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30 luglio 2009

Il postcranio di _Monolophosaurus_ e il Destino di Carnosauria



I lettori fissi di questo blog conoscono le mie aree di maggior interesse theropodologico. Tra queste sono sicuramente i theropodi del Giurassico Medio, la nebulosa età durante la quale i tetanuri si differenziarono nelle linee principali che avrebbero persistito con successo per i successivi 100 milioni di anni. Attualmente, i theropodi del Giurassico Medio sono noti principalmente da tre regioni: l’Argentina (Piatnitzkysaurus, Condorraptor), la regione Franco-Britannica (Megalosaurus, Magnosaurus, Duriavenator, Dubreuillosaurus, Poekilopleuron) e la Cina (Xuanhanosaurus, Gasosaurus, “Szechuanosauruszigongensis, Monolophosaurus, Chuandongocoelurus ed altri frammentari)*. Di tutti questi taxa, il più completo è sicuramente Monolophosaurus, rappresentato da un esemplare avente un cranio completo e magnificamente conservato, oltre che buona parte della colonna vertebrale e del cinto pelvico. Recentemente, Zhao et al. (2009) ri-descrivono lo scheletro post-craniale di Monolophosaurus (la ri-descrizione del cranio sarà in un altro articolo), evidenziandone la natura relativamente plesiomorfica. In particolare, il bacino mostra una morfologia intermedia tra quella “neotetanura” e quella dei theropodi basali (come Dilophosaurus e Ceratosaurus). Ciò in parte contrasta con la morfologia del cranio che ricorda gli allosauroidi. Ciò è interpretabile in più modi alternativi:

Scenario A: Monolophosaurus sarebbe un tetanuro molto basale, che mostra convergenze nel cranio con gli allosauroidi.
Scenario B: Monolophosaurus sarebbe un tetanuro basale, e la morfologia craniale “allosauroide” sarebbe un carattere diffuso in molti tetanuri non-coelurosauri (sarebbe una simplesiomorfia).
Scenario C: Monolophosaurus sarebbe un carnosauro basale, imparentato con Allosauroidea proprio in virtù delle affinità craniche: in tal caso, numerosi caratteri derivati presenti nel postcraniale in allosauroidi e coelurosauri sarebbero convergenze e non effettive omologie.

Tutti gli scenari sono al vaglio di Megamatrice, ed hanno profonde implicazioni sullo status dei Megalosauroidi/Spinosauroidi: infatti, nel terzo caso, risulterebbe molto probabile inserire questi tetanuri in Carnosauria, con Monolophosaurus e gli allosauroidi.
Un’interessante ipotesi suggerita da Zhao et al. (2009) riguarda l’enigmatico e frammentario Chuandongocoelurus. Questo theropode è basato su due esemplari probabilmente non conspecifici: l’olotipo (il più piccolo dei due esemplari) conserva un cinto pelvico e l’arto posteriore. Il bacino mostra una combinazione di caratteri (sia derivati che primitivi) simile a Monolophosaurus: ciò potrebbe dimostrare un legame tra i due theropodi cinesi. Tuttavia, sono cauto in questo frangente (una combinazione di caratteri sia derivati che primitivi non costituisce un clade ma un grado), ed attendo la descrizione completa di Chuandongocoelurus prima di esprimermi in proposito.

*Se accettiamo l’ipotesi biostratigrafica di Rauhut & Lopez-Arbarello, alla lista va aggiunto il Nordafrica con Afrovenator e Spinostropheus.

Bibliografia:
Zhao X.-J., Benson R.B.J., Brusatte S.L. & Currie P.J., 2009 - The postcranial skeleton of Monolophosaurus jiangi (Dinosauria: Theropoda) from the Middle Jurassic of Xinjiang, China, and a review of Middle Jurassic Chinese theropods. Geological Magazine. doi:10.1017/S0016756809990240.

25 luglio 2009

We are working for you

In questo periodo non ho molto tempo per pubblicare post. Tra le varie attività, sono impegnato in alcuni studi molto interessanti. Tutto quello che posso dire per ora è...Blank

22 luglio 2009

Tra le fauci di Spinosaurus


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La maggioranza delle immagini che normalmente si pubblicano sulle ossa craniche dei theropodi (e non solo) sono in vista laterale, ovvero, con l’osservatore perpendicolare alla superficie laterale. Probabilmente, molti di voi lettori non hanno quasi mai visto crani di theropodi in viste differenti da quella laterale, e, di conseguenza, non hanno quasi alcuna informazione sulla profondità e tridimensionalità di tali animali. In generale, a parte alcune eccezioni (come Majungasaurus), i crani dei theropodi, sopratutto nella regione rostrale (ovvero, posta anteriormente alle orbite oculari), sono molto stretti (compressi mediolateralmente). I rostri dei theropodi, infatti, tendono ad essere allungati e compressi, più alti che ampi. Anche un theropode come Tyrannosaurus, noto per avere una regione postorbitale del cranio molto ampia, al punto da conferire alle orbite un’ampia sovrapposizione nella visione stereoscopica, è relativamente stretto a livello della regione preorbitale e del rostro.
L’esemplare perfettamente conservato ed articolato di rostro di Spinosaurus conservato a Milano conferma questa caratteristica generale dei theropodi. Pur essendo lungo un metro, questo rostro è relativamente stretto, sopratutto a livello della articolazione premascellare-mascellare (le due ossa sono indicate nella foto sotto: pmx, premascellare; mx, mascellare): essa è a malapena in grado di contenere al suo interno il cranio di un uomo. In questa foto, ruotata rispetto all’originale (in dettaglio in alto), potete contemplare il vostro caro blogger che si sacrifica per la Scienza, inserendo la testa all’interno delle fauci di Spinosaurus al fine di darvi un’idea delle sue dimensioni. In realtà, la foto risale al 2005 (o era fine 2004? Devo controllare...), poco prima che l’esemplare fosse esposto al pubblico: assistito da Simone Maganuco, stavo osservando da vicino le suture del palato.

21 luglio 2009

Kemkemia auditorei (Cau & Maganuco, 2009) - Ultima Parte: Il significato di MSNM V6408


I theropodi sono i dinosauri nettamente più abbondanti dei Letti del Kem Kem. Il perché di tale abbondanza non è stato chiarito. In parte, tale abbondanza può essere un artefatto della raccolta dei reperti, che ha privilegiato i theropodi a scapito di ornithischi e sauropodi; in parte è possibile che ciò rifletta la paleoecologia degli ambienti del Cretacico medio del Nordafrica. Significativo, a questo proposito, notare l’abbondanza dei fossili di pesci, in particolare dei grandi sarcopterigi, tipici abitanti di acque basse. Uno scenario possibile per l’ecosistema del Kem Kem dipinge un ambiente relativamente svantaggioso per i dinosauri vegetariani, con una catena alimentare relativamente breve che poggiava principalmente sui pesci, e sui predatori ittiofagi. Tuttavia, esistono evidenze di sauropodi (Rebbachisaurus, titanosauri ed una nuova forma in studio), e qualche evidenza di ornitischi. Quindi, a mio avviso, è prematuro giungere a conclusioni definitive sulla composizione e sulle relazioni trofiche dell’antico ecosistema del Kem Kem.

