto di alghe. Si tratta quindi di ambienti che oggi si possono trovare sull'ansa in disseccamento di un fiume. Le dettagliata analisi delle orme, delle loro forme, posizioni, inclinazioni ed angolazioni, ha permesso di ricostruire nel dettaglio due brevi momenti di vita, avvenuti 200 milioni di anni fa, probabilmente distanziati uno dall'altro da pochi giorni.
Evento 1, pista Anomoepus: 17 passi. L'ornithischio inizia la sua pista nell'acqua bassa, attraversa la superficie inclinata e termina la sua pista nel tappeto algale. I primi 13 passi sono quadrupedi, come indicato dalle impronte della mano, con postura dei piedi plantigrada, relativamente accucciata. In seguito, a livello del 11° passo, l'animale si solleva, assume una posture più eretta e digitigrada, e percorre alcuni passi ancora da quadrupede. Infine, gli ultimi due passi sono lasciati in postura bipede e digitigrada.
Event 2, pista Grallator: 25 passi. Il teropode inizia la sua pista nella parte inclinata, a ridosso dell'acque, poi svolta, immergendosi e attraversando il basso corso d'acqua. In tutta la sequenza, il teropode mantiene una postura bipede e digitigrada. Tuttavia, esso rallenta l'andatura e, aspetto molto interessante, aggiusta la sua postura sulla superficie inclinata flettendo gli unguali delle dita, per ancorarsi più saldamente al substrato instabile.

Questi due piccoli momenti di vita giurassica, apparentemente banali, hanno invece grandissime implicazioni sulla nostra conoscenza della biomeccanica dei dinosauri. Innanzitutto, l'ornithischio basale dimostra di essere un bipede facolatativo, capace di variare la sua postura, da bipede a quadrupede, e da quadrupede digitigrado eretto a quadrupede plantigrado leggermente divaricato ed accucciato, a seconda delle condizioni del substrato che stava attraversando. Questa versatilità locomotoria si trasmetterà negli ornithischi derivati, i quali hanno evoluto sia specie bipedi, più o meno facoltative, che specie esclusivamente quadrupedi. Al contrario degli ornithischi, la pista mostra che i theropodi furono sempre e soltanto dei bipedi digitigradi. come i loro antenati dinosauromorfi. Le differenze di substrato quindi non venivano affrontate cambiando postura, bensì adattando il piede, che poteva flettere le dita per migliorare la presa sul terreno.
Un'interessante implicazione evolutiva: questo comportamento di flessione delle dita del piede per adattare la presa al substrato è stato ereditato dagli uccelli, che l'hanno adattato alla prensione sui rami. Come vedete, per l'ennesima volta, un tratto "tipicamente da uccello" come parrebbe essere l'atto di fare presa flettendo le dita dei piedi, è in realtà un'invenzione dei theropodi mesozoici.

Bibliografia:
Hutchinson J.R., Ng-Thow-Hing V., Anderson F.C. 2007. A 3D interactive method for estimating body segmental parameters in animals: application to the turning and running performance of Tyrannosaurus rex. Journal of theoretical biology 246 (4): 660–80.
Paul, G. S. 2008. The extreme lifestyles and habits of the gigantic tyrannosaurid superpredators of the Late Cretaceous of North America and Asia. in Carpenter, Kenneth; and Larson, Peter E. (editors). Tyrannosaurus rex, the Tyrant King (Life of the Past). Bloomington: Indiana University Press. p. 316.
Wilson J.A., Marsicano C.A., Smith R.M.H. 2009. Dynamic Locomotor Capabilities Revealed by Early Dinosaur Trackmakers from Southern Africa. PLoS ONE 4(10): e7331. doi:10.1371/journal.pone.0007331