Limitandosi ai theropodi, Kemkemia rappresenta il primo taxon di taglia media al quale sia stato possibile attribuire un nome. Resti di theropodi di taglia media erano già noti nel Kem Kem, in particolare sotto forma di probabili abelisauroidi, ma non avevano potuto essere battezzati in quanto privi di caratteri diagnostici. Se futuri ritrovamenti stabiliranno che Kemkemia sia un abelisauroide (ipotesi che tenderei a sostenere, ma che non posso confermare con i soli dati attuali), è possibile che quei resti (in particolare di ossa craniche) vengano attribuiti a questo nuovo theropode. Altrimenti, nel caso Kemkemia non fosse un abelisauroide, avremmo la seconda specie di theropode di taglia media. Resti di theropodi di taglia ancora più piccola sono noti. Io stesso ho visionato del materiale che potrebbe appartenere a piccoli theropodi di struttura gracile, ma, data la frammentarietà dei resti, non è ancora possibile stabilire se siano adulti di specie di piccola taglia o forme giovanili di taxa di grandi dimensioni adulte.

Kemkemia auditorei dimostra che anche resti estremamente frammentari possono essere significativi per la comprensione di antichi mondi perduti. La fortuna ha voluto che ci imbattessimo in una vertebra caudale altamente apomorfica, dato che, generalmente, la maggioranza dei theropodi non ha caudali diagnostiche a livello di genere e specie. Ciò solleva la questione se, effettivamente, questo possa essere il destino futuro di Kemkemia auditorei quando scopriremo nuove specie, ovvero, che la morfologia apomorfica della sua coda non risulti più tipica solo di questo genere, ma bensì sia una caratteristica di un intero clade di livello superiore. Questo problema, in realtà, è secondario, e affligge tutti i fossili, non solo i frammentari. Più problematico sarebbe scoprire che la morfologia battezzata “Kemkemia auditorei” appartenga ad un altro theropode già noto dal Kem Kem. Tralasciamo per un attimo la differenza di taglia tra Kemkemia e gli altri taxa già noti dal Kem Kem. Dei tre theropodi noti nel Kem Kem, solo uno è noto anche da resti della coda: Deltadromeus. Gli altri due, Spinosaurus e Carcharodontosaurus, non hanno ancora resti delle vertebre caudali. Pertanto, esiste la possibilità che uno dei due possa essere il proprietario della coda battezzata “Kemkemia”, il quale decadrebbe quindi come nome valido. Come abbiamo discusso nell’articolo, io e Simone riteniamo poco probabile tale eventualità (sebbene non ci stupiremmo se venissimo smentiti da nuovi reperti): i tetanuri basali (come Spinosaurus e Carcharodontosaurus) hanno morfologie caudali differenti da MSNM V6408. Sia chiaro fin da ora, sono pienamente consapevole che ciò non dimostra automaticamente che essi non possano essere i proprietari di MSNM V6408! In particolare, data la morfologia aberrante almeno di Spinosaurus, non si può escludere che la sua coda terminasse con vertebre del tipo “Kemkemia”. Vedremo in futuro: qualunque sarà la verità, sarò felice di scoprirla. Anche nel caso Kemkemia risultasse essere una caudale di spinosaurino, l’importanza di questo bizzarro reperto non verrebbe meno.

Infine, per concludere la serie su Kemkemia, un grazie a tutti coloro che hanno parlato di Cau & Maganuco (2009) in rete! In una sola settimana sono state create sette pagine di Wikipedia, in ben sei lingue!

In inglese.

In inglese (2).

In polacco.

In portoghese.

In spagnolo.

In olandese.

In ceco.

15 luglio 2009

Pausa dalla estrema frammentarietà: Nothronychus graffami (Zanno et al., 2009)


Temo che molti di voi si stiano un po’ stancando di un’intera settimana dedicata esclusivamente ad una singola vertebra caudale distale... Tenete duro ancora per un post... No? Vi serve una pausa? Cosa può compensare il vostro appetito theropodologico messo così duramente a dieta di ossa meglio del più completo scheletro di Therizinosauridae scoperto finora? Zanno et al. (2009) pubblicano oggi la descrizione di una nuova specie del therizinosauro americano Nothronychus, N. graffami (la specie tipo è invece N. mckynlei). Questo nuovo theropode condivide con Nothronychus mckinley una serie di caratteri, principalmente nell’ischio, ed è quindi attribuito allo stesso genere, ma si distingue per almeno 5 caratteri, oltre a 4 altri caratteri unici che lo distinguono da tutti gli altri therizinosauri. Nothronychus graffami è un animale superbamente completo (per gli standard dei theropodi), che preserva quasi tutto lo scheletro ad eccezione del cranio. Questo dato rende N. graffami un tassello chiave per comprendere l’anatomia e l’evoluzione dei therizinosauri. Per ora, non ho ancora avuto modo di immetterlo in Megamatrice (la mole di dati che mi porta è tale che impiegherò alcuni giorni per inserirli tutti), ma è plausibile che inciderà significativamente sulla topologia di quel clade.

Un altro aspetto discusso nel dettaglio da Zanno et al. (2009) è l’evoluzione della dieta erbivora-fitofaga-vegetariana nei coelurosauri (tratto che raggiunge la massima espressione proprio nei therizinosauridi): di questo tema molto interessante parlerò dettagliatamente in un prossimo post.


Ringrazio Lindsay Zanno per avermi inviato una copia del suo studio.


Bibliografia:

Zanno L.E, Gillette D.D., Albright L.B. & Titus A.L., 2009 - A new North American therizinosaurid and the role of herbivory in ‘predatory’ dinosaur evolution. Proceedings of the Royal Society B. Published online before print July 15, 2009, doi: 10.1098/rspb.2009.1029

Kemkemia auditorei (Cau & Maganuco, 2009) - Quarta Parte: Dare un corpo ad una vertebra



Esiste un luogo comune, che risale a Cuvier, padre della moderna Anatomia Comparata e della Paleontologia, secondo il quale i paleontologi hanno l’arroganza di poter ricreare un intero organismo partendo da un osso singolo.

Anche se può sembrare eccessivo, in realtà, un corretto utilizzo dell’Anatomia Comparata permette di ricostruire dai frammenti noti alcuni aspetti ormai perduti. In questo post, ricostruiremo quello che è possibile e plausibile conoscere di Kemkemia a partire dal suo unico esemplare. Seguiremo più strade per dedurre ciò che non può essere osservato direttamente. Ovviamente, sono ben consapevole che si tratta di ipotesi, per quanto motivate: non sto sostenendo che quello che stiamo tracciando sia il “vero” identikit di Kemkemia, ed esorto i miei lettori a tenere sempre a mente ciò, così da non accusarmi di reati che non sto commettendo.

Abbiamo visto nelle parti precedenti che la vertebra caudale MSNM V6408 ha una combinazione di caratteri tale da poter essere attribuita solo a Theropoda (centro molto allungato e compresso, arco neurale non accorciato, lamine pre- e post-spinali). Possiamo restringere ulteriormente il campo?

Nell’articolo che ho pubblicato con Simone Maganuco (Cau & Maganuco, 2009) abbiamo preferito non dilungarci troppo sulla posizione filetica di Kemkemia, in attesa di future scoperte: sebbene abbiamo accennato alle sue possibili affinità evolutive, l’abbiamo attribuita definitivamente solo a Neotheropoda. In questo post ho però la libertà di dire ciò che in un serio articolo scientifico è bene omettere nel nome della cautela.

Innanzitutto, la presenza di un’evidente spina neurale nelle caudali distali porta ad escludere i Coelophysoidea e buona parte dei Tetanurae, nei quali le spine neurali scompaiono rapidamente nelle caudali più distali. Analogamente, la ridotta lunghezza delle prezigapofisi esclude alcuni gruppi di Tetanurae e gli abelisauroidi derivati. Inoltre, il rapporto ampiezza-altezza delle faccette articolari del corpo vertebrale mi porta ad escludere Coelurosauria: in Kemkemia, questo rapporto è pari a 1, mentre in buona parte delle caudali distali dei coelurosauri (ad esempio, in Tugulusaurus, Ornithomimosauria, Tyrannosauroidea, Oviraptorosauria) tale rapporto è maggiore di 1.

Un aspetto interessante da notare è che la forma robusta della spina neurale di questa caudale distale ricorda le spine delle caudali intermedie e prossimali della maggioranza dei theropodi, quasi che, per un processo di “migrazione” delle morfologie, in Kemkemia la forma delle spine distali ricalchi quella delle spine poste, di solito, più avanti nella colonna vertebrale. Questa “migrazione” morfologica non è un’esclusiva di Kemkemia: nei ceratosauri abelisauridi si osserva che gli archi neurali delle prime caudali hanno una morfologia simile a quella delle dorsali e delle sacrali (ad esempio, nella forma della spina, del processo trasverso e nella presenza di articolazioni accessorie tipiche del dorso), come se il loro programma genetico avesse esteso fino all’inizio della coda le istruzioni per costruire delle vertebre dorsali. Una conseguenza di questa “migrazione”, applicata al resto della coda, è che la spina neurale può persistere anche dopo che le postzigapofisi si sono ridotte e fuse assieme. Questo ultimo carattere è noto in Kemkemia ed in almeno due abelisauroidi: Ligabuieno e Ilokelesia. Se estendiamo questo meccanismo alle caudali distali, otteniamo un arco neurale che conserva alcuni processi tipici delle caudali intermedie, come in MSNM V6408.

Kemkemia sarebbe quindi un membro di Ceratosauria? Un altro dato che avvalora questa ipotesi è dato dalla concavità presente sul tetto della spina neurale di MSNM V6408: questo carattere è noto solo nelle caudali intermedie di Ceratosaurus, e finora non era stato osservato in altri theropodi. Infine, a rafforzare ulteriormente questa ipotesi, esiste una vertebra caudale intermedia dal Cretacico Superiore dell’India che mostra la morfologia generale delle caudali degli abelisauroidi come Majungasaurus e Masiakasaurus combinata con l’ampio canale neurale diagnostico di Kemkemia. Inoltre, nella stessa formazione indiana sono state rinvenute altre vertebre caudali distali caratterizzate da robuste spine neurali e ridotte zigapofisi, simili a Kemkemia.

Pertanto, sulla base di questi indizi, la mia ipotesi ufficiosa è che Kemkemia sia un Ceratosauria, probabilmente prossimo se non interno ad Abelisauroidea. Immesso in Megamatrice, per la quale è codificabile per una dozzina di caratteri delle vertebre caudali, Kemkemia risulta effettivamente un neoceratosauro (ovvero, interno al nodo “Ceratosaurus + Abelisaurus”).

Che aspetto potrebbe avere Kemkemia? Qui si entra nel campo della pura speculazione. Nell’immagine, ho voluto immaginare un theropode dalla morfologia snella e gracile, come Elaphrosaurus, munito di una lunga coda sottile. Ma, ripeto, quest'ultima immagine è quasi esclusivamente una pura speculazione: solo ulteriori scoperte ci diranno se, effettivamente, Kemkemia sia un ceratosauro, e quale aspetto avesse.

Nella prossima, ed ultima, parte di questa serie mostrerò che la bizzarra anatomia della coda di Kemkemia ha un senso “funzionante”. Infine, accennerò cosa ci dice questo piccolo fossile sull’ecosistema di Spinosaurus, Deltadromeus e Carcharodontosaurus.

Bibliografia:

Cau A. & Maganuco S., 2009 - A new theropod dinosaur, represented by a single unusual caudal vertebra, from the Kem Kem Beds (Cretaceous) of Morocco. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, 150(II): 239-257.

14 luglio 2009

Kemkemia auditorei (Cau & Maganuco, 2009) - Terza Parte: Cos’è una specie fossile?


Prima di affrontare il tema della possibile ricostruzione filogenetica e anatomica di Kemkemia (nei limiti di ciò che possiamo scientificamente dedurre dai resti noti), credo che sia molto importante discutere di una questione che sicuramente alcuni di voi si saranno posti*. Ovvero, è “lecito” basare una specie su una singola vertebra della coda? Non appare qualcosa di eccessivo? Per rispondere a questa domanda, alla quale in parte ho già risposto nei due precedenti post, è necessario capire cosa sia una specie paleontologica. Dopo di ciò, sarà chiaro stabilire se MSNM V6408 ha tutti i requisiti per essere l’esemplare di riferimento della specie Kemkemia auditorei.