08 ottobre 2009

_Tarbosaurus_ vs. _Tyrannosaurus_: non solo una questione di nomenclatura

Gli animali sono gli oggetti più complessi dell'universo. Essi possono essere studiati per la loro ipercomplessità morfologica, che supera quella di qualsiasi altra struttura esistente, e per le numerose proprietà emergenti da tale morfologia, come il comportamento, l'ecologia o, in rari casi, la cultura. Inoltre, dopo Darwin, non è possibile trascurare la storia che ha prodotto delle così complesse macchine biochimiche. La storia, che, in termini analitici, è la filogenesi. Nonostante ciò, sembra che molti animali siano condannati ad essere visti solamente per una manciata standard di punti di vista, spesso banali e ripetitivi. I tyrannosauridi giganti sono tra gli animali a cui è stato destinato un punto di vista banale e limitato. Almeno, questa è la mia opinione. In particolare, sembra che un problema interessante e complesso come l'esistenza di due specie giganti di tyrannosauridi si sia ridotto ad una mera questione nominalistica, di consenso nomenclaturale, tralasciando di affrontare questioni ben più accattivanti.
A me non interessa minimamente se il tyrannosauridae gigante della Formazione Nemegt sia da chiamare Tarbosaurus bataar oppure Tyrannosaurus bataar. Questo problema è superfluo. Per quel che mi riguarda, tralascio la questione ad altri e, per chiarezza espositiva, preferirò mantenere la distinzione del nome generico tra Tarbosaurus e Tyrannosaurus. Come ho detto più volte, i generi sono artifici retorici inventati da Linneo, non reali aggregati naturali prodotti da fenomeni biologici (come invece sono le specie), quindi, non vale la pena discutere troppo: una volta stabilito un consenso che permetta la discussione, è bene parlare dei veri problemi.
Qual'è il vero problema che voglio discutere qui? Le differenze morfologiche tra Tarbosaurus e Tyrannosaurus, in particolare, la bizzarra morfologia cranica di Tyrannosaurus (caratterizzato da crani adulti molto espansi trasversalmente nella regione postorbitale, confrontate le immagini A2 e B2 della figura qui sotto), assente in Tarbosaurus (il quale conserva un cranio con proporzioni più "classiche"; vedere Hurum & Sabath, 2003, per i dettagli).
Cosa ha prodotto le differenze morfologiche tra Tarbosaurus e Tyrannosaurus, se, come appare probabile, essi sono strettamente imparentati?
La prima ipotesi potrebbe essere una differenza nelle specializzazioni alimentari. Forse, Tyrannosaurus era specializzato a predare animali differenti da Tarbosaurus. In questo caso, i candidati principali sarebbero i ceratopsidi, come Triceratops, i quali sono abbondanti nella Formazione Hell Creek, da cui proviene Tyrannosaurus, ma assenti nella Formazione Nemegt da cui proviene Tarbosaurus. Potrebbe essere, ma non mi convince. I ceratopsidi sono molto abbondanti anche nelle formazioni da cui provengono altri Tyrannosauridi americani, come Gorgosaurus, Albertosaurus e Daspletosaurus, eppure, come ho detto prima, nessuno di questi tyrannosauridi mostra la specializzazione cranice di Tyrannosaurus.
A mio avviso, la spiegazione è differente, non legata proprio alla predazione, bensì alle dinamiche delle popolazioni all'interno degli ecosistemi. Quali sono le differenze tra l'ecosistema della F. Nemegt e quello della F. Hell Creek? La Nemegt è molto più ricca in termini di specie (Russell, 2004). In particolare, nella Nemegt abbiamo una maggiore disparità di dinosauri, e, in particolare, abbiamo almeno 3 generi di Tyrannosauroidi (Tarbosaurus, Alioramus e Bagaraatan). Al contario, nella Hell Creek, abbiamo un minor numero di taxa, ed un solo tyrannosauroide, Tyrannosaurus. Da questo punto di vista, la Hell Creek è anche più povera rispetto ad altre formazioni americane, e ciò si esprime anche nei tyrannosauroidi, che spesso coesistono in più di un genere per formazione (Russell, 2004).
Che implicazioni può avere questa differenza nelle biodiversità. In ecologia, gli ecosistemi si possono classificare lungo una sequenza polarizzata: ad un estremo della sequenza abbiamo ecosistemi molto ricchi di specie, le quali sono estremamente specializzate; all'altro estremo abbiamo ecosistemi con un ridotto numero di specie, le quali sono però più generaliste. Spesso, la capacità "generalista" di una specie si esprime in differenti ecologie che essa può assumere durante il ciclo vitale. Come ho descritto qui, è plausibile che la marcata differenza di taglia e morfologia cranica in Tyrannosaurus dimostri una differenza di ecologia (prede e abitudini) tra giovani, subadulti ed adulti. Possibile che Tyrannosaurus fosse quindi un taxon più generalista rispetto agli altri tyrannosauridi, adattato a differenti strategie ecologiche, differenziate con l'età, e che si fosse evoluto in concerto col suo ecosistema, quello della Hell Creek, caratterizzato da poche specie, molto diffuse, ma poco specializzate?
Cibo per il cervello...