In biologia, una specie è definita come l’insieme di tutti gli organismi che possono incrociarsi tra loro e generare una prole vitale ed essa stessa in grado di riprodursi. Per questo asini e cavalli non appartengono alla stessa specie, mentre Fox terrier e Mastini napoletani sì (ovviamente, trascuriamo per ora i limiti meccanici delle possibilità dell’atto sessuale tra cani di mole molto diversa o le eventuali complicanza di gestazione). Come avrete sicuramente intuito, questa ineccepibile definizione teorica è valida in biologia ma totalmente inutile in paleontologia: anche ammesso di disporre di ampie popolazioni di individui fossilizzati, non abbiamo alcun modo di testarne la reciproca fecondità. In paleontologia, quindi, si definiscono le specie in base ad un criterio morfologico: le specie, che sarebbe più corretto chiamare “morfo-specie”, sono l’insieme degli individui che presentano una combinazione univoca di caratteri morfologici, spesso, ma non necessariamente, esclusivi di quel gruppo di individui. Tale combinazione è detta “diagnosi della specie”. In pratica, una specie fossile è una diagnosi morfologica, una lista singolare e non ripetuta altrove di caratteristiche. Pertanto, dato che una specie è definita dalla sua diagnosi, la quantità di individui noti od il loro grado di completezza e preservazione è di per sé secondario per la validità della specie: quello che conta è la validità della diagnosi, che permette a tutti i portatori di tali caratteri di essere attribuiti alla specie basata su tale serie unica di caratteristiche. Esistono decine di esemplari molto ben conservati di Allosaurus fragilis, mentre conosciamo un solo esemplare di Afrovenator abakensis: eppure, entrambe le specie hanno la medesima validità, in quanto basate su diagnosi riconosciute valide.

Qualcuno potrebbe però obiettare che, a differenza di Kemkemia auditorei, Afrovenator abakensis, per quanto basato su un solo individuo frammentario, è nondimeno sufficientemente completo per essere riconosciuto come membro di una specie, mentre Kemkemia auditorei non sarebbe così, in quanto è noto solo da un osso della coda. Tuttavia, faccio notare che buona parte delle ossa note di Afrovenator abakensis non ci dicono nulla sul valore della sua specie particolare, dato che presentano solo caratteristiche condivise con altre specie di theropodi. In effetti, la diagnosi della specie Afrovenator abakensis è la seguente lista di solo 3 caratteri (fonte Theropod Database): terza cervicale con spina neurale bassa e rettangolare; carpale semilunato molto piatto; ampia mensola del primo metacarpale che articola col secondo. Per contro, la diagnosi di Kemkemia auditorei è basata su ben 6 caratteri: canale neurale ipertrofico; prezigapofisi estremamente ridotte; spina neurale molto robusta; basse fosse laterali nella parte distale della spina neurale; tetto della spina neurale concavo; fusione delle postzigapofisi che avviene lungo la coda prima della scomparsa della spina neurale. Come vedete, la diagnosi di Kemkemia auditorei è ben più lunga di quella di Afrovenator abakensis, sebbene l’esemplare di riferimento sia molto meno completo!

Se pensate che abbia scelto un caso limite, come quello di Afrovenator, vi sbagliate: buona parte delle specie fossili di theropodi è basata su diagnosi non particolarmente lunghe, con non più di 5-6 caratteri-chiave. Ad esempio, citando alcuni tra i theropodi più famosi: Tyrannosaurus rex è diagnosticato da 4 caratteri; Allosaurus fragilis da 2 caratteri; Carcharodontosaurus saharicus da 5 caratteri (fonte Theropod Database). Sono tutti basati su meno caratteri di Kemkemia auditorei!

Quindi, gli unici veri rischi per la validità di Kemkemia auditorei non derivano dalla sua frammentarietà attuale (che comunque potrà solo diminuire, nel caso si rinvengano nuovi resti) ma da due fenomeni tipici della ricerca paleontologica che colpiscono tutte le specie, indipendentemente dal grado di completezza:

1. La sinonimia, ovvero, la scoperta che i resti di Kemkemia appartengono ad una specie già istituita. Infatti, è possibile che la vertebra appartenga alla coda di una specie di theropode già nota, ma della quale non si conosceva ancora la coda. Di questo parlerò in un futuro post.

2. L’obsolescenza, ovvero, si scopra che la diagnosi di Kemkemia non definisce solamente una specie singola, ma un insieme di specie imparentate.

Tuttavia, fino al giorno in cui non avremo prove a favore di queste due opzioni, Kemkemia auditorei resta una specie paleontologica pienamente valida.


*Un collega mi ha avvertito: "Sono sicuro che riceverete delle critiche per aver istituito una specie da resti così frammentari, ma noto che tali obiezioni giungono sopratutto da persone che non lavorano con i dettagli dell'anatomia".


Bibliografia:

Cau A. & Maganuco S., 2009 - A new theropod dinosaur, represented by a single unusual caudal vertebra, from the Kem Kem Beds (Cretaceous) of Morocco. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, 150(II): 239-257.

Kemkemia auditorei (Cau & Maganuco, 2009) - Seconda Parte: Theropod Vertebra Picture of the Week!

LO AMMETTO! OGNI RIFERIMENTO NEL TITOLO A NEOSAUROPODI DEL CRETACICO INFERIORE INGLESE È TOTALMENTE VOLUTO!

Alcuni di voi ricorderanno che recentemente ho pubblicato un post che illustrava la morfologia delle vertebre caudali distali (qui). Il suo scopo era di dare un minimo utile di nozioni anatomiche, che vi aiuteranno ad apprezzare meglio cosa sia Kemkemia. Se volete apprezzare questo post, vi suggerisco di rivederlo.

Questo secondo post è infatti quello più tecnico della serie su Kemkemia, in quanto vi riassumerà, brevemente, la morfologia dell’olotipo, ed il ragionamento in base al quale siamo giunti all’istituzione di una nuova specie. Mi auguro che troverete interessante conoscere il ragionamento che abbiamo seguito in questa indagine...

Cosa rende l’esemplare MSNM V6408, una singola vertebra, meritevole di essere l’olotipo per l’istituzione di una nuova specie di dinosauro theropode?

Guardiamola brevemente. Dato che userò termini tecnici, ho allegato un’illustrazione per aiutarvi con i dettagli anatomici. I numeri tra parentesi indicano i caratteri nella figura. Spero che sia comprensibile anche per i volenterosi lettori privi di nozioni di anatomia vertebrale.

Il corpo vertebrale è molto allungato e schiacciato trasversalmente (1), al punto che la superficie ventrale è ampia meno del 15% della lunghezza della vertebra: è veramente sottile! La vertebra ha una curiosa forma compressa, dovuta alla sproporzione tra arco neurale (espanso) e corpo vertebrale (compresso). Purtroppo, nelle foto di lato non è chiaramente comprensibile: dovreste tenerla in mano, per apprezzarne la bizzarria. I tipici processi laterali delle vertebre presacrali (cioè della zona corporea tra la testa ed il bacino), come la parapofisi e la diapofisi, sono completamente assenti, mentre spiccano evidenti i resti delle articolazioni ventrali con l’arco emale (il processo osseo che protegge i vasi sanguigni della coda e serve da inserzione per i muscoli della metà ventrale della coda). Il canale neurale (dove scorre il midollo spinale) è molto ampio (2), pari a metà dell’ampiezza della faccetta articolare e più dell’ampiezza ventrale a metà lunghezza del corpo vertebrale. Esso è circondato da un arco neurale con pareti relativamente sottili (3). La forma perfettamente simmetrica e circolare del canale neurale dimostra che la vertebra non ha subito deformazioni durante la fossilizzazione, e che quindi quella che osserviamo oggi è la forma originaria dell’osso. La spina neurale, bassa ma molto robusta (4), ha un “tetto” ampio e concavo, di forma ellittica (5), leggermente scavato al centro (6). Nella metà posteriore delle superfici laterali della spina sono presenti due leggere fosse (7): ciò rende la forma della sezione trasversale della spina, a metà della sua altezza, simile ad una goccia rivolta anteriormente. Due affilate lamine spinali si proiettano dai margini anteriore e posteriore della spina (8). Un accenno di lamina (detta “spinoprezigapofiseale”) è presenta anche sulla prezigapofisi sinistra (la destra è andata perduta) (9). Le prezigapofisi sono ridottissime (10), e non si proiettano in avanti oltre la faccetta anteriore del corpo vertebrale. Analogamente, la coppia di postzigapofisi è sostituita da un singolo sperone mediano (11) molto ridotto.

A quanto so, nessuna vertebra nota ha questa combinazione di caratteri anatomici. Questa vertebra è veramente bizzarra! Per mesi ho osservato tutte le vertebre che mi capitassero a tiro, e nessuna ha una combinazione morfologica simile a MSNM V6408.

In quale posizione della colonna vertebrale era collocata? L’assenza di parapofisi, di processo trasverso, la presenza delle faccette per gli archi emali e la fusione delle postzigapofisi non lasciano dubbi: siamo nella metà posteriore (distale) della coda.

Di che animale si tratta? Una vertebra caudale distale di 6 cm indica un animale di dimensioni medio-grandi e riduce la lista dei possibili candidati a tre gruppi di vertebrati: dinosauri, coccodrilli o mammiferi. L’età del fossile (rinvenuto in sedimenti risalenti a 90-110 milioni di anni fa) esclude i mammiferi (nessun mammifero mesozoico noto ha dimensioni così grandi da essere un candidato plausibile), i quali, comunque, non hanno caudali distali così allungate e compresse, munite di robuste spine neurali. L’allungamento estremo della vertebra e la presenza di lamine spinali esclude anche i coccodrilli. Si tratta quindi, molto probabilmente, di un dinosauro. Ciò è avvalorato dagli altri caratteri evidenti nell’esemplare.

Come ho accennato nel primo post della serie, all’interno di Dinosauria solamente i theropodi hanno caudali distali allungate con questa combinazione di caratteristiche: spina neurale presente ma processo trasverso assente, arco neurale lungo quasi quanto il corpo vertebrale e marcate lamine spinali.

Pertanto, alla luce di tutti questi indizi, deduciamo che MSNM V6408 appartiene ad un theropode. Qualsiasi altra attribuzione tassonomica diversa da Theropoda è molto meno plausibile, perché non spiega ugualmente bene il mix di caratteri osservato.

Se MSNM V6408 è una vertebra caudale distale di theropode, quali motivi ci inducono ora a dire che è di una nuova specie? Confrontiamola con alcune "tipiche" caudali distali di theropode.

1- Nessun altro theropode noto finora ha la spina neurale così robusta a livello delle caudali distali (Caratteri 5). In generale, la spina neurale delle caudali distali è assente oppure ridotta ad una stretta lamina mediana.

2- Nessun theropode noto ha caudali distali con una fossa sul tetto della spina neurale (Carattere 6). Questo tratto è presente in alcune caudali intermedie di Ceratosaurus, ma non nelle sue caudali distali.

3- Nessun theropode noto ha una così marcata asimmetria tra la compressione del corpo vertebrale e l’espansione del canale neurale (Carattere 2). Generalmente, il canale neurale tende a ridursi nelle caudali finali più rapidamente dell’assottigliamento del corpo vertebrale.

4- Nessun theropode noto ha vertebre caudali distali che presentano, contemporaneamente, una marcata spina neurale e la fusione delle postzigapofisi (Carattere 11 combinato con il 4). Nelle caudali dei theropodi esiste un trend caratteristico di cambiamento nella forma delle vertebre, con i vari processi vertebrali che scompaiono o si riducono man mano che ci avviciniamo alla fine della coda. In generale, la spina scompare lungo la coda ben prima che le postzigapofisi inizino a ridursi e ad avvicinarsi per confluire infine in un unico sperone mediano. Nella coda da cui proveniva MSNM V6408 ciò non accadeva: ecco perché la vertebra presenta sia la spina neurale che le postzigapofisi fuse.

Questi tratti inusuali (autapomorfie) dimostrano che MSNM V6408 appartiene ad un tipo di coda di theropode mai descritto prima, una morfologia mai osservata in precedenza. In base a queste argomentazioni, riteniamo che MSNM V6408 appartenga ad una specie nuova di theropode, che abbiamo battezzato

Kemkemia auditorei.

Un altro dato che avvalora l’ipotesi della nuova specie è deducibile dalla taglia dell’animale: MSNM V6408 è completamente ossificato e non mostra alcuna traccia della separazione tra corpo vertebrale e arco neurale: tale separazione è una condizione tipica delle vertebre giovanili. Ciò ci induce a interpretare l’animale da cui proviene la vertebra come un adulto. Attualmente, nel Kem Kem si conoscono cinque specie di dinosauro: Spinosaurus aegyptiacus, Carcharodontosaurus saharicus, Sigilmassasaurus brevicollis, Deltadromeus agilis e Rebbachisaurus garasbae. Tutti questi animali erano giganti lunghi da adulti almeno 10 metri. La taglia adulta che stimiamo per il proprietario di MSNM V6408 è invece circa la metà, quindi, è ragionevole pensare che non sia attribuibile ad alcuna specie già nota nel Kem Kem.

In effetti, i principi generali dell’ecologia suggerivano l’esistenza di specie di taglia inferiore a quella dei giganti citati prima: di solito, in un ecosistema, il numero delle specie di taglia medio-piccola è maggiore di quelle di grande taglia. Quindi, animali come Kemkemia erano “ecologicamente previsti ed attesi”.