Bibliografia:
Russell D.A. 2004. The dinosaurian setting of primitive Asian birds. In: Feathered Dragons: Studies on the Transition from Dinosaurs to Birds, (eds. by Currie, P.J., Koppelhus, E.B., Shugar, M.A. and Wright, J.L. pp. 15-34.
Hurum, J.H. and Sabath, K. 2003. Giant theropod dinosaurs from Asia and North America: Skulls of Tarbosaurus bataar and Tyrannosaurus rex compared. Acta Palaeontologica Polonica 48 (2): 161–190.

07 ottobre 2009

Pensieri, parole, opere ed omissioni su _Alioramus altai_ (Brusatte et al., 2009)


Indubbiamente, il 2009 è l'anno dei tyrannosauroidi. Dopo l'intrigante Xiongguanlong, il controverso Raptorex, ecco una nuova specie, riferita al genere Alioramus: A. altai Brusatte et al. (2009). Non voglio anticipare nulla, ma non sarà l'ultimo nuovo tyrannosauroide in arrivo...
Per i dettagli di cosa sia Alioramus altai vi rimando direttamente a Steve Brusatte, principale autore della nuova scoperta. Riassumendo, si tratta di un esemplare giovanile di un tyrannosauroide, molto completo, estremamente simile ad Alioramus remotus, ma distinguibile per alcuni tratti cranici (Alioramus remotus è noto solo da un cranio) così da rappresentare una nuova specie. Gli autori ammettono che queste differenze potrebbero essere dovute a variabilità intraspecifica, ma che, alla luce della quasi identica taglia dei due esemplari, sia più saggio, almeno per ora, considerarli specie distinte. Due caratteri, l'elevato numero di denti (per gli standard tyrannosauroidi) ed un bizzarro processo laterale dello jugale, giustificano la loro stretta parentela e l'attribuzione della nuova specie al genere Alioramus.
Prima di affrontare una questione molto interessante, di natura ecosistemica (oggetto del prossimo post), in questo post voglio parlare della posizione filogenetica proposta da Brusatte et al. (2009). Non perché io sia un amante della filogenesi dei theropodi (è così, ma non è per questo che vi tedierò con questo post), ma perché questo caso illustra bene il concetto, espresso spesso su questo blog, che le filogenesi non sono dogmi assoluti da imparare a memoria e ripetere come cantilene, ma ipotesi scientifiche, ovvero, elaborazioni matematiche, fortemente condizionate dai dati e dal modo con cui li elaboriamo, suscettibili di verifica e dotate di una plausibilità "misurabile". L'analisi di Brusatte et al. (2009) colloca Alioramus alla base di TyrannosauriNae (attenzione ai suffissi: TyrannosauriNae, un sottogruppo di TyrannosauriDae: tutti i tyrannosauriDi più vicini a Tyrannosaurus rispetto a Albertosaurus). In base a questa ipotesi, dato che tutti gli altri TyrannosauriDae noti sono di grande taglia, molto maggiore dei 5-6 metri stimati per l'adulto di Alioramus, si deve dedurre che Alioramus rappresenti una forma di nanismo, ovvero, una ri-evoluzione della taglia tipica dei tyrannosauroidi più basali, esterni a Tyrannosauridae. Tuttavia, come sottolineano gli stessi autori, questo risultato è condizionato dai taxa inclusi nell'analisi, ovvero, è un caso di campionamento tassonomico artefatto. In questo caso, il risultato è dovuto all'omissione di Xiongguanlong dall'analisi. Giustificazione data dagli autori per l'omissione: è molto frammentario e tende a occupare più posizioni possibili nella filogenesi, destabilizzandola e producendo un'albero con bassa risoluzione.