Probabilmente, nel Kem Kem i taxa di taglia minore sono meno noti a causa di vari fattori di fossilizzazione, ma anche di raccolta (si preferisce scavare i fossili grandi...).

Una volta stabilito che Kemkemia è un nuovo theropode di taglia media, è possibile attribuirlo, anche solo vagamente, ad un particolare gruppo di theropodi? Sappiamo che nel Kem Kem esisteva una ricca disparità di theropodi: Kemkemia è collocabile in uno dei grandi gruppi già noti?

Di tutto questo parlerò nel prossimo post.

Bibliografia:

Cau A. & Maganuco S., 2009 - A new theropod dinosaur, represented by a single unusual caudal vertebra, from the Kem Kem Beds (Cretaceous) of Morocco. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, 150(II): 239-257.

13 luglio 2009

Kemkemia auditorei (Cau & Maganuco, 2009) - Prima Parte: piccola, bella e bizzarra

Alla fine, dopo una gestazione di quasi un anno e mezzo, posso finalmente parlare di una piccola scoperta paleontologica ricca di significato, almeno per me e per un paio di altre persone...

Questa storia a puntate inizia dieci anni fa, nella regione desertica del Kem Kem, al confine tra Marocco e Algeria, famosa per theropodi giganti come Spinosaurus, Carcharodontosaurus e Deltadromeus. “Kem Kem” significa “disperso qua e là”, o “frammentario”, un termine veramente adatto a definire ciò che si trova sovente nelle sue sabbie, come vedrete.

Una spedizione scientifica italiana nel Kem Kem, prettamente rivolta agli invertebrati, rinvenne alcuni frammenti fossili di vertebrati del Cretacico. Tra i resti spiccava una vertebra isolata, lunga circa 6 cm, quasi perfettamente conservata.

Per alcuni anni, la vertebra giacque in un cassetto del Museo di Storia Naturale di Milano, catalogata con la sigla MSNM V6408... in silenziosa attesa.

All’inizio del 2008, ero al Museo di Storia Naturale di Milano per preparare l’articolo su Enantiophoenix e quello su alcuni nuovi resti di abelisauridi dal Madagascar con Simone “Optimus Paleo” Maganuco.

Ricordo che durante una pausa, Simone mi mostrò alcuni fossili rinvenuti in Marocco. Alcuni erano chiaramente di dinosauro, ma troppo frammentari per essere attribuiti con precisione a qualche gruppo, né particolarmente significativi. Simone mi mostrò anche una vertebra che, secondo lui, meritava di essere analizzata.

Appena la presi in mano fui colpito dalla sua forma. Era bella, affusolata, simile ad un piccolo zufolo. Bella e bizzarra come tutto ciò che merita di essere amato. Nella sua morfologia c’era qualcosa che non quadrava, che la rendeva anomala rispetto alle mie conoscenze. Se era abbastanza chiaro che era un osso della coda, aveva comunque una combinazione di caratteri inusuale per una vertebra caudale. Otto anni di Megamatrice mi hanno reso particolarmente abile a scovare caratteri diagnostici, ed a valutare la morfologia, anche di resti molto frammentari. Come preda di un meccanismo automatico, “scandagliai” la vertebra in ogni suo aspetto, cercando nella mia memoria qualcosa di simile a cui associarla. Sebbene fosse una sola vertebra, aveva un ricco bagaglio di caratteristiche interessanti. In particolare, il mix inusuale di caratteri presenti la rendeva davvero fuori dal comune. La forma era tipica delle caudali distali (le ultime vertebre della coda) dei dinosauri saurischi. La vertebra era infatti troppo compressa lateralmente ed allungata per essere una vertebra della metà iniziale della coda. Inoltre, l’assenza di alcuni processi muscolari fondamentali escludeva chiaramente che fosse collocabile in altre parti della colonna vertebrale. Quella vertebra era collocabile solo nella metà finale della coda. Ma della coda di chi? Non avevo mai visto una simile combinazione di caratteri in una vertebra.

Una nuova specie? Un nuovo dinosauro?

Possibile, ma prematuro da affermare senza uno studio dettagliato.

Io e Simone ci proponemmo quindi di indagare su quella vertebra, che in seguito battezzammo “Kemkemia”, dalla regione del Kem Kem, in Marocco. Il risultato di quella indagine è un articolo, pubblicato in questi giorni, di cui sono orgogliosamente co-autore con Simone.

La specie che abbiamo istituito, Kemkemia auditorei, letteralmente “La Creatura dal Kem Kem di Auditore”, è dedicata al paleo-artista Marco Auditore. Marco è un grandissimo appassionato di paleontologia, una persona di rara simpatia e disponibilità, che più volte ha aiutato me e Simone nelle nostre ricerche. Dedicargli questo nuovo theropode è il minimo per dimostrargli la nostra stima ed amicizia.

L’olotipo e, per ora, unico esemplare di Kemkemia è una vertebra veramente singolare. Alcuni potrebbero contestare che istituire una nuova specie sulla base di una singola vertebra della coda sia un azzardo. In effetti, uno dei revisori del nostro articolo, pur constatando la validità delle nostre argomentazioni, ha sollevato l’obiezione a non creare un nuovo nome scientifico su un esemplare così frammentario. In altre occasioni io e Simone studiammo resti anche più completi di MSNM V6408, ma senza mai pensare (almeno seriamente) di creare nuove specie: in questo caso, però, riteniamo di avere motivi molto validi per farlo, e li abbiamo esposti dettagliatamente nell’articolo.

Difatti, gli altri revisori hanno invece accolto la proposta, condividendo la nostra interpretazione, in base alla quale non è il grado di completezza di un fossile a stabilire la validità di una specie, bensì la presenza di evidenti caratteri diagnostici, che la distinguono dalle altre specie già istituite. Sebbene sia chiaramente la vertebra caudale di un theropode di taglia media (una caudale distale di 6 cm indica un animale lungo circa 4-5 metri), MSNM V6408 ha un mix di caratteri davvero anomalo (che mostrerò nel prossimo post), che dimostra che non è riconducibile ad alcuna specie già nota.

Pertanto, la nostra ipotesi è che MSNM V6408 rappresenti la prima testimonianza di una specie finora sconosciuta di un dinosauro theropode di taglia media, battezzata Kemkemia auditorei, vissuta circa 95 milioni di anni fa in Nordafrica. Esso è il primo caso documentato di una specie di theropode di taglia medio-piccola dai letti fossili del Kem Kem. Kemkemia condivideva infatti il suo ambiente con theropodi giganti quali Spinosaurus, Deltadromeus, Carcharodontosaurus, tutti lunghi più di 10 metri, ed il sauropode Rebbachisaurus, lungo circa 20.