A mio avviso, tale giustificazione è insufficiente: lo scopo delle analisi filogenetiche è stabilire il grado di robustezza delle nostre ipotesi filogenetiche, non la creazione di filogenesi "robuste": il fatto che Xiongguanlong produca politomie "antipatiche" non è un criterio sufficiente per escluderlo a priori dalle analisi. Se includiamo Xiongguanlong nell'analisi di Brusatte et al. (2009) -ciò è possibile perché gli stessi autori codificano Xiongguanlong nella loro matrice scaricabile in rete, sebbene poi non lo includano nell'analisi- risulta effettivamente una grande incertezza in Tyrannosauroidea, ma nondimeno si produce il clade Tyrannosauridae, (= il nodo "Albertosaurus + Tyrannosaurus") il quale (che combinazione!) NON comprende affatto Alioramus! Ad ogni modo, anche se Xiongguanlong è instabile, non deve essere escluso a priori dall'analisi, ma mantenuto, dato che esso è, indipendentemente dalla sua frammentarietà, un taxon chiave, che come ho appena mostrato, incide profondamente sulle relazioni evolutive tra i tyrannosauroidi: se non vogliamo che "disturbi nell'albero" è sufficiente "sfoltirlo" a posteriori dal risultato, per visualizzare solamente le posizioni degli altri taxa (con PAUP esiste una specifica istruzione per questi test).
In conclusione, Alioramus potrebbe essere effettivamente un tyrannosaurinae nano, come sostengono Brusatte et al. (2009) ma, in base all'analisi completa (comprendente Xiongguanlong) non si può escludere che sia solamente un "normale" tyrannosauroide basale (esterno a Tyrannosauridae), quindi di taglia "normale" per la sua collocazione basale. Nuovi dati (tra cui la dettagliata descrizione di A. altai - in arrivo- e nuove informazioni sulle forme basali) sono necessarie per risolvere questo enigma. Nella prossima puntata, parleremo di ecosistemi, piramidi ecologiche, e, ovviamente, di tyrannosauroidi.

Ringrazio Steve Brusatte per avermi inviato una copia del suo articolo.

Bibliografia
Brusatte, S.L., T.D. Carr, G.M. Erickson, G.S. Bever, and M.A. Norell. 2009. A long-snouted, multihorned tyrannosaurid from the Late Cretaceous of Mongolia. PNAS published online before print October 5, 2009, doi:10.1073/pnas.0906911106

05 ottobre 2009

Coming Soon: 2009, l'Anno Tyrannosauroide: una nuova specie di _Alioramus_

Attendo di avere tempo sufficiente per farvi un resoconto originale...

Cosa vi dice questa immagine?

Ovviamente, questa tavola non rappresenta alcuna scena mai accaduta: i due animali sono infatti due differenti ricostruzioni di uno stesso Eudromaeosauria, ma basate sulle concezioni scientifiche di due decenni differenti: in alto, abbiamo l'attuale consenso della comunità scientifica, in basso, sottomesso al Progresso della Conoscenza, giace il consenso accettato fino agli anni '90 del XX secolo (escludendo Paul e pochi altri, che azzardavano un protopiumaggio. Ironicamente, anche la versione di Paul si è rivelata "prudente", dato che proponeva un "protopiumaggio" meno complesso di quanto oggi sappiamo essere esistito nei maniraptori).
Per i dettagli di come si sia arrivati all'attuale ricostruzione, e del perché quella precedente non solo è obsoleta, ma anche altamente improbabile (per non dire scientificamente insostenibile), vi rimando a questi precedenti post (è un argomento molto interessante, che ho affrontato molto e in dettaglio):