Per i dettagli di come siamo giunti a questa ipotesi, e di quali implicazioni abbia, oltre che per tentare di ricostruire un aspetto possibile di questo theropode, vi rimando alle prossime parti di questa serie dedicata a Kemkemia auditorei.

Ringrazio subito tutti coloro che in modi e tempi differenti hanno contribuito alla scoperta, nello studio e nella pubblicazione di Kemkemia (in ordine alfabetico): Anna Alessandrello, Juan Ingnacio Canale, Cristiano Dal Sasso, Francois Escuillié, Karen Gariboldi, Thomas Holtz, Alex Laini, Sebestiano Maganuco, Darren Naish, Giovanni Pasini, ed un anonimo revisore.

Come sempre, tutta la mia Stima Mesozoica per Simone, Amico e collega senza pari.

Chiunque fosse interessato ad una copia in formato .pdf dell’articolo può scrivermi a cauand@gmail.com

PS: Vi ricordate “l’indovina Chi” N°15, dello scorso agosto? Era Kemkemia...

Bibliografia:

Cau A. & Maganuco S., 2009 - A new theropod dinosaur, represented by a single unusual caudal vertebra, from the Kem Kem Beds (Cretaceous) of Morocco. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, 150(II): 239-257.

12 luglio 2009

Zhongjianornis yangi (Zhou et al., 2009) ed il mosaico dell’evoluzione odonto-pettorale aviaria


A parte la recente scoperta di Limusaurus, la riduzione e la perdita dei denti è un tratto tipico dei Coelurosauria. In particolare, negli aviali si osservano numerose tipologia di “perdita di denti”, sia parziale (limitata ad alcune parti delle ossa boccali) sia completa. Il fenomeno della perdita e riduzione della dentatura negli aviali non è esclusivo della linea che porta alle forme attuali (Neornithes), ma è distribuito in modo non lineare lungo l’intero clade. Di fatto, la perdita dei denti è un tratto altamente omoplastico degli aviali. Ciò è stato interpretato come evidenza del grande vantaggio selettivo che l’alleggerimento del cranio (derivante dalla perdita dei denti) conferisce in animali adattati al volo.

Un'ulteriore conferma di questa interpretazione è data dalla recente descrizione di Zhongjianornis (Zhou et al., 2009), un nuovo aviale basale (esterno a Ornithothoraces) dal Cretacico Inferiore della Cina. Zhongjianornis è completamente privo di denti, analogamente con Confuciusornithidae, l’enantiornite Gobipteryx e gli ornithuromorfi Hongshanornis e Archaeorhynchus.

Oltre all’assenza di dentatura, un carattere interessante di questo nuovo aviale è il marcato sviluppo della cresta deltopettorale dell’omero. Questa cresta è l’inserzione del muscolo pettorale, il quale si origina dallo sterno, ed è il principale muscolo deputato al battito dell’ala. Lo sviluppo delle cresta deltopettorale dell’omero di Zhongjianornis è paragonabile a quello di altri aviali basali come Jeholornis, Sapeornis e Confuciusornis. Al contrario, negli aviali derivati (enantiorniti e ornithuromorfi) la cresta deltopettorale è relativamente ridotta, mentre è molto sviluppato lo sterno e le sue carene. Questa differenza di sviluppo delle strutture di ancoraggio del muscolo pettorale suggerisce un differente modello di battito dell’ala tra gli aviali basali e quelli derivati. Pertanto, è probabile che il tipo di volo che oggi osserviamo negli uccelli sia un tratto esclusivo delle forme derivate, mentre quelle basali, come Zhongjianornis, probabilmente avevano un differente meccanismo di volo.

Bibliografia:

Zhou Z., F. Zhang & Z. Li. 2009. A new Lower Cretaceous bird from China and tooth reduction in early avian evolution. Proc. R. Soc. B published online before print July 8, 2009, doi:10.1098/rspb.2009.0885

11 luglio 2009

Il Cranio di Incisivosaurus (Balanoff et al., 2009)


Gli oviraptorosauri sono maniraptori molto simili agli uccelli. In particolare, il loro cranio presenza una morfologia corta ed alta, con regione jugale assottigliata, riduzione della zona antorbitale, un palato modificato, perdita dei denti e intensa pneumatizzazione delle ossa che ricordano molto la condizione esistente negli uccelli. Questi tratti sono stati sovente citati come prova di uno stretto legame tra oviraptorosauri ed uccelli, ed alcuni autori hanno persino proposto che essi siano, in effetti, discendenti da uccelli basali prossimi ad Archaeopteryx.

Questa ipotesi è fortemente condizionata dal cosidetto “campionamento artefatto tassonomicamente” (CAT), ovvero, dalla scelta, più o meno consapevole, più o meno condizionata dai fossili noti, delle specie utilizzate per stabilire questo legame evolutivo. Infatti, se utilizzassimo un uccello derivato, come un pappagallo, ed un oviraptoridae come Citipati, un’osservazione grossolana potrebbe effettivamente stabilire un forte legame uccelli-oviraptorosauri. Tuttavia, come probabilmente state intuendo, questo legame potrebbe essere sovrastimato da un fenomeno di convergenza evolutiva. Come risolvere questo enigma, come evitare di cadere nelle trappole del CAT?

Uno dei modi per evitare, o perlomeno ridurre, il CAT è l’utilizzo di rappresentanti basali delle linee in questione, e non solo quelli più derivati, per stabilire legami filetici tra questi gruppi. Se oltre al suddetto pappagallo (un paraviale derivato) e Citipati (un oviraptorosauro derivato) usassimo anche un paraviale basale (Velociraptor, oppure Archaeopteryx) ed un oviraptorosauro basale, vedremmo che il legame diretto che avevamo notato prima risulterebbe indebolito: se le forme basali aggiunte non mostrano i caratteri che uniscono Citipati ed il pappagallo, allora ne dobbiamo concludere che quei caratteri NON sono il sostegno per un legame diretto, ma sono l’effetto di convergenza.

Il fossile che maggiormante demolisce l’ipotesi di un legame molto stretto tra uccelli ed oviraptorosauri, confermando che gli uccelli restano più vicini a troodonti e dromaeosauridi, è Incisivosaurus, un bizzarro maniraptoriano del Cretacico Inferiore della Cina.

Noto solamente da un cranio, Incisivosaurus è chiaramente un oviraptorosauro, come evidente dalla morfologia del palato, del rostro, dell’articolazione mandibolare e della mandibola stessa. Tuttavia, esso non presenta molte delle presunte apomofie condivise da oviraptoridi derivati e paraviali derivati: ad esempio, conserva i denti premascellari, mascellari e dentali, ed ha uno jugale relativamente robusto, dimostrando che l’assenza di denti e l’assottigliamento dello jugale sono avvenuti indipendentemente in uccelli e oviraptoridi. Recentemente, una dettagliata descrizione di questo cranio, completa di scansioni radiometriche, è stata pubblicata (Balanoff et al., 2009). Essa non solo conferma l’importanza filetica di questo theropode, ma ha aggiunto nuovi dettagli, tra cui la scoperta di un dente premascellare in crescita, ancora interno all’alveolo, internamente ad uno dei grandi denti che danno il nome al genere. Questo germe dentario mostra che Incisivosaurus, pur avendo vagamente una qualche somiglianza coi roditori, conservava il classico modulo di crescita dentaria dei dinosauri.

Bibliografia:

Balanoff A.M., Xu X., Kobayashi Y., Matsufune Y. & Norell M.A., 2009 - Cranial Osteology of the Theropod Dinosaur Incisivosaurus gauthieri (Theropoda: Oviraptorosauria). American Museum Novitates, 3651: 1-35.

07 luglio 2009

Il primo dinosauro (nonchè theropode) dalla Bulgaria (Mateus et al., 2009)


Questa settimana si annuncia ricca di novità interessanti (alcune legate a me). Tra queste, un articolo che conoscevo direttamente, ma che non potevo menzionare prima della pubblicazione.

Mateus et al. (2009) descrivono un frammento di osso lungo con ampia cavità midollare dalla fine del Cretacico della Bulgaria. L’esemplare, pur giacendo in sedimenti marini, è di origine continentale: ciò è stato stabilito da un’analisi delle terre rare e degli isotopi di alcuni metalli pesanti presenti nel fossile e nei sedimenti circostanti. Pertanto, è probabile che l’esemplare sia un fossile continentale ri-sedimentato successivamente in sedimento marino.

Sebbene l’osso sia molto frammentario, la morfologia (ampia cavità midollare, forma subrettilinea, presenza di una cresta laterale) è compatibile con l’attribuzione all’omero di un dinosauro theropode. In particolare, la forte riduzione della probabile cresta deltopettorale, la mancanza di torsione o sigmoidalità nell’omero, inducono ad attribuirlo ad un ornithomimosauro. La presenza di ornithomimosauri in Europa è finora sporadica, limitata unicamente a Pelecanimimus, quindi, sarei cauto nell’attribuzione a quel clade. In particolare, va sottolineato che buona parte dei caratteri evidenti nel fossile sono noti anche negli abelisauroidi gracili, come Deltadromeus e Masiakasaurus, taxa noti principalmente nel Gondwana, ma dei quali è nota la presenza anche in Europa. Gli autori notano questo fatto, ma sottolineano che la riduzione della cresta deltopettorale è molto marcata, come negli ornithomimosauri.

Speriamo che in futuro si trovino nuovi resti di questi taxa europei.

Bibliografia:

Mateus O., Dyke G.J., Motchurova-Dekova N., Kamenov G.D. & Ivanov P., 2009 - The first record of a dinosaur from Bulgaria. Lethaia. doi: 10.1111/j.1502-3931.200900174.x.

05 luglio 2009

Zanabazar junior e la tassonomia dei troodontidi derivati


I nomi scientifici dei cladi, ed in particolare delle specie, devono permettere un dialogo comprensibile privo di ambiguità. In altre occasioni ho parlato della pesante eredità di Linneo, che ci ha imposto un nome doppio (il binomio linneano) per chiamare le specie. La necessità di dovere sempre riferire una specie ad un nome di genere ha infatti dei fastidiosi effetti collaterali, nei casi in cui tale genere risultasse non più valido nella sua composizione interna.

Il theropode di cui parlo oggi rappresenta un esempio del metodo più cauto per affrontare casi di dubbia attribuzione generica. Saurornithoides Osborn (1923) è il genere di troodontide asiatico più completo e famoso. La specie-tipo, Saurornithoides mongoliensis Osborn (1923) è molto simile all’americano Troodon formosus. Una seconda specie di troodontide derivato, anch’essa proveniente dal Cretacico Superiore della Mongolia, molto simile ai due taxa citati sopra, fu istituita da Barsbold (1974) ed attribuita al genere Saurornithoides, con il nome Saurornithoides junior. Per oltre 30 anni, è stata opinione generale che i due troodontidi Saurornithoides mongoliensis e Saurornithoides junior costituissero due specie molto affini, e quindi, rendessero valida la loro affiliazione sotto lo stesso genere, appunto Saurornithoides. Tuttavia, in una recente revisione di questi theropodi, Norell et al. (2009) notano che, nel dettaglio, l’unico carattere diagnostico che unirebbe i due Saurornithoides, un carattere del neurocranio, è presente anche in Troodon. Pertanto, non esisterebbe un sostegno valido all’unione dei due “saurornithoidi” nello stesso genere, a meno di non includervi anche Troodon (in tal caso, per il principio di priorità, il nome da utilizzare sarebbe Troodon). Norell et al. (2009) hanno seguito una strada differente, e più cauta: essi, semplicemente, tolgono la specie “Saurornithoidesjunior dal genere Saurornithoides ed istituiscono per lui un nuovo genere, distinto sia da Saurornithoides che da Troodon: Zanabazar.

Questa soluzione ha il pregio di minimizzare l’ambiguità nel caso che, in futuro, nuovi dati stabiliscano le precise relazioni filetiche tra questi tre troodontidi derivati.

Ultima nota: esistono altri due troodontidi derivati dal Cretacico Superiore della Mongolia: Borogovia e Tochisaurus. Entrambi sono basati su resti del piede e del tibiotarso, regioni poco preservate in Zanabazar. Pertanto, è aperta la possibilità che nuove scoperte riconducano Zanabazar ad essere un sinonimo (junior) di uno di quei due generi.

Così va la paleontologia: i dati sono frammentari e discontinui, e dobbiamo sempre essere pronti a rivedere le nostre attribuzioni tassonomiche, evitando di “fossilizzarci” in schemi che, per loro stessa natura, sono continuamente in revisione ed aggiornamento.

Bibliografia:

Barsbold R., 1974 - Saurornithoididae, a new family of small theropod dinosaurs from central Asia and North America. Palaeontologia Polonica 30: 5–22.

Norell M.A., Makovichy P.J., Gabe S.B., Balanoff A.M., Clark J.M., Barsbold R. & Rowe T., 2009 - A Review of the Mongolian Cretaceous Dinosaur Saurornithoides (Troodontidae: Theropoda). American Museum Novitates 3654: 1-63.

Osborn H.F., 1924 - Three new Theropoda, Protoceratops zone, central Mongolia. American Museum Novitates 144: 1–12.