Forma e distribuzione del piumaggio nei Theropodi. Parte 1.
Forma e distribuzione del piumaggio nei Theropodi. Parte 2.
Non tutti i giacimenti possono conservare il piumaggio!
Il piumaggio di Microraptor.
Più Scienza, meno ignoranza!
Le nuove penne di Beipiaosaurus.
Ricostruire scientificamente il tegumento dei theropodi.
Le tenaci penne di Velociraptor.
Il colore delle penne maniraptoriane.
Tianyulong e la rivoluzione protopiumata.
Il nuovo Anchiornis.

Inutile ricordare che anche la versione piumata è solamente una rappresentazione, un'immagine plausibile di una creatura non esistente, basata su prove, ma che, in assenza di esemplari viventi, non dovrà mai avere l'arroganza di definirsi "vera" come le immagini naturalistiche delle creature attuali. (Sebbene sia sicuramente molto più verosimile dello squamoso giocattolo che sta opprimendo... chi ha orecchie e maturità per intendere, intenda).

Mettersi in gioco per ciò che si ama

Questo post è più personale che theropodologico... mi scuso per l'eventuale off-topic.
La mia etica è totalmente laica, della responsabilità fine a sé stessa, non volta ad una "ricompensa dall'alto". Tendo ad essere una persona di parola, o, perlomeno, mi impegno seriamente per mantenere ciò che dico. Forse nella vita ho realizzato poche cose, ma sempre al massimo delle mie possibilità, nonostante le inevitabili difficoltà. Preferisco evitare di intraprendere qualcosa se non sento che la completerò. Non ho mai capito le persone che iniziano mille progetti per poi abbandonarne 997... tanto valeva iniziarne solo tre e completarli! Non penso di essere speciale in questo: so che siamo in tanti, o forse mi illudo di crederlo. Ad ogni modo, istigato dal Paleo Paper Challenge, ho promesso di terminare uno dei miei progetti paleontologici entro l'inizio del 2010. Tre mesi di tempo per preparare il manoscritto su un esemplare di coccodrillo marino giurassico, un Metriorhynchidae, molto bello, ma mai studiato nel dettaglio. Di tutti i miei progetti paleontologici, attualmente è l'unico che non comprenda theropodi... curioso che ne parli proprio qui. Spero di mantenere l'impegno.
A causa degli impegni lavorativi (quelli "veri", che servono a mantenermi e non hanno niente a che vedere con la paleontologia, né tanto meno con i miei amati theropodi), almeno per l'intero Ottobre ridurrò molto i miei tempi di studio e ricerca (e blogging): nonostante ciò sto preparando alcuni progetti, ed attendo l'OK di alcuni colleghi per partire con altri.
In particolare, sono in un team che sta descrivendo un nuovo theropode gondwaniano. Inoltre, sono stato "arruolato" per un articolo che va direttamente "all'essenza stessa" dell'essere theropodi... in entrambi i casi, non posso dire altro, tranne ringraziare chi mi ha chiesto di partecipare: si tratta di grandissime dimostrazioni di stima e, spero, un riconoscimento ai miei eventuali meriti. In ambo i casi, si tratta di lavori con colleghi stranieri*: essere noto anche fuori dal mio paese, e poter collaborare con importanti teams esteri, è per me un motivo di grande soddisfazione ed orgoglio, oltre che un forte incentivo a continuare, nonostante le note limitatezze della situazione paleontologica nostrana.
Restando in Italia, sperando davvero che i vari impedimenti extra-scientifici si risolvano (molto più pressanti di quanto il profano possa pensare: come ho imparato io stesso, dissipando una mia eccessiva ingenuità carica di entusiasmo), dovrei partecipare ad almeno un paio di studi su nuovo materiale theropode, molto interessante. In questo caso, se ne parlerà il prossimo anno. Per ora, incrociamo le dita!
Infine, ma sarebbe stata la prima da ricordare, c'è Megamatrice. Marco Auditore mi ha recentemente spronato a pubblicarla: nonostante la natura intrinsecamente provvisoria di questo lavoro, continuamente aggiornabile, perennemente al limite dell'obsolescenza, è necessario che mi decida a pubblicarne una versione. Data la mole (attualmente, 340 taxa x 1171 caratteri), l'atto stesso di iniziare a preparare una bozza da pubblicare produrrebbe uno sdoppiamento del lavoro: da un lato la matrice vera e propria, che continuerebbe a crescere, dall'altro la versione da pubblicare, che sarebbe necessariamente cristallizzata al momento in cui deciderò di analizzarla nel dettaglio.
Si prospetta un Autunno-Inverno intenso. Ma niente è più bello che impegnarsi per ciò che si ama.
*Al recente Congresso di Bologna ho avuto una piacevole dimostrazione di ciò, che mi ha molto caricato emotivamente.

02 ottobre 2009

Non dire _Spinosaurus_ finché non l'hai nel sacco (dei revisori)

A me personalmente non piace che ci sia già in giro l'abstract e che di quello già si parli tanto (ho già visto in giro dei disegni, in cui tra l'altro non hanno capito nulla... ma d'altronde senza figure non era scontato), nel senso che non è un articolo peer reviewed ma solo un riassunto preliminare su una cosa che va ancora studiata bene includendo anche gli altri esemplari noti.

(Maganuco, pers. com. 2009-pubblicata col permesso dell'autore)

Di cosa parla questo blog? Di theropodi mesozoici! E cosa sono i theropodi mesozoici? Sono una teoria scientifica sul significato di certi resti fossili. E cos'è una teoria scientifica? Un insieme di concetti elaborati dalla comunità scientifica. E cos'è la comunità scientifica? Un insieme di esseri razionali che comunicano tramite un codice chiamato letteratura scientifica.

Quindi, in definitiva, questo blog parla di letteratura scientifica, ovvero, di un sottoinsieme della letteratura umana i cui confini, non proprio nettissimi, sono difesi dalla stessa comunità scientifica tramite una barriera autoreferente chiamata revisione. Tutto questo borioso inizio per dire che Theropoda.blogspot parla solo di pubblicazioni soggette a revisione (peer-reviewed).
Un genere di pubblicazione che è appena oltre il confine della letteratura scientifica vera e propria è la comunicazione tramite presentazioni e conferenze, quasi sempre diffusa con brevi riassunti raccolti insieme durante Conferenze Scientifiche o Congressi. So che mi state odiando, quindi vado direttamente al sodo.
Recentemente, si è svolto il Primo Congresso sulla Paleontologia dei Vertebrati del Nordafrica. Durante il Congresso, Dal Sasso et al. (2009) hanno presentato i risultati preliminari di uno studio sul rostro di Spinosaurus descritto da Dal Sasso et al. (2005). Dato che lo studio, che si è servito di tecniche di osservazione non-invasive per analizzare l'interno del rostro, ha rilevato interessantissime strutture di natura neurovascolare, è partita l'inevitabile schiera di rumors e ipotesi speculative su qualcosa che, finora, non è stato ancora tradotto in una pubblicazione scientifica.
Io non mi unirò al club dei rumoristi, ed anzi, per chiudere questo post, suggerisco a tutti di seguire la sacrosanta legge di Holtz, ovvero, di parlare solo nel momento opportuno:

"WAIT FOR THE PAPER!"


Bibliografia:


Dal Sasso C., Maganuco S., Buffetaut E. & Mendez M. 2005. New information on the skull of the enigmatic theropod Spinosaurus, with remarks on its size and affinities. Journal of Vertebrate Paleontology, 25 (4): 888-896.

Dal Sasso C., Maganuco S. & Cioffi A., 2009. A neurovascular cavity within the snout of the predatory dinosaur Spinosaurus. First International Congress on North African Vertebrate Palaeontology, 25-27 May 2009 Marrakech (Morocco), 22-23